Le esumazioni straordinarie

DSCF0836L’art. 83 DPR 10 settembre 1990, n. 285 annovera tra le proprie fattispecie la possibilità di esumazione prima del prescritto turno di rotazione, normalmente di durata decennale.

In effetti anche se con il D.P.C.M 26 maggio 2000 le autorizzazioni per abbreviare o dilatare la durata del turno di rotazione sono state trasferite in capo alle regioni ed in molte realtà locali ai comuni, per effetto di un ulteriore processo di decentramento amministrativo all’interno del sistema normativo (1) del DPR 285/1990 il periodo minimo di sepoltura legale nelle quadre d’inumazione è sempre e solo di 5 anni (Art. 82 comma 3).

Oggi dopo il DPCM 26 maggio 2000 l’autorizzazione a ridurre il turno di rotazione in campo comune è stato trasferito alle regioni e molte di questehanno conferito tale potere al sindaco in qualità di Autorità Sanitaria Locale (ex Legge 833/1978, Decreto Legislativo 112/1998 e Decreto Legislativo 267/2000). lo stesso Ministero della Sanità ha riconosciuto che data la natura del fenomeno conservativo-trasormativo a carico dei cadaveri spesso il prolungamento del tempo di inumazione non servirebbe ad altro che a rendere indisponibili ulteriormente fosse per successive inumazioni”.Si rimanda alla relazione svolta dal Dr. Leonardo Toti. Direttore dei servizi di igiene pubblica del Ministero della Sanità (ANTIGONE 3/91 pag. 12 e segg.) ed agli articoli di Massimo Massellani e Giovanni Pierucci (ANTIGONE 4/91).

Laddove il periodo legale di sepoltura in fossa comune sia stato compresso a 5 anni ( 5 anni sono il minimo consentito dallo stesso DPR 285/1990) le esumazioni dopo 5 o più anni di permanenza del cadavere nella fossa sono da considerarsi ordinarie.

Esse, allora, ai sensi dell’Art. 82 DPR 285/1990 sono regolate con ordinanza del sindaco.

E’ questa ordinanza, sentito anche il parere dell’autorità sanitaria, a definire un protocollo operativo per valutare lo stato di mineralizzazione
dei resti disseppelliti per la loro riduzione in cassetta ossario ex Art. 85 comma 1 DPR 285/1990.

Di solito, con ordine di servizio, si individua nel necroforo caposquadra il soggetto titolato a decidere nei casi dubbi di incompleta sheletrizzazione, e gli eventuali avanzi umani rinvenuti non sono cadaveri (o parti di essi) ma solo resti mortali (ex Art. 3 comma 1 lettera b) DPR 15 luglio 2003 n. 254) oppure semplice ossame.

Per gli indecomposti dopo l’emanazione circolare del Min. Sanità n. 10/1998, ordinariamente i tempi di reinumazione sono “stabiliti” in 5 anni se non si fa uso di sostanze biodegradanti ed in 2 anni se se ne fa uso. Detti limiti minimi sono derogabili in caso di comprovata capacità scheletrizzante accelerata in analogia con l’Art. 82 comma 3 DPR 285/1990 Cosicché se regolamento comunale od ordinanza non dispongono diversamente, ora basta la circolare 10/98 a stabilire questi parametri cronologici. In caso contrario gli strumenti normativi debbono esser adeguati, senza dimenticare l’omologazione del regolamento comunale ex Art. 345 del RD 27 luglio 1934, n.1265 (almeno per le parti dello stesso di pertinenza statuale).

Spesso in occasione delle esumazioni ordinarie, sotto il primo strato di sepolture, si rinvengono altre casse più antiche. In alcuni casi si tratta di resti, in altri di cadaveri non completamente mineralizzati cui non è possibile attribuire una identità.

In passato era abbastanza usuale non procedere a raccogliere integralmente i resti mortali al momento della esumazione, sia perché tali operazioni venivano eseguite con vanga (mentre oggi si può usare un escavatore), sia perché era invalso l’uso di risolvere il problema degli inconsunti lasciandoli semplicemente sotto, sperando che la permanenza sottoterra determinasse una trasformazione in ossa.

Di tale situazione deve essere fatta segnalazione all’A.S.L., essa, infatti ai sensi dell’art. 51 D.P.R. 285/90, controlla il funzionamento dei cimiteri, o comunque mantiene un funzione di supervisione e consulenza sull’attività cimiteriale anche laddove, in forzaa di un provvedimento regionale, il comune le sia subentrato in questo compito perché questo fatto così scabroso, forse, non è un segno di un modo di lavorare passato non corretto, bensì un sintomo di una incapacità del terreno cimiteriale a mineralizzare.

Per i cadaveri inumati in campetti dati in concessione (ex Art. 90 commi 2 e 3), trattandosi di una sepoltura privata al pari della tumulazione, esumazione ordinaria al pari dell’estumulazione ordinaria dovrebbe collocarsi temporalmente alla fine del lasso temporale considerato nell’atto di concessione, ossia quando la concessione stessa si estingua per effetto di scadenza.

Tuttavia, sempre ragionando in via analogica dopo l’emanazione del DPR 15 luglio 2003 n. 254 sono ordinarie anche le esumazioni cui si dia luogo dopo il periodo di sepoltura legale (10 anni se non diversamente prolungato o abbreviato ex Art. 82 commi 2 e 3 DPR 285/1990). La grande novità del DPR n. 254/2003 è proprio l’introduzione di un criterio standardizzato e basato su di una definizione amministrativa per la distinzione tra cadaveri e resti mortali con relativa metodologia di smaltimento.

A rilevare, quindi è il periodo legale di sepoltura (anche se come somma di più momenti trascorsi in due o più tombe ad interro) e non la durata della concessione, questo discrimen è fondamentale per le tumulazioni (le quali traggono la loro ragion d’essere solo ed esclusivamente da un rapporto concessorio tra il comune, quale ente concedente ed il fondatore del sepolcro), mentre riesce quasi residuale per le inumazioni, siccome nell’ordinamento italiano l’inumazione è quasi sempre sinonimo di interro in campo comune (ex Art. 49 DPR 285/1990) dove il titolo di accoglimento a contenuto privatistico è incardinato non sullo Jus Sepulchri sibi familiaeque suae statuito dall’Art. 91 comma 1 DPR 285/1990, ma sul ricorrere delle circostanze effettuali di cui alle lettere a), b), d) e) dell’Art. 50 DPR 285/1990.

