Il fine ultimo di un estumulazione (rimozione della lapide e smuratura della tamponatura sino ad aver diretto accesso al feretro) ha due principali fini:
1)Traslazione del feretro (ossia trasferimento dello stesso ad altra sepoltura neutralizzando la cassa di zinco se la bara verrà inumata ex Art. 75 DPR 285/1990 oppure ripristinandone le condizioni di impermeabilità ex Art. 88 DPR 285/1990 e paragrafo 3 Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10 attraverso il cosidetto rifascio.)
2) Apertura della cassa per l’eventuale raccolta dei resti ossei e loro riduzione in cassetta ossario di cui all’Art. 86 comma 5 DPR 285/1990.
L’estumulazione, allora, è ordinaria quando si esegue alla naturale scadenza della concessione, se non contemplata dal regolamento comunale o dalla “convenzione” dello stesso atto di concessione (oggi dopo l’entrata in vigore del DPR 15 Luglio 2003 n. 254 molti regolamenti comunali cominciano a considerare quale ordinaria l’estumulazione dopo 20 anni di sepoltura in loculo, anche intesi come la somma di più momenti trascorsi in diversi sepolcri.
Se accettiamo un’interptetazione massimamente ristrittiva del disposto dell’Art. 86 DPR 285/1990 l’estumulazione straordinaria può esser negata ovviamente in forma scritta e motivata, indicando altresì il termine temporale l’autorità cui sia possibile ricorrere ai sensi dell’Art. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 e succ. modif (Sereno Scolaro).
L’art. 86, comma1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, infatti,, nel definire la regola generale, presenta anche la nidificazione di un’eccezione, con quell’inciso: “ quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private, a concessione perpetua”, precisazione che altera, e non di poco, il quadro di riferimento antecedentemente delineato, in sostanza inibendo le ipotesi dell’estumulazione per tali salme e in tali condizioni,comportando la non estumulabilità delle salme tumulate in concessioni aventi il carattere della perpetuità.
Tale formulazione, però, pare contraddetta dal seguente comma, quando il legislatore prescrive anche per i feretri provenienti da tumuli di durata indeterminata un turno di rotazione supplementare in campo di terra, proprio per permettere la ripresa dei processi di dissoluzione della materia organica, il fine ultimo della presenza dei cadaveri in cimitero per il DPR 10 settembre 1990 n. 285, secondo il combinato disposto tra gli Artt. 57 comma 5, 60 comma 2, 67, 68, 85,86 comma 2, 89 è la completa mineralizzazione dei cadaveri sino alla raccolta delle ossa in cassetta ossario (Art. 36) o alla loro dispersione inossario comune di cui all’Art.67)
Il combinato disposto dal comma 1 dell’art. 88, dal comma 5 dell’art. 86 e dall’art. 89 (che rinvia all’art. 83) del DPR 285/90 è alla base della possibilità di estumulazione con relativa raccolta di resti mortali in caso di tomba di concessione di durata superiore a 20 anni. In altri termini è possibile la estumulazione da una tomba, concessa per la durata ad es. di 99 anni, effettuata per una salma tumulatavi dopo 10 anni dall’inizio della concessione e decorsi ad es. 30 anni dalla tumulazione (è, anzi, auspicabile per far posto a nuove sepolture, ove necessario). Non si vedrebbe infatti la differenza fra quest’evenienza (99 anni, salvo rinnovo ex 92 comma 1 DPR 285/1990) e il regime di perpetuità, esplicitamente consentito comma 2 dell’art. 86 del DPR 285/1990.
Nel caso di estumulazione con riduzione dei resti ossei, e’ competenza del Sindaco con ordinanza ex Art. 82 comma 4 DPR 285/1990 (o del regolamento di polizia mortuaria locale) stabilire, di concerto con il responsabile del Servizio ASL, a chi compete la verifica delle condizioni della salma (mineralizzata o meno).
