Il coniuge superstite, poi unitosi in seconde nozze, conserva qualche titolarità sulle ipotetiche spoglie mortali della prima/o moglie/marito premorta/o?
Caso interessante da… “Un giorno in Pretura”!
Il primo vincolo coniugale, allora, è da definirsi sciolto ed estinto anche riguardo alla componente funeraria?
Naturalmente il fatto deve esser davvero capitato: se non erro ebbe a scrutinarlo una certa giurisprudenza piuttosto risalente ed isolata.
In questa pronuncia, poi chiosata dalla dottrina, in buona sostanza si negava lo jus sepulchri, quanto meno primario al coniuge risposato nella tomba di famiglia del primo/a marito/moglie.
La motivazione sarebbe data dalla sconvenienza-inopportunità sociale – secondo il comune sentire di quell’epoca storica – che vedovo/vedova risposatisi mantengano inalterato lo jus sepulchri originatosi dal primo vincolo coniugale contratto ed ora spirato mortis causa.
Quid juris?
Nel medesimo senso del testo, si veda Nobile, Diritti dei partecipanti alla comunione di sepolcro familiare, in Giur. compl. Cass. civ., 1954, p. 264; Carresi, voce Sepolcro (diritto vigente), cit., p. 36; Spizuoco, Il profilo patrimoniale del diritto di sepolcro gentilizio e la ripartizione delle spese di conservazione fra i contitolari, in Temi napoletana, 1966, III, p. 167; Mascolo, op. cit., p. 96; Peretti Griva, In tema di disponibilità del sepolcro familiare, cit., c. 470; Cormio, Diritto di scelta della sepoltura, in G. it., 1958, I, 1, c. 1262; Reina, op. cit., p. 89, secondo cui la moglie separata (al contrario di quella divorziata) è, invece, comunque titolare dello ius sepulchri, salvo diversa volontà espressa del fondatore.
Nel diritto canonico anteriore alla codificazione del 1917, generalmente la moglie, premorta o no al marito, andava sepolta nel sepolcro familiare del coniuge, anche se, rimasta vedova, fosse tornata alla casa dei genitori, purché non avesse contratto nuove nozze e non fosse vissuta impudicamente. La vedova di più mariti nel sepolcro dell’ultimo di essi (p. 86).
Si propone una domanda preliminare: “chi era il coniuge al momento del decesso della persona … poi effettivamente deceduta?.
Il fatto che la morte sciolga il matrimonio (art. 149 C.C.) non fa venire meno la condizione di coniuge superstite (altrimenti non si avrebbe vedovanza, successione, (eventuale e con riguardo ad uno dei due generi, per chi pensi binario) divieto temporaneo di nuove nozze, né si potrebbe parlare di “coniuge superstite” …). Il fatto che questi segua (un po’ dopo) altri percorsi di vita, non muta la risposta alla domanda posta all’inizio.
Ovvio che ciò potrebbe lasciar aprire contenziosi con altre persone (es.: figlie/i della persona defunta, affini in linea collaterale di 2° grado, ecc), ma questo rientra nelle dinamiche endo-familiari, spesso conflittuali e litigiose.
Concessione cimiteriale ed amministratore di sostegno
Vista la natura prettamente “intuitu personae” della concessione cimiteriale e della sua particolare natura para-contrattuale, è ammissibile che persona con amministratore di sostegno divenga titolare di rapporto concessorio, causa ipotetico rinnovo con pieno subentro nello ius sepulchri o assegnazione ex novo dell’usus sepulchri?
Se l’atto è posto in essere in autonomia dal soggetto de quo si rilevano potenziali vizi della volontà?
L’art. 1 L. 9 gennaio 2004, n. 6 (istitutiva dell’amministrazione di sostegno) prevede, tra l’altro una tutela “… con la minore limitazione possibile della capacità di agire, …”.
Il beneficiario (persona tutelata), a differenza di altri istituti di protezione degli incapaci, rimane pienamente titolare della capacità di agire, salvo che per gli atti che il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno individui come di competenza di quest’ultimo.
Dunque possono aversi, dipende sempre dal decreto del giudice tutelare, sia atti che l’amministratore di sostegno pone in essere in sostituzione in rappresentanza del beneficiario, sia atti in cui questi intervenga in assistenza del beneficiario.
A differenza dell’interdizione e/o inabilitazione, gli atti di cui sia titolare l’amministratore di sostegno (in sostituzione o come assistenza) non sono predeterminati, ma definiti, caso per caso, dal giudice tutelare con il decreto con cui provvede alla nomina dell’amministratore di sostegno.
Di ciò tenuto conto, la risposta è conseguente e positiva, poiché almeno in teoria non sussistono aprioristicamente ragioni ostative, almeno nel dettato espresso della lettera della Legge.
L’autore, per i preziosi consigli, rivolge un sincero ringraziamento al Dr. Sereno Scolaro, firma di prestigio sulle pagine di funerali.org.