C’è un caso invero particolare sul quale la dottrina ancora si arrovella: è possibile inumare un feretro in una tomba ad inumazione oggetto di concessione cimiteriale la cui durata residua non riesca a coprire il periodo legale di sepoltura?

Se è consentito il rinnovo “in itinere” ex Art. 92 comma 1 DPR 285/1990 il problema non si porrebbe perché i 10 anni di permanenza nella fossa sarebbero comunque garantiti, altrimenti dovremmo ipotizzare un’esumazione straordinaria per trasferire il feretro in campo di terra o in altra sepoltura dedicata (compresa l’eventualità di cremazione con il pieno rispetto della procedura aggravata ai sensi dell’Art. 79 DPR 285/1990, o dell’Art. 3 Legge 130/2001… laddove applicabile).

Molto dipende dalle clausole contenute nell’atto di concessione con le quali si disciplina nel dettaglio l’accesso al sepolcro, anche con soluzioni migliorative rispetto allo scarno disposto dell’Art. 93 comma che sembra porre solo un limite di ordine fisico (la naturale capienza della tomba) e non cronologico. Si è tuttavia di questa opinione: come nelle tumulazioni il diritto d’uso si esercita attraverso lo jure sanguinis sino all’ultimo istante utile, se ovviamente il regolamento comunale di polizia mortuaria non stabilisce diversamente introducendo, in qualche modo, una irreggimentazione dello Jus sepulcrhi legata all’economia di gestione nell’attività cimiteriale.

26forenL’operazione cimiteriale volta all’apertura della tomba per dissotterrare il feretro è definita comunemente anche come esumazione straordinaria ed è prevista in due casi: l’uno è quello della disposizione dell’Autorità Giudiziaria per fini di giustizia, ai sensi dell’ Art. 116, comma 2 decreto legislativo n,271 del 28 luglio 1989; l’altro, demandato alla potestà dell’autorità comunale, si verifica quando sia richiesto il trasporto in altra sepoltura (fuori o all’interno del recinto cimiteriale di prima sepoltura a sistema di tumulazione oppure inumazione) o con la finalità della cremazione. L’esumazione non è consentita per altri scopi (indagini private, desideerio di rivedere il cadavere, curiosità morbosa…)

Detta separazione di ruoli assieme alla piena titolarità del comune sulle funzioni di polizia cimiteriale è stata ribadita anche dalla giurisprudenza: T.A.R. Emilia Romagna, 10 febbraio 1985 n. 317: “Il potere dell’Autorità giudiziaria di esumare o estumulare salme al fine di reperimento prove o tracce di reato, non esclude il potere del Sindaco di ordinare, nell’esercizio dell’attività di polizia mortuaria e di autotutela dei diritti dell’Ente che rappresenta, l’esumazione e l’estumulazione di salme, nonché di applicare le sanzioni previste dal D.P.R. 803/1975 e dal T.U. 27.7.1934, n. 1265. La durata posta in 10 anni per il periodo ordinario delle esumazioni non può vincolare i poteri di polizia mortuaria soprattutto se si tratta di salme inumate abusivamente”.

Per dar luogo al disseppellimento del feretro devono presentarsi queste condizioni strutturali:

Consenso degli aventi diritto a disporre del cadavere del de cuius, o in alternativa Provvedimento della magistratura

  • Assenza di volontà de de cuius contraria all’esumazione (Potrebbe esser il caso di una sepoltura privata, data in concessione, costituita non da un colombario, ma da un semplice quadra di inumazione riservata ai membri di una particolare famiglia).
  • Titolo di trasferimento del cadavere verso una nuovo sepolcro o l’ara crematoria (Occorrono quindi le autorizzazioni al seppellimento in altra tomba, o alla cremazione ed il decreto di trasporto se la nuova sepoltura è collocata fuori del cimitero, altrimenti basta l’annotazione sui registri cimiteriali).
  • Esclusione di morte dovuta a malattia infettivo-diffusiva se l’esumazione avviene prima dei due anni dalla morte e non è ordinata dall’autorità giudiziaria. (Occorre, ai sensi dell’Art. 84 lettera b) una dichiarazione ufficiale dell’autorità sanitaria che attesti la non pericolosità dell’operazione cimiteriale per la salute pubblica. Invero alcune regioni disapplicano questo divieto (esempio: Emilia Romagna Art 12 L.R. 29 luglio 2004 n. 19)

A bordo fossa durante lo scavo dovrà esser presente anche l’addetto al servizio di custodia per redigere apposito verbale con conseguente annotazione nei registri cimiteriali e verificare la collocazione della tomba, nonché l’identità del cadavere anche attraverso il cippo di cui all’Art. 70 DPR 285/1990

La partecipazione al pietoso intervento da parte dei famigliari del de cuius, i quali assisterebbero quali attoniti spettatori deve esser attentamente valutata sotto il profilo della sicurezza ed anche dell’emotività (scene piuttosto crude possono ingenerare nelle persone più sensibili stati di alterazione psicologica)

C’è poi un ulteriore vincolo da rispettare: fatti salvi i poteri dell’Autorità Giudiziaria non si può dar luogo ad esumazioni straordinarie nei mesi compresi tra maggio è settembre

La domanda di esumazione straordinaria dovrà esser corredata con atti e documenti che consentano di valutare la sussistenza dei presupposti positivi di cui sopra.

L’autorità comunale, se l’istanza rispetta tutti i requisiti formali e sostanziali non può arbitrariamente denegare l’autorizzazione all’esumazione straordinaria (È comunque possibile e opportuno che vengano regolate le esumazioni e le estumulazioni (tutte) con ordinanza del sindaco. Con tale ordinanza si possono determinare, in funzione dei luoghi (ad es. in montagna il problema non si pone) sia gli orari che i giorni di intervento, ma anche inibire le operazioni in determinati periodi caldi.

Com’è ovvio l’ordine di eseguire l’esumazione straordinaria impartito dall’autorità giudiziaria si colloca, gerarchicamente, in posizione prodromica, rispetto alla formale autorizzazione rilasciata dal comune che, tuttavia, è pur sempre necessaria per perfezionare tutto l’iter procedurale.