Generalmente in Italia tale compito e’ affidato con ordine di servizio all’operatore cimiteriale o, quando si abbia una organizzazione più complessa al capo squadra di tali operazioni.
L’Autorità Sanitaria, attraverso delega (il testo letterale del DPR 10settembre 1990 imporrebbe invece la presenza fisica di un operatore sanitario) determinerà i criteri cui dovranno attenersi, in via generale, gli operatori cimiteriali. 5) II Sindaco può regolare la presenza (o meno) di cittadini a tali operazioni cimiteriali.
Interessante un’ultima osservazione: se il feretro tumulato in sepoltura perpetua da quest’ultima è trasferito in campo indecomposti potrebbe anche verificarsi un mutamento dei fini del rapporto concessorio (quella concessione, infatti, era sorta proprio per ospitare quel particolare defunto) con conseguente estinzione della stessa per esaurimento della propria funzione, in caso contrario, compiuta la scheletrizzazione del defunto le ossa se avevano titolo a d esser deposte nel sepolcro privato di cui sopra dovranno senz’altro esser nuovamente nella tomba originaria, non più come cadavere, ma quali semplici resti ossei.
Egr. Sig. Carlo,
forse mi sono spiegato male, la vendita non è stata effettuata. Non c’è stato passaggio dei documenti, nè tantomeno versamento di somme di denaro. Ho concesso il permesso di tumulare la salma dal momento che c’era l’intenzione di cedere la cappella tramite scrittura privata tra me e la figlia del defunto; quello che vorrei fare ora è obbligare in qualche la figlia del defunto a spostare la salma in altro loculo per poter procedere con la retrocessione al Comune.
Grazie, AV
NO, la soluzione da Lei prospettata non è proprio praticabile nè percorribile, in quanto comportamento da Lei posto in essere, integra una ben precisa trasgressione al Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria sanzionabile con la decadenza della concessione da parte del comune nella cui “giurisdizione cimiteriale” insiste la tomba oggetto della controversia
Ma il comune non ha verificato prima dell’immissione del feretro nella sepoltura privata il titolo di accoglimento di quest’ultimo? Come siete riuscita a far passare “sottobanco” una compravendita di luculi tra privati? Mah…è un mistero (o un’inutile furbata?), il quale però rischia di costarLe caro con la perdita della prestigiosa tomba, ovviamente a 0 Euro.
Si consiglia preliminarmente di consultare questo link con relativi commenti: https://www.funerali.org/?p=408, dopo questa lettura la situazione delineata dal Suo quesito diverrà molto più chiara.
Ad ogni modo ed in estrema sintesi, dal 10 febbraio 1976, per effetto del D.P.R. n. 803/1975, con il quale il legislatore ha abrogato l’Art. 71 del Regio Decreto n. 1880/1942 ogni concessione non può più essere ceduta per atto inter vivos, cio+ con quel negozio giuridico conosciuto con il nomen juris di “compravendita” ma segue le sole regole del regolamento comunale e statale e, quindi, può solo essere mantenuta dall?’originario concessionario o dai suoi subentranti aventi titolo. E’in ogni caso esluso il fine di lucro o speculazione ex Art. 92 comma 4 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285
Nel sepolcro gentilizio possono esservi sepolti solo il fondatore dello stesso e gli appartenenti alla di lui famiglia (oltre a convivente e benemeriti se i criteri per questi ultimi sono compresi nel regolamento comunale).
La concessione può anche essere retrocessa al Comune, unico soggetto che può avere di ritorno la concessione. Ogni altro atto è nullo di diritto.
Pertanto occorre procedere a recuperare la concessione con la tomba al demanio comunale attraverso la decadenza della originaria concessione; la decadenza è un provvedimento di natura meramente ricognitiva con cui la concessione esaurisce i suoi effetti per causa patologica, come appunto il non rispetto unilaterale obblighi contrattuali o la violazione, come accade, appunto, in questa fattispecie in esame, del divieto di cui all’Art. 92 comma 4 DPR n. 285/1990.
