L’estumulazione con successiva apertura del feretro per la riduzione dei resti ossei in cassetta ossario

In linea di massima, l’estumulazione si esegue alle scadenza della concessione (art. 86, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), salvo quanto previsto dal successivo art. 88.

Dall’ambito d’azione di questa norma sembrerebbero esclusi i cadaveri tumulati in tombe perpetue, tuttavia anch’essi possono esser rimossi dal tumulo in cui furono originariamente deposti, per esser avviati a cremazione, presso una nuova sepoltura ancora in colombario oppure in campo di terra…

Talune amministrazioni, dopo la circolare n. 10 del 31 luglio 1998, la promulgazione della Legge 130/01 e soprattutto l’emanazione del DPR 254/90 hanno specificato nei loro regolamenti come per ordinarie si intendono pure le estumulazioni dopo 20 anni dalla tumulazione.

Mentre i periodo di sepoltura legale per i feretri interrati è, in via ordinaria, ma anche altrimenti modulabile, stabilito in almeno 10 anni il DPR 285/90 non fissa un tempo certo come periodo legale di sepoltura per i feretri racchiusi in nicchia o loculo.

L’unico riferimento temporale, i 20 anni di cui al comma 3 dell’Art. 86 è un termine su cui basare una diversa ed ulteriore sepoltura solo ed esclusivamente in quadra d’inumazione per gli inconsunti dissepolti dopo più di 20 anni di tumulazione.

Secondo il legislatore 20 anni di tumulazione sono un lasso temporale abbastanza lungo perché la decomposizione produca i suoi effetti, ancorché parziali, così anche nell’evenienza di rinvenire, all’atto dell’apertura del sepolcro, un esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo (prevalentemente un corpo corificato) basterebbero solo 5 anni per ottenere la scheletrizzazione della spoglia mortale, in quanto il fine ultimo del ciclo cimiteriale è pur sempre il completo smaltimento (meno elegantemente: distruzione) dei cadaveri sin quando rimangano solo le ossa da custodire nell’ossario comune in modo indistinto e promiscuo.

Sostanzialmente, almeno per le tombe singole, il periodo minimo di permanenza nel sepolcro del cadavere era pari alla durata minima della concessione all’epoca della prima tumulazione.

Certi regolamenti comunali di polizia mortuaria, magari approvati anche pochi anni addietro, a tal proposito disponevano che le estumulazioni ordinarie non potessero aver luogo prima dei 30 anni, ed il limite dei 30 anni quasi sempre corrispondeva alla durata standard di una concessione per un singolo loculo.

Il problema gestionale di assicurare un pieno ed ottimale sfruttamento di tutti gli avelli disponibili si complica notevolmente nel caso di tumuli privati plurimi (familiari o collettivi), per i quali pur esistendo una concessione temporale valida sull’intero sepolcro, non sussista una concessione (o turno di rotazione definito) per la singola salma ivi sepolta.

La stessa criticità è riscontabile per le tumulazioni perpetue individuali o plurime, in cui c’è il bisogno di sgombrare loculi o nicchie già occupati per accogliere nuovi defunti senza, in qualche modo, smarrire l’identità famigliare e quindi intergenerazionale di una sepoltura collettiva pensata per riunire sine die un nucleo di memorie ed affetti.

Il combinato disposto dal comma 1 dell’art. 88, dal comma 5 dell’art. 86 e dall’art. 89 (che rinvia all’art. 83) del DPR 285/90 è alla base della possibilità di estumulazione con relativa raccolta di resti mortali in caso di tomba di concessione di durata superiore a 20 anni.

In altri termini è possibile la estumulazione da una tomba, concessa per la durata ad es. di 99 anni, effettuata per una salma tumulatavi dopo 10 anni dall’inizio della concessione e decorsi, ad esempio, 30 anni dalla tumulazione (è anzi auspicabile per far posto a nuove sepolture, ove necessario). Non si vedrebbe infatti la differenza fra questo caso (99 anni, salvo rinnovo) e l’ipotesi di perpetuità, esplicitamente consentita comma 2 dell’art. 86 del DPR 285/90.

