Le esumazioni straordinarie

DSCF0836L’art. 83 DPR 10 settembre 1990, n. 285 annovera tra le proprie fattispecie la possibilità di esumazione prima del prescritto turno di rotazione, normalmente di durata decennale.

In effetti anche se con il D.P.C.M 26 maggio 2000 le autorizzazioni per abbreviare o dilatare la durata del turno di rotazione sono state trasferite in capo alle regioni ed in molte realtà locali ai comuni, per effetto di un ulteriore processo di decentramento amministrativo all’interno del sistema normativo (1) del DPR 285/1990 il periodo minimo di sepoltura legale nelle quadre d’inumazione è sempre e solo di 5 anni (Art. 82 comma 3).

Oggi dopo il DPCM 26 maggio 2000 l’autorizzazione a ridurre il turno di rotazione in campo comune è stato trasferito alle regioni e molte di questehanno conferito tale potere al sindaco in qualità di Autorità Sanitaria Locale (ex Legge 833/1978, Decreto Legislativo 112/1998 e Decreto Legislativo 267/2000). lo stesso Ministero della Sanità ha riconosciuto che data la natura del fenomeno conservativo-trasormativo a carico dei cadaveri spesso il prolungamento del tempo di inumazione non servirebbe ad altro che a rendere indisponibili ulteriormente fosse per successive inumazioni”.Si rimanda alla relazione svolta dal Dr. Leonardo Toti. Direttore dei servizi di igiene pubblica del Ministero della Sanità (ANTIGONE 3/91 pag. 12 e segg.) ed agli articoli di Massimo Massellani e Giovanni Pierucci (ANTIGONE 4/91).

Laddove il periodo legale di sepoltura in fossa comune sia stato compresso a 5 anni ( 5 anni sono il minimo consentito dallo stesso DPR 285/1990) le esumazioni dopo 5 o più anni di permanenza del cadavere nella fossa sono da considerarsi ordinarie.

Esse, allora, ai sensi dell’Art. 82 DPR 285/1990 sono regolate con ordinanza del sindaco.

E’ questa ordinanza, sentito anche il parere dell’autorità sanitaria, a definire un protocollo operativo per valutare lo stato di mineralizzazione
dei resti disseppelliti per la loro riduzione in cassetta ossario ex Art. 85 comma 1 DPR 285/1990.

Di solito, con ordine di servizio, si individua nel necroforo caposquadra il soggetto titolato a decidere nei casi dubbi di incompleta sheletrizzazione, e gli eventuali avanzi umani rinvenuti non sono cadaveri (o parti di essi) ma solo resti mortali (ex Art. 3 comma 1 lettera b) DPR 15 luglio 2003 n. 254) oppure semplice ossame.

Per gli indecomposti dopo l’emanazione circolare del Min. Sanità n. 10/1998, ordinariamente i tempi di reinumazione sono “stabiliti” in 5 anni se non si fa uso di sostanze biodegradanti ed in 2 anni se se ne fa uso. Detti limiti minimi sono derogabili in caso di comprovata capacità scheletrizzante accelerata in analogia con l’Art. 82 comma 3 DPR 285/1990 Cosicché se regolamento comunale od ordinanza non dispongono diversamente, ora basta la circolare 10/98 a stabilire questi parametri cronologici. In caso contrario gli strumenti normativi debbono esser adeguati, senza dimenticare l’omologazione del regolamento comunale ex Art. 345 del RD 27 luglio 1934, n.1265 (almeno per le parti dello stesso di pertinenza statuale).

Spesso in occasione delle esumazioni ordinarie, sotto il primo strato di sepolture, si rinvengono altre casse più antiche. In alcuni casi si tratta di resti, in altri di cadaveri non completamente mineralizzati cui non è possibile attribuire una identità.

In passato era abbastanza usuale non procedere a raccogliere integralmente i resti mortali al momento della esumazione, sia perché tali operazioni venivano eseguite con vanga (mentre oggi si può usare un escavatore), sia perché era invalso l’uso di risolvere il problema degli inconsunti lasciandoli semplicemente sotto, sperando che la permanenza sottoterra determinasse una trasformazione in ossa.

Di tale situazione deve essere fatta segnalazione all’A.S.L., essa, infatti ai sensi dell’art. 51 D.P.R. 285/90, controlla il funzionamento dei cimiteri, o comunque mantiene un funzione di supervisione e consulenza sull’attività cimiteriale anche laddove, in forzaa di un provvedimento regionale, il comune le sia subentrato in questo compito perché questo fatto così scabroso, forse, non è un segno di un modo di lavorare passato non corretto, bensì un sintomo di una incapacità del terreno cimiteriale a mineralizzare.

Per i cadaveri inumati in campetti dati in concessione (ex Art. 90 commi 2 e 3), trattandosi di una sepoltura privata al pari della tumulazione, esumazione ordinaria al pari dell’estumulazione ordinaria dovrebbe collocarsi temporalmente alla fine del lasso temporale considerato nell’atto di concessione, ossia quando la concessione stessa si estingua per effetto di scadenza.

Tuttavia, sempre ragionando in via analogica dopo l’emanazione del DPR 15 luglio 2003 n. 254 sono ordinarie anche le esumazioni cui si dia luogo dopo il periodo di sepoltura legale (10 anni se non diversamente prolungato o abbreviato ex Art. 82 commi 2 e 3 DPR 285/1990). La grande novità del DPR n. 254/2003 è proprio l’introduzione di un criterio standardizzato e basato su di una definizione amministrativa per la distinzione tra cadaveri e resti mortali con relativa metodologia di smaltimento.

A rilevare, quindi è il periodo legale di sepoltura (anche se come somma di più momenti trascorsi in due o più tombe ad interro) e non la durata della concessione, questo discrimen è fondamentale per le tumulazioni (le quali traggono la loro ragion d’essere solo ed esclusivamente da un rapporto concessorio tra il comune, quale ente concedente ed il fondatore del sepolcro), mentre riesce quasi residuale per le inumazioni, siccome nell’ordinamento italiano l’inumazione è quasi sempre sinonimo di interro in campo comune (ex Art. 49 DPR 285/1990) dove il titolo di accoglimento a contenuto privatistico è incardinato non sullo Jus Sepulchri sibi familiaeque suae statuito dall’Art. 91 comma 1 DPR 285/1990, ma sul ricorrere delle circostanze effettuali di cui alle lettere a), b), d) e) dell’Art. 50 DPR 285/1990.

C’è un caso invero particolare sul quale la dottrina ancora si arrovella: è possibile inumare un feretro in una tomba ad inumazione oggetto di concessione cimiteriale la cui durata residua non riesca a coprire il periodo legale di sepoltura?