Successivamente la tomba può essere riconcessa seguendo i criteri di assegnazione ordinariamente fissati dal regolamento comunale. Sino a quando il rapporto concessorio, per il vizio all’origine da cui è contrassegnato, non sia stato dichiarato perento, cioè estinto, con conseguente setumulazione disposta, però, d’ufficio da parte del comune, la presunta compratrice mantiene intatto il cosiddetto diritto secondario di sepolcro: vale a dire la piena libertà di accedere alla tomba per recar visita al proprio padre recentemente scomparso, e questo potere del tutto personalissimo ed intrasmissibile non può esser da Lei compresso nè instaurando un eventuale giudizio, esperendo un azione civile contro la turbativa di sepolcro, nè tanto meno con catene, cancelli e chiavistelli di sorta.
Buongiorno,
sono erede del concessionario di un’area sulla quale è stata costruita una cappella di famiglia. Tale cappella, vuota perchè nel frattempo mio padre si era trasferito ed anche lui stesso è stato sepolto altrove, avrebbe dovuto essere oggetto di vendita a mezzo scrittura privata a novembre 2012. Destino vuole che il padre della compratrice, con la quale ci eravamo accordati praticamente su tutto fin da agosto, viene a mancare nell’ottobre 2012 e mi viene chiesto il permesso di farlo tumulare nella cappella dietro promessa verbale che l’affare sarebbe andato in porto; dal momento che c’era anche un rapporto di amicizia delle rispettive famiglie, il permesso è stato accordato. All’atto della conclusione dell’affare, le cose si complicano con il risultato che adesso non vuole più comprare e la salma di suo padre è tumulata nella mia cappella. Lei si rifiuta di estumularlo sostenendo, a verità. che nel resto del cimitero non ci sono posti. Quali mezzi ho per obbligarla a estumularlo? Se metto un cancello sono obbligato a darle le chiavi oppure posso negarle l’accesso?
Grazie, AV
X Kendy,
chiariamo subito il concetto: Lei è titolare (o cootitolare???) di una concessione demaniale di area cimiteriale (essa si basa sulla stipula tra i comune ed il privato di un regolare atto di concessione ex Art. 98 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285) su cui è stata edificata una cappella gentilizia a sistema di tumulazione, pertanto sulla scorta del rapporto concessorio formatosi, Lei è anche, secondariamente, proprietaria del manufatto (muri, lapidi ed arredi votivi) poichè su di Lei gravano gli oneri manutentivi degli stessi ai sensi degli Art. 62 e 63 DPR n. 285/1990.
Dalla concessione sorge lo JUS SEPULCHRI, orbene gli jura sepulchri presentano, come sempre, un forte “mix” tra diritto privato e diritto pubblico,ma anche si caratterizzano per il fatto che il diritto di sepolcro (= nel senso di essere sepolti) e’ principalmente un diritto personale, collegato all’appartenenza della famiglia (discendenza), e i cui elementi di patrimonialità, pur presenti, sono strumentali e teleologicamente finalizzati al diritto principale, quello di essere sepolti e di dar sepoltura, ed esso è di natura personale, ossia jure sanguinis in quanto segue la regola della consanguineità?
Perchè, allora, Lei mi parla di proprietari non intestatari del sepolcro? Per caso, sin quando è stato possibile, cioè sino al 10 febbario 1976, trattandosi di tomba perpetua lo jus sepulchri sullodato è stato oggetto di trasferimento per acta inter vivos (donazione o compravendita?) o la Sua attuale concessione è frutto di una rinuncia del precedente concessionario?
Il diritto di accesso di un cadavere o comunque di una qualsiasi spoglia mortale in un sepolcro deriva dal rapporto jure sanguinis con il titolare della concessione che si suppone ordinariamente familiare (salvo non sia disposto esplicitamente in modo diverso dall?originario atto di concessione, oppure i casi di convivenza o benemerenza).
