Operatore cimiteriale muore schiacciato nel montaferetri

Un necroforo comunale e’ morto in un incidente sul lavoro avvenuto all’interno del cimitero di Cavriago, nel reggiano. L’uomo, Giordano Corradini, 39 anni, del luogo, stava lavorando sotto un porticato alla manutenzione di un montacarichi idraulico, del tipo usato per sollevare le bare. Per cause che sono ancora al vaglio dei carabinieri e degli ispettori della Medicina del Lavoro, il montaferetri si e’ abbassato repentinamente, schiacciandogli la testa, rimasta tra gli ingranaggi. Solo dopo ore qualcuno ha notato l’immobilità continua delle gambe del malcapitato e ha chiamato soccorsi.

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9 thoughts on “Operatore cimiteriale muore schiacciato nel montaferetri

  1. La Regione Emilia Romagna con l’Art. 12 della Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19 prevedeva anche per i necrofori-affossatori in servizio presso i cimiteri appoisti percorsi di formazione professionale, l’intenzione era lodevole, ma poi è rimasta lettera morta.

    Sempre più spesso i servizi cimiteriali vengono, per questioni di bilancio, esternalizzati a cooperative con la tattica del giuoco al ribasso.

    Per vincere l’appalto non occore nemmeno dimostrare grandi capacità tecniche, mentre la polizia mortuaria è materia molto complessa, anche sul versante meramente operativo.

    Sul piano normativo locale gli strumenti sono pochi e di dubbia efficacia, si potrebbe inserire nell’ordinanza con cui si regolano esumazioni ed estumulazioni un protocollo studiato di comune accordo con l’ASL o con l’Ispettorato del Lavoro, se questi due enti sono disposti a collaborare.

    Purtroppo nella nostra mentalità tipicamente “italiota” non esiste una scuola professionale di necroforato (ed, oggettivamente, anche i corsi organizzati da alcune regioni, come l’Emilia Romagna, ad esempio) si sono rivelati un flop.

    Per decenni i cimiteri sono stati considerati scrigni da cui trarre immense ricchezze grazie alle concessioni, ma una macchina cimiteriale così complessa, costituita in gran parte da patrimonio edilizio, nel tempo, deve essere curata e gestita.

    La qualità del lavoro è inversamente proporzionale al fattore di rischio.

    Il processo di modernizzazione a adeguamento dei servizi cimiteriali legati alla morte, al distacco, alla sepoltura, è ancora troppo lento; permangono resistenze a considerare la fase del distacco e del dolore appannaggio di cerimonie e rituali ancora legati alla fede religiosa tradizionale mentre il mondo è in cammino e le sensibilità delle persone verso nuove forme di intervento in modo anticipato rispetto all’evento si fa ogni giorno più attenta.

    A livello politico e giuridico i problemi relativi alla “morte” sono stati rimossi per decenni, nel senso che per tutti questi anni i servizi funebri e cimiteriali sono stati completamente ignorati dal legislatore, lasciati alla gestione spontanea, con regole vecchie e inadeguate.
    Nel frattempo, quasi in sordina, è cresciuto un mercato, una domanda di servizi di dimensione rilevante e di particolare interesse e delicatezza.
    Nelle relazioni sindacali L’attribuzione dell’indennità di rischio, nonché la sua misura, è oggetto di contrattazione decentrata (art. 17 CCNL 1/4/99). Pertanto spetta alle parti trattanti, in quella sede, definire le tipologie del personale cui spetti l’attribuzione dell’indennità di rischio, nonché la relativa misura.
    In tale sede, potrebbero rappresentarsi le situazioni specifiche anche alla luce del D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254, aspetto che, per altro, costituisce una argomentazione a sostegno, spettando ogni determinazione all’esito della contrattazione decentrata.

    E poi, quale massimo orrore, spesso i lavori cimiteriali sono affidati ad imprese funebri, mentre dovrebbe vigere almeno la separazione societaria tra attività funebre e cimiteriale e le imprese funebri di solito non sono abilitate a tali mansioni.

    Ho assistito a scene surreali dove sono i necrofori delle imprese funebri a movimentare i feretri all’interno dei cimiteri ed a provvedere a scavo, copertura delle fosse o al tamponamento dei loculi.

    Dinnanzi a tanta illegalità se, per disgrazia quacuno si procura gravi lesioni chi paga?