Il DPR 285/1990 delinea nel proprio articolato attribuzioni ad organi dei comuni pensate secondo le logiche presenti nel TULCP, solo che (perfino prima della sua emanazione, oltre che dell’entrata in vigore) era entrata in vigore la L. 142/1990 (oggi, TU di cui al D. Lgs. 267/2000) che ha modificato, e profondamente, le attribuzioni degli organi (oltretutto qualificando organi soggetti che prima non lo erano (dirigenti, segretario comunali (in riferimento all’art. 52 L. 142/1990; oggi vi è stato qualche mutamento anche sotto questo versante), organi di revisione contabile)).

Da questa discrasia deriva l’esigenza (purtroppo) di valutare le norme del DPR 285/1990 che individuano funzioni di questo o quell’organo comunale (si pensi all’art. 78, u.c. che fa riferimento al cons.comunale per una competenza che non rientra certo nell’art. 32 L. 142, oggi art. 42 SD.Lgs. 267/2000) tenendo conto della gerarchia delle fonti, dove il D. Lgs. 267/2000 (oggi) prevale nettamente, in quanto norma di rango primario, sulle norme del DPR 285/1990, norme di rango secondario.

Le disposizioni dell’art. 82 DPR 285/1990 rientrano chiaramente tra le attribuzioni ed i compiti di cui all’art. 107, 3 D. Lgs. 267/2000 (ricordando anche l’art. 107, 4 D. Lgs. medesimo).

Oggetto dell’ esumazione straordinaria, naturalmente, è sempre e solo il cadavere e non il resto mortale, proprio perché non è ancora completamente trascorso il periodo legale di sepoltura, quindi per il trasporto si dovranno osservare tutte le prescrizioni dettate in materia di trasporto cadaveri (autofunebre in regola con i requisiti dell’Art. 20, cofano in grado si assicurare il trattenimento del percolato cadaverico almeno per il tempo necessario trasporto stesso grazie all’adozione di un dispositivo impermeabilizzante…)

Anche se il DPR 10 settembre 1990, n. 285 rimanda testualmente alla figura del sindaco, per individuare l’autorità amministrativa preposta al rilascio di molti provvedimenti annoverati dal DPR 285/90, occorre ricordare che le autorizzazioni previste dal DPR 10 settembre 1990, n. 285 rientrano nelle responsabilità e nei compiti attribuiti in via esclusiva al dirigente (o chi ne assolva le funzioni, nei comuni che siano privi di figure dirigenziali) a termini dell’art. 107, commi 3 e seguenti D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (e, prima, dell’art. 51 legge 8 giugno 1990, n. 142, in vigore dal 13 giugno 1990).

È per altro opportuno segnalare l’autorizzazione concessa alla locale AUSL, affinché, se necessario, possa fornire indicazioni operative da osservare per il trasporto, ad integrazione di quanto già stabilito in via generale dal DPR 10 settembre 1990, n. 285 per il trasporto di cadaveri interno al territorio italiano (Artt. 18, 23, 24, 25, 26, 30) o diretto all’estero (Artt. 27 e 29).

L’autorizzazione è soggetta al previo pagamento della tariffa stabilita dal comune e l’istanza deve esser redatta nel rispetto delle norme fiscali, come infatti ha rilevato la Cassazione penale, Sez. II, 20 ottobre 1978 “L’esumazione dei cadaveri per la collocazione in altra sepoltura, a richiesta dei privati, deve avvenire a spese degli stessi richiedenti, se non diversamente disposto dai regolamenti di polizia mortuaria comunali”.

Oggi, dopo l’entrata in vigore della Legge n. 26 del 28 febbraio 2001, è scomparsa anche quest’ultima eventualità poiché i servizi cimiteriali sono divenuti, salvo particolari frangenti, prestazioni a titolo oneroso per l’utenza.

Prima la disciplina di riferimento per il regime tariffario delle esumazioni sarebbe stata individuabile nell’Art.106 del RD 23 dicembre 1865, n. 2701, “Approvazione della tariffa penale”,in quanto non abrogato.

XXX Tale articolo recitava testualmente: “Le spese di dissotterramento di cadaveri saranno pagate secondo la tassa fissa per gli incaricati delle inumazioni dei comuni dove vengono eseguite queste operazioni, su mandato del giudice procedente o del pretore. In mancanza di tassa speciale si osservano gli usi locali. Lo stesso si farà quando occorresse trasportare qualche cadavere da una località all’altra per eseguire la sezione o ad altra operazione relativa alla istruzione del processo”. Inoltre, ai sensi dell’art.124 del RD citato, nel caso accennato al capoverso dell’art.106, anche le spese di trasporto dei cadaveri avrebbero dovuto essere anticipate dal pubblico erario.

Bisogna comunque ricordare come il RDL 23/12/1865, n. 2701 fosse già stato abolito (dal 1/7/2002) per effetto del DPR 30/5/2002, n. 115 il quale sopprimeva la previsione secondo cui tali spese rientrassero in quelle di giustizia, l’onere dell’esumazione, ordinaria o straordinaria che sia, disposta dall’autorità giudiziaria non può, quindi, più essere imputato tra le spese di giustiziza, ripetibili tramite la cancelleria.

La conseguenza è immediatamente intuibile: l’onere grava sulla parte processuale che ha richiesto al giudice il provvedimento di esumazione o nel cui interesse la disposizione e’ stata emessa.

E’ suggeribile che i comuni siano particolarmente attenti sul punto, meglio se richiedendone il pagamento preventivo, in quanto l’omesso introito delle somme stabilite dalle tariffe comunali per tali operazioni potrebbe comportare responsabilita’ patrimoniale (art. 93 D.Lgs. 18/8/2000, n. 267).

L’atto di autorizzazione risulta autonomamente soggetto all’imposta di bollo ai sensi del DPR 26 ottobre 1972 n.642 e successive motivazioni.

Fermo restando il ragionevolissimo criterio di una ridotta mobilità dei cadaveri interrati affinché si compiano i processi di mineralizzazione alcuni regolamenti comunali permettono interventi di spostamento verso altra destinazione con precise restrizioni di natura soprattutto temporale, ad esempio esclusivamente in momenti molto ravvicinati al giorno del funerale (quindi il cadavere dovrebbe esser ancora abbastanza integro) oppure) oppure, per converso, quando si stia per compiere il turno di rotazione e s’avvicini la scadenza dell’esumazione ordinaria perché molto elevata dovrebbe esser la probabilità di rinvenire solo ossa da avviare a cremazione (ex. Circ. Min. n.10 del 31 luglio 1998) tumulazione in celletta ossario conservazione in forma promiscua ed indistinta nell’ossario comune ai sensi dell’Art. 85 commi 1 e 2.