Con la parola “estumulazione”, in questa fattispecie, non si intende la sola traslazione della bara dal tumulo in cui fu murata, ma l’apertura stessa del feretro, indispensabile proprio appurare se si sia in presenza ancora di cadavere (esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo prima dei 20 anni) resti mortali (risultato trasformazione post mortale di tipo trasformativo conservativo dopo i 20 anni) oppure ossa.

La ritumulazione nella stessa sede, all’inizio, non sembrava esser stata presa in considerazione dal legislatore che con il comma 2 dell’Art. 86 prescrive un turno di inumazione supplementare proprio perché la tumulazione è una forma di sepoltura altamente inefficiente che conserva le spoglie invece di favorirne il naturale disfacimento.

La sua introduzione, attraverso un formale riconoscimento di tale pratica benché con una semplice circolare, significa ancor più legittimare le cosiddette “verifiche feretro”, operazioni di cui molti nostri lettori hanno maturato esperienza.

Alcuni comuni, però, partendo da questo presupposto che la tumulazione sia una destinazione dei cadaveri assai critica (l’incidenza degli inconsunti sul numero dei cadaveri estumulati è altissima) vietano di fatto la ritumulazione, evitando di rinnovare la concessione in scadenza o già scaduta.

Con la formula di “verifica feretro” non s’intende ex Art 88 il controllo sulla tenuta stagna, che potrebbe esser stata compromessa dallo scoppio della bara, ma, più semplicemente, una ricognizione sulle trasformazioni post mortali del cadavere da compiere, naturalmente, a cassa aperta.

La circolare, visto l’art. 86/2 (inumazione per non meno di 5 anni), individua un’ alternativa ragionevole recependo ed adattando una prassi diffusa da decenni in molti cimiteri, ossia l’esame sullo stato di conservazione del cadavere per tentarne un’improbabile riduzione.

Prima dell’emanazione del DPR 254/03 gli inconsunti provenienti da estumulazione, in effetti, non avrebbero potuto esser direttamente cremati.

Dopo 20 anni di tumulazione siamo in presenza di resti mortali (anche tumulati) e, quindi, si agisce su questi esiti con sostanze biodegradanti: il risultato è che anziché occupare terra per 5 anni, si occupa il tumulo per altri 2 anni.

La procedura per recuperar spazi, definita gergalmente in alcune zone d’Italia come “spurgo” si sostanzia in questi termini: i familiari richiedono l’estumulazione della cassa e la successiva apertura, con taglio del coperchio metallico, SOLO per valutare lo stato di mineralizzazione della salma, non essendo intenzionati né ad inumarla (come, invece, richiederebbe il comma 2 dell’Art 86) né a trasferirla ad altra sepoltura: se le membra del defunto sono mineralizzate, si procede alla raccolta delle ossa liberando così un posto, mentre se non sono ancora scheletrizzate si provvede a rifasciatura e ritumulazione nello stesso sepolcro.

Le ossa racchiuse in cassettina di zinco potranno esser sepolte nello stesso tumulo oppure in una diversa celletta ossario.

Dato l’interesse degli aventi diritto secondo jure sanguinis verso gli avanzi mortali del de cuis difficilmente l’ossame rinvenuto sarà destinato all’ossario comune.

Se l’inconsunto è disidratato e non presenta parti molli, e quindi percolazione di liquami non è necessario l’avvolgimento della cassa con un cassone di zinco.

La circolare 10/98, la Legge 130/01 ed il DPR 254/03 per definire, in via generale, la condizione di resto mortale si rifanno al testo del DPR 285/90 (art. 86/3).

Logica vuole che il periodo temporale per la definizione amministrativa di resto mortale non sia più la durata della concessione, bensì di tumulazione, anche come somma di due o più periodi trascorsi in tombe diverse.

Bastano dunque 20 anni di tumulazione, in qualunque tomba siano stati effettuati.

Il principio dell’ordinamento italiano di polizia mortuaria, stabilito dal comma 3 dell’art. 92 e dagli artt. 93 e 94/2 del DPR 285/90 ed attorno a cui gravitano i diritti di sepoltura vantati su di un particolare sacello dai defunti già ivi tumulati e dai vivi che per ragioni morali o affettive, legate comunque allo jure sanguinis vogliano eleggere quel sepolcro in modo ideale quale loro dimora per il post mortem è il concetto di “capienza di sepolcro”, esso deve esser inteso nella sua accezione più ampia e figurale (laddove non diversamente specificato nell’atto di concessione, magari con un divieto di estumulazione o con la riserva di occupazione di una salma per un determinato manufatto) per le diverse forme in cui si presenta o si tramuta un cadavere per effetto dei diversi fenomeni postmortali.

