Morti e sepolture a Vignola

Dal blog http://amarevignola.wordpress.com/2009/03/08/citta-dei-vivi-citta-dei-morti/ abbiamo tratto un post che tratta argomenti di interesse, come lo sviluppo demogrfico connesso con la mortalità, lo sviluppo di pratiche funerarie alternative alla sepoltura tradizionale e quindi la cremazione. Merita una lettura:

Storici come Philippe Ariès e Michel Vovelle hanno richiamato l’attenzione sul mutamento intervenuto dal medioevo ad oggi circa il senso della morte e le prassi rituali che la accompagnano. Oggi il tema della morte è sempre più rimosso dalla nostra società in cui si celebra invece il benessere, la salute, la vita. La crescita della ricchezza ed i progressi della medicina hanno consentito un allungamento della vita, spostando sempre più in là nel tempo – nella biografia individuale – l’evento della morte. Essa è sempre più un evento che riguarda (solo) le persone anziane, anzi molto anziane. La sua presenza è rarefatta nelle altre fasi della vita, anche se non completamente assente. Questi mutamenti demografici si accompagnano a mutamenti dei comportamenti: le forme del ricordo e la frequenza delle visite ai defunti sono significativamente diverse tra le vecchie e le giovani generazioni. La frequentazione dei luoghi dei morti – i cimiteri – avviene con minor frequenza. Il mutamento di sensibilità riguarda anche le forme del “trattamento” dei defunti: la pratica millenaria dell’inumazione (o della tumulazione) è tutt’oggi ampiamente prevalente, ma cresce il ricorso alla cremazione della salma. Ecco alcuni dati sulla realtà di Vignola (Modena), accompagnati da alcune considerazioni.

[1] Per gran parte del XX secolo, a Vignola, il numero dei nati è risultato superiore a quello dei morti. Era così nel 1929 (primo anno di cui sono riuscito ad ottenere i dati dall’Ufficio Anagrafe): 215 nati e 132 morti. Con l’unica eccezione dell’ultimo anno della seconda guerra mondiale, il 1945 (ma potrebbe essere un effetto dovuto alla registrazione dei dati), il saldo naturale è rimasto costantemente positivo fino al 1976. Dal 1977 la situazione cambia. Il saldo naturale diviene negativo, fino al 2004 quando torna, timidamente, positivo. L’alto numero dei nati della prima metà del secolo si accompagnava, però, ad alti tassi di mortalità infantile ed ad una vita media significativamente inferiore a quella odierna.
Numero dei nati e numero dei morti, per anno, a Vignola (anni 1946-2008)

 

ImageNumero dei nati e numero dei morti, per anno, a Vignola (anni 1946-2008)

 

 

 

 

 

E’ nel secondo dopoguerra che il progressivo allungamento dell’età della vita si intreccia con un mutamento significativo nella fecondità: ad una prima fase di espansione – fino al baby boom del 1964 (a Vignola 296 nati in quell’anno) – segue una fase di progressiva riduzione del numero dei nati, determinata da una riduzione della fecondità al di sotto dei 2 figli per donna – la soglia di sostituzione della popolazione. E’ solo grazie ai processi migratori ed al conseguente ingrossamento della fascia di popolazione in età 25-40 anni che la natalità riprende anche a Vignola, con un consistente apporto degli immigrati stranieri. Nel 2004, per la prima volta dal 1977, e poi di nuovo nel 2008 (in modo più consistente), il numero dei nati (a Vignola) supera il numero delle persone residenti decedute.
Saldo naturale a Vignola (anni 1946-2008)

ImageSaldo naturale a Vignola (anni 1946-2008)

 

 

 

 

 

 

[2] I dati sui decessi avvenuti nell’ultimo decennio (dal 1999 al 2008) evidenziano anche a Vignola l’allungamento della vita. L’età media al momento della morte, calcolata sui 2.420 residenti deceduti nel decennio considerato, è infatti di poco superiore ai 79 anni. L’81,1% dei deceduti ha un’età superiore ai 69 anni. Un altro 10% ha un’età compresa tra i 60 ed i 69 anni. Ma se la quasi totalità dei decessi è avvenuta al di sopra dei 60 anni, tra le persone decedute a Vignola ve ne sono anche in età assai inferiore: 4 su 100 hanno meno di 50 anni (97 deceduti); 1,3 su 100 meno di 30 (31 deceduti).