La permanenza stabile (2) dei cadaveri nel luogo originario in cui furono deposti (3) nel giorno delle esequie, affinché si compia la scheletrizzazione è un principio implicito del nostro ordinamento nazionale di polizia mortuaria che risponde non solo a questioni igieniche (4), ma anche a problemi di natura morale, così come rilevato dalla Cassazione civile, 16 dicembre 1974 n. 4288 “Nel giudicare dell’opposizione dei parenti del defunto alla traslazione della salma di questo, ad iniziativa degli attuali aventi diritto alla scelta del sepolcro – a seguito della verificatasi necessità di immutare l’originario luogo di sepoltura – il giudice, una volta accertato che il luogo di sepoltura era stato originariamente determinato dal titolare del relativo diritto, deve valutare con oculata prudenza le giustificazioni addotte per pretendere di operare un trasferimento che comporta esumazione e ritumulazione del cadavere, posto che è avvertita dalla sensibilità degli uomini l’esigenza che le salme dei defunti non vengano, senza adeguate e gravi ragioni, trasferite da un luogo ad un altro”.

Tuttavia la stessa Cassazione civile, diversi anni dopo, l’ 11 dicembre 1987 con sentenza n. 9168 ribadì come Il diritto del coniuge rimasto in vita a traslare la salma del coniuge defunto dal luogo di sepoltura ad altro sepolcro, che è limitato solo da diversa volontà del defunto, non fosse in contrasto con la pietas verso i defunti, perché la coscienza collettiva cui tale sentimento fa riferimento, non recepisce negativamente, né disapprova la traslazione dei resti mortali per un seppellimento ritenuto ragionevolmente più idoneo e conveniente da detto coniuge superstite e dagli altri aventi diritto.

Diversi comuni hanno introdotto nei loro regolamenti restrizioni e soglie temporali piuttosto rigide per “comprimere” il pur legittimo esercizio del diritto di dis-sepoltura straordinaria, questi limiti se dotati di una loro logica e, dunque, motivati, costituiscono uno strumento di attuazione rispetto al testo del DPR 285/1990 (o dei regolamenti regionali se la regione è intervenuta con una propria legislazione parallela) perché è funzionale ad un contenimento di pratiche funebri che comportano interventi particolarmente onerosi e disagevoli per l’organizzazione cimiteriale (Un altro metodo molto efficace per arginare certe istanze piuttosto pretenziose è un’accorta politica tariffaria che spesso consente una modulazione più elastica e flessibile).

Spesso, però, gli aventi titolo secondo jure sanguinis inoltrano richiesta di trasportare gli esiti dei fenomeni cadaverici (indecomposti) in un altro comune per la sepoltura in una tomba di famiglia.

La Circolare 31 luglio 1998 n. 10 contempla in questo caso, l’inumazione in campo indecomposti o la cremazione e sembrerebbe, quindi, escludere la tumulazione in altra tomba.

In subordine si porrebbe anche la questione del trasporto, soprattutto se fuori del cimitero di prima sepoltura. Con quale veicolo provvedere?

Le esumazioni ordinarie (cioè dopo il turno ordinario di rotazione (e si dovrebbe provvedervi 10 anni + 1 giorno dopo la sepoltura), infatti, secondo logica, comporterebbero il deposito delle ossa nell’ossario comune, salvo che i familiari non facciano domanda di conservale altrimenti (Art. 85 DPR 285/1990).

La disposizione richiamata pare, invece, ipotizzare una diversa sistemazione nel medesimo cimitero, non sussistono ostacoli a tenere presente anche l’art. 88 DPR 285/1990, ossia il rifascio della bara con il nastro metallico o nei casi più estremi (cassa originaria completamente distrutta il trasferimento della spoglia in un cofano con le caratteristiche di cui all’Art. 30 e, di riflesso 77 DPR 285/1990.

Siccome, però, si tratta di resti mortali (art. 3, comma 1, lett. b) DPR 15/7/2003, n. 254), per le autorizzazioni al trasporto si veda l’art. 3, 5 DPR 254/2003.

Se i resti mortali siano destinati a tumulazione, devono comunque essere confezionati in modo idoneo alla tumulazione. Tra l’altro, se si tiene conto dell’art. 88 DPR 285/1990, va anche verificata la perfetta tenuta del feretro (legno + zinco) o, in difetto, disposto il c.d. rifascio, superfluo solo se non si rileva la presenza di parti molli con conseguente percolazione di liquami (paragrafo 3 Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10).

Non essendo i resti mortali sempre e comunque equiparabili a cadaveri potrebbero anche non essere necessari i mezzi speciali di cui all’Art. 20 DPR 285/1990.

Si tratta, tuttavia, di aspetti tecnici che chi esercita l’attività onoranze funebri ben sa e, nelle regioni in cui sussista norma che preveda un’autorizzazione all’esercizio dell’attività funebre, ciò dovrebbe valere a maggior ragione.

Articoli correlati e rinvenibili con la funzione “CERCA”:

  • La “Traslazione” nell’ordinamento italiano di polizia mortuaria
  • La ri-tumulazione
  • La rotazione dei posti feretro
  • L’iter delle estumulazioni
  • La traslazione dei resti ossei

 

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(1) Nell’Art. 20 comma 1 del regolamento regionale approvato dalla Lombardia sembra scomparire anche il limite dei 5 anni.

(2) Si veda in particolare: Corte d’appello di Palermo, 7 febbraio 1930 n. 442, “Il permesso di immettere un cadavere in una sepoltura particolare, dato da chi è il proprietario, non è revocabile dopo che l’inumazione abbia avuto luogo. E’ ammissibile la prova testimoniale per accertare il consenso dato dal proprietario alla sepoltura per tale ammissione”.

(3) Corte d’appello di Torino, 13 novembre 1931 n. 267, “È valida la trasmissione per atto tra vivi o di ultima volontà, del diritto di sepolcro su tomba particolare, con rispetto all’intangibilità dei cadaveri già tumulati e con osservanza dei regolamenti locali. Il diritto di sepolcro, spettante al privato su un’area del cimitero comunale non ha natura dominicale, ma deve considerarsi quale concessione amministrativa passibile di trasferimento ai terzi e provvista di tutela giurisdizionale”.

(4) Durante il pietoso trasferimento le “carcasse”umane con presenza di parti molli, ancorché residue, percolano ed esalano odori fetidi, di conseguenza i necrofori debbono lavorare con determinati dispositivi di sicurezza piuttosto ingombranti come stivali con suola antichiodo e puntale per prevenire schiacciamenti, guanti in maglia metallica, tute monouso, occhiali e visiere se si ravvisa il pericolo di schizzi.