Se è consentito il rinnovo “in itinere” ex Art. 92 comma 1 DPR 285/1990 il problema non si porrebbe perché i 10 anni di permanenza nella fossa sarebbero comunque garantiti, altrimenti dovremmo ipotizzare un’esumazione straordinaria per trasferire il feretro in campo di terra o in altra sepoltura dedicata (compresa l’eventualità di cremazione con il pieno rispetto della procedura aggravata ai sensi dell’Art. 79 DPR 285/1990, o dell’Art. 3 Legge 130/2001… laddove applicabile).

Molto dipende dalle clausole contenute nell’atto di concessione con le quali si disciplina nel dettaglio l’accesso al sepolcro, anche con soluzioni migliorative rispetto allo scarno disposto dell’Art. 93 comma che sembra porre solo un limite di ordine fisico (la naturale capienza della tomba) e non cronologico. Si è tuttavia di questa opinione: come nelle tumulazioni il diritto d’uso si esercita attraverso lo jure sanguinis sino all’ultimo istante utile, se ovviamente il regolamento comunale di polizia mortuaria non stabilisce diversamente introducendo, in qualche modo, una irreggimentazione dello Jus sepulcrhi legata all’economia di gestione nell’attività cimiteriale.

26forenL’operazione cimiteriale volta all’apertura della tomba per dissotterrare il feretro è definita comunemente anche come esumazione straordinaria ed è prevista in due casi: l’uno è quello della disposizione dell’Autorità Giudiziaria per fini di giustizia, ai sensi dell’ Art. 116, comma 2 decreto legislativo n,271 del 28 luglio 1989; l’altro, demandato alla potestà dell’autorità comunale, si verifica quando sia richiesto il trasporto in altra sepoltura (fuori o all’interno del recinto cimiteriale di prima sepoltura a sistema di tumulazione oppure inumazione) o con la finalità della cremazione. L’esumazione non è consentita per altri scopi (indagini private, desideerio di rivedere il cadavere, curiosità morbosa…)

Detta separazione di ruoli assieme alla piena titolarità del comune sulle funzioni di polizia cimiteriale è stata ribadita anche dalla giurisprudenza: T.A.R. Emilia Romagna, 10 febbraio 1985 n. 317: “Il potere dell’Autorità giudiziaria di esumare o estumulare salme al fine di reperimento prove o tracce di reato, non esclude il potere del Sindaco di ordinare, nell’esercizio dell’attività di polizia mortuaria e di autotutela dei diritti dell’Ente che rappresenta, l’esumazione e l’estumulazione di salme, nonché di applicare le sanzioni previste dal D.P.R. 803/1975 e dal T.U. 27.7.1934, n. 1265. La durata posta in 10 anni per il periodo ordinario delle esumazioni non può vincolare i poteri di polizia mortuaria soprattutto se si tratta di salme inumate abusivamente”.

Per dar luogo al disseppellimento del feretro devono presentarsi queste condizioni strutturali:

Consenso degli aventi diritto a disporre del cadavere del de cuius, o in alternativa Provvedimento della magistratura

  • Assenza di volontà de de cuius contraria all’esumazione (Potrebbe esser il caso di una sepoltura privata, data in concessione, costituita non da un colombario, ma da un semplice quadra di inumazione riservata ai membri di una particolare famiglia).
  • Titolo di trasferimento del cadavere verso una nuovo sepolcro o l’ara crematoria (Occorrono quindi le autorizzazioni al seppellimento in altra tomba, o alla cremazione ed il decreto di trasporto se la nuova sepoltura è collocata fuori del cimitero, altrimenti basta l’annotazione sui registri cimiteriali).
  • Esclusione di morte dovuta a malattia infettivo-diffusiva se l’esumazione avviene prima dei due anni dalla morte e non è ordinata dall’autorità giudiziaria. (Occorre, ai sensi dell’Art. 84 lettera b) una dichiarazione ufficiale dell’autorità sanitaria che attesti la non pericolosità dell’operazione cimiteriale per la salute pubblica. Invero alcune regioni disapplicano questo divieto (esempio: Emilia Romagna Art 12 L.R. 29 luglio 2004 n. 19)

A bordo fossa durante lo scavo dovrà esser presente anche l’addetto al servizio di custodia per redigere apposito verbale con conseguente annotazione nei registri cimiteriali e verificare la collocazione della tomba, nonché l’identità del cadavere anche attraverso il cippo di cui all’Art. 70 DPR 285/1990

La partecipazione al pietoso intervento da parte dei famigliari del de cuius, i quali assisterebbero quali attoniti spettatori deve esser attentamente valutata sotto il profilo della sicurezza ed anche dell’emotività (scene piuttosto crude possono ingenerare nelle persone più sensibili stati di alterazione psicologica)

C’è poi un ulteriore vincolo da rispettare: fatti salvi i poteri dell’Autorità Giudiziaria non si può dar luogo ad esumazioni straordinarie nei mesi compresi tra maggio è settembre

La domanda di esumazione straordinaria dovrà esser corredata con atti e documenti che consentano di valutare la sussistenza dei presupposti positivi di cui sopra.

L’autorità comunale, se l’istanza rispetta tutti i requisiti formali e sostanziali non può arbitrariamente denegare l’autorizzazione all’esumazione straordinaria (È comunque possibile e opportuno che vengano regolate le esumazioni e le estumulazioni (tutte) con ordinanza del sindaco. Con tale ordinanza si possono determinare, in funzione dei luoghi (ad es. in montagna il problema non si pone) sia gli orari che i giorni di intervento, ma anche inibire le operazioni in determinati periodi caldi.

Com’è ovvio l’ordine di eseguire l’esumazione straordinaria impartito dall’autorità giudiziaria si colloca, gerarchicamente, in posizione prodromica, rispetto alla formale autorizzazione rilasciata dal comune che, tuttavia, è pur sempre necessaria per perfezionare tutto l’iter procedurale.

Il DPR 285/1990 delinea nel proprio articolato attribuzioni ad organi dei comuni pensate secondo le logiche presenti nel TULCP, solo che (perfino prima della sua emanazione, oltre che dell’entrata in vigore) era entrata in vigore la L. 142/1990 (oggi, TU di cui al D. Lgs. 267/2000) che ha modificato, e profondamente, le attribuzioni degli organi (oltretutto qualificando organi soggetti che prima non lo erano (dirigenti, segretario comunali (in riferimento all’art. 52 L. 142/1990; oggi vi è stato qualche mutamento anche sotto questo versante), organi di revisione contabile)).

Da questa discrasia deriva l’esigenza (purtroppo) di valutare le norme del DPR 285/1990 che individuano funzioni di questo o quell’organo comunale (si pensi all’art. 78, u.c. che fa riferimento al cons.comunale per una competenza che non rientra certo nell’art. 32 L. 142, oggi art. 42 SD.Lgs. 267/2000) tenendo conto della gerarchia delle fonti, dove il D. Lgs. 267/2000 (oggi) prevale nettamente, in quanto norma di rango primario, sulle norme del DPR 285/1990, norme di rango secondario.

