Spesso l’istituto del c.d. subentro nella titolarità delle concessioni cimiteriali è adeguatamente regolato dal Regolamento comunale di Polizia Mortuaria, per non dire che, in numerosi casi, neppure viene preso in considerazione. La fattispecie che fa operare un tale istituto è, come comprensibile, quella del decesso del concessionario, fondatore del sepolcro, e gli effetti che si determinano quando ciò avvenga. Effetti diversi a seconda della natura del sepolcro, cioè se si sia in presenza di sepolcro familiare (o, gentilizio, termine che nel contesto ne è sinonimo), natura presupposta salva espressa volontà del fondatore del sepolcro risultante dall’atto di concessione, oppure di avvenuta trasformazione a seguito dell’esaurimento delle persone appartenenti alla famiglia (non senza appellarsi alla pronuncia della Cass. Sez. II civ. del 29 settembre 2000, n. 12957), oppure di sepolcro ereditario. Ma va considerato anche se il subentro abbia prodotto effetti. Infatti, non è di per sé sufficiente il solo decesso del concessionario fondatore del sepolcro, ma è essenziale che sia stato osservato il procedimento previsto, in sede regolamentare, affinché chi ne abbia titolo “subentri”, per l’appunto, al concessionario fondatore del sepolcro deceduto. Sul punto, va citata la pronuncia del TAR Calabria, Sez. st. Reggio Calabria, 19 marzo 2019, n. 163, reperibile nella Sezione SENTENZE per gli abbonati PREMIUM, che non solo dibadisce, per l’ennesima occasione, la differenza tra sepolcro di famiglia (o, gentilizio) e sepolcro ereditario per quanto riguarda le persone che hanno titolo ad essere accolte nel sepolcro, ma precisa come l’inosservanza del procedimento regolatore del subentro comporti, in danno del preteso subentrante, l’inefficacia stessa di ogni subentro e, a valle, l’indisponibilità di eventuali titoli a disporre del sepolcro. Precisando che questi ultimi si collocano su di un piano totalmente differente dal titolo ad essere accolti nel sepolcro.