Written by:

Carlo Ballotta

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58 thoughts on “Le esumazioni straordinarie

  1. con rif. a: <>

    Esiste un regolamento di polizia mortuaria che permette ai comuni di imporre una standardizzaizone delle tombe e/o dei loculi, o più in generale degli addobbi cimiteriali ?
    Nella mia zona diversi cimiteri hanno sia loculi che monumenti decennali in colore e forma identica.
    Nella mia città, 1 cimiterò ha monumenti standardizzati, l’altro monumenti liberi.
    Il comune può dedicere a sua discreazione la standardizzazione degli addobbi ?

    mi spieghereste come funziona questa modalità/decisione/imposizione?

    Grazie

  2. Il primo regolamento di polizia mortuaria, nell’evo moderno, è rappresentato dall’Editto Napoleonico di Saint Cloud (12 giugno 1804), con cui, in buona sostanza si stabiliva:

    1): sepolture individuali (abolite, quindi, furono le immonde fosse carnaie, fonte di miasmi e nauseabondi effluvi cadaverici)

    2): costruzione del cimiteri al di fuori del centro abitato. Anche oggi i campisanti sono soggetti al mantenimento di una fascia di rispetto (da ultimo Art. 28 Legge n. 166/2002), capace di separarli dal caseggiato suburbano con funzione di isolamento, proprio per ragioni igienico-sanitarie. E’quindi vietata la sepoltura dei cadaveri fuori del cimitero o, peggio ancora nelle Chiese (Art. 341 Regio Decreto n. 1265/1934) eccetto la remota, acorchè suggestiva ipotesi di tumulazione privilegiata (Art. 105 DPR 285/1990).

    3) standardizzazione delle tombe, anche in omaggio ad un certo egualitarismo giacobino, tanto caro alla Rivoluzione Francese.

    In epoca postunitaria, la legislazione italiana in tema di polizia mortuaria si articola su:

    Regio Decreto n. 448/1892, Regio Decreto n. 1265/1934, Regio Decreto 1880/1942, DPR n. 803/1975, DPR 10 settembre 1990 n. 285, il quale, poi, è il regolamento nazionale di polizia mortuaria tutt’ora vigente ed, infine, Legge n. 130/2001 recante disposizioni in tema di cremazione.

    Dobbiamo, poi, considerare come i comuni siano tenuti, già in forza del Regio Decreto 8 giugno 1865 n. 2322, ad adottare un proprio regolamento di polizia mortuaria (si veda anche l’Art. 345 Regio Decreto n. 1265/1934), in quanto i servizi funebri, necroscopici e cimiteriali sono funzione propria dei comuni, non tanto in virtù di legge ordinaria (, DPR 285/1990, D.M. 28 maggio 1993, Artt. 7 e 13 Decreto Legislativo n. 267/2000, senza, per altro mai dimenticare l’Art. 824 Codice Civile e gli Artt. 337, 343 3394 egio Decreto n. 1265/1934), ma soprattutto ai sensi dell’Art. 117 comma 6 III periodo Cost., così come novellato dallla Legge Costituzionale n. 3/2001, con cui si è addivenuti alla riforma del Titolo V Cost, in modo da introdurre in Italia una nuova forma di governo (ordinamento plurilegislativo) basata su diversi livelli decisionali, tra di loro in rapporto paratattico, (ossia di coordinazione) rispetto alle corrispettive competenze, ovvero alle potestà normative e regolamentari (ora di legislazione concorrente, ora di legislazione esclusiva, ora di regolamentazione) tra i diversi plessi ed articolazioni territoriali dello Stato Italiano dotati della capacità di emanare norme giuridiche secondo la gerarchia rigida tra le fonti del diritto configurata dal nostro ordinamento.

    Nel nostro sistema funerario (ordinamento italiano di polizia mortuaria) il fine della permanenza dei cadaveri in cimitero, sino a quando non si siano perfettamente compiuti tutti i processi della decomposizione, è proprio la mineralizzazione dei corpi ormai privi di vita, ossia la loro progressiva degradazione in ambiente controllato ed asettico, prima in resti mortali (Art. 3 comma 1 lettera b) DPR n. 254/2003), poi in ossa o ceneri, ed, in ultimo, negli elementi primi, inerti ed innocui, di cui si compone la materia biologica umana: i minerali. ” (proprio come accade nella cremazione)…”Ed in polvere ritornerai!”, così, almeno, recita il terribile monito biblico.

    A questa conclusione si giunge giusta il combinato disposto tra gli: Art. 57 commi 5 e 6, Art. 60 comma 2; Art. 67; Art. 68; Art. 71, Art. 72 comma 2; Art. 75 commi 1, 2, 9; Art. 82, Art. 85, Art. 86; Art. 87 (…seppur a contrariis), Art. 89, Art. 90 coma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285.

    I cadaveri debbono, allora, consumarsi e decomporsi quando aggrediti dalla putredine, così da render possibile, dopo il periodo legale di sepoltura, ai sensi degli Artt. 82, 85, 86, 87 [seppur… a contrariis], 89 ed 80 comma 6 DPR 10 settembre 1990 n. 285 la raccolta delle loro ossa o ceneri (se si è provveduto a cremazione, la quale, rappresenta sempre una forma di sepoltura, anche se atipica), in maniera, prima individuale, poi promiscua ed indistinta, anche per liberare spazio al fine di accogliere in cimitero nuovi defunti (è il cosiddetto principio del cimitero “a rotazione”, anche per comprimere, o, quanto meno arginare, la dilatazione incotrollata degli spazi sepolcrali).

    La Legge Italiana, ad oggi, in vigore (Regio Decreto 27 luglio 1994 n. 1265 e DPR 10 settembre 1990 n. 285 con relative circolari esplicative n. 24/1993 e n. 10/1998) prevede 4 modalità di trattamento per i cadaveri.

    1) Inumazione, anche ai sensi del’Art. 337 Regio Decreto n. 1265/1934.
    2) Tumulazione (Capo XV DPR 285/1990)
    3) Cremazione (Capo XVI DPR 25/1990 ed Art. 343 Regio Decreto n. 1265/1934)
    4) Imbalsamazione (pratica, in vero, del tutto minoritaria, sin, quando, forse, anche residuale ed èlitaria nel nostro ordinamento; i sensi degli Artt. 46 e 47 DPR n. 285/1990).