  2. Ciao Carlo, trovo molto interessanti i tuoi interventi…..
    se non ho capito male siamo sulla stessa barca, anche se uno a poppa e l’altro a prua (permettimi di scherzare ogni tanto).lavoro per una Ditta che gestisce molti cimiteri, tutti presi con appalti comunali. La situazione non è delle più rosee, perchè se vuoi lavorare in questo settore (almeno qui e se vuoi ti posto la mia email cosi ti d’ho maggiori info) attualmente sei obbligato ad avere una cooperativa sociale di tipo B (ex tossici, ex detenuti)…. tanto di cappello verso questi signori, ma permettimi di dire che da qui ad essere necrofori….. ne passa….. oppure tieni operai che si sbattono tra traslochi, pulizie, facchinaggio, cimiteri, lavori edili, tinteggiature, e così via. La qualità del lavoro si abbassa ed i rischi aumentano…. Molto!!!

    purtroppo la mentalità degli enti pubblici è quella di dare in appalto i lavori, tenere bassi i costi ma soprattutto avere ancora le mani in pasta e giostrare loro tutto quanto.
    capisci che è una situazione che purtroppo mi impedisce (per ovvi motivi) in questa sede di andare più nel particolare, però sarebbe bello approfondire via mail.

    Andrea

  3. Caro Andrea,

    io sto dalla Tua parte (tra necrofori c’è una segreta affinità elettiva), ma oggi gli strumenti tariffari ci sono: un corretto canone di assegnazione può agevolmente esser calcolato attraverso il D.M. 1 luglio 2002, il comune, poi potrebbe imporre un particolare diritto fisso per l’uso di quella tomba ex Art. 149 Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267. Le leggi ci sono, ma come sempre non sono applicate.

    Un cittadino non può pretendere la concessione trentennale di una tomba a prezzi irrisori! Certo le imprese funebri esercitano pressione in questo senso, perchè, magari i denato risparmiato per l’acquisizione della tomba può, invece, esser speso in una cassa più bella o in addobbi lussuosi.

    Questo si chiama “conflitto di interesse”!

    Il cimitero è una strana “macchina” di cui bosogna trovare il giusto assetto economico, altrimenti cominciano i guai.

    Sto sadicamente compilando una lista dei guai fisici in cui incorrono i necrofori:

    Rischi per la sicurezza dovuti alle caratteristiche strutturali degli ambienti di lavoro esterni ed interni nelle varie fasi di trasporto ed al peso dei carichi trasportati:

    * rischi di caduta e scivolamenti nel caso di irregolarita’ dei terreni esterni o per la presenza di scale esterne fisse a gradini;

    * rischi di caduta, urti e scivolamenti per il trasporto in ambienti chiusi particolarmente angusti (corridoi, pianerottoli, scale, ecc.);

    * rischi di schiacciamento conseguente a eventuale caduta del carico trasportato;

    Rischi igienico-ambientali dovuti ad agenti chimici, fisici e biologici:

    * rischio da agenti chimici dovuti alla manipolazione di disinfettanti e detergenti utilizzati per la pulizia delle attrezzature, delle superfici e dei DPI;

    * rischi da agenti fisici dovuti alla esposizione alle intemperie e/o alle condizioni climatiche estreme per tutte le attivita’ svolte all’aperto;

    * rischi da agenti biologici dovuti al contatto e alla manipolazione di oggetti e superfici imbrattate con liquame biologico potenzialmente infetto proveniente dalle salme (HBV-HCV-HIV);

    Rischi trasversali o organizzativi dovuti alle caratteristiche del trasporto e del carico trasportato:

    * rischi legati a fattori ergonomici dovuti alla movimentazione manuale di carichi che possono raggiungere il peso di 200 kg (cassa di legno + zinco + salma);

    * rischi legati a fattori ergonomici per l’assunzione di posture incongrue e per la necessita’ di compiere sforzi fisici rilevanti, nel caso di irregolarita’ del terreno, di spazi chiusi troppo angusti e di un numero di operatori insufficiente (organizzazione del lavoro);

    * rischi igienici generali e fattori di disagio dovuti al permanere in un luogo di lavoro maleodorante e con scarse condizioni igieniche (scoppi di feretri, miasmi da putrefazione, feretri percolanti);

    * fattori psicologici legati all’oggetto della mansione ed allo scarso riconoscimento sociale della professione.