Le disposizioni dell’art. 82 DPR 285/1990 rientrano chiaramente tra le attribuzioni ed i compiti di cui all’art. 107, 3 D. Lgs. 267/2000 (ricordando anche l’art. 107, 4 D. Lgs. medesimo).

Oggetto dell’ esumazione straordinaria, naturalmente, è sempre e solo il cadavere e non il resto mortale, proprio perché non è ancora completamente trascorso il periodo legale di sepoltura, quindi per il trasporto si dovranno osservare tutte le prescrizioni dettate in materia di trasporto cadaveri (autofunebre in regola con i requisiti dell’Art. 20, cofano in grado si assicurare il trattenimento del percolato cadaverico almeno per il tempo necessario trasporto stesso grazie all’adozione di un dispositivo impermeabilizzante…)

Anche se il DPR 10 settembre 1990, n. 285 rimanda testualmente alla figura del sindaco, per individuare l’autorità amministrativa preposta al rilascio di molti provvedimenti annoverati dal DPR 285/90, occorre ricordare che le autorizzazioni previste dal DPR 10 settembre 1990, n. 285 rientrano nelle responsabilità e nei compiti attribuiti in via esclusiva al dirigente (o chi ne assolva le funzioni, nei comuni che siano privi di figure dirigenziali) a termini dell’art. 107, commi 3 e seguenti D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (e, prima, dell’art. 51 legge 8 giugno 1990, n. 142, in vigore dal 13 giugno 1990).

È per altro opportuno segnalare l’autorizzazione concessa alla locale AUSL, affinché, se necessario, possa fornire indicazioni operative da osservare per il trasporto, ad integrazione di quanto già stabilito in via generale dal DPR 10 settembre 1990, n. 285 per il trasporto di cadaveri interno al territorio italiano (Artt. 18, 23, 24, 25, 26, 30) o diretto all’estero (Artt. 27 e 29).

L’autorizzazione è soggetta al previo pagamento della tariffa stabilita dal comune e l’istanza deve esser redatta nel rispetto delle norme fiscali, come infatti ha rilevato la Cassazione penale, Sez. II, 20 ottobre 1978 “L’esumazione dei cadaveri per la collocazione in altra sepoltura, a richiesta dei privati, deve avvenire a spese degli stessi richiedenti, se non diversamente disposto dai regolamenti di polizia mortuaria comunali”.

Oggi, dopo l’entrata in vigore della Legge n. 26 del 28 febbraio 2001, è scomparsa anche quest’ultima eventualità poiché i servizi cimiteriali sono divenuti, salvo particolari frangenti, prestazioni a titolo oneroso per l’utenza.

Prima la disciplina di riferimento per il regime tariffario delle esumazioni sarebbe stata individuabile nell’Art.106 del RD 23 dicembre 1865, n. 2701, “Approvazione della tariffa penale”,in quanto non abrogato.

XXX Tale articolo recitava testualmente: “Le spese di dissotterramento di cadaveri saranno pagate secondo la tassa fissa per gli incaricati delle inumazioni dei comuni dove vengono eseguite queste operazioni, su mandato del giudice procedente o del pretore. In mancanza di tassa speciale si osservano gli usi locali. Lo stesso si farà quando occorresse trasportare qualche cadavere da una località all’altra per eseguire la sezione o ad altra operazione relativa alla istruzione del processo”. Inoltre, ai sensi dell’art.124 del RD citato, nel caso accennato al capoverso dell’art.106, anche le spese di trasporto dei cadaveri avrebbero dovuto essere anticipate dal pubblico erario.

Bisogna comunque ricordare come il RDL 23/12/1865, n. 2701 fosse già stato abolito (dal 1/7/2002) per effetto del DPR 30/5/2002, n. 115 il quale sopprimeva la previsione secondo cui tali spese rientrassero in quelle di giustizia, l’onere dell’esumazione, ordinaria o straordinaria che sia, disposta dall’autorità giudiziaria non può, quindi, più essere imputato tra le spese di giustiziza, ripetibili tramite la cancelleria.

La conseguenza è immediatamente intuibile: l’onere grava sulla parte processuale che ha richiesto al giudice il provvedimento di esumazione o nel cui interesse la disposizione e’ stata emessa.

E’ suggeribile che i comuni siano particolarmente attenti sul punto, meglio se richiedendone il pagamento preventivo, in quanto l’omesso introito delle somme stabilite dalle tariffe comunali per tali operazioni potrebbe comportare responsabilita’ patrimoniale (art. 93 D.Lgs. 18/8/2000, n. 267).

L’atto di autorizzazione risulta autonomamente soggetto all’imposta di bollo ai sensi del DPR 26 ottobre 1972 n.642 e successive motivazioni.

Fermo restando il ragionevolissimo criterio di una ridotta mobilità dei cadaveri interrati affinché si compiano i processi di mineralizzazione alcuni regolamenti comunali permettono interventi di spostamento verso altra destinazione con precise restrizioni di natura soprattutto temporale, ad esempio esclusivamente in momenti molto ravvicinati al giorno del funerale (quindi il cadavere dovrebbe esser ancora abbastanza integro) oppure) oppure, per converso, quando si stia per compiere il turno di rotazione e s’avvicini la scadenza dell’esumazione ordinaria perché molto elevata dovrebbe esser la probabilità di rinvenire solo ossa da avviare a cremazione (ex. Circ. Min. n.10 del 31 luglio 1998) tumulazione in celletta ossario conservazione in forma promiscua ed indistinta nell’ossario comune ai sensi dell’Art. 85 commi 1 e 2.

La permanenza stabile (2) dei cadaveri nel luogo originario in cui furono deposti (3) nel giorno delle esequie, affinché si compia la scheletrizzazione è un principio implicito del nostro ordinamento nazionale di polizia mortuaria che risponde non solo a questioni igieniche (4), ma anche a problemi di natura morale, così come rilevato dalla Cassazione civile, 16 dicembre 1974 n. 4288 “Nel giudicare dell’opposizione dei parenti del defunto alla traslazione della salma di questo, ad iniziativa degli attuali aventi diritto alla scelta del sepolcro – a seguito della verificatasi necessità di immutare l’originario luogo di sepoltura – il giudice, una volta accertato che il luogo di sepoltura era stato originariamente determinato dal titolare del relativo diritto, deve valutare con oculata prudenza le giustificazioni addotte per pretendere di operare un trasferimento che comporta esumazione e ritumulazione del cadavere, posto che è avvertita dalla sensibilità degli uomini l’esigenza che le salme dei defunti non vengano, senza adeguate e gravi ragioni, trasferite da un luogo ad un altro”.