    L’inumazione in campo comune di terra (e non in area data in concessione, perchè altrimenti saremmo di fronte ad una sepoltura privata come accade per la tumulazione) per un turno di rotazione (solitamente 10 anni) è il trattamento istituzionale previsto dalla legge per i cadaveri

    Ovviamente l’imbalsamazione, è una fase intermedia e si colloca a monte rispetto alla sepoltura (o alla cremazione), perchè un cadavere è imbalsamato proprio per preservarlo dalla putredine e rendero più visibile all’esposizione rituale (la cosiddetta vegli funebre a “cassa aperta”) soprattutto se questa si protrarrà per lunghi periodi.

    I defunti imbalsamati, di solito, sono racchiusi entro teche trasparenti, reliquiari, o sarcofagi di cristallo (come accade per i Santi) proprio per esser visibili alla venerazione dei fedeli o dei visitatori.

    L’occultamento del cadavere che si ottiene con la sepoltura, siccome il defunto è murato entro una cella protetta da lastra marmorea o interrato in una buca, mal si concilia con lo scopo ultimo dell’imbalsamazione.

    In realtà, il Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria prevede anche un’ulteriore trattamento conservativo, dettato non tanto da ragioni estetiche ed ideali, ma da più concrete esigenze igienico-sanitarie: la siringazione cavitaria (Artt. 32 e 48 DPR 10 settembre 1990 n. 285).

    La siringazione cavitaria è praticata iniettando nella cavità addominale del cadavere 500 CC di formalina, così da inibire l’insorgere dei fenomeni putrefattivi (emissione di gas maleodoranti, perdita di liquidi biologici dagli orifizi, sanguinamenti, pigmentazione verdastra dei tessuti, rigonfiamento della salma…), almeno nel tempo necessario alle esequie e soprattutto al trasporto.

    La pratica, onestamente, è brutale e grossolana, soprattutto perchè non è una libera scelta, ma si tratta di un’imposizione “ope legis”, tuttavia bisogna inquadrare questo istituto nella sua autentica cornice storica.

    La polizia mortuaria (prima appannaggio quasi esclusivo della Chiesa) nasce come disciplina giuridica e scientifica ad opera dei medici igienisti molto attivi tra il ‘700 e l’800 Europeo, in particolar modo nelle zone del vecchio continente “contaminate” dall’ideologia rivoluzionaria francese, ispirata a sua volta dall’Illuminismo. Nel XIX Secolo, poi, si affermarono le correnti di pensiero laicista, razionalista ed anticlericale del Positivismo.

    Trafiggere un cadavere con una siringa caricata di formaldeide oggi rappresenta un’inutile violenza, 200 anni fa, invece, questa operazione, invero piuttosto cruda, sarebbe stata vista come un’utile e doverosa precauzione contro il rischio di contagio, perchè spesso i trasporti funebri richiedevano molto tempo, avvenivano, infatti, su carri o carrozze, su strade dissestate e con bare di fortuna molto fragili, confezionate in maniera raffazzonata. Spesso, sino a tutto il ‘700, si usava una cassa apribile su di un lato (poco più di quattro assi ed uno sportello), essa serviva solo per la Messa Funebre e per il tragitto dalla chiesa al cimitero, una volta arrivati in prossimità della fossa si estraeva il cadavere racchiuso nel solo sudario (spesso un semplice sacco cucito) e lo si lasciava cadere nello scavo, per poi cospargerlo di calce, con finalità disinfettante.

    Oggi le bare offrono garanzia di tenuta stagna impensabili per quell’epoca, grazie alla controcassa metallica saldata a fuoco (Art. 30 DPR 285/1990) e ad altri dispositivi di sicurezza come traverse, strati assorbenti, valvole depuratrici polveri enzimatiche…)

    Le esequie di Giovanni Paolo II sono state disciplinate, in modo molto dettagliato, da un protocollo denominato Costituzione Apostolica promulgato nel 1996 dallo stesso Karol Wojitila.

    Storicamente, i Papi sono sempre sottoposti prima ad autopsia, ovviamente previo esame necroscopico, (per accertare le reali cause del decesso e fugare ogni sospetto di morte violenta o, peggio ancora dovuta a delitto) poi ad eviscerazione, la quale è prodromica all’imbalsamazione, gli organi interni del Romano Pontefice denominati “precordi” venivano conservati entro preziosi contenitori (simili ai vasi canopi dell’Antico Egitto) custoditi poi nelle basiliche dell’Urbe.

    Questa consuetudine, almeno per la nostra sensibilità, così truculenta, efferata e necrofila fu, progressivamente rigettata. Già Paolo VI richiese funerali umili, quasi dimessi e… “sotto tono” rispetto al cerimoniale sfarzoso e tardo-barocco allora in auge presso la Santa Sede e gli altri successori di San Pietro sul soglio pontificio si sono progressivamente adeguati a questo clima di austerity postconciliare.

    Di solito per l’imbalsamazione, prima si asporta il sangue, poi si inocula nel comparto artero-venoso una soluzione diluita di formaldeide. Per un risultato duraturo, però, bisogna asportare anche i tessuti molli di cui si compongono le interiora (budella, fegato, cuore…)

    Se applichiamo, estensivamente, la lettera della Legge (Art. 116, comma 2 Decreto Legislativo n. 271/1989), anche quando non si ravvisino i termini per aprire un azione penale, per altro obbligaroria (Art. 3 C. P. e, a maggior ragione, Art. 112 Cost.) da parte dell’Autorità Giudiziaria, il disseppellimento del cadavere, prima che si compia il periodo legale di sepoltura (all fine del quale si dovrebbero reperire solo ossa o resti mortali, così come definiti dall’Art. 3 comma 1, lettera b) DPR 15 luglio 2003, n. 254), con le dovute cautele, e sempie in ossequio al principio, quasi metagiuridico, della stabilità delle sepoltura (“Requiescant in pace!”. recita, in latino, la celebre formula liturgica dell’Eterno Riposo) è, comunque, possibile ai sensi dell’Art. 83 DPR 285/1990 se ricorrano presupposti quali:

    1) Interessi di giustizia ( è proprio il caso dell’Art. 116 Decreto Legislativo n. 271/1989)
    2) traslazione ad altra sepoltura (inumazione in altra fossa o tumulazione in sepolcro privato entro oppure fuori il cimitero di prima sepoltura.
    3) trasporto all’Estero
    4) cremazione

    Per tutte le destinazioni, se il feretro deve uscire dal perimetro del cimitero di prima sepoltura occorreranno: a) annotazione dello spostamento nei registri cimiteriali di cui all’Art. 52 DPR 285/1990; b) autorizzazione al trasporto di cui agli Artt. 23 e seguenti DPR 285/1990, Titolo di accoglimento nella nuova sepoltura (Art. 50 DPR 285/1990), sistemazione “stagna” del feretro di cui all’Art. 88 DPR 285/1990; in caso contrario basterà registrare lo spostamento nell’archivio di cui all’Art. 52 DPR 285/1990 e provvedere alla traslazione con strumenti idonei a neutralizzare le eventuali minacce alla Salute Pubblica, dovute alle percolazioni cadaveriche.

