“Uno sguardo dall’anima”
Gentilissimi,
anche se alle volte – maldestramente – mi propongo come risolutore dei guai altrui in polizia mortuaria, almeno in quest’occasione vorrei esser io a rendervi edotti sullo sviluppo di un frangente che mi coinvolge nel doppio ruolo di addetto ai lavori e dolente al tempo stesso.
Era, infatti, ormai in calendario l’estumulazione del feretro di mio papà per naturale scadenza di concessione.
Ora, con il Vostro placet, s’intende, mi piacerebbe coinvolgervi in questa faccenda almeno sul versante tecnico-amministrativo, così da lasciare un – si spera valido – esempio di un caso realmente accaduto e di come (soprattutto!) si sia dovuto/potuto procedere nelle spire di un sistema normativo – io scrivo da un’importante città capoluogo di provincia dell’Emilia-Romagna – spesso caotico e disomogeneo, quasi sconnesso.
Naturalmente, stavo inavvertitamente omettendo di descrivere il servizio cimiteriale di cui sarò a breve utente: estumulazione, appunto, e conseguente cremazione del resto mortale con incerta ancora destinazione postrema delle ceneri…Sulle ceneri, infatti, molto vi sarà da battagliare sul filo del diritto funerario.
In brevis: l’estumulazione è come uno sgradevole nodo nei capelli, che si sa… prima o poi viene al pettine.
Per età anagrafica, infatti, ci si deve per forza imbattere in quest’incombenza. Come risolverla sul versante morale ed economico?
La situazione si complica perché l’estumulazione implica, poi, futuri atti di disposizione su spoglia mortale, quindi anche l’esercizio di questo jus sepulchri è vincolato al massimo rispetto delle forme giuridiche, affinché eventuali volontà, semplici assensi o condotte comportamentali di manifesto disinteresse, possano appieno esser espressi, inequivocabilmente.. Sarà, quindi, anche importante curare l’aspetto amministrativo della questione.
Pur essendo coinvolto a doppio titolo nella vicenda di cui vorrei rendervi co-partecipi, prometto assoluta ed etica asetticità narrativa.
Non voglio sconvolgere o stupire, ma semplicemente narrarvi con una presuntuosa (forse???) neutrale terzietà l’”affaire” mio privatissimo “Estumulazione papà”. Quindi nessuna lacrima inutile sarà versata!
Ho, dunque testé presenziato attivamente all’estumulazione di mio papà (solite formalità di rito, ricognizione sul già quasi certo resto mortale, versamento tariffe vigenti…).
Non mi aspetto molto, invero; tuttavia se questa piccola esperienza tra il professionale ed il personale potesse riuscire di qualche interesse, magari per i fans di funerali.org nulla da obiettare quando se ne traesse testimonianza diretta e scritta, per realizzare, in prospettiva, un piccolo vademecum su come il cittadino debba comportarsi, per sopravvivere all’urto, in queste evenienze, abbastanza strane da gestire sull’onda dell’emotività.
Da addetto ai lavori (o sedicente tale!) ho avuto un notevole vantaggio rispetto all’uomo della strada ignaro del fenomeno funerario, non oso negare, ma ammetto di essermi non poco arrovellato per trovare il giusto equilibrio, tra legittimi diritti di pìetas e la cogenza delle norme.
Non si può certo osare e pretender l’impossibile, la polizia mortuaria è, pur sempre, costituita da permessi e divieti, come ogni attività di governo della pòlis, quindi un po’ di educazione ed orientamento verso una scelta responsabile al consumatore di servizi funerari male non farebbero, anche se (inconsciamente?) suo malgrado.
Parlare di morte oggi è come infrangere un taboo, ma vi garantisco conviene davvero informarsi per tempo.
Mi accosterò, pertanto, a questo lavoro con vero spirito di servizio verso i potenziali lettori e poi forse anche abbonati del sito, come una sorta di figura ancipite, stile giano bifronte, che si illude – forse – di capire la funzione cimiteriale sia sotto il versante dei necrofori, sia dalla parte delle persone “normali”.
Una certa sintesi potrebbe quasi riuscire opportuna, perché spesso le contrapposizioni rigide sono origine di conflitti e disservizi.
Alla fine sapere le cose, e come farle è un diritto sancito dalla costituzione ed è dovere di ogni operatore della comunicazione, ancorché funeraria assicurarne il pieno esercizio da parte del cittadino-contribuente.
È solo un’idea, può essere anche eccentrica, stravagante, però intanto continuo a lambiccarmi su quale strumento impiegare, ed alla fine immancabilmente opto per il classico articolo giornalistico.
Ad estumulazione di mio papà già avvenuta, eccovi solo qualche appunto disordinato sull’accaduto.
L’argomento è sì duro da raccontare o trattare, tutto sommato, però, la pia pratica funebre del disseppellimento in presenza dei famigliari del de cuius non è in sé da demonizzare, soprattutto se ci si sia ben preparati prima.
Se non è un atto di sconsiderato coraggio da disperati non fa nemmeno paura, né male!
Cassa perfettamente (anche troppo forse…) integra e salda nei punti più soggetti, negli anni, a stress meccanici o a corrosione.
Ciò mi fa fortemente supporre il verificarsi di qualche fenomeno post mortale non originariamente previsto.
In ambiente ermetico, infatti, i tessuti organici (anche dopo oltre anni 30 di tumulazione stagna, difficilmente si consumano (in gergo “necroforese” non si mineralizzano nei modi e nei tempi dovuti.
In effetti, dischiuso, (con qualche rumore molesto di troppo) il cofano di zinco, al momento della verifica vera e propria rinveniamo un resto mortale, come temuto, cioè una salma (parzialmente?) indecomposta.
Essa si presenta, senza troppo sottilizzare sulla natura di questa trasformazione di stato intermedia, come una sorta di banale mummia, in stile (e parlo da credente sincero, non come un blasfemo da taverna ubriaco) reliquia mortale annerita di un Santo che, magari distrattamente, abbiamo ammirato “tumulata” entro il basamento di altari barocchi o in particolare nicchiari a vista, ricavati nelle pareti laterali delle nostre belle cattedrali, di cui l’Italia è costellata.
Il sembiante conserva certamente le fattezze originarie, ma la pelle, insolitamente brunastra, è molto aderente al teschio.
Fa quasi tenerezza, questa salma senza tempo, sembra fatta di cartone appena sciupato in superficie, in certi punti anche logoro. Completamente disseccata.
Ravviso forzatamente qualche mia somiglianza odierna con la spoglia di mio papà (ragioni prettamente di D.N.A. e conformazione del viso innegabili, per altro!), ma resta una vana illusione voler a tutti i costi vedere un espressione di vita su quella maschera funerea, irrigidita in un sorriso prosciugato, di sereno distacco ed olimpica indifferenza, lo stesso che gli fu rozzamente modellato sulle labbra, il giorno del funerale.
Così, senza una soddisfazione di troppo, mi prendo cura dei miei morti mentre mi soffermo su un bel problema, di quelli sistemici, per tutti i protagonisti a vario titolo del comparto funerario italiano: manca completamente anche una semplice, naif se si vuole, ermetica ritualità per accompagnare con il dovuto, sacrale decoro e rispetto la – di per sé stessa – normale operazione cimiteriale.