    Noi, forse siamo l’inico Paese (una vera repubblica delle banane funerarie dove il feretro biene inumato con una semplice imbracatura costituita da due corde poste agli estremi della cassa e lo sforzo è disumano.

    Nell’attività di trasporto, al di la del sovraccarico lombare, molte operazioni comportano:

    * l’applicazione di carichi in modo fortemente asimmetrico sulla intera colonna dorso-lombare;

    * la sollecitazione del rachide in modo asimmetrico ed in rotazione;

    * l’applicazione diretta del peso sulla spalla con la conseguente sofferenza del muscolo trapezio superiore, del distretto cervicale del rachide e fenomeni degenerativi delle articolazioni acromion-clavicolari e scapolo- omerali.

    capitolo a parte merita la progettazione di batterie di loculi e colombari i quali disattendono bellamente l’Art. 76 DPR 285/1990 il quale impone il diretto accesso al feretro senza doverne movimentare altri. La procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/1990 in molte aree dei cimiteri pià vecchi ormai è diventata la regola.

    L’intervento prioritario è rappresentato dall’adozione di procedure di lavoro in cui si faccia maggior ricorso alla meccanizzazione per eliminare o ridurre i rischi di infortuni ed i rischi ergonomici dovuti alla movimentazione manuale dei feretri.

    Quanto costa un dispositivo calaferetri e quanto, invece i giorni di malattia di un necroforo che si sia procurato gravi lesioni alla spina dorsale?

    Abbiamo un’unica arma, continuare a parlare senza paura di nessuno di questi problemi, sino a quando qualcuno sarà costretto, almeno per quieto vivere, ad ascoltarci!

    Ormai, anche grazie ai Tuoi post mi sto impegnando in questa battaglia, ho appena pubblicato un articolo sui pericoli con cui convivono i necrofori del deposito dosservazione/obitorio, ed in questi giorni, invece, cercherò di affrontare le spericolatezze cui sono costretti gli operatori cimiteriali.

    Ti formulo i più sinceri auguri per una Buona Pasqua!

  4. @ Carlo, mi trovo pienamene d’accordo con le tue parole, però non ho detto che sia la 626 ad imporre i “4 necrofori”, ho solamente detto che 2 o 3 sono comunque pochi…. per quanto riguarda la manutenzione, le macchine montaferetri (lettighe sviluppabili o quant’altro) se possono sollevare più di 200 kg od anche persone, devono essere sottoposte ai controlli di enti addetti (da noi Arpam) che implica le manutenzioni (cambio e/o rabbocco dell’olio, controllo dei leveraggi e così via) pena il fermo macchina.
    Per il resto concordo con te nei costi sottostimati della gestione cimiteriale e di conseguenza nelle misere paghe spettanti a chi lavora. la situazione non è delle più rosee da noi, con personale non sempre qualificato (ma per 800-1000 euro, 8 ore al giorno 7/7, cosa si può pretendere?)
    innanzitutto ci vorrebbe una svolta da parte degli enti o ancora meglio un “sodalizio” chiamiamolo così delle ditte del settore nell’imporre determinate regole e costi. ripeto non si possono fare lavori del genere con questi costi. non sto parlando di un comune ma bensi della media della provincia in cui lavoriamo: ti faccio un esempio una tumulazione in loculo (sia esso in prima fila al piano terra che in sesta al 5 piano senza montacarichi) viene pagata (dal comune) ugualmente intorno i 100 euro…….. in conseguenza di ciò trovi nell’ordine:
    operai non specializzati, minime condizioni di sicurezza (i guanti costano, le maschere con filtrante costano di più, le tute usa e getta sono di scarsa qualità, attrezzature non idonee), orari massacranti (si toccano tranquillamente le 10 ore giornaliere nel periodo delle operazioni cimiteriali) e chi più ne ha più ne metta.

  5. APPUNTI DI IGIENE CIMITERIALE

    Abbiamo cercato di comporre una piccola antologia di suggerimenti e consigli sulle procedure di profilassi da adottare durante le operazioni cimiteriali.

    Pulizia dei luoghi di lavoro; occorre, per mantenere le condizioni di piena sicurezza e salubrità, una disinfezione costante del pavimento e delle pareti nelle camera mortuaria[1] dove sostano i feretri nell’attesa di sepoltura, cremazione oppure apertura della cassa metallica per l’estumulazione.