Tuttavia la stessa Cassazione civile, diversi anni dopo, l’ 11 dicembre 1987 con sentenza n. 9168 ribadì come Il diritto del coniuge rimasto in vita a traslare la salma del coniuge defunto dal luogo di sepoltura ad altro sepolcro, che è limitato solo da diversa volontà del defunto, non fosse in contrasto con la pietas verso i defunti, perché la coscienza collettiva cui tale sentimento fa riferimento, non recepisce negativamente, né disapprova la traslazione dei resti mortali per un seppellimento ritenuto ragionevolmente più idoneo e conveniente da detto coniuge superstite e dagli altri aventi diritto.

Diversi comuni hanno introdotto nei loro regolamenti restrizioni e soglie temporali piuttosto rigide per “comprimere” il pur legittimo esercizio del diritto di dis-sepoltura straordinaria, questi limiti se dotati di una loro logica e, dunque, motivati, costituiscono uno strumento di attuazione rispetto al testo del DPR 285/1990 (o dei regolamenti regionali se la regione è intervenuta con una propria legislazione parallela) perché è funzionale ad un contenimento di pratiche funebri che comportano interventi particolarmente onerosi e disagevoli per l’organizzazione cimiteriale (Un altro metodo molto efficace per arginare certe istanze piuttosto pretenziose è un’accorta politica tariffaria che spesso consente una modulazione più elastica e flessibile).

Spesso, però, gli aventi titolo secondo jure sanguinis inoltrano richiesta di trasportare gli esiti dei fenomeni cadaverici (indecomposti) in un altro comune per la sepoltura in una tomba di famiglia.

La Circolare 31 luglio 1998 n. 10 contempla in questo caso, l’inumazione in campo indecomposti o la cremazione e sembrerebbe, quindi, escludere la tumulazione in altra tomba.

In subordine si porrebbe anche la questione del trasporto, soprattutto se fuori del cimitero di prima sepoltura. Con quale veicolo provvedere?

Le esumazioni ordinarie (cioè dopo il turno ordinario di rotazione (e si dovrebbe provvedervi 10 anni + 1 giorno dopo la sepoltura), infatti, secondo logica, comporterebbero il deposito delle ossa nell’ossario comune, salvo che i familiari non facciano domanda di conservale altrimenti (Art. 85 DPR 285/1990).

La disposizione richiamata pare, invece, ipotizzare una diversa sistemazione nel medesimo cimitero, non sussistono ostacoli a tenere presente anche l’art. 88 DPR 285/1990, ossia il rifascio della bara con il nastro metallico o nei casi più estremi (cassa originaria completamente distrutta il trasferimento della spoglia in un cofano con le caratteristiche di cui all’Art. 30 e, di riflesso 77 DPR 285/1990.

Siccome, però, si tratta di resti mortali (art. 3, comma 1, lett. b) DPR 15/7/2003, n. 254), per le autorizzazioni al trasporto si veda l’art. 3, 5 DPR 254/2003.

Se i resti mortali siano destinati a tumulazione, devono comunque essere confezionati in modo idoneo alla tumulazione. Tra l’altro, se si tiene conto dell’art. 88 DPR 285/1990, va anche verificata la perfetta tenuta del feretro (legno + zinco) o, in difetto, disposto il c.d. rifascio, superfluo solo se non si rileva la presenza di parti molli con conseguente percolazione di liquami (paragrafo 3 Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10).

Non essendo i resti mortali sempre e comunque equiparabili a cadaveri potrebbero anche non essere necessari i mezzi speciali di cui all’Art. 20 DPR 285/1990.

Si tratta, tuttavia, di aspetti tecnici che chi esercita l’attività onoranze funebri ben sa e, nelle regioni in cui sussista norma che preveda un’autorizzazione all’esercizio dell’attività funebre, ciò dovrebbe valere a maggior ragione.

Articoli correlati e rinvenibili con la funzione “CERCA”:

  • La “Traslazione” nell’ordinamento italiano di polizia mortuaria
  • La ri-tumulazione
  • La rotazione dei posti feretro
  • L’iter delle estumulazioni
  • La traslazione dei resti ossei

 

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(1) Nell’Art. 20 comma 1 del regolamento regionale approvato dalla Lombardia sembra scomparire anche il limite dei 5 anni.

(2) Si veda in particolare: Corte d’appello di Palermo, 7 febbraio 1930 n. 442, “Il permesso di immettere un cadavere in una sepoltura particolare, dato da chi è il proprietario, non è revocabile dopo che l’inumazione abbia avuto luogo. E’ ammissibile la prova testimoniale per accertare il consenso dato dal proprietario alla sepoltura per tale ammissione”.

(3) Corte d’appello di Torino, 13 novembre 1931 n. 267, “È valida la trasmissione per atto tra vivi o di ultima volontà, del diritto di sepolcro su tomba particolare, con rispetto all’intangibilità dei cadaveri già tumulati e con osservanza dei regolamenti locali. Il diritto di sepolcro, spettante al privato su un’area del cimitero comunale non ha natura dominicale, ma deve considerarsi quale concessione amministrativa passibile di trasferimento ai terzi e provvista di tutela giurisdizionale”.

(4) Durante il pietoso trasferimento le “carcasse”umane con presenza di parti molli, ancorché residue, percolano ed esalano odori fetidi, di conseguenza i necrofori debbono lavorare con determinati dispositivi di sicurezza piuttosto ingombranti come stivali con suola antichiodo e puntale per prevenire schiacciamenti, guanti in maglia metallica, tute monouso, occhiali e visiere se si ravvisa il pericolo di schizzi.

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Carlo Ballotta

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58 thoughts on “Le esumazioni straordinarie

  1. Marche
    Buongiorno! Vorrei chiedere delle informazioni in merito ad una situazione un pò particolare che si è venuta a creare nel nostro Comune, E’ stata chiesta da un familiare una estumulazione di una salma tumulata da quasi 50 anni, per potervi tumulare un erede appena deceduto, al momemeto dell’estumulazione, il processo di mineralizzazione era incompiuto e la salma è stata deposta a terra per completare tale processo, ora, i familiari, pentiti dell’esumazione, vorrebbero ricollocare la salma in un altro loculo in concessione. E’ possibile effettuare nuovamente l’esumazione? O è necessario che trascorrano i 5 anni previsti da D.P.R n. 285 del 10 settembre 1990?

  2. Sì, in effetti, il divieto sussiste ai sensi dell’Art. 84 DPR n.285/1990, solo la Magistratura può derogare a questo limite, per ovvi interessi di giustizia (Art. 116 D.Lgs. 28/7/1989, n. 271).

    Il regolamento comunale, nell’esercizio della propria autonomia potestativa (Art. 117, comma 6 III Periodo Cost.) potrebbe introdurre criteri ancor più rigidi e selettivi, non solo per identificare con certezza chi davvero abbia diritto a richiedere l’operazione cimiteriale (Art. 79 comma 2 DPR 285/1990), e la sua reale volontà, ma soprattutto per questioni meramente organizzative e di logistica.