    Prodromico e propedeutico a tutto ciò è sempre un atto di disposizione, in termini affettivi e di pietas, da parte di chi possa decidere del cadavere, jure sanguinis, ovviamente nel silenzio del de cuius, ovvero secondo i legami di consanguineità dettati dall’Art. 79 comma 2 DPR 285/1990.

    Se ci atteniamo, quindi, ad un’interpretazione molto formale del DPR 285/1990 l’istanza rivolta al Comune, nella persona del Dirigente Ex Art. 107 comma 3 lettera f) Decreto Legislativo n. 267/2000) dissotterrare (o, anche, estumulare) un feretro, così da sottoporre il cadavere ad imbalsamazione potrebbe esser respinta, per iscritto, con motivazione e con le garanzie per l’impugnazione dell’atto dinnanzi al giudice amministrativo, ex Legge n. 241/1990, proprio perchè essa confliggerebbe con i postulati generali dello stesso Ordinamento Giuridico (stabilità delle sepolture, mineralizzazione, in tempi certi, dei cadaveri, preservazione delle spoglie da gesti cruenti quando non strettamente necessari).

    Tali considerazioni valgono solo ove viga la Legge Italiana, cioè entro i partii confini, laddove intervenissero norme speciali o di diritto Internazionale (esempio: estradizione salme verso l’Estero) si dovranno seguire le disposizioni impartite dal diritto Internazionale.

    Chiedo scusa se sono stato verboso e sin anche prolisso, con i miei soliti discorsi seri ed inopportuni, ma questa, almeno per adesso, è la Legge, alla quale siamo tenuti ad obbedire.

    Post Scriptum: Già almeno tre regioni (Lombardia, Marche e Veneto) nella loro legislazione locale di polizia mortuaria hanno esplicitamente recepito la tanatoprassi, ossia una sorta di momentanea imbalsamazione, svolta non più da personale medico, ma dalla stessa impresa funebre, attraverso propri tecnici adeguatamente formati, per assicurare una temporanea conservazione delle spoglie mortali ed una decorosa presentazione estetica dei defunti, con interventi di cosmesi funeraria (tolettatura, make-up, tamponatura degli orifizi…).

    Per “sbloccare” questa “rivoluzione funeraria” occorre però una Legge Statale, siccome il Codice Penale (Art. 410 C.P.) vieta la manipolazione invasiva dei cadaveri (quando non strettamente richiesta per esigenze sanitarie o di giustizia. esempio: autopsia o riscontro diagnostico) e la Legge Penale è solamente emendabile e novellabile dalla Legge Statale (Art. 117, I Periodo, lettera i) Cost.), e non da quella Regionale.

  3. ALL’ATTENZIONE DELLA REDAZIONE
    , -SIG.CARLO-
    GENTILISSIMO SIG.CARLO LA RINGRAZIO PER LA RISPOSTA,CHE E’ STATA PRECISA E DETTAGLIATA.
    A RIGUARDO LE VORREI CHIEDERE DELLE PRECISAZIONI IN MERITO:SE LA GIURISDIZIONE PREVEDE CHE IL CADAVERE DEBBA SUBIRE IL PROCESSO DI DECOMPOSIZIONE,COME VENGONO GIUSTIFICATE LE TECNICHE DELLA CHIESA DI CONSERVAZIONE DEI CADAVERI,COME NEL CASO DI PAPA
    GIOVANNI XXIII, CHE IL PROF.GENNARO DOGLIE INTRODUSSE UNO SPECIALE LIQUIDO PER LA CONSERVAZIONE DEL CORPO.
    DESIDERO SAPERE INOLTRE,SE DOPO TEMPO POSSONO ESSERE SEMPRE APPLICATE QUESTE SOLUZIONI PER LA CONSERVAZIONE DEL CADAVERE,E SE PER ATTUARE TALI MISURE E’ AMMESSA L’ESUMAZIONE STRAORDINARIA.
    GRAZIE PASCALE SALVATORE

  4. X Salvatore.

    La domanda di esumazione straordinaria, ovviamente in marca da bollo, da inoltrare all’ufficio di polizia mortuaria territorialmente competente (ossia a quello sotto la cui giurisdizione è collocato il cimitero dove dovrebbe avvenire il disseppellimento) è senz’altro possibile, ai sensi della norma quadro nazionale (Artt. 83 ed 84 DPR 285/1990) se quest’ultimi non sono ulteriormente specificati, nella normazione di dettaglio, dettata dal regolamento comunale di polizia mortuaria di cui ogni municipalità, ex Regio Decreto 8 giugno 1865 n. 2322, deve per forza dotarsi.

    Il regolamento comunale di polizia mortuaria per le materie di propria competenza, opera su un piano di pari ordinazione rispetto al DPR 10 settembre 1990 n. 285; esso ricopre un ruolo di primaria importanza “strategica”, soprattutto dopo la Riforma del Titolo V Cost, attuata con la Legge Costituzionale n. 3/2001, siccome la potestà normativa in materia di polizia mortuaria e cimiteriale (ai termini di: Artt. 337, 343 e 394 Regio Decreto 1265/1937, Art. 824 Codice Civile, Artt. 49 e seg. DPR 285/1990) afferisce ai comuni.

    I servizi cimiteriali (con relativa disciplina), infatti, rientrano nella regolamentazione esclusiva comunale per previsione non tanto di Legge ordinaria (Art. 13 Decreto Legislativo n. 267/2000), quanto di norma sovraordinata, poichè di rango costituzionale (Art. 117, comma 6, III periodo Cost.).