Un cadavere immesso in una tomba può essere estumulato su richiesta del familiare avente diritto, che per giurisprudenza consolidata è, nell’ordine di poziorità ex Art. 79 comma 2 DPR n. 285/1990:
– il coniuge, se in vita;
– in assenza del coniuge, i parenti di grado più prossimo, e se di pari grado tutti gli stessi.
Salvo non sia diversamente indicato nel regolamento di polizia mortuaria comunale, i parenti si considerano tali fino al sesto grado.
Al momento è solo l’avente titolo jure sanguinis (il nipote dispettoso?) a poter provvedere per la traslazione della salma estranea al Suo nucleo famigliare in altra sepoltura o l’Autorità giudiziaria, qualora dal giudizio emergesse che detto defunto fu si tumulato nella cappella gentilizia, ma senza nessuna legittimazione.
Il concessionario attuale può rivolgersi all’ Autorità giudiziaria per ottenere la liberazione del sepolcro se sussistano validi motivi.
gentilmente vorrei avere un chiarimento visto che a cicli periodici sorge questo problema : sono proprietaria di una cappella perpetua all ‘interno della quale oltre ai miei ascendenti vi sono tumulate salme di persone parenti dei miei ascendenti. tra queste salme ce n’ è una di una persona che non appartiene a nessuna delle 2 famiglie ma cognato di una parente degli altri proprietari ma non intestatari della cappella perpetua la domanda è questa posso io far estumulare questa salma poichè il nipote rivendica diritti di possesso della cappella perpetua in modo da porre fine ai continui dispetti che vengono fatti?
La nuova LEGGE REGIONALE Veneta 4 marzo 2010, n. 18 nulla dispone o innova a tal proposito rispetto alla normativa statale rappresentata dal DPR 10 settembre 1990 n. 285 recante l’approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria, ma pure nel silenzio del suddetto DPR n. 285/1990 la materia della revoca della concessione cimiteriale per interesse pubblico va affrontata unicamente alla luce del Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria, di cui si ribadisce la centralità come strumento principe, assieme al piano regolatore, per il buon governo degli spazi cimiteriali.
Se il comune intende applicare l’istituto della “REVOCA” si consiglia preliminarmente di consultare questo link: https://www.funerali.org/?p=330.
In effetti, anche le sepolture in concessione perpetua possono cessare, con conseguente nuova destinazione delle spoglie in esse racchiuse, ad esempio per:
· Decadenza (normata, in via esclusiva, dal regolamento comunale di cui agli Att. 344 e 345 Regio Decreto n.1265/1934 e, soprattutto dall’Art. 117 comma 6 III Periodo Cost.),
· Revoca ex Art. 92 comma 2 D.P.R n.285/1990 (nei rari, e pressoché impossibili, casi in cui sia consentita, almeno nel complesso di norme dettate dal D.P.R. n.285/1990),
· Soppressione del cimitero ai sensi dell’Art. 92 comma 2 II Periodo e del Capo XIX D.P.R. n.285/1990 (ipotesi, anche questa, rarefatta ma significativa).
Solitamente, infatti, è proprio il regolamento comunale di polizia mortuaria comunale a considerare e disciplinare in dettaglio la fattispecie, anche con soluzioni migliorative rispetto a quelle minimali previste dall’art. 98 del DPR 285/90.
In frangenti del genere, laddove non sia previsto alcunché dal regolamento comunale, è possibile ricorrere al provvedimento della revoca della concessione con atto di Consiglio comunale. Le procedure possono prendere a riferimento il caso di soppressione del cimitero, per considerarle quali minimo indennizzo.
L’acquisizione al patrimonio del Comune dell’area concessa a suo tempo a privati in forma perpetua, onde costruirvi un edificio a servizio del cimitero o un ampliamento dello stesso, è consentita, siccome la giurisprudenza è abbastanza costante nel ritenere il diritto del privato un diritto affievolito nei confronti del comune. (TAR Campania Sez. III, 15/01/87 n.14, C.S. Sez. V 01/06/1949 n.458, C.S. Sez. V 16/12/50 n. 1289).