    Soprattutto nei grandi cimiteri si pone il problema di pianificare gli interventi per evitare vorticosi ed inutili giri di walzer, con i necrofori costretti ad inseguire i capricci dei parenti del defunti in una danza surreale tra un cimitero ed un altro (esempio paradossale e sciocco: il morto è mio e, quindi decido io…dunque: lo tumulo, no, anzi, prima lo inumo, poi lo esumo, per ri-tumularlo quindi lo cremo, però, forse…ho cambiato idea, brucio tutto e disperdo le ceneri, ma non sono convinto, poi mancherebbe anche la volontà del de cuius, siccome la dispersione è di sua unica eleggibilità, e se mi viene la nostalgia del sepolcro gentilizio o del loculo marmoreo??? Allora traslo solo il feretro, però potrei anche trasferirlo all’Estero…).

    Insomma: la polizia mortuaria (quella vera) non è propriamente un giocattolo per bambini dispettosi e pieni di pretese; la “ratio” dell’Art. 84 DPR n.285/1990 invero è un’altra, ossia evitare soprattutto nei mesi caldi la perfusione, all’esterno delle fosse in campo di terra, di quei miasmi cadaverici (liquidi postmortali e soprattutto gas maleodoranti) che si sprigionano durante la putrefazione. Certo, saremmo dinnanzi ad una criticità igienico-sanitaria, siccome un cimitero sottoposto ad esumazioni straordinarie massive nei mesi da maggio a settembre compresi, sembrerebbe una sorta di campo di battaglia devastato dai cannoneggiamenti dell’artiglieria pesante, quindi con buche, crateri e pezzi di cadaveri indecomposti dappertutto, nonché infestato da “profumi” nauseabondi. Bisognerebbe chiudere al pubblico tutto il cimitero o la porzione di esso interessata dalle esumazioni.

    Sembra una scenario apocalittico (volutamente esagerato, così ci capiamo meglio), ma questo è il senso più profondo della norma in questione.

    Santo Cielo, “sniffare” i fragranti effluvi dei morti non sarà certo una pratica salutista, ma non è, di sicuro, mortale al pari di esporti a contaminazione radioattiva, molte regioni, tra cui la mia Emilia Romagna (Art. 12 Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19) hanno eliminato questo vincolo stagionale.

    Il DPR n.285/1990 è il prodotto culturale di un’elaborazione ottocentesca sul fenomeno funerario, quando dall’Editto napoleonico di Saint Cloud (emanato il 12 giugno 1804) i morti, in forza del pensiero illuminista della Francia rivoluzionaria, cominciarono a far paura, li si riteneva responsabili di pestilenze endemiche, esalazioni ammorbanti, vapori venefici, morti improvvise e violente dei frequentatori dei cimiteri, in stile “Untori” di manzoniana memoria. (nota da illetterato quale sono: gli Untori ne i “Promessi Sposi” erano delinquenti accusati di diffondere VOLUTAMENTE il bacillo della peste, per poi, magari, lucrare sui funerali in statto d’emergenza a causa dell’epidemia).

    Certo abrogare l’Editto di Saint Cloud, ancor oggi pilastro dell’ordinamento nazionale di polizia mortuaria (Regio Decreto n.1265/1934 e DPR n.285/1990), sarebbe improponibile, anacronistico e, perciò, fuori da ogni logica, ma nel Medioevo, quando, per intenderci, non vigeva ancora il DPR 10 settembre 1990 n. 285, il rapporto tra vivi e morti era più tranquillo o, se preferite, meno ossessivo. Vivi e Morti condividevano promiscuamente gli stessi spazi, come accade, ad esempio, per le navate delle cattedrali romaniche (Duomo di Modena, i love You!!!) dove i vivi partecipavano alla Santa Messa ed i cadaveri erano tumulati (senza cassa di zinco) sotto il pavimento o in nicchie di fortuna ricavate lungo le pareti laterali. Nessuno si lamentava, al massimo sarebbero bastati un poco di calce per assorbire i liquami ed un turibolo, così da deodorare con l’incenso l’aria fetida.

  3. x SIG.CARLO-
    GENTILE SIG.CARLO,CORTESEMENTE VORREI SAPERE SE ,RISULTA VERO, CHE VI SONO ALCUNI PERIODI DELL’ANNO CHE NON SONO AMMESSE ESUMAZIONI STRAORDINARIE.
    LE HO POSTO TALE QUESITO PERCHE’ NEL CONTATTARE UN’AGENZIA PER ESEGUIRE UN’ESUMAZIONE STRAORDINARIA A MAMMA ,CHE E’ INUMATA A TERRA DAL 20-10-2009,PER TUMULARLA IN CIMITERI ADIBITI A TUMULAZIONE ,QUEST’ULTIMA MI HA RIFERITO CHE LE ESUMAZIONI NON SONO POSSIBILI PRIMA DEL MESE DI OTTOBRE.
    GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE
    POZZUOLI ,30-06-2010

  4. Sì, a livello nazionale valgono le disposizioni del capo XVII DPR 10 settembre 1990 n.285.

    Ovviamente, per la normazione di dettaglio bisogna attenersi al dettato del Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria obbligatorio per ogni comune anche ai sensi dell’Art. 9 Legge Regionale Campania 24 novembre 2001, n. 12.

    Le istruzioni operative cui attenersi saranno quelle dell’ordinanza sindacale con cui si disciplinano esumazioni ed estumulazioni.

    Occorrono:

    1) Istanza in bollo da parte degli interessati a richiedere l’operazione.
    2) Acquisizione agli atti di eventuale nulla osta da parte dell’autorità sanitaria.
    3) Preventiva verifica dello Jus Sepulchri (perchè il cadavere viene esumato? Chi richiede ciò ne ha davvero diritto in base al principio di poziorità ex Art. 79 comma 2 DPR n.10 settembre 1990 n.285? C’è contrasto con la volontà del De Cuius? Dove sarà trasportato? Quale sarà la sua destinazione finale?)
    4) Rilascio dell’autorizzazione al disseppellimento ed al trasporto (se la traslazione comporta l’uscida del feretro dal perimetro del cimitero di prima sepoltura). Autorizzazione all’estumulazione ed al trasporto possono esser contestuali, ossia sussistere sullo stesso supporto cartaceo (se esse sono formate e perfezionate dallo stesso ufficio comunale, magari da quello della polizia mortuaria.
    5) Versamento all’erario comunale della corrispondente tariffa (Art. 1 comma 7bis Legge 28 febbraio 2001 n.26 ed Art. 117 decreto Legislativo n.267/2000 (essa comprende apertura della fossa, estrazione dalla stessa del cadavere, messa in sicurezza della zona interessata dallo scavo, copertura della buca, smaltimento di eventuali rifiuti ai sensi del DPR n.254/2003, eventuale presenza di personale dell’ASL).
    6) Corresponsione di eventuali diritti fissi o diritti di segreteria per l’istruzione della pratica (Legge 8.6.1962 n. 604).
    7) Fornitura ( con costo ovviamente a carico dell’utenza) di nuovo cofano idoneo, per carattersistiche costruttive, a trasporto e nuova sepoltura (o cremazione) del cadavere.
    8) L’esumazione viene calendarizzata (con avviso agli interessati ed all’impresa funebre che assicura la somministrazione del nuovo cofano ed il trasporto) ed eseguita.
    9) In base a lunghezza del trasporto ed al nuovo tipo di sepoltura prescelto il feretro viene confezionato ai sensi dell’Art. 88 DPR n.285/1990. Se il cadavere sarà tumulato occorre il doppio freretro di legno e metallo di cui all’Art. 30 DPR n.285/1990, altrimenti bastano soluzioni “tampone” (dispositivi plastici in sostituzione dello zinco ex Art. 31 DPR n.285/1990, rifascio della bara con cassone impermeabile esterno e rimovibile), capaci, cioè di garantire l’ermeticità della cassa per il tempo strettamente necessario alla sua movimentazione.