Solo così uno stesso tumulo, come specificato dalla circolare n.24/93 può ospitare un solo feretro ma anche più cassette ossario ed urne, permettendo una certa rotazione del patrimonio cimiteriale.

Naturalmente l’ordinario metodo di regolazione di esumazioni ed estumulazioni è l’ordinanza del Sindaco, e tale strumento, in primis, dovrà contemplare un preciso protocollo operativo, con precise indicazioni igienico-sanitarie, cui si atterranno scrupolosamente i necrofori, qualora alle operazioni non presenziasse il personale dell’AUSL.

Bisogna, infine, ricordare come la riduzione in cassetta ossario dei resti ossei non debba mai, ai sensi dell’Art. 87 DPR285/90 risolversi in un atto cruento volto a costringere, con la forza, la spoglia mortale entro un contenitore dalle dimensioni più anguste rispetto alla cassa in cui il de cuius fu tumulato il giorno del funerale.

Gli unici trattamenti consentiti all’estumulazione se il cadavere è mummificato, saponificato o corificato sono specificati dal paragrafo 3 della circolare n.10 del 31 luglio 1998, quest’elenco, tassativo e non ampliabile, non ammette deroghe.

Si potrà, ora, proficuamente meditare su questi due importanti pronunciamenti giurisprudenziali.

T.A.R. Emilia Romagna, Sez. Bologna, 31 ottobre 1988 n.. 373 La riduzione delle salme nel sepolcro familiare può essere vietata ove ciò risponda ad una precisa volontà in tal senso del fondatore o dei suoi aventi causa, fermo restando che il divieto di cui all’art. 88 comma 1 D.P.R. 21 ottobre 1975 n. 803 si riferisce a fattispecie diverse da quella relativa alla riduzione attuata mediante un processo naturale di mineralizzazione del cadavere, in quanto attiene versimilmente ad operazioni materialmente eseguite sulla salma e dirette a realizzare, con metodi artificiali, interventi coercitivi di contenimento della stessa in un ambito più angusto di quello originario.

Cassazione penale, Sez. VI, 13 giugno 1997, n. 8621 Atteso il chiaro disposto dell’art. 87 d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, il consenso dei parenti del defunto non giustifica la frantumazione delle ossa del cadavere.

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17 febbraio 2021, N.d.R. dato il notevole interesse suscitato da queste brevi riflessioni generali sul problema: “estumulazione, che fare?”, si consiglia vivamente un inquadramento da differente angolazione dell’istituto qui trattato, comodamente reperibile a questo link: L’estumulazione vista dalla parte di un normale cittadino – 2/2 – funerali.org , per una visione globale del fenomeno giuridico ed operativo a tutto tondo.

 

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Carlo Ballotta

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114 thoughts on “L’estumulazione con successiva apertura del feretro per la riduzione dei resti ossei in cassetta ossario

  1. X Savino,

    La Sua interpretazione della Legge è corretta: nella fattispecie, in effetti, non si tratta di estumulazione ex Art. 88 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria volta, al trasferimento del feretro verso una nuova destinazione; essa sì comporterebbe un atto di disposizione sulla spoglia mortale de qua, che competerebbe pur sempre ai più stretti congiunti del de cuius secondo il principio di poziorità (potere di scelta coniugato con la priorità nel decidere) formalizzato in norma positiva dal disposto di cui all’Art. 79 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285 recante l’approvazione, appunto, del regolamento nazionale di polizia mortuaria. In questo caso non c’è nessuna estumulazione (intesa come materiale estrazione del feretro dal loculo in cui fu racchiuso il giorno del funerale), ma una semplice rimozione di eventuale lapide e tamponatura ermetica della cella sepolcrale, al fine di inserire nel tumulo un’urna cineraria, operazione, per altro legittima, in quanto contemplata, a livello statale, anche dal paragrafo 13. 3 sub. 1 della Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n. 24.