    Gli stessi strumenti di lavoro (pale, saldatori, forbici , roncole per tagliare il metallo dei cofani, rulli o carrelli per infilare le bare nei loculi) debbono esser periodicamente puliti.

    Spesso i feretri destinati a cremazione sono depositati in un ambiente refrigerato, così da evitare l’insorgere di cattivi odori e di eventuali perdite d’umori acquei dalla cassa[2].

    Attenzione: la bassa temperatura non stronca l’attività di batteri e germi putrefattivi, semmai può leggermente ritardarla, è, quindi, indispensabile eseguire puntualmente tutte le dovute procedure di profilassi quando si lavora a stretto contatto con i cadaveri, anche nei locali dell’ara crematoria.

    Igienizzazione delle celle murarie adibite a tumulazione: dopo aver estumulato un feretro, magari quando si siano verificati fenomeni percolativi, è buona norma lavare il loculo, oppure cospargere le sue pareti con calce viva ad alto potere disinfettante. Un uso affermato presso molti operatori vuole che sul piano d’appoggio della nicchia dove è deposta la bara, prima della muratura, sia deposta una certa quantità di calce, con funzione assorbente in caso si verificassero fuoriuscite di liquidi cadaverici soprattutto nei primi tempi dopo la sepoltura.

    Durante l’estumulazione straordinaria, magari per risanare una tomba, con il rifascio della bara, in seguito a scoppio del feretro, bisogna necessariamente procedere alla disinfezione anche dell’ambiente circostante[3] al loculo interessato da fenomeni percolativi (colombario, marciapiedi, masse murarie sottostanti al forno), prima di permetterne nuovamente l’ingresso ai visitatori.

    Conservazione delle schede di sicurezza dei prodotti utilizzati per la disinfezione; in un’eventualità d’intossicazione prodotta da uno di questi disinfettanti in esse sono contenute le procedure da seguire.

    Servizi igienici adeguati: sono indispensabili lavandino con pedale, sapone liquido, carta a perdere, spogliatoi con armadietti a doppio scomparto sigillato dove poter separare le tute da lavoro dagli indumenti civili, presenza di docce per una completa detersione igienizzante del corpo una volta concluse le operazioni cimiteriali.

    Pulizia e disinfezione accurata delle mani subito dopo il contatto con oggetti contaminati.

    Ci sono due tipi di lavaggi:

    · Lavaggio ordinario: può essere eseguito con un semplice sapone liquido seguito da diversi risciacqui, asciugare poi le mani con salviette di carta monouso.

    · Lavaggio straordinario: nel caso di operazioni particolari che comportino la possibilità di contatto con liquami putrefattivi o altro materiale organico deve essere attuata una procedura di pulizia straordinaria/disinfezione. Prima di utilizzare l’antisettico, ricordarsi di procedere ad una pulizia con il sapone.

    Leggere attentamente le indicazioni contenute sulla scheda di sicurezza del prodotto.

    Non usare alcool denaturato per disinfettare la zona eventualmente contaminata.

    L’alcool, in determinati frangenti, non garantisce la perfetta disinfezione.

    Quando si debba procedere al taglio della lamiera in un feretro da inumare, ma confezionato con la duplice cassa (legno e metallo) chi attende all’apertura di squarci sul coperchio di lamiera deve indossare assolutamente tutte le protezioni necessarie perché potrebbe esser investito da un getto di gas putrefattivi altamente nocivi per il loro altissimo contenuto patogeno.

    Il taglio dello zinco, anche se contemplato dalla legislazione italiana, sarebbe oltremodo da evitare per la sua elevatissima pericolosità. Molto meglio sarebbe il ricorso a dispositivi plastici con effetto impermeabilizzante, sempre se quest’ultimi riuscissero a garantire, almeno nel breve periodo, una tenuta stagna a gas e liquidi cadaverici paragonabile, per affidabilità, a quella del tradizionale metallo.

    Chi scende nella fossa per raccogliere dalla fanghiglia i resti mortali in presenza di qualsiasi condizione climatica (caldo afoso) non deve in nessun modo calarsi nello scavo senza indossare tuta usa e getta, calosce (stivali impermeabili) e robusti guanti.