  5. ALL’ATTENZIONE DELLA REDAZIONE
    -SIG.CARLO-
    VORREI SAPERE SE IN UN CIMITERO DI POZZUOLI O NAPOLI SI RICHIEDERE UN’ESUMAZIONE STRAORDINARIA.

  6. L’ordinario turno di rotazione in campo di terra (cioè il periodo legale di
    sepoltura) è solitamente decennale (può esser esteso o compresso, con autorizzazione regionale (almeno dopo il DPCM 26 maggio 2000) ma non
    scende mai sotto i 5 anni (Art. 82 comma 3 DPR 285/1990) proprio perchè un
    cadavere per degradare a semplice ossame del tutto privo di qualunque
    rischio igienico-sanitario, impiega circa 5 o 6 anni…se tutto va bene

    Le variabili, tuttavia, sono moltissime: temperatura, umidità, porosità del terreno, acque meteoriche, consistenza della cassa (eventuale presenza della vasca metallica da “neutralizzare” ai sensi dell’Art. 75 comma 2 DPR 285/1990) effettiva biodegradabilità del cofano, eventuali trattamenti antiputrefattivi cui il cadavere sia stato sottoposto, svuotamento delle cavità corporee a seguito di autopsia, procedura di profilassi ai sensi degli Artt. 18 e 25 DPR 285/1990 a seguito di morte dovuta a morbo infettivo-diffusivo, possono incidere negativamente sui tempi della lisciviazione cadaverica, rallentano a ddirittura inibendo i processi della normale decomposizione (è il famigerato “effetto inconsunti” che porta vicino al collasso il sistema cimiteriale italiano perchè i morti, di fatto, non si scheletrizzano nell’arco del periodo legale di sepoltura richiedendo uno smaltimento ulteriore (reinumazione in campo indecomposti o diretta cremazione (Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10 e, soprattutto Art. 3 Commi 5 e 6 DPR 15 luglio 2003 n. 254).

    L’esumazione strapordinaria, proprio perchè evento del tutto eccezionale ed,
    in qualche misura anomalo (pur sempre possibile con le dovute cautele, come
    recita l’Art. 116 comma 2 Decreto Legislativo 27 luglio 1989 n. 271) è
    sempre sottoposta a preventiva autorizzazione comunale ed è disciplinata in
    primis dal regolamento comunale di polizia mortuaria e poi per i dettagli
    operativi dall’ordinanza del sindaco ex Art. 82 comma 4 DPR 285/1990, di
    solito emanata di concerto con la locale ASL, molte volte anche, per
    economicità gestionale, così evitare ogni volta la presenza la presenza di
    operatori sanitaria pur sempre richiesta dalla Legge (Art. 83 comma 3 DPR
    285/1990.

    In particolari contesti di gravità e pericolo il Sindaco in qualità di
    Autorità Sanitaria Locale (Legge 833/1978, Decreto Legislativo 112/1998,
    Decreto Legislativo 267/2000) ai sensi dell’Art. 54 comma 2 Decreto
    Legislativo n. 267/2000 può adottare ordinanze contingibili ed urgenti anche
    in deroga alle disposizioni generali contenute nella normativa di polizia
    mortuaria (DPR 285/1990 e Regolamento Comunale di cui sin dal Regio Decreto
    8 giugno 1865 n. 2322 ogni comune deve necessariamente dotarsi, soprattutto
    dopo la nuova formulazione dell’Art. 117 comma 6 III periodo Cost, stabilita
    dalla Legge di Revisione Costituzionale n.3/2001. La polizia mortuaria è di
    competenza comunale perchè del comune è la funzione cimiteriale ed il
    servizio cimiteriale è pubblico, seppur a titolo oneroso ex Art. comma 7 bis
    Legge 28 febbraio 2001 n. 26, non tanto per previsione di legge ordinaria
    (senza dimenticare, tra l’altro Artt 7 e 13 Decreto Legislativo 267/2000,
    Artt. 337, 343 e 394 Regio Decreto n.1265/1934, Art. 824 Codice Civile, Art.
    49 e seg. DPR 285/1990, D.M. 28 maggio 1993…) ma per norma di rango
    costituzionale: Art. 117 comma 6 III periodo Cost.

    L’esumazione straordinaria proprio perchè “viola” il diritto dei morti a
    riposare in pace (principio quasi metagiuridico della stabilità delle
    sepolture) non può esser arbitraria, dettata dal capriccio
    (l’autorizzazione, in questo senso, assieme ad un’accorta politica
    tariffaria, è anche una sorta di filtro, per disincentivare pretese assurde
    della cittadinanza). Per dissotterrare un feretro occorre dimostrare prima
    quale sarà la sua nuova destinazione ovviamente legale, in quanto autorizzata dalla Legge, Artt. 340, 342 e 343 Regio Decreto n. 1265/1934), deve esser quindi provato lo Jus Sepulchri che si sostanzia come un atto di disposizione sul cadavere, in termini di pratica funebre e di pietas, ovviamente da parte di chi ne sia legittimato, secondo principio di poziorità, ex Art. 79 comma 2 DPR 285/1990).

    Un cadavere può, dunque, esser esumato per indagini della Magistratura, ai sensi dell’ Art. 116 comma 2 Decreto Legislativo 27 luglio 1989 n. 271, per il trasferimento ad altra sistemazione (tomba privata data in concessione, trasporto in altro cimitero o in altro comune, trasporto verso L’Estero) o per esser cremato ex Art. 83 comma 1 DPR 285/1990.

    Non sono ammesse esumazioni per altri motivi (desiderio di vedere il defunto, morbosa curiosità, indagini private…atti di necrofilia. Qui addirittura si sconfinerebbe nel Penale!!!!!).