    I passaggi amministrativi sono sostanzialmente 2:

    a) in base al regolamento comunale di polizia mortuaria, all’atto di concessione ed all’Art. 93 del DPR 10 settembre 1990 n. 285 [norma quadro che opera di default] il concessionario del loculo, cioè Lei, chiede, con oneri, naturalmente, a proprio carico, la temporanea apertura dello stesso per la tumulazione delle ceneri e parallelamente dimostra la pre-sussistenza ex Art. 50 comma 1 lett. c) DPR n. 285/1990, dello jus sepulchri (= titolo di accoglimento per le suddette ceneri in quel determinato sepolcro privato).

    b) L’ufficio comunale della polizia mortuaria, con istruttoria basata, ovviamente sui soli titoli formali prodotti in allegato l’istanza stessa, e quindi nemmeno troppo strutturata, valuta la legittimità del diritto di sepoltura delle ceneri (= Jus Sepulchri) e, di conseguenza, se la risposta è positiva, autorizza la tumulazione delle stesse in quel dato loculo, previa smuratura dei tumulo.

  2. Buongiorno, forse non è il punto più corretto per una domanda di questo tipo, ma vorrei un’informazione visto che si parla di estumulazioni. Dovremmo inserire le ceneri un un nostro parente deceduto recentemente, nel loculo della moglie. (Era la loro volontà). Il Comune ci dice che è possibile ai sensi del regolamento comunale, ma che la richiesta per aprire il loculo va fatta dalla sorella della moglie perchè è la parente più prossima della defunta già tumulata, perchè per le estumulazioni nel regolamente comunale vi è scritto così. Ma, secondo me, questa semplice apertura non è un’estumulazione perchè non viene tolto niente, ma semplicemente aperto il loculo senza aprire la cassa. Noi vorremmo evitare di chiedere il consenso di quella signora, se possibile. Non sarebbe sufficiente il consenso dell’intestatario del loculo e cioè io? Il Regolamento non dice nulla su chi deve firmare per le operazioni di “apertura” parla solo di esumazioni, di estumulazioni e di traslazioni.

  3. X Novella,

    La richiesta un parere alla competente Autorità Diplomatica (con relativo nulla osta, prima di agire d’ufficio) in merito alla rimozione dei sigilli mi pare un’idea sì molto formale (personalmente adoro le complicazioni!) ma anche davvero intelligente ed assolutamente appropriata, non si scadrebbe quindi nell’inutile aggravamento procedurale sanzionato dalla stessa Legge n. 241/1990.

    E poi coraggio, e soprattutto w i sentimenti di pietas; in effetti per sopravvivere decentemente nel labirinto della polizia mortuaria occorrono, per certo, cuore e cervello assieme ad altre parti anatomiche meno nobili, di cui, per pudore, taccio il nome!

  4. Grazie delle preziose risposte…. Spiegherò ai parenti, confidando che capiscano che le leggi sono leggi. Per quanto riguarda la rimozione della cassa di legno, dovrei comunque rompere il sigillo (è infatti esterno), però siccome il sigillo è posto dall’Ambasciata d’Italia all’estero, potrei provare a chiedere all’Ambasciata se, una volta concluso il trasporto, mi autorizzano a rompere i sigilli (posto che la loro funzione è solo a garanzia del contenuto nel trasporto). Se mi autorizza chi li ha messi…. può essere una strada!? Non so, sono troppo sentimentale!!!

  5. X Novella (…la quale, oggi, in tema necroscopico e cimiteriale è persino più assatanata di me!)

    Bando alle ciance ed ai convenevoli, così da entrare subito in medias res, ed a tal proposito mi sovvengono queste riflessioni (si badi bene: parlo appunto di suggestioni e semplici suggerimenti perché neanch’io sono il depositario perfetto della Verità Assoluta e Rivelata!)