    Quindi, il regolamento comunale di polizia mortuaria (sempre efficace solo dopo l’omologazione ex Art. 345 Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265), potrebbe stabilire criteri più stringenti ed intrusivi (esempio: l’esumazione straordinaria è ammissibile solo dopo un determinato periodo dall’inumazione del feretro), o addirittura a “maglie più larghe” e, così, più elastici, anche rispetto al DPR 285/1990.

    L’esumazione straordinaria è autorizzata dal comune (nella persona del Dirigente ex Art. 107, comma 3 Lettera f) Decreto Legislativo n. 267/2000).

    Debbono ricadere le seguenti condizioni:

    1) Domanda rivolta all’autorità comunale dagli aventi diritto a disporre della spoglia mortale in questione (gli aventi titolo, secondo principio di poziorità, sono individuati dall’Art. 79 DPR 285/1990, e, per estensione dagli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile). Secondo l’Art. 79 sopraccitato, ha titolo privilegiato il coniuge, se vivente, quand’anche separato, sempre che non sia stata pronunciata la sentenza di divorzio, altrimenti il diritto sorge in capo a tutti i famigliari di pari grado (è d’obbligo l’unanimità), sino al sesto grado di parentela.

    2) Assenza di disposizioni contrarie dettate dal de cuius, in merito alla sua sepoltura (se il defunto, quando era ancora in vita, richiese, per le proprie spoglie una particolare destinazione, questo desiderio va rispettato, in quanto lo Jus Eligendi Sepulchrum è un diritto personalissimo che spetta, innanzi tutto, al singolo individuo.

    3) Eventuale nulla osta da parte di Autorità Giudiziaria ed ASL

    4) Titolo di trasferimento/accoglimento verso una nuova destinazione del feretro (ulteriore sepoltura, ma in diverso loco, trasferimento all’Estero, oppure cremazione) Occorreranno, pertanto le rispettive autorizzazioni (al trasporto, ex Art. 23 DPR 285/1990 alla sepoltura, ex Art. 50 DPr 285/1990 o alla cremazione) rilasciate dal comune presso cui si trova il cimitero di prima sepoltura, anche ai sensi della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24.

    La sostituzione dell’originaria cassa con un nuovo cofano di legno e zinco (per la Legge Italiana non è ammesso, ex Art. 30 DPR 285/1990, il solo uso della cassa realizzata in lamiera) è necessaraia se:

    1) Il cadavere verrà tumulato (per la tumulazione ex rt. 77 DPR 285/1990, il cadavere deve esser racchiuso in duplice cassa, una di legno, l’altra di metallo.

    2) Il cadavere verrà trasportato all’esterno del cimitero, così, ex Art. 88 DPR 285/1990, l’autorizzazione al trasporto potrà esser accordata solo quando ASL, o personale in servizio presso il cimitero, in base alle norme regionali vigenti, abbiano constatato la perfetta tenuta del feretro, così da scongiurare la percolazione di miasmi e liquami cadaverici, durante la movimentazione della cassa.

    Se il cadavere verrà reinumato o cremato, siccome, ex Art. 75 Comma 2 DPR 285/1990 è vietato immettere nelle quadre di inumazione materiali non biodegradabili, come accade, appunto, per il metallo, mentre, parimenti, molti impianti di cremazione si rifiutano di bruciare feretri confezionati con la lamiera di zinco, si potrà ricorrere o ad un cassone esterno ed impermeabile rispetto alla cassa lignea, oppure ad un involucro di materiale plastico ad effetto “barriera” (cioè a tenuta stagna) da applicare internamente alla cassa di legno.

    Se, invece, il cadavere sarà tumulato servirà la doppia cassa di cui all’Art. 30 DPR 285/1990, con relativi dispositivi di sicurezza (valvola depuratrice, materassino assorbente, reggette….).

  5. ALL’ATTENZIONE DELLA REDAZIONE
    CORTESEMENTE VORREI SAPERE SE POSSO CHIEDERE UN’ESUMAZIONE STRAORDINARIA DI MAMMA PER SOSTITUIRE LA CASSA ATTUALE DI LEGNO,CON UNA CASSA DI ZINCO.
    DA QUANTO SONO POTIUTO VENIRE A CONOSCENZA ,IN QUALITA’ DI FIGLIO QUESTO DOVREBBE ESSERE UN MIO DIRITTO.CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA 11 DICEMBRE 1987 N. 6198.
    VORREI SAPERE SE HO INTERPRETATO BENE LA GIURISPRUDENZA IN MATERIA.GRAZIE
    NAPOLI,29-03-2010 PASCALE SALVATORE

  6. Dipende dalle disposizioni dell’Autorità Giudiziaria, lo stessso Art. 116 comma 2 del Decreto Legislativo 28 LUGLIO 1989, n. 271 raccomanda particolari cautele in questo tipo di operazioni.

  7. C’è qualcuno che può darmi un’idea di quante sono le riesumazioni ordinate dall’autorità giudiziaria (per es. in una città o in un cimitero?)
    Grazie.
    Arrigo

  8. Spesso si discute su quale fine facciano “resti nobili” come monili e gioielli indossati dalla salma al momento della sepoltura all’atto dell’esumazione. Ovviamente questi oggetti per la loro preziosità non possono essere assimilati ai “rottami metallici” di cui all’Art. 2 lettera e) punti 2 e 5 del DPR n. 254/2003, detto DPR infatti parla in termini di resti metallici di casse nonchè di simboli religiosi, piedini, ornamenti e mezzi di movimentazione della cassa (ad esempio
    maniglie). Nel silenzio della normativa statale è il regolamento comunale di polizia mortuaria a dover disciplinare la materia, anche per evitare spiacevoli furti o appropriazione indebita di materiali di valore appartenuti al de cuius. La norma potrebbe prevedere il deposito di questi reperti non tanto in discarica di cui ogni cimitero deve dotarsi ex Art. 12 comma 3 DPR 15 luglio 2003 n. 254, quanto presso l’ufficio del camposanto sede del servizio di custodia in apposita cassaforte in attesa di restituirli ai congiunti del defunto o di acquisirli al patrimonio del comune in caso di disinteresse di quest’ultimi.

  9. Una concessione già assegnata, in forma perpetua o di durata eccedente i 99 anni, mantiene tale durata: vi è giurisprudenza costante in materia. Una concessione può essere fatta decadere ad esempio per stato di abbandono, ma non è possibile ridurre la durata delle concessioni. Può anche essere revocata, ma nei soli casi previsti dalla norma locale Può infine essere rinunciata.

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