Invece si ha ragione di ritenere che possano sussistere questioni circa il trasferimento di oneri in capo al privato per una scelta siffatta da parte dell’Amministrazione. In altri termini, se il comune non revocasse la concessione, tutto proseguirebbe come prima. In caso contrario invece si avrebbe una modifica del regime della durata della concessione (da perpetua a 99, salvo rinnovo), ma soprattutto oneri per il trasferimento delle opere e dei resti mortali. Orbene, è preferibile che il comune determini questi spostamenti col minimo di riflessi per il/i cittadino/i interessato/i, accollandosi buona parte dei costi dello spostamento, e ciò per evitare che sia il giudice, unico titolato ad esprimersi sul possibile ricorso di un interessato, a imporre questi oneri. Mentre per le spese di trasferimento delle salme si propende per un accollo totale al comune, quelle per il ripristino della tomba, dovrebbero invece essere concordate con l’interessato, il quale potrebbe anche approfittare dalla situazione per compiere opere di restauro e di manutenzione che normalmente sono a suo carico (art. 63 Dpr 285/90). In diversi casi è stato concordata, a fronte dell’avocazione al patrimonio comunale di una tomba, con il procedimento della revoca, l’assegnazione gratuita agli interessati, nel nuovo complesso cimiteriale, di un numero di posti salma equivalente a quelli della originaria concessione, con traslazionedelle spoglie mortali a carico del comune. Cercare quindi una soluzione concordata può essere un modo per ridurre il possibile contenzioso, facilmente prevedibile in casi del genere. In ultima istanza si segnala anche la verifica della sussistenza o meno di vincolo da parte della Soprintendenza per tombe, scritte, ecc. con più di 50 anni.
Laddove la concessione della tomba fosse rinvenibile da parte del Comune, quest’ultimo, legittimamente, può avviare, per i motivi da Voi segnalati, la procedura per la revoca della concessione stessa, seguendo le procedure previste dal regolamento. A nulla rileva l’opposizione del concessionario, che vanta un diritto affievolito nei confronti del Comune (TAR Campania Sez. III, 15/01/87 n.14, C.S. Sez. V 01/06/1949 n.458, C.S. Sez. V 16/12/50 n. 1289). Nel caso da Voi illustrato sembra ci si trovi in una situazione di tomba che risulta priva degli atti che diano valore legale concessione, mancano insomma… “i crismi di legge”, cioè quel regolare atto di concessione ex Art. 98 DPR n. 285/1990 quale titolo indispensabile per poter vantare diritti su area del cimitero o porzione (fabbricati compresi) dello stesso.
Poiché il cimitero è area demaniale (art.824 C.C.), in esso non possono essere fatti valere diritti per usucapione. Pertanto la tomba in questione, laddove gli interessati non riescano a provare il titolo da loro vantato, è anch’essa bene demaniale. Si consiglia di notificare agli interessati tale circostanza, dando un congruo termine per la estumulazione delle salme e la collocazione in altra tomba e che, decorso inutilmente detto termine si procederà d’ufficio con la estumulazione delle salme e, ove necessario (altrimenti con raccolta di resti ossei destinati all’ossario comune), successiva inumazione in campo comune. Laddove nel corso della procedura gli interessati fossero in grado di provare la concessione, l’Amministrazione comunale avvia le procedure per la revoca della concessione.
Può una società a cui il comune (Lusia,RO) ha appaltato la gestione cimiteriale, nel procedere al rinnovamento e miglioramento del cimitero modificando la viabilità interna, “togliere” un tumulo perpetuo contenente 03 antenati (prozio di mia madre,figlio e nuora, ultima deposizione nel 1954) offrirmi, in presenza di contratto, 03 ossari gratuitamente. Premesso che il contratto non è in nostro possesso, ne mio nè di mia madre e il comune non è in grado di produrre la propria copia. vorrei sapere se posso richiedere lo “spostamento” della tomba in altra area non soggetta a modifiche (pochi metri di distanza)
grazie e cordiali saluti
X Silvia,
intanto consiglio di consultare questo esauriente Link: https://www.funerali.org/?p=858
Titolato a pronunciarsi sullo jus sepulchri del de cuius è il giudice in sede civile.