    Non è vietato in senso assoluto rompere i sigilli, anzi in alcuni casi è doveroso ed obbligatorio, magari per disposizione di legge o per ordine di un autorità sovraordinata rispetto all’ufficio comunale della polizia mortuaria (forza pubblica in veste di polizia giudiziaria, AUSL, Magistratura…) Rimarco il concetto: l’apertura del feretro una volta trascorso interamente il periodo legale di sepoltura per la necessaria ricognizione sullo stato di mineralizzazione del cadavere (o meglio del resto mortale) è espressamente ammessa e contemplata dalla Legge (Art. 86 comma 2 e 75 comma 2 DPR n. 285/1990), così come lo sversamento delle ossa, non richieste dagli aventi titolo a disporne, per un’ulteriore sepoltura dedicata, in ossario comune, in forma del tutto anonima, massiva e definitiva (leggasi: trattamento irreversibile equivalente ad una dispersione, seppur in ambiente confinato e dentro il perimetro cimiteriale). Per l’ossame l’unico trasbordo ammesso è quello delineato dalla Circ. MIn. 31 luglio 1998 n. 10 in materia di cremazione dello stesso, quando si dispone che le ossa, racchiuse durante il trasporto nell’apposita cassetta di cui all’Art. 36 DPR n. 285/1990 siano poi sversate in un contenitore facilmente combustibile, in modo da facilitarne sia l’inserimento nel forno, sia la cremazione stessa (molti impianti, infatti, come accade nella stessa Regione LOmbardia, per effetto di discutibili e miopi provvedimenti regionali, non sono abilitati ad abbruciare il nastro metallico con cui sono confezionate le cassette ossario). Ma una semplice circolare interpretativa è solo un atto istruttivo e non una fonte del diritto, quale invece è il regolamento statale (per le parti non implicitamente o espressamente novellate) o la legislazione locale, e ciò, per i puristi del diritto, sarebbe foriero di nuovi atroci dubbi giuridici e di ermeneutica legale.

    Alla fine della fiera bisogna intendersi su quest’aspetto di forma e sostanza: nel silenzio della Legge è legittimo autorizzare il cambio di cassetta per ossa che saranno, poi, ri-tumulate? Se ragioniamo per analogia la risposta dovrebbe esser negativa, in quanto detta manomissione sull’assetto del contenitore mortuario è sicuramente proibita per le casse da morto vere e proprie, fatta salva l’eccezione di cui all’Art. 75 comma 2 DPR n. 285/1990.

    Convengo sulla validità dell’ultima soluzione prospettata: per la Legge Italiana, infatti, la cassetta per resti ossei non ha l’obbligo della cassa in legno, come, invece, accade per i feretri, potendo essa esser ricavata solo da un semplice foglio di zinco. Perché allora non eliminare solo l’involucro esterno di legno, al fine di guadagnare qualche prezioso centimetro di spazio in più?

    Oggi sono più formalista (sì…alla formalina!!!) del solito, ma, secondo me almeno, la faccenda va affrontata in questi termini operativi, se poi per evento prodigioso ed umanamente inspiegabile le ossa in questione dovessero magicamente e nottetempo auto-traslarsi in un nuovo contenitore dagli ingombri più contenuti, ma pur sempre in linea con le prescrizioni Art. 36 DPR n. 285/1990 gli spiriti più semplici e digiuni sulle miserie delle cose funebri, griderebbero al miracolo postmoderno, mentre i più smaliziati ringrazierebbero sentitamente i Santo Necroforo di turno, essendo quest’ultimo, secondo la vulgata popolare, oscuro benefattore, protettore e patrono di noi sfortunati beccamorti!

  6. e inoltre, se i parenti volessero conferire i resti nell’ossario comune? bisognerebbe comunque spezzare il sigillo!

  7. Grazie gentilissimo sig. Carlo, anche io avevo pensato che il sigillo fosse a garanzia del contenuto durante il viaggio. Ciò che pensavo fosse fattibile era aprire (una volta che il viaggio si è concluso), e riconfezionare con un contenitore diverso, garantendo magari con apposito verbale e nuovo sigillo che il contenuto non era variato. Non si potrebbe così operare alla luce del sole?? Del resto, se non si potesse mai rompere un sigillo, non sarebbe nemmeno possibile aprire un feretro per raccogliere i resti da mettere in cassettina in occasione delle estumulazioni…. se completamente mineralizzato. I parenti sarebbero altresì propensi a far rimuovere il solo involucro di legno per vedere se la cassetta di zinco interna ha dimensioni più idonee. Ma secondo me la sostanza non cambia… Sono sempre a ringraziarla per i preziosissimi chiarimenti che ci aiutano ad operare nella legalità.

