L’occhio del beccamorto

stragliottoMi è stato chiesto dalla Redazione di scrivere le mie impressioni su TANEXPO.
Lo faccio volentieri, scusandomi fin d’ora delle omissioni, che senz’altro farò.
Ma mi è parso utile scrivere a caldo e condividere le sensazioni che ho provato.
Questo mi era stato chiesto e questo faccio!

1.Ci voleva la caparbietà di Nino Leanza per poter riuscire a far arrivare in porto questa fiera. Quando 2 anni fa si chiuse la precedente edizione l’Italia non aveva ancora la percezione della crisi mondiale che stava arrivando, ma già era pesante l’aria tra i costruttori italiani di bare. O meglio era in corso la guerra di prezzi che si era scatenata tra loro e che in un paio d’anni ha fatto parecchie vittime eccellenti. Stringendo i denti l’industria italiana (o meglio pezzi di quest’industria) hanno onorato questo appuntamento fieristico che, pur essendo di tono un po’ inferiore al passato, è comunque di notevole livello internazionale. E sottolineo il grande sforzo di internazionalizzazione che si è voluto fare, ottenendo una partecipazione straniera di notevole qualità e quantità, tanto da far dire a qualcuno che mai si sono visti tanti stranieri come quest’anno. E mai si è venduto il made in Italy come in quest’occasione. Bravi !!
architettura 2.Della impostazione generale di questa fiera mi è poi fortemente piaciuta la sua americanizzazione, nel senso dell’aumento notevole di occasioni di confronto su temi interessanti (cito solo dibattiti odierni sull’architettura cimiteriale, sulla tanatocosmesi e tanatoprassi e cerimoniali, la stessa presenza di lezioni del Fusemba, ecc.). E’ esattamente quel che avviene nelle grandi fiere negli USA e in Cina. E ora finalmente anche in Italia, che punta ad essere la Fiera diriferimento a livello europeo per il settore funerario, surclassando Funeraire di Parigi e la BEFA di Dusseldorf..
3.L’altra tendenza che si coglie è l’aumento dei gruppi, cioé delle concentrazioni di imprese, spesso frutto di acquisizioni, che offrono gamme sempre più ampie di prodotti e talvolta di servizi (tanto per capirci, il guppo Fakultative, il gruppo Matthews, il gruppo Vezzani, ecc.)
4.E poi? Io vado alle Fiere per capire l’evoluzione del mercato, per comprendere la direzione di marcia. Per apprendere le novità. E questa volta le novità non sono state tante, ma ci sono!
5.Lo stand che mi è piaciuto di più è quello di Stragliotto: un parallelepipedo di vetro, non accessibile ai visitatori (di circa 15 m. x 15 m.) con all’interno un tronco secolare, in tavole tagliate grezze (quello che si vede nelle cataste in attesa di stagionatura), assieme ad attrezzi di una volta per lavorare il legno. Nemmeno una bara! E’ Enrico Stragliotto ad accogliere i visitarori. Un messaggio essenziale, fortissimo, sul materiale per far le bare. E’ da quando Guerino Camporese ci aveva fatto vedere, 2 o 3 fiere fa, quello splendido oggetto che era una mezza bara che usciva da un mezzo tronco grezzo, che non gustavo qualcosa di così intenso e capace di comunicare l’essenza del credo di un costruttore di bare, ma direi anche di molti impresari funebri. Certo, c’erano diversi stand di bare (interessante quello di Ferrari, con qualche bara di design innovativo). Ma se ci fosse un premio per i bar… isti, avete già capito a chi lo darei.
6.Altro stand che mi ha colpito quello della Zallys. Una gamma veramente interessante di macchine elettriche per la movimentazione di feretri, di materiali, di persone con difficoltà deambulatorie, e anche un piccolo carroponte (già visto in Francia e non solo) per il sollevamento di piastre tombali da campetti. Niente di eccezionale, sia ben chiaro, ma le macchine sono veramente compatte e quindi non impattano molto durante il funerale (sto parlando di alzaferetri o muoviferetri).
zaffarano 7.E poi uno stand strepitoso, quello della In Arte Vetro, dove Maurizio Zaffarano ha illustrato una delle vere chicche di questa fiera: la combinazione di due materiali come il legno e il vetro con immagini disegnate e riprodotte con tecniche speciali, capaci di dare sensazioni di grande effetto. Prodotti completamente nuovi, con soluzioni ardite. Si va dalla bara con il coperchietto non più di legno, ma impreziosito da vetro in lastra vetrificata disegnata che si può togliere finita la cerimonnia per collocarla sul monumento funebre, a ricordo delle sensazioni avute nel funerale Ma interessante è anche la bara con inserti di vetro che, a cerimonia funebre conclusa, si uniscono per creare una teca in cui collocare le ceneri (se è avvenuta la cremazione). Discutibile l’idea di usare la teca con le ceneri come base di un portalampada da salotto, ma errori di gioventù si possono scusare … E poi una idea di cui sentiremo parlare per parecchio: una architettura di vetro a sostituire le pareti marmoree di manufatti, con disegni che riproducono scene a scelta, con una composizione d’insieme di grande effetto. Per favore, non banalizzate questa idea, veramente notevole, nelle batterie di loculi. Usatela per l’interno di cappelle di pregio o ancor meglio per mausolei, soluzioni ancora da vedere in Italia, ma che all’estero sono molto apprezzate (negli USA, in Australia, ecc.).