Nel silenzio del de cuius, cioè se questi non ha esercitato il suo jus elegendi sepulchrum attraverso la forma testamentaria, Il diritto di disporre delle spoglie mortali è del coniuge e, in sua assenza, dei parenti del defunto, come afferma la costante giurisprudenza in merito.
L’atto di disposizione per il post mortem è, quindi, della persona interessata, quando essa, ovviamente, sia ancora in vita e poi del coniuge superstite e, secondo principio di poziorità (potere di scelta coniugato con la precedenza nella decisione) dei soggetti a lui congiunti jure sanguinis, ossia per vincolo di consanguineità sino al sesto grado di parentela. La pluralità di soggetti di pari grado comporta l’unanimità del consenso. Questo criterio, frutto di una lunga e complessa elaborazione giurisprudenziale volta a risolvere i conflitti tra i potenziali aventi diritto, è cristallizzato nell’Art. 79 comma 2 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Non costituisce, pertanto, violazione o turbativa di sepolcro l’istanza volta ad ottenere jure sanguinis la traslazione del defunto nella tomba di famiglia presso cui lo stesso de cuius vantava lo jus sepulchri
I figli nati dal primo matrimonio del coniuge del de cuius non sono parenti del defunto in questione, manca infatti l’elemento centrale dello jus sanguinis e anche se quest’ultimi sono divenuti, per subentro, concessionari del sepolcro ove sono state, ad oggi, deposte le spoglie mortali del de cuius oggetto di questo caso a nulla rileva la loro volontà di diniego alla traslazione.
Si aggiunge che le spese per le operazioni cimiteriali e per le eventuali variazioni della lapide sono a carico del nipote il quale domanda la traslazione.
Mi rivolgo a voi per un problema riferitomi dal mio anziano zio A.
Il fratello di sua madre (quindi suo zio materno T.) non è stato sepolto nella tomba di famiglia come era sua volontà, ma in quella della moglie in una città diversa da quella della Tomba della famiglia originaria.
Mio zio, prima di morire (lui è l’erede più anziano insieme ad una sorella dello stesso de cuius) vorrebbe traslare i resti dell’affezionatissimo proprio zio T. (deceduto nel 1970) nel sepolcro familiare, ma i figli nati dal primo matrimonio della moglie del defunto (morto senza figli propri), non vogliono dare la necessaria autorizzazione al trasferimento delle spoglie.
Posso ottenere tale permesso per vie legali?
e a quale autorità giudiziaria e con quale tipo di atto?
grazie in anticipo
VispaTeresa,
nel Tuo comune lavorano dei veri e splendidi emuli di Ponzio Pilato, per altro noto “igienista” perchè come risulta dalla Narrazione Evangelica di tutti i problemi cristologici e di giustizia terrena… se ne lavava sempre le mani!
Vabbè, approfitto di questa Tua missiva per auguranTi pure Buona Pasqua data l’imminenza della festa religiosa di Resurrezione…anche se qui, in polizia mortuaria, sembra, tra soprusi ed angherie, di vivere in un eterno Venerdì Santo di Passione.
