Milano: non c’è stato scambio di resti mortali in una esumazione. Lo dice una perizia universitaria

É il 13 ottobre 2016 quando si svolge un’ordinaria operazione di esumazione al Cimitero Maggiore di Milano, gli operatori funebri recuperano i resti ossei sepolti al campo 67, fossa 737.
I familiari del defunto non riconoscono i resti come appartenenti al proprio congiunto, e scatta un’indagine interna all’area Servizi cimiteriali per verificare i fatti e accertare le eventuali responsabilità. Viene esaminato anche il fascicolo del defunto sepolto nella fossa accanto, la 738, una donna, e vengono informati anche i suoi familiari.
A questo punto il Comune coinvolge l’Università degli Studi di Milano, dipartimento di Scienze biomediche, per verificare la compatibilità dei resti della fossa 738 a un soggetto maschile invece che femminile.
Il 20 ottobre del 2016 il Comune propone alla famiglia che ha sollevato il giallo ulteriori esami sui resti custoditi nel cimitero, il loro legale nel frattempo richiede una valutazione congiunta di quanto accaduto in occasione dell’esumazione, si riserva comunque di agire in altre sedi legali. Le perizie vengono affidate dunque al dipartimento della Statale, che fornisce alle parti una «relazione antropologico-forense sui resti scheletrici umani» e i risultati di una «indagine genetica su traccia».
In data 29 novembre 2017, a distanza di oltre un anno, si tiene un incontro presso la direzione dei Servizi funebri, presenti tutti gli interessati, e vengono esposte finalmente le conclusioni dell’indagine. Le perizie hanno permesso l’attribuzione «con elevatissimo grado di probabilità» dei resti della fossa 738 al defunto.
Nessun errore dunque.
I famigliari che avevano aperto il giallo, cita la determina dirigenziale firmata solo giorni fa, hanno quindi «convintamente preso atto delle conclusioni esposte».
Eppure, è stata concordata «l’assegnazione di una celletta ossario presso il cimitero di Baggio, più vicino all’abitazione della vedova con oneri a carico del Comune quale manifestazione di ulteriore disponibilità a comporre la controversia» e il pagamento di 5mila euro per lo shock subito dal temuto smarrimento e «per il lungo protrarsi dello stato di incertezza».

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