    In rapporto a nuova modalità di sepoltura (o cremazione) durata e tipo di trasporto, il feretro dovrà esser confezionato in modo da risultare impermeabile ai miasmi postmortali (gas o percolazioni cadaveriche) anche ricorrendo al cosiddetto “rifascio” con nastro metallico di cui all’Art. 88 DPR 285/1990. In alternativa (per esempio se il feretro sarà reinumato o cremato) è sempre possibile abbinare alla cassa di solo legno di cui all’Art. 75 DPR 285/1990 (o, come extrema ratio anche di cellulosa ex D.M. 12 aprile 2007) un dispositivo plastico sostitutivo della cassa di zinco ex Art. 31 DPR 285/1990, implementato poi da D.M. 9 febbraio 2007 e D.M. 28 giugno 2007, altrimente, negli altri casi (trasporto internazionale, tumulazione, infetti da reinumare è d’obbligo il doppio feretro di legno e lamiera a tenuta stagna di cui all’Art. 30 DPR 285/1990.).

    In Italia, almeno per adesso, la tanatoprassi è vietata, perchè essa configurerebbe la fattispecie di reato di cui all’Art. 410 Codice Penale e la Legge Penale è solo Statale (e non anche regionale) ai sensi dell’Art. 117 lettera l9 Cost.) Il problema, quindi, non si pone.

    Ragionando per assurdo un intervento di tanatoprassi ha senso solo se effettuato nell’immediato post mortem, proprio per arrestare, magari solo temporaneamente, la decomposizione del cadavere.

    Dopo 6 mesi dal decesso, (se non ricadono le condizioni estreme che conducono a mummificazione o adipocera) i tessuti (le famose “parti molli” di cui alla Circ.Min. n.10/1998) ossia pelle, tegumenti, organi interni sono senz’altro presenti, ma subiscono pesantemente l’aggressione della putredine (fase enfisematosa, fase colliquativa) e cominciano a disfarsi, producendo liquami fetidi e gas…non è proprio un bello spettacolo.

  7. GENTILE SIG.CARLO NEL RINGRAZIARLA DELLE SUE RISPOSTE CHE MI SONO STATE DI VALIDISSIMO AIUTO PER RISOLVERE ALCUNI MIEI DUBBI,LE VORREI CHIEDERE SE TRASCORSI 6 MESI DALL’INUMAZIONE A TERRA ,QUALORA RICHIEDO UNA ESUMAZIONE STRAORDINARIA PER POI TUMULARE IL CADAVERE DI MAMMA LO TROVO ANCORA RICOPERTO DI TESSUTI,CIOE’SE NON E’ INIZIATA ANCORA LA FASE DI RIDUZIONE SCHELETRICA.
    INOLTRE DESIDERO SAPERE SE LA TANATOPRASSI DOPO 6 MESI E’ ANCORA PRATICABILE.
    GRAZIE E MI SCUSO SE LE HO CHIESTO ANCORA SPIEGAZIONI IN MERITO,MA TROVO LE SUE RISPOSTE MOLTO MITICOLOSE E QUINDI MI FIDO DAVVERO.
    SALUTI

  8. X Carlo (mio ononimo; dopo tutto, come dicevano i Latini, “In nomen omen”, oosia nel nome si riconosce un destino, nel caso mio, almeno, trattasi della professione necroforica.)

    La materia cimiteriale (gestione del servizio, assicurazione istituzionale dello stesso, disciplina dell’accesso ai servizi cimiteriali, tariffazione ex Art. 1 comma 7bis legge 28 febbraio 2001 n. 26, fissazione dei canoni di concessione e dei costi per la cremazione ex D.M 1 luglio 2002….) attiene alla potestà regolamentativa del comune non tanto ex Artt. 7 e 13 Decreto Legislativo n. 267/2000 (il quale è, pur sempre Legge ordinaria) quanto per previsione dell’Art. 117 comma 6 III periodo Cost., ossia della più alta e suprema fonte del diritto nell’Ordinamento Italiano, così come riformulata dalla Legge di Revisione Costituzionale n. 3/2001.

    A livello nazionale, in modo piuttosto scarno e lacunoso, quale norma formale e positiva, opera il solo Art. 63 DPR 10 settembre 1990 n. 285, ed esso rinvia direttamente al regolamento comunale di polizia mortuaria, di cui ogni comune deve necessariamente disporre ai sensi del Regio Decreto 8 giugno 1865 n. 2322, di un proprio regolamento municipale di polizia mortuaria (dapprima anche accorpato con il regolamento di igiene e poi del tutto autonomo, almeno a far data dal 1874.

    Il Regolamento comunale di polizia mortuaria opera, su di un piano di pari ordinazione (art. 117, 6, III periodo Cost.) rispetto al DPR 285/1990, ovviamente per le parti non regolate da questo.
    O, meglio, i due livelli regolamentari operano in ambiti differenti e non sovrapponibili.

    Un’altra fonte tecnico-normativa di paritaria importanza nel governo del sistema cimiteriale e nella programmazione degli spazi sepolcrali è il piano regolatore cimiteriale (anche se in modo non esaustivo si veda l’Art. 54 e l’Art. 91 DPR 285/1990).

    Se ed in quanto contemplate da regolamento comunale di polizia mortuaria e piano regolatore cimiteriale altre norme, di carattere amministrativo e gestionale, possono esser adottate con atti di vario tipo (ordinanza sindacale, o meglio ancora dirigenziale Ex Art. 107 comma 3 lettera f) Decreto Legislativo n. 267/2000, disposizione del Sindaco in quanto Autorità Locale che sovrintende, nel Comune, al sistema cimiteriale (Art. 51 DPR 285/1990), in quanto (sembra una tautologia…ma è proprio così) la polizia mortuaria è strutturata su base comunale (Artt. 337, 343 e 394 R.D. 1265/1937 ed art. 51 D.P.R. 285/1990), già dai primi atti dello Stato Italiano (postunitario). Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265 e Regio Decreto 8 giugno 1865 n. 2322, mentre il primo regolamento nazionale di polizia mortuaria risale al 1892, poi novellato dal Regio Decreto 1880/1942, a sua volta abrogato dal successivo DPR n. 803/1975 riformato con il definitivo (almeno per ora) DPR n. 285/1990.

    Nel frattempo sull’onda dell’agognato federalismo è stata approvata la modifica al Titolo V Cost, attraverso la Legge Costituzionale n. 3/2001 ed essa, dopo altri interventi legislativi (esempio Decreto Legioslativo n.112/1998 con relativi provvedimenti attuativi, come DPCM 26 maggio 2000) ha inciso profondamente sull’assetto della polizia mortuaria, individuando una competenza anche a livello regionale., la quale, seppur con il concreto rischio di frammentazione normativa, ha permesso una disciplina molto più puntuale, meticolosa ed intrusiva sull’erogazione dei servizi funerari.

