Loculi di dimensioni ridotte.

Una persona stipula un contratto di locazione per un box auto e, dopo qualche tempo, acquista un’auto-home carrozzata su di un camion (un po’ come quelle in uso da parte del personale degli spettacoli viaggianti). Ritenendo di avere un “titolo” il contratto di locazione), ha quale difficoltà di parcheggiare l’auto-home nel box auto, sostenendo che il locatore sia inadempiente …. Si tratta di una situazione del tutto simile a quella che può aversi in ambito cimiteriale, quando, in presenza di un regolare atto di concessione, si utilizzi un feretro extra large, oppure, quando trattasi di concessioni risalenti nel tempo, le dimensioni del vano (loculo) siano ridotte, rispetto ad un feretro, anche standard. Il fatto che, nel passato, si siano avute costruzioni di posti a tumulazione di dimensioni ridotte rispetto a quelle, per prassi, attualmente in uso (ricordando come non vi sia una standardizzazione normativa nelle dimensioni dei posti a tumulazione, a differenza di quanto si ha per le fosse ad inumazione, ma che gli standard, relativamente recenti, si siano venuti a formare per una sorta di interazione tra standardizzazione dei feretri (questa motivata dall’industrializzazione nei processi di costruzione) e progettazioni, e’ aspetto abbastanza diffuso e noto. Es., la regione Umbria, con la d.G.R. n. 575 del 30 marzo 2005, ne prende atto (Punto 7.1), attribuendo all’I.O.F. l’onere di verificare, nelle forme che ritiene opportune, che la cassa funebre venduta sia compatibile con le dimensioni del loculo destinato ad accoglierlo (onere probabilmente abbastanza adempibile in sede locale, conoscendosi le dimensioni possibili, ma più complesso qualora l’I,.O.F. operi in altro comune, magari anche lontano). Per altro, quest’indicazione si colloca nell’ambito della due diligence di ogni imprenditore, che ne risponde in termini contrattuali (anche se non vi fosse quella D.G.R. In ogni caso, a prescindere dalle località che possano esserne interessate). Tralasciando la specifica situazione in cui la possibilita’ che vi siano loculi di dimensioni ridotte e’ espressamente considerata, la questione e’ presente e merita di essere affrontata sotto il profilo del rapporto tra “titolo” (atto di concessione) e accidentali dimensioni del feretro che risultino superiori a quelle del posto feretro a sistema di tumulazione. Infatti, pur in presenza del “titolo”, il concessionario non puo’ reclamare l’accoglimento del feretro qualora questo sconti il limite della capienza del sepolcro, dove la capienza (art. 93, comma 1 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) risulta determinata, in numero di feretri che possano esservi accolti, dalle risultanze del progetto di costruzione del sepolcro, nel cui atto di approvazione e’ definito il numero dei feretri che vi possono essere accolti (art.94, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), ma altresì, e qui non piu’ solo sulla base di un atto documentale (qual e’ l’atto di approvazione del progetto di costruzione del sepolcro), anche quando le dimensioni del feretro eccedano quelle del posto feretro, o viceversa, dato che, in tale evenienza, sussiste una limitazione “fisica”, del tutto oggettiva. Un po’ come voler ricoverare l’auto home nel box auto. Ne consegue che il “titolo” non costituisce la fonte di un diritto in qualche modo assoluto, avulso dalla questione dimensionale, ma un diritto esercitabile se ed in quanto le condizioni oggettive, “fisiche” lo consentano. Si può verificare il caso di un feretro che, debitamente confezionato, si rilevi di seguito, al momento della tumulazione, avente dimensioni superiori a quelle del posto feretro in cui sia stato previsto l’accoglimento, situazione nella quale non può che aversi se non l’individuazione, e la previa stipula di regolare atto di concessione, di una diversa sistemazione, anche se nel sepolcro di originaria prevista destinazione residuino, rispetto all’atto di approvazione del progetto di costruzione del sepolcro (per quanto questo possa essere risalente nel tempo) posti non ancora utilizzati. Anche se cio’ possa non risultare “gradito” al concessionario, avendo questi, presuntivamente in piena buona fede, la convinzione che il “titolo” lo ponga in una posizione di poter cosi’ disporre, i limiti (fisici) non consentono l’utilizzo, senza che ciò importi una quale, per quanto lieve, parvenza di inadempimento. Oltretutto, neppure è ammissibile che si effettuino interventi sul feretro tali da consentire una qualche riduzione nelle sue dimensioni esterne. A certe condizioni, quando la differenza dimensionale sia del tutto lieve, potrebbero (e, forse …) ipotizzarsi interventi, sulle componenti esterne del feretro, ma unicamente quando essi assicurino che non vi siano riduzioni nelle sue caratteristiche, quali stabilite dall’art. 30 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (es.: lo spessore non venga a ridursi in misura inferiore a quello stabilito dal comma 5). E’ da escludere la possibilita’ di trasferire, con una sorta di “travaso”, il cadavere in altro feretro, avente dimensioni dionee per essere accolto nel posto a tumulazione di prevista destinazione, sia perché ciò comporta la fattispecie dell’art. 87 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (in altre parole, il reato di cui all’art. 410 C.P.), ma, altresi’, perché si avrebbe anche l’ulteriore fattispecie considerata dall’art. 349 C.P. (ipotesi nelle quali il responsabile del servizio di custodia cimiteriale deve provvedere, oltreche’ ai sensi dell’art. 87 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, anche all’adempimento dell’obbligo posto dall’art. 331 C. P. P., ricordando, in via incidentale, come l’omissione, o il ritardo, in tale adempimento, faccio sorgere, questa volta in capo all’omittente (o, ritardante) la fattispecie considerata dall’art. 361 C. P.). Non senza considerare come, l’apertura del feretro sia prevista in un solo ed unico caso (oltre che nei casi di esumazione o estumulazione, necessariamente alla scadenza), cioè quello considerato dall’art. 75, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, che e’ in ss’ stessa impercorribile quando sia richiesta la tumulazione. Per altro, una soluzione potrebbe anche esservi, ma essa e’ tale da contrastare con un abbastanza elementare principio di proporzionalità. Infatti, occorrerebbe fare ricorso all’inumazione, in campo comune, previo pagamento della dovuta tariffa, e in tal sede, provvedere applicando l’art. 75, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. Successivamente, a distanza di un po’ di tempo, richiedere, corrispondendo la prescritta tariffa, l’esumazione prima della scadenza del turno ordinario di rotazione, motivandola (art. 83 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) con la finalita’ del trasferimento in altra sepoltura, che, quando autorizzata ed eseguita, consentirebbe il collocamento in un nuovo feretro, avente le caratteristiche stabilite dall’art. 30 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, prestando attenzione, questa volta, a che le dimensioni esterne complessive (restando non influente se la cassa di legno e di zinco siano l’una esterna e l’altra interna o viceversa) risultino coerenti con il posto feretro a tumulazione di previsto accoglimento.

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Sereno Scolaro

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