Ritornando ai nostri miseri patimenti leopardiani dell’Aldiquà il comune ha sbagliato, perchè ha omesso il suo controllo sull’attività cimiteriale di cui è pur sempre titolare, egli, però, non può aiutarti più i tanto, se non cercando una mediazione riconciliatrice, perchè altrimenti la funzione amministrativa propria dell’Ente Locale, sconfinerebbe in quella giurisdizionale di esclusiva pertinenza della Magistratura, ed in questo caso di quella Civile. Dire che l’area cimiteriale è pubblica (ma dai…sai la novità!) però il sacello sepolcrale è privato non significa nulla per questa ragione: se persino, ai sensi dell’Art. 104 comma 4 DPR n.285/1990, i cimiteri particolari (cioè quelli privati, ossia appartenenti a parrocchie, congreghe, misericordie…purchè preesistenti all’entrata in vigore del REgio DEcreto n.1265/1934) nonchè le cappelle private e gentilizie costruite fuori del perimetro cimiteriale sono sottoposte alla vigilanza del Comune ed ai suoi procedimenti di autorizzazione e tassazione a maggior ragione lo saranno pure le cappelle di famiglia edificate entro il recinto del camposanto: comunale per definizione.
Di sicuro lo “zio cattivo” ha commesso un abuso che deve esser stigmatizzato con un provvedimento ad hoc del giudice. Io tenterei la soluzione di un ingiunzione a provvedere affinchè sia ripristinata l’accessibilità del sepolcro, tutelando così il Tuo Jus Sepulchri secondario.
Il concessionario (e se non ricordo male lo “zio cattivo” non ha questa qualifica e quindi, in questa faccenda così complicata, in cui confesso di essermi perso, chi è il titolare della concessione?) può difendersi dalla turbativa di sepolcro, con le ordinarie azioni elencate dal Cod. Civile ed implementate dal relativo Cod. di Procedura.
Un accordo verbale non è assolutamente idoneo a disciplinare l’uso di una tomba, trattandosi di una formale concessione amministativa di area demaniale, perchè tale ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile è il cimitero ed ai sensi del precedente Art. 823 i beni demaniali non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi (come, appunto, accade con l’atto di concessione) e nelle forme stabiliti dalla Legge cioè nella fattispecie dal Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, implementato, poi, nel dettaglio, da quello comunale (Ex Artt. 344 e 345 Testo Unico Leggi Sanitarie approvato con Regio DEcreto n. 1265/1934). Addirittura l’esplicita previsione di un Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria risale al REgio DEcreto n.2322/1865, con conseguenti circolari ministeriali esplicative. Con tutto questo mio bla bla bla in giuridichese voglio dirTi che la materia delle concessioni cimiteriali, proprio per la sua delicatezza tecnica ed anche morale, non può esser affrontata a cuor leggero, con improvvisazione e faciloneria, al massimo, se tutti gli aventi titolo fossero d’accordo si potrebbe ipotizzare un patto interno, tra di loro, sulla ripartizione dei posti feretro con scrittura privata da notificare al comune, accludendola all’atto di concessione in deposito presso gli archivi comunali. Se il dissidio non si può ricomporre pacificamente bisogna, per forza, adire la magistratura, in sede civile.
Piccola provocazione: tutti i lavori in cimitero, compresi anche quelli più lievi di ferramenta come la sostituzione di una serratura dovrebbero esser preventivamente autorizzati dal comune ed effettuati da ditte altrettanto autorizzate all’ingresso entro il recinto cimiteriale dove, dopo tutto, il comune, per i motivi di cui sopra, è pur sempre padrone di casa.
Ora, immagino che lo zio in questione non abbia richiesto detta autorizzazione, proprio perchè, essendo essa in violazione del Tuo legittimo diritto secondario di sepolcro, non gli sarebbe mai stata accordata, quindi, ne deduco abbia agito surrettiziamente e “sottobanco” e per tale ragione sarebbe anche soggetto a sanzione pecuniaria ai sensi del sistema di diritto punitivo contenuto dal regolamento comunale di polizia mortuaria ex Art. 16 Legge 16 gennaio 2003 n. 3. In alternativa, la sanzione prevista per violazione del DPR n.285/1990 (in tema di diritto di sepolcro ex Capo XVIII DPR n.285/1990???!!) e quella di cui all’Art. 358 Testo Unico Leggi Sanitaria così come novellata nell’importo (dai tre a 18 milioni della Vecchie Lire, ovviamente da convertire in Euro) dall’Art.16 del D.Lgs. 22 maggio 1999, n.196.