    Non è così difficile, anche nelle esumazioni, reperire rottami metallici (il feretro era confezionato per racchiudere un infetto, la distanza del trasporto funebre oltre i 100 Km impose, all’epoca, il ricorso alla bara metallica) il rischio di contrarre mortalmente il tetano deve far ragionare sulla pericolosità estrema di questi interventi.

    Pulizia e disinfezione preliminare, prima dell’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.

    Adozione di dispositivi di protezione adeguati:

    1. Scarpe o stivali impermeabilizzati in gomma,

    2. Occhiali protettivi

    3. Guanti di gomma a manica lunga,

    4. Tute cucite con un pezzo unico di tessuto e grembiuli impermeabili.

    5. Maschere facciali con filtrante.

    Comunicazione ai responsabili del servizio mortuario/cimiteriale d’eventuali carenze, mancanza, deficienze dei dispositivi di protezione individuale e d’ogni altro strumento che possa risultare pericoloso per l’operatore.

    Visita medica preventiva e ripetuta annualmente, o in periodi più brevi, secondo il livello di esposizione dei necrofori a situazioni potenzialmente pericolose ed antigieniche.

  6. E’ una maxi bugia sostenere che sia mitica legge 626/94 a stabilire rigidamente i quattro necrofori obbligatori per la movimentazione dei feretri. Questa bistrattata legge è, invece, molto saggia ed elastica, la sua formulazione, infatti, prevede una precisa fattispecie: un lavoratore non può sostenere un peso superiore ai 30 KG. Anche se passasse l’interpretazione distorta dei 4 necrofori “sempre e comunque”, come soluzione miracolosa a tutti i problemi del comparto funerario italiano, qualsiasi impresa, dinnanzi ad un’ispezione, da parte dell’ispettorato del lavoro, risulterebbe bellamente FUORI LEGGE, siccome la massa di un feretro dalle medie dimensioni quasi sempre eccede il massimo di 120 KG (30Kg per uno moltiplicato per le 4 unità) che quattro portantini potrebbero reggere, seguendo la lettera della legge 626/94.

    Anche se si rispettassero gli spessori minimi e massimi consentiti, evitando casse inutilmente faraoniche e megalomaniche secondo la Circ.Min. n.24/1993, il risparmio sul peso globale sarebbedi pochi KG

    Per quale ragione nessuno parla di queste difformità non solo giuridiche, ma soprattutto logiche? Il ragionamento lineare ed algebrico, infatti, non ha certo colore politico, ma si limita a descrivere, qualche volta anche brutalmente, la verità dei fatti, senza troppi infingimenti in politichese.

    Per spostare una cassa a volte occorrerebbero oltre 6 persone, ma spesso glià 4 necrofori faticano a barcamenarsi tra angusti ballatoii e rampe di scale. In cimitero, poi, spesso si assiste a numeri acrobatici, con i necrofori esposti a rischi folli (slogature, schiacciamento delle vertebre, essessivo stress del rachide….)

    I costi di gestione dei cimiteri sono SOTTOSTIMATI e come al solito si cerca di risparmiare sulla voce di bilancio più onerosa…ovvero il personale dipendente.

    A parere di chi scrive quando il servizio era erogato in economia diretta con necrofori dipendenti del comune la maggior qualità era nettamente apprezzabile.

    Quanto, poi ai montaferetri In sintesi non c’è un bisogno assoluto di manutenzione annuale, specie se le macchine sono nuove o se vengono mantenute bene. Potrebbe essere invece necessaria una valutazione generale da parte di qualche ditta capace, non interessata solo a vendere il servizio, oppure da parte di un tecnico di vostra fiducia. È ovvio che se il Cimitero avesse un parco macchine molto ampio, potrebbe convenire rischiare il fermo macchina (è una valutazione di costo in funzione del rischio).

  7. salve, sono del settore, volevo solo far presente che secondo me una parte della colpa dell’attuale sistema di gestione dei cimiteri, è da attribuire ai comuni che, “sfornando” solo appalti al massimo ribasso, non permettono ad alcuna ditta (almeno qui nel centro Italia) di lavorare rispettando i minimi canoni di sicurezza:
    operazioni cimiteriali svolte da 2 max 3 persone, movimentazione del feretro anche da sole 2 persone (626?!?!?), manutenzioni delle attrezzature fatte “in casa” e non da personale specializzato….. in fin dei conti cosa possiamo sperare se un ente pubblico paga a malapena 100 euro per una tumulazione che richiederebbe sempre almeno 4 persone e 2 ore di lavoro?