  8. X Novella,

    Si fa, ma non si dice! Queste operazioni poco ortodosse sono all’ordine del giorno nei nostri cimiteri, tuttavia in conformità alla linea legalitaria sempre tenuta da questa redazione (che io stesso condivido pienamente) debbo rilevare come l’eventuale violazione/effrazione dei sigilli apposti sulla cassetta ossario, se non disposta d’imperio dall’Autorità Giudiziaria o da quella Sanitaria, integri la fattispecie di reato di cui all’Art. 349 Cod. Penale. Il Comune non ha titolo ad autorizzare l’apertura della cassetta ossario, la quale deve rimanere sigillata. Mi spiego meglio: soprattutto in caso di trasporto proveniente dall’Estero a garanzia dell’integrità dei pietoso oggetto del trasporto funebre stesso (cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri) Le Autorità Locali Straniere e la Stessa Autorità Consolare Italiana applicano dei sigilli, non tanto per la pericolosità del trasporto, quanto proprio per evitare che nel contenitore funebre, durante il viaggio, siano trasbordate sostanze vietate dalla Legge oppure oggetti indesiderati. (Armi, stupefacenti, preziosi di contrabbando, narcodollari…). Per questa ragione la normativa spesso richiede di imprimere il sigillo, assieme ad un accurata verbalizzazione sul confezionamento della bara, della cassetta ossario o dell’urna cineraria.

    Secondo me, almeno, lo sversamento delle ossa in una cassetta di dimensioni minori è, pertanto, vietato expressis verbis, cioè per espressa previsione del Cod. Penale e poi, non dimentichiamo, come lo jus sepulchri si eserciti legittimamente sino al raggiungimento della massima capacità ricettiva del sepolcro, ex Art. 93 comma 1 II Periodo DPR n. 285/1990, raggiunta la quale (= punto di saturazione della tomba) il titolo di accoglimento non produce i suoi effetti e si estingue naturalmente, pur essendo in sé un diritto personalissimo e come tale imprescrittibile.

    Se, materialmente non c’è posto…chi prima muore meglio alloggia!

  9. Arriva dall’estero una cassettina coi resti mortali di un caduto in guerra (deceduto nel ’44 e finora inumato).
    La cassettina è doppia (metallo interno + legno esterno) e sigillata ma di dimensioni nettamente superiori alla nostre misure abituali delle cassettine resti.
    I parenti, per far “entrare” i resti nel colombaro a loro disposizione, vorrebbero far aprire l’attuale cassettina e “cambiare contenitore”, se possibile, inserendo i resti in una cassettina di dimensioni “standard”. E’ possibile fare questa operazione o si viola qualche disposizine, magari militare (non me ne intendo, non so se ci sia particolare disciplina di “rispetto” per i caduti, magari obbligo di tenere intatti i sigilli o qualcos’altro.).

  10. Ci si può opporre all’esecuzione delle operazioni cimiteriali?

    La risposta è categorica: NO!

    Come acutamente osservato dalla giurisprudenza, Cassazione civile, 29 marzo 1957 “Il regolamento di polizia mortuaria, R.D. 21.12.1942 n. 1880, dispone che quando è trascorso un decennio dalla inumazione dei cadaveri ovvero è scaduto il periodo di concessione per la tumulazione dei feretri (salvo che si tratti di sepolture private a concessione perpetua), il custode del cimitero deve provvedere alla rimozione dei resti mortali destinando le ossa esumate all’ossario comune, ed inumando i feretri estumulati: tale adempimento non è condizionato all’assenso dei congiunti del defunto. Pertanto non costituisce reato (né nella forma di violazione di sepolcro, art. 407 C.P. né in quella di sottrazione di cadavere, art. 411 C.P.) il fatto del custode del cimitero che provvede all’adempimento suddetto senza l’assenso dei congiunti del defunto”.

    Alla scadenza del turno di rotazione per le quadre ad inumazione o della concessione per le sepolture private il gestore del sepolcreto deve procedere d’ufficio alla rimozione delle tombe, per la raccolta dei resti ossei o il trattamento previsto qualora si rinvengano esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo.

