Polizia Mortuaria: il Comune tra reali obblighi d’istituto e mere facoltà contrattuali

Nel settore funerario, i servizi pubblici locali, dovuti per previsione di Legge, a carico dell’Ente Locale, (si vedano anche, tra l’altro, il D.M. 28 maggio 1993, l’Art. 3 comma 1 lett. a) n. 6 D. Lgs n.216 del 26 novembre 2010, l’Art. 21, comma 3 L. 5 maggio 2009, n. 42 oltre al D.P.R. n. 194/1996, sul versante contabile, ora, in molte parti, abrogato dall’art. 77 D.Lgs. n.118/2011, così come integrato dal D.lgs 10 agosto 2014, n. 126), nonché i pubblici poteri di polizia mortuaria (controllo, autorizzazioni e vigilanza sulle attività funebri e cimiteriali), la regolamentazione (l’adozione del regolamento di Polizia Mortuaria Comunale), indirizzo (ordinanze sindacali) e pianificazione (piano regolatore cimiteriale) sono, esemplificativamente:

  • le prestazioni cimiteriali (seppellimenti/disseppellimenti, traslazioni, manutenzione generale, gestione operativa e tenuta dei pubblici registri di cui all’art. 52 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285;
  • l’indispensabile raccolta sulla pubblica via di salme, come del loro trasporto in deposito d’osservazione-obitorio (trasporto necroscopico, di primo tipo);
  • il trasporto di salme da casa inadatta e pericolosa a fungere da deposito di osservazione, su disposizione dell’Autorità sanitaria (paragrafo 5.2 Circ. Min. Sanità n. 24/1993, da leggersi in senso estensivo; è la seconda fattispecie del trasporto necroscopico);
  • deposito di osservazione ed obitorio, di cui agli artt. da 12 a 15 del D.P.R. 285/1990;
  • il trasporto funebre e la fornitura di feretro, purché di semplice fattura, inumazione, esumazione ordinaria, cremazione di persona indigente, appartenente a famiglia bisognosa o in caso di disinteresse dei familiari o per prevalente interesse pubblico ex art. 1 comma 7-bis L. di conversione n. 26/2001, e per la sola cremazione, ex art. 5 comma 1 L. n. 130/2001, da leggersi a contrariis, e – forse –   art. 23 comma 1 lett. a) D.P.R. 616/1977;
  • la camera mortuaria (ex art. 64 comma 1 D.P.R. n. 285/1990);
  • l’ossario comune (art. 67 D.P.R. n. 285/1990) e cinerario comune in cimitero (art. 80 comma 6 D.P.R. n. 285/1990).
    I due elementi, se di lieve entità architettonica, potrebbero anche coesistere in un unico manufatto, forse ipogeo, magari con percorsi diversi e separati secondo la pratica funebre prescelta (anche se le rispettive dispersioni, massive, anonime, indistinte e promiscue, di ossa e ceneri, sono, solitamente, destinazioni residuali e spesso assunte d’ufficio, quasi per inerzia degli aventi diritto a disporre).

Va preliminarmente ricordato, infine, come il Comune, titolare della moderna necropoli, ex art. 824 comma 2 Cod. Civile, abbia solo l’obbligo di disporre di almeno un cimitero a sistema ad inumazione (art. 337 TULLSS e art. 49 DPR 10 settembre 1990, n. 285), di idoneo dimensionamento (c.d. “fabbisogno”), e che l’art. 50 stabilisce l’incombente per il Comune stesso di accogliere alcune categorie di persone morte: preliminarmente quelle decedute nel proprio territorio (in attuazione del principio secondo cui la sepoltura dovrebbe avvenire “naturalmente” nel luogo di morte) e secondariamente quelle aventi in vita la residenza nel Comune (in ossequio al postulato per il quale le funzioni del Comune sono rivolte, in primis, alla propria popolazione, ex art. 13 D.Lgs n. 267/2000).

Oltre a queste due classi di defunti le quali vantano titolo all’accoglimento, ma pur sempre nei campi ad inumazione, diritto che genera un vero e proprio vincolo giuridico in capo al Comune, vi è un ulteriore dovere di necessaria accettazione: esso deriva dal fatto che il Comune abbia dato in concessione sepolcri privati nei cimiteri, in cui l’effettiva sepoltura si sostanzia come esecuzione delle obbligazioni sinallagmatiche sorte dalla concessione stessa e che ha caratteristiche di alternatività all’onere principale in capo al Comune (quello, cioè della predisposizione del campo comune d’inumazione).

Il Comune, però, quando – e se voglia – concedere sepolcri privati alla cittadinanza, una volta stipulato il regolare atto di concessione, non può – di seguito – alterare unilateralmente un rapporto giuridico che esso stesso ha liberamente posto in essere, tra l’altro senza avere né obbligo a contrarre, e neppure a determinate condizioni.
È pacifico che il Comune, quale ente concedente, non possa modificare od alterare un rapporto giuridico che ha concorso a costituire, magari sulla base di una propria regolamentazione locale all’epoca vigente, ma se agisse in tal senso non sarebbe in veste di parte del rapporto concessorio, bensì di pubblica autorità, a tutela di un interesse collettivo superiore (si pensi all’istituto della revoca).

Anche se la percezione sociale pare un po’ distorta e, forse, l’orgia edilizia che, specie in passato, ha infestato i nostri cimiteri ha contribuito a consolidare la falsa pretesa del loculo come diritto assoluto, per il proprio oscuro post mortem, è bene rammentare come il Comune non abbia mai l’obbligo, ma solo facoltà di concedere aree per l’erezione (o lo scavo, se ipogei) di sepolcri privati all’interno del cimitero e, men che meno, di provvedere alla costruzione di sepolture private da concedere in uso.
Quando vi proceda, poi, si attiva in termini di mera facoltatività, anche se dalle concessioni che disponga assuma oneri corrispondenti sulla base del regolamento comunale di polizia mortuaria e dell’atto di concessione medesimo.
Quest’ultimo presenta aspetti para-contrattuali, dato il forte mix tra elementi di diritto pubblico e principi di diritto privato dai quali è permeato.

Le tumulazioni tutte, di qualunque tipologia o durata, quali destinazioni dei feretri semplicemente differenti dalla pratica dell’inumazione in campo comune, sono, quindi, sempre da considerarsi sepolcri privati nei cimiteri, soggetti, pertanto ad una speciale disciplina.
L’obbligo, di cui all’art. 50, lettera c) DPR 10 settembre 1990, n. 285, nasce dall’adempimento delle clausole di concessione, fermo restando che, in ogni caso, il diritto di sepoltura nel sepolcro privato deve essere sorto prima del decesso della salma (esso, ovviamente, è anche condizionato dalla capienza fisica del sepolcro privato: se non c’è materialmente spazio per immettere nuove sepolture, lo jus sepulchri da diritto appunto potenziale spira ex se, e diventa non più esercitabile di fatto (art. 93 comma 1 II periodo D.P.R. n. 285/1990).

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Carlo Ballotta

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