  8. E’ un problema di cultura……….
    Cultura della Sicurezza……..Cultura della dignità umana…….Cultura dei servizi che l’Ente Locale ha in carico come attività istituzionale ma che spesso vengono lasciati alla improvvisazione degli operatori che operano senza procedure, senza DPI, con mezzi scarsi e spesso antiquati o artigianalmente realizzati.
    Buon Lavoro a tutti

  9. Continuo a pensare ai nostri cimiteri come a luoghi potenzialmente pericolosi, tento, timidamente, qui di seguito un’analisi sintetica sviluppata per punti tematici:

    a) Taglio della cassa di zinco

    Si provvede a quest’operazione in caso di:

    1. feretri destinati ad interramento, ma confezionati con duplice cassa, per trasporti particolarmente lunghi (oltre i 100 KM ex Art. 30 comma 13 DPR 285/1990), trasporto infetti (Art. 25 DPR 285/1990), trasporti internazionali provenienti dall’Estero (Artt. 27 e 28 DPR 285/1990)

    2. ricognizione sui resti mortali (Art. 86 commi 2 e 5 DPR 285/1990) provenienti da estumulazione quando siano già passati gli anni di sepoltura legale in tumulo (almeno venti anni ai sensi dell’Art. 3 comma 1 lettera b) DPR 15 Luglio 2003 n. 254)

    3. disposizione dell’autorità giudiziaria per procedere ad un’estumulazione straordinaria (Art. 89 DPR 285/1990 che rinvia all’Art. 83 del medesimo DPR).

    Spesso si verificano, tra gli affossatori, incidenti causati dall’eccessiva leggerezza ed approssimazione con cui costoro entrano in contatto con la lamiera zincata senza le adeguate protezioni.

    E’ facilissimo procurarsi tagli e piccole ferite, la minaccia mortale del tetano, poi, è sempre terribilmente presente.

    b) Risanamento di un loculo

    Se una tomba è interessata da fenomeni percolativi il personale del cimitero, ma anche i necrofori in servizio presso le imprese funebri, debbono intervenire per ripristinare la tenuta stagna della sepoltura.

    Lo scoppio della bara produce la copiosa fuoriuscita di densi liquami cadaverici ed odori nauseabondi

    Sino a quando non sia stato avvolto con nastro metallico il feretro danneggiato gli operatori rimangono a contatto per lunghissimi minuti con materiale organico guasto, almeno per tutto il tempo necessario alla saldatura della vasca zincata.

    I miasmi rilasciati dal cadavere potrebbero esser vettori di micidiali infezioni.

    c) Esumazione del cadavere (ex Art. 82 e Seg. DPR 285/1990)

    Quando la benna dell’escavatore raggiunge il coperchio ormai fradicio del feretro è necessario che sia un affossatore a scendere direttamente nella fossa per estrarre l’ossame dalla fanghiglia.

    Il contatto con resti mortali, brandelli di tessuto (si pensi al velo coprisalma, all’imbottitura della cassa oppure agli stessi vestiti indossati dal cadavere) e le assi marce della cassa è pressoché inevitabile.

    Per esser più rapidi in queste operazioni poco piacevoli solitamente i necrofori si calano nello scavo senza le adeguate protezioni, magari con addosso solo un camice ed i guanti di gomma.

    d) Tumulazione, estumulazione, traslazione (Capo XVII DPR 285/1990)

    Questi tre interventi riguardano sempre la movimentazione di feretri costruiti secondo lo schema della doppia cassa

    Il loro peso è notevole, perché, aldilà della vasca zincata che nei cofani da seppellire sotto terra non è quasi presente, le assi che formano la cassa sono di legno rigorosamente massello e debbono rispettare spessori piuttosto generosi.

    Una bara così concepita potrebbe registrare una massa attorno ai 160/180 kg.

    I necrofori accusano spesso problemi alla rachide e dolori lombari, dovuti allo sforzo per il sollevamento della cassa, tra molti affossatori e becchini, infatti, è ancora invalsa la brutta abitudine del trasporto a spalla perché questo metodo sarebbe più pratico e rapido rispetto alla precisa procedura da adottare per impiegare correttamente carrelli e montacarichi.

