Al Teatro Gobetti, martedì 17 marzo 2009, alle ore 20.45, andrà in scena L’ultima casa di Tiziano Scarpa con Manuela Massimi (Alba, Ginevra), Michele Modesto Casarin (Ivo Mezler, il Guardiano, un Uomo), Roberto Serpi (Ahmed), Federico Scridel (Lucio), Marta Dalla Via (Irina, il Morto, lo Zombie). Regia Michele Modesto Casarin, scene e costumi Licia Lucchese, musiche originali Andrea Mazzacavallo, maschere Stefano Perocco di Meduna, disegno luci Filippo Caselli, coreografie Patrizia Aricò. Lo spettacolo sarà replicato al Gobetti per la Stagione in Abbonamento del Teatro Stabile di Torino fino a domenica 22 marzo 2009.
Il testo de L’ultima casa deriva da una rilettura complessiva dell’opera di Goldoni da parte del romanziere, drammaturgo e poeta Tiziano Scarpa. «L’ultima casa, scrive l’autore, non è una riscrittura, non è un adattamento, non si adagia su sequenze drammaturgiche già collaudate: è una creazione del tutto nuova, completamente originale. Ne La casa nova, Carlo Goldoni raccontava un trasloco di mentalità: la nuova generazione andava a vivere in un appartamento concepito per ricevere gli ospiti e fare sfoggio di lusso. L’ultima casa mette in scena la tentazione dell’Occidente di traslocare nella città dei Morti».
Due muratori, un italiano ed un nordafricano, lavorano all’ampliamento di un cimitero. Sono così poveri che passano la notte dentro i loculi in costruzione. Durante il giorno incontrano i visitatori delle tombe: vedove innamorate, vecchi architetti visionari, imperiose badanti. Il confronto fondamentale della pièce è fra italiani e stranieri, e fra vecchi e giovani. Gli immigrati hanno punti di vista stranianti, rimettono in discussione le nostre abitudini. Le utopie visionarie dei vecchi si scontrano con il realismo disincantato dei giovani.
Il regista Michele Modesto Casarin, nelle sue note di regia scrive: «Grazie alla collaborazione con Tiziano Scarpa, Pantakin, per la prima volta, si cimenta con un testo di nuova drammaturgia. L’allestimento de L’ultima casa intende avvicinare alla contemporaneità il linguaggio scenico peculiare al teatro di maschera, proseguendo nel percorso di ricerca che ha contraddistinto l’attività della compagnia dalla fondazione ad oggi. Gli interpreti indossano, in luogo delle tradizionali mezze maschere di cuoio della commedia dell’arte, maschere intere realizzate in tessuto. Conseguentemente la recitazione abbandona i modi farseschi per avvicinarsi al ‘teatro-verità’ pur mantenendo dei ‘tipi fissi’ (il vecchio architetto, la giovane innamorata, il muratore straniero, ecc.), con l’intento di realizzare uno spettacolo che trovi in questa antitesi il proprio punto di forza».
Per informazioni e biglietti vedere il sito www.nonsolocinema.com fonte dell’articolo.