    Invero ci sono alcune sentenze del giudice amministrativo (Consiglio di Stato, TAR L’Aquila, TAR Lazio, TAR Liguria, TAR Lombardia) è stata sancita l’assoluta illegittimità degli interventi diretti o indiretti dei Comuni o di altri organismi pubblici o privati per la standardizzazione dei monumenti e delle lapidi cimiteriali, nonché l’assegnazione di appalti con il medesimo intendimento. Nel nostro Ordinamento Giuridico, però, vige questo principio di civil law: una sentenza fa stato solo tra le parte (Art. 2909 Codice Civile) diversamente da quanto accade nel diritto anglosassone.

  9. x Salvatore Pascale
    Una bara ha un costo molto variabile.
    La meno costosa, di legno regolamentare, può costare circa 200 euro + IVA a chi la compra (impresario funebre). Poi l’impresario funebre la rivende con un ricarico variabile, ma ordinariamente mai menop del 100%.

  10. Oddio, di solito, questa almeno è la linea editoriale della redazione sino ad oggi ,non si forniscono volutamente informazioni di carattere commerciale, anche per non incorrere negli strali delle imprese e dei costruttori, in quanto il mercato dei servizi funerari è molto articolato, nella sua complessità territoriale (usi, costumi, tradizioni locali, potere d’acquisto delle famiglie…).

    Tra l’altro parlare di soli costi, in modo avulso da tutto il contesto rischia persino di esser fuorviante.

    La cassa deve garantire, per Legge, determinate caratteristiche tecniche ben precise (resistenza meccanica, impermeabilità se richiesta, biodegradabilità…). A livello nazionale (Lombardia esclusa) i requisiti sono dettati da: Artt. 30, 31, 75 DPR 10 settembre 1990 n. 285, gli Artt. 31 e 75 comma 3 sono poi implementati dai relativi decreti ministeriali di autorizzazione (D.M. 9 febbraio 2007, D.M. 12 aprile 2007, D.M. 28 giugno 2007).

    Di solito, almeno nella percezione del cittadino/consumatore la bara di solo legno (tutti i feretri debbono esser composti da almeno una cassa di legno, eccetto i casi disciplinati dal D.M. 21 aprile 2007 e dalla risoluzione ministeriale p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004) ha un prezzo inferiore perchè, innanzi tutto, priva del nastro metallico interno o esterno (controcassa di zinco).

    Il cofano funebre assolve diverse funzioni, anche rituali, il trasporto del cadavere in primis, ma poi anche il contenimento dello stesso per il periodo successivo al funerale (esempio: traslazione o raccolta dei resti ossei), l’occultamento del defunto e delle sue orrende trasformazioni postmortali allo sguardo sgomento di dolenti e visitatori del cimitero, la neutralizzazione del percolato cadaverico e dei suoi miasmi (come avviene nella tumulazione grazie a cassa metallica, strato assorbente posto nell’intercapedine tra i due cofani, valvola depuratrice…).

    Una bara di solo legno, è indicata per inumazione e cremazione, anche se, ad onor del vero, il confezionamento del feretro dipende anche da 1) lunghezza e tempi del trasporto, 2) causa del decesso (esempio. morte per malattia infettivo-diffusiva) essa, allora, deve esser facilmente biodegradabile e combustibile (Art. 75 comma 1 DPR 285/1990, e soprattutto, paragrafo 9.2 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24 proprio perchè esso, pur non essendo fonte del diritto, in senso stretto, è esplicativo dello spirito, della “ratio”, ossia del senso più profondo della norma formale enunciata dal DPR 285/1990.

    La cassa di solo legno proprio perchè deve decomporsi in tempi tutto sommato ravvicinati (pari almeno al turno di rotazione in campo di terra, solitamente di durata decennale) o bruciare nel ciclo di cremazione (circa 90 minuti di esposizione ad una temperatura di 850 gradi centigradi) è realizzata con tavole dagli spessori più sottili e con essenze lignee dolci, tenere, quasi…friabili.

    Di sicuro si tratta di legni meno pregiati, quindi anche più economici.

    Qui si ferma il ragionamento arido e spietato del semplice necroforo (che poi sarei io) e parallelamente si apre la riflessione sull’aspetto antropologico e “liturgico” della cassa funebre.

    La scelta della bara rappresenta pur sempre un atto di consumo, la cassa è un articolo, un oggetto funerario di rilevanza economica, proprio perchè lo si paga, in quanto ha un prezzo (anche se sembra un’ovvia tautologia).

    Sulla formazione del prezzo finale concorrono anche alcune voci secondarie, come, ad esempio, gli accessori: maniglie (meglio se “portanti” come specificato dalla Regione Lombardia con l’allegato 3 Reg. Reg. n.6/2004), simboli religiosi, fodera interna con cuscino (di solito in raso, ma a volte anche in tessuto più prezioso e riccamente lavorato), velo funebre (è l’equivalente del sudario, anche se nasce con un fine molto più pratico, ossia impedire agli insetti il diretto contatto con la salma durante la veglia e l’esposizione del defunto a “cassa aperta”), viteria, eventuali dispositivi igienico sanitari come: polvere enzimatica per asciugare le eventuali percolazioni cadaveriche e filtrarne gli odori sgradevoli, dispositivi a tenuta stagna sostitutivi della lamiera di zinco per feretri da destinare a inumazione o cremazione (Art. 31 DPR 285/1990), ovviamente per funerali e sepolture (cremazione compresa) svolgentisi entro i confini nazionali, altrimenti prevarrebbero pur sempre le norme speciali di diritto internazionale in materia funeraria (una su tutte, senza la pretesa di esser esaustivi: Convenzione di Berlino del 10 febbraio 1937).

    Ora, dopo questa lunga e verbosa prolusione giungiamo al paradosso: se la bara da strumento operativo, in termini di polizia mortuaria, per “Noi Beccamorti Sporchi e Cattivi, nonchè… Perversi” indispensabile per movimentazione e sepoltura, o ignizione dei morti diventa una sorta di “arca esequiale”, con cui celebrare le virtù civili e religiose del de cuius, tutto cambia, radicalmente!

    Anche la cassa costruttivamente più semplice e sobria può diventare un’opera d’arte. immaginiamo, ad esempio, una cassa mortuaria realizzata nemmeno in legno, ma con pannelli in cellulosa (D.M. 12 aprile 2007) o addirittura in vimini (in alcune Regioni potrebbe anche esser possibile), ma istoriata da un valente pittore con le scene fedelmente tratte dal Nuovo Testamento: Il Calvario del Venerdì Santo, La Santa Pasqua di Resurrezione, L’Ascesa al Cielo, L’assunzione…

    Il valore risiede nel legno, nel corpus mecanicum, o nella creatività dell’artista?

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