    Alle volte, nei nostri cimiteri si assiste a scene surreali o peggio ancora circensi: il necroforo più agile (o… spericolato?), armato di secchio con malta cementizia, paiolo d’acqua e mattoni per tamponare il loculo, deve arrampicarsi sul montacarichi senza alcun dispositivo di trattenimento (cintura di sicurezza) in caso d’improvviso scivolone.

    In uno spazio così angusto come il ponteggio su cui sono stati issati le attrezzature, la cassa ed il necroforo intento a murare l’apertura del forno, l’equilibrio è tutto da inventare con movenze feline degne dei migliori acrobati.

    Spesso, poi, diventa complicato spingere la bara sino alla parete di fondo della nicchia sepolcrale perché, magari, qualche asperità sul piano del loculo oppure il rullo posto sotto al feretro, per facilitarne lo scorrimento, hanno fatto intraversare la cassa, e così quest’ultima si è incastrata in una posizione così storta da render, a tutti gli effetti, impossibile una scrupolosa chiusura del tumulo secondo le norme di polizia mortuaria.

    Ecco allora i necrofori improvvisarsi maldestri scultori, mentre con lime e trapani di fortuna cercano di smussare gli spigoli del cofano per ridurne l’ingombro massimo. Questo stratagemma è nocivo per almeno due motivi:

    1. maneggiare punte taglienti, cutter o lame quando ci si trovi in situazione di precario equilibrio può esser causa di sinistri.

    2. intaccare la cassa lignea nelle sue pareti significa anche indebolire la resistenza del feretro stesso all’affaticamento meccanico delle giunture dovuto alla pressione dei miasmi putrefattivi.

    Un altro esempio di reale pericolo è rappresentato dalle operazioni di sollevamento, tramite montacarichi, del feretro, degli strumenti da muratore e dell’operatore stesso che completerà le fasi della sepoltura con la tamponatura della tomba.

    Il feretro, per facilitarne lo scorrimento in avanti, quando sarà perfettamente allineato con l’apertura del tumulo, viene sistemato su due rulli posizionati agli estremi dell’apparecchio usato per movimentare verticalmente il cofano.

    Se i necrofori non hanno la cura di bloccare con particolari accorgimenti i due rulli su cui appoggia il feretro, almeno sino a quando non sia terminato il suo sollevamento, eventuali oscillazioni o improvvisi trasferimenti di peso potrebbero causare la drammatica caduta della cassa sui dolenti che si sono radunati attorno al tumulo per l’ultimo saluto al loro caro scomparso.

    Immaginiamo, invece, un’edicola con due file di loculi sovrapposti sino al quinto ordine in altezza e ad apertura laterale sul vestibolo interno (la cassa va infilata dal fianco).

    Due operai piuttosto possenti e nerboruti riescono agevolmente a inserire o estrarre una cassa, solo se debbono lavorare tra la prima e la seconda fila di forni.

    Per introdurre una cassa su un piano più alto, invece, non ci sarebbe sufficiente spazio, così bisogna necessariamente ricorrere al terribile sollevamento a spalla.

    Mentre due affossatori, con la schiena premuta contro il muro per guadagnare qualche centimetro, sollevano il cofano un terzo individuo scivola sotto il fondo e, in posizione centrale, spinge verso l’alto, appoggiando l’immane carico sulla spina dorsale nella tratto compreso tra colo e torace.

    La caduta rovinosa, allora, da scale, tra battelli ed impalcature di fortuna è sempre in agguato.

    Per raggiungere da terra una quinta fila l’unica soluzione davvero praticabile, anche se a scapito della sicurezza, sarebbe raddoppiare il castello mobile formato da assi e cavalletti.

    In altri frangenti la tumulazione è ancora più gravosa: ci sono colombari e cappelle gentilizie in cui i loculi sono disposti ad “L”, vale a dire in modo perpendicolare tra di loro, l’apertura delle nicchie, così ha un’ampiezza inferiore alla lunghezza reale delle casse, perché le estremità e gli spigoli del piano su cui deve poggiare la cassa sono interni, ricavati nella spalla del muro.

    Occorre allora agire con molta coordinazione, ponendo in essere un movimento combinato e sovrapposto: prima si appoggia la cassa, magari dalla testa, poi si fa ruotare su questo punto d’appoggio l’intero cofano, mentre lo si spinge anche lateralmente.

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