    Di solito le operazioni cimiteriali di esumazione ed estumulazione sono regolate da un’ ordinanaza del sindato impostata secondo lo chema della circolare ministeriale n. 10 del 31 luglio 1998.

    Nell’ordinanza di cui sopra si dettano criteri e modalità operative per lo smaltimento degli inconsunti che possono esser:

    nuovamente inumati (nella stessa fossa o in campo indecomposti) non con la stessa cassa, ma con un contenitore più leggero, magari di cellulosa, pasta di legno, pialla, cartone per favorire la ripresa della scheletrizzazione.(Art.86 comma 2 DPR 285/90 e Circ.Min. n.10 del 31/07/98)
    Tumulati in loculo, nicchia muraria o cappella gentilizia, occorre il rifascio della cassa solo se si rileva la presenza di parti molli, conn copnseguente percolazione di liquidi postmortali.
    Avviati direttamente a cremazione ai sensi del DPR 254/03.
    Di questa disposizione deve esser data pubblicità-notizia attraverso pubbliche affissioni nell’albo pretorio, all’ingresso del cimitero oppure direttamente sui sepolcri interessati da esumazone ed estumulazione almeno per due ragioni.

    L’ordinanza del sindaco si configura come una scelta discrezionale (perchè c’è l’opzione tra cremazione dei resti mortali o loro interro), deve, dunque, esser formalizzata in un’atto di diritto positivo quindi scritto, pubblico e consultabile da parte della cittadinanza.
    Ai sensi della Legge n. 26 del 28 febbraio 2001 anche il disseppellimento del feretri e la nuova destinazione di ossa o resti mortali all’ossario comune ovvero ad altra forma di sepoltura (cremazione compresa) sono divenuti servizio a titolo oneroso, quindi è importante individuare i soggetti che abbiano titolo a disporre dei cadaveri anche dopo il periodo di sepoltura legale e delle loro trasformazioni di stato (ceneri, semplice ossame, resti mortali) per riscuotere le relative tariffe. Solo in caso di disinteresse il costo sarà a carico del comune.

    I famigliari hanno il diritto di opporsi alla cremazione di ossa e resti mortali stabilita d’ufficio dal comune (in acso contrario vale il principio del silenzio assenso), quindi per esercitare questo loro potere che si configura come un diritto della personalità (decidere di sè stessi e dei propri cari anche per il periodo successivo alla morte) debbono esser preventivamente informati con i modi ed i tempi di cui sopra.

    Anche quando sia già avvenuta l’operazione cimiteriale senza che nessuno abbia richiesto di poter disporre di ceneri oppure ossa conviene non procedere subito con lo sversamento delle ossa nell’ossario comune o la dispersione degli esiti da cremazione (le ceneri) nel cinerario comune, poichè il diritto a disporre di cadaveri e lor trasformazioni di stato nopn si esaurisce dopo il periodo legale di sepoltura.

    Ossa e ceneri potranno sostare per un congruo tempo nel deposito mortuario del cimitero, trascorso infruttuosamente questo lasso di tempo ai sensi del combinato disposto tra gli Art.. 85 comma 1 ed 80 comma 6 verranno depositare in forma indistinta e promiscua nei due spazi (ossario e cinerario) adibiti ad accoglierle.

    Le ceneri, laddove non sia intervenuta apposita norma regionale per iomplementare gli istituti della Legge 130/01 (dispersione in natura) possono solo esser:

    Sigillate in urna e tumulate
    Sversate nel cinerario comune.
    Ai sensi del DPR 24 febbraio 2004 potrebbero anche esser custodite presso un domicilio privato, ma per ceneri provenienti da un primo periodo di sepoltura (ceneri precedentemente tumulate in cimitero, ceneri prodotte dalla cremazione di resti mortali oppure ossame esumati o estmulati) occorre una disciplina di dettaglio da individuare nel regolamento comunale di polizia mortuaria.

    Le ossa possono solo esser:
    raccolte in cassettina ossario e tumulate (Art.85 DPR 285/90)
    cremate su istanza dei famigliari del de cuius (Circ. Min. n10 del 31 luglio 1998)
    incinerate su disposizione del sindato (limitatamente a quelle ossa che erano già collocate nell’ossario comune).

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