8.Per la cremazione ormai vi è una esposizione di urne cinerarie enorme, di tutti i tipi: una indigestione! Talvolta del tutto irregolari per l’Italia (espongono anche degli stranieri che non capiscono che da noi l’urna deve essere infrangibile e invece …). In materia di crematori ho visto gli stands di alcuni grandi e piccoli fornitori: IFWZ, Ciroldi, Facultatieve, GEM Matthews. La novità da segnalare mi è parsa quella della GEM Matthews, che ha colto l’importanza della tracciabilità dentro un crematorio (dopo i noti fatti di Massa e Padova) lanciando un prodotto dal nome SecurIDy che, in sostanza, è un meccanismo che attraverso un codice a barre (ora, ma poi anche con un RFID) e un sistema software, segue una bara dentro un crematorio, in ogni suo passaggio essenziale. La bara non entra nel forno se non si ha corrispondenza con il nome del defunto da cremare. E poi anche le ceneri hanno il loro codice a barre e sono seguite, via computer, fino all’inserimento nell’urna con lo stesso sistema: in poche parole si dà certezza che il morto cremato corrisponda alle ceneri che si consegnano. Da estendere, come concetto anche dentro il cimitero! Meditate gente, meditate.
9.Mica tutto è bello. Una cosa mi ha indignato, anzi profondamente indignato. Nello stand di Amazon’s Green Tribute, ditta colombiana, viene venduto un servizio che, dietro l’idea nobile di salvare alberi e terreni della foresta amazzonica, cela un business da far paura. Pensate che questi signori certificano che proteggono per 20 anni un pezzo di foresta amazzonica per la modica cifra di 600 euro per 10 mq., o in quantità: 22000 euro per 1000 mq. Sfruttare in questa maniera il dramma della foresta amazzonica è veramente disdicevole.
10.Proseguiamo. Lo stand Vezzani, imponente quanto a superficie e mezzi impiegati, con l’orchestrina che allietava lo spuntino che frotte di visitatori hanno potuto gustare. Rivedremo anche in futuro questo ben di Dio? I commenti che ho potuto cogliere sono di perplessità. Dopo la crisi degli addobbi funebri (imbottiture, maniglie), dopo quella dei costuttori di bare, il prossimo segmento che rischia grosso è quello dei ‘bronzisti’, che ormai hanno colto che il mercato è maturo e in calo. Si aprirà la guerra dei prezzi anche qui?
11.Ho tralasciato volutamente le esposizioni dei carri funebri: belli, ma è da anni che mi chiedo se abbia un senso spendere cifre folli per comperare un carro funebre, che si usa per pochi funerali all’anno, il quale incide molto nei bilanci degli impresari funebri. La crisi può farci fare qualche riflessione anche in questo campo? Si tornerà all’usato nel carro funebre? I cartelli con l’indicazione ‘ carri funebri di seconda mano’ in esposizione erano già ben visibili.
12.Gli impresari funebri. Anche loro sono alle prese con una crisi economica (e pure finanziaria) dovuta a cambiamenti delle abitudini di spesa funeraria delle famiglie, che contrae gli utili. Impresari funebri alla ricerca di prodotti da battaglia per mantenere marginalità nel proprio business e al tempo stesso di prodotti di lusso da vendere a prezzi elevati a quella fascia di persone che nella crisi si è arricchita. Io, di impresari funebri, quest’anno ne ho visti pochi, meno di quelli che mi attendevo, ma oggi è venerdì e quindi giorno di lavoro. Forse andrà meglio sabato e soprattutto domenica. Forse avrò visitato la fiera in orari di stanca!
13.Invece sono calate sensibilmente le visite degli operatori cimiteriali comunali. Complice la crisi economica che ha tagliato le possibilità di andare in trasferta, non riescono a venire alla Fiera di settore. Si sono visti solo quelli della SEFIT (e non tutti), che ha tenuto la commissione nazionale funeraria, com’è tradizione, negli ambienti della Fiera, in una sala chiamata VIVACE, di nome e di fatto, perché la riunione si è protratta fino quasi alle 15, quando sono stati presi per fame… In discussione il loro futuro: la crisi economica morde anche nei comuni che, con la modifica della normativa sui servizi pubblici locali, non sanno più come comportarsi sia nel settore funebre pubblico che in quello cimiteriale. Sono in vista importanti cambiamenti che, uniti alla – si dice – imminente approvazione della riforma del settore funerario, può ridisegnare l’intero settore. E tutti ad aspettare i risultati delle elezioni regionali. Ma questa è un’altra storia e domani ci saranno gli Stati generali dell’imprenditoria funeraria, dove si discuterà proprio di riforma dei servizi funerari. A domani e … buona notte.
Daniele Fogli

