Se la decadenza risulta, in qualche modo, “riconducibile” ad un comportamento del concessionario e la revoca corrisponde all’esercizio di una potestà di ritiro in capo all’ente concedente, pur se pesantemente condizionata almeno nella stesura, molto limittiva, dell’Art. 92 comma 2 D.P.R. n.285/1990,, l’estinzione si colloca sul piano dell’oggettività, dell’esistenza di fatti privi di agente con efficienza causativa, di mere situazioni in sé sussistenti.
Volendo affrontare la questione in termini volontaristici (…ma ciò potrebbe anche essere improprio, a