ImageNumero deceduti per età nel decennio 1999-2008

 

 

 

 

 

 

[3] Nel 2005 il Consiglio comunale di Vignola, tra i primi in provincia di Modena, ha approvato un regolamento sulla cremazione, in ottemperanza alla legge regionale n. 19/2004, realizzando quindi un apposito opuscolo informativo. Il regolamento è stato quindi perfezionato ed incluso nel nuovo Regolamento di polizia mortuaria, approvato dal Consiglio comunale con deliberazione n.59 del 28 ottobre 2008 – le norme sulla cremazione, dispersione e affidamento delle ceneri sono all’art. 17. Secondo il nuovo regolamento la cremazione di una salma è autorizzata dal sindaco del comune dove è avvenuto il decesso quando risulti la volontà del defunto di essere cremato. Tale volontà può risultare espressa con diverse modalità: tramite disposizione testamentaria, tramite adesione scritta ad una associazione riconosciuta con fini di cremazione dei cadaveri, su richiesta del coniuge superstite o dei parenti più prossimi. Le ceneri, quindi, possono essere conservate in apposita urna (presso il cimitero o presso un familiare affidatario in un apposito luogo di custodia) od anche disperse in apposita area del cimitero (giardino delle rimembranze), in natura o in aree private, previa autorizzazione del proprietario. I dati degli ultimi 15 anni, dal 1994 al 2008, evidenziano una crescita del ricorso alla cremazione, anche se una parte delle salme cremate è costituito da salme precedentemente inumate o tumulate.

ImageNumero di inumazioni/tumulazioni e cremazioni nel cimitero di Vignola (anni 1994-2008)

 

 

 

 

 

[4] La morte di una persona cara è un evento che chiama in causa il senso che attribuiamo alla vita. Essa viene ancora oggi interpretato secondo categorie religiose da un numero consistente di persone. Anche le persone non religiose spesso attingono alle elaborazioni di significato prodotte dalla millenaria cultura cristiana quando debbono fronteggiare la morte di un familiare o di un amico. Oggi, inoltre, i progressi della medicina determinano situazioni nuove, ad esempio circa il confine tra la vita artificialmente mantenuta e la vita degna di essere vissuta – un fatto richiamato di recente dalla vicenda di Eluana Englaro. Su questi temi il senso comune risulta oggi spiazzato dalle nuove prospettive della medicina scientifica. La politica – a sua volta – sembra tutt’altro che attrezzata per trattare con serietà questi temi – salvo rare eccezioni (cito qui solo di sfuggita l’iniziativa del senatore del PD Ignazio Marino, medico e credente;. E’ forse il caso, allora, di affidarsi, prima che al dibattito politico, alla riflessione del filosofo o del teologo. Tra le cose che ho incontrato e che mi sento di suggerire ce ne sono due, certo non omogenee né per argomento, né per approccio. Ronald Dworkin, teorico del diritto statunitense, di orientamento liberal, ha scritto uno dei libri più rigorosi sui temi della vita e della morte: Il dominio della vita. Aborto, eutanasia e libertà individuale, Edizioni di Comunità, Milano, 1994.
Vita e morte nell’arte (Bertozzi & Casoni)

Nicholas Wolterstorff, teologo all’Università di Yale, ha scritto invece una personale riflessione (ed al contempo una sorta di “preghiera”) a seguito della morte del figlio venticinquenne: Lamento per un figlio, Edizioni GBU, Chieti-Roma, 2002. Anche per il teologo cattolico l’esperienza della morte del giovane figlio scuote le certezze della fede: “La nostra sofferenza è sempre redentrice? (…) la mia sofferenza per la morte di mio figlio, che io non ho scelto, e non sceglierei mai: anche questa porta la pace? Come? A chi?” (p.91) Ed ancora: “Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha risuscitato Gesù Cristo. Credo anche che la vita di mio figlio è stata spezzata nel fiore degli anni. Non riesco a tenere insieme questi elementi.” Di fronte alla morte siamo alla ricerca di un senso, ma sembra essere un compito più grande delle nostre possibilità.

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