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2 thoughts on “L’occhio del beccamorto

  1. Concordo con lei Dott. Fogli, dico solo che per gli addetti dei servizi cimiteriali c’era poco, talmente poco da non giustificare una trasferta in fiera, spero in futuro si amplii anche questo settore anche se, credo, sia l’anello debole, a livello economico, di tutta la filiera.

    Un saluto

  2. Caro Daniele,
    Ti ringrazio molto per il tuo graditissimo commento favorevole sullo stand INARTEVETRO, e sui prodotti esposti.
    Grazie anche per le critiche su qualche “errore di gioventu'” perchè le critiche, se non malevole o prevenute, quando provenienti da una persona della tua esperienza, aiutano a crescere ed a perfezionarsi.
    Permettimi, in questa sede, di citare e ringraziare i due partners di eccellenza , PILLA e STRAGLIOTTO, che abbiamo selezionato per sviluppare iinsieme il progetto INARTEVETRO, del quale hai colto perfettamente lo spirito: ridare impulso e dignità al design ed alla creatività “made in italy”, in questo nostro settore che vede un progressivo ed inesorabile depauperamento del funerale inteso come come cerimonia e dei beni e servizi ad esso collegati, a favore di un avvilente e sbrigativo “smaltimento cadaveri”, possibilmente con scatoloni o sacchi neri, in nome di un ecologismo equivoco e di facciata…….
    Devo anche , per amore del vero, citare i due soci e veri ideatori del progetto INARTEVETRO, Sergio Giudici come grafico e designer e Domenico Palmisani come responsabile del knowhow tecnico, ai quali io ho solo messo a disposizione qualche competenza acquisita in ambito imprenditoriale e sindacale, nonchè l’entusiasmo dovuto alla rara opportunità di partecipare ad una vera innovazione nel nostro settore, così spesso ancorato ad un tetro immobilismo.
    un cordiale saluto
    Piero Maurizio Zaffarano

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