Ndrangheta, l’egemonia dei Cordì al cimitero di Locri

Carabinieri e Guardia di finanza hanno approfondito gli affari della cosca Cordì, scoprendo diversi episodi avvenuti a Locri, ragionevolmente imputabili ad un’unica matrice delittuosa, riconducibile ai componenti della famiglia Alì che da anni avrebbero esercitato un’egemonia incontrastata delle attività riconducibili alla gestione dell’area cimiteriale, come le onoranze funebri e la vendita al dettaglio dei fiori proprio nei pressi del cimitero della città jonica.

Le indagini dei carabinieri, hanno infatti permesso di accertare l’ipotesi che in particolare Gianfranco Alì, abbia acquisito il controllo del settore delle attività cimiteriali locresi, imponendo un regime “di fatto” di monopolio, attraverso gravi azioni intimidatorie e danneggiamenti ai danni delle ditte concorrenti, di privati cittadini e di amministratori pubblici.

In particolare, tra il 29 maggio 2017 ed il 27 giugno 2019, nel comune di Locri, tra tutte le vittime e gli Alì si sarebbero verificati una serie di episodi accomunati dal contrapposto interesse economico, nella gestione delle attività cimiteriali: “con una tempistica – spiegano dai comandi provinciali – che non lascia margine di incertezza, coloro che svolgevano attività concorrenziale agli Alì o gli amministratori pubblici che avevano adottato atti, volti a contrastare o comunque, ad attenuare quel monopolio subivano danneggiamenti e minacce gravi arrivate fino all’incendio dei mezzi di lavoro, al posizionamento di un ordigno davanti all’abitazione di un funzionario comunale e, in ultimo, la minaccia rivolta al sindaco Giovanni Calabrese di non fargli più ritrovare le spoglie dei suoi parenti, sepolti nel cimitero di Locri: “Giovannoni domani dirò dov’è sepolto qualche tuo parente da tantissimi anni”.
La ditta di onoranze funebri è stata sottoposta a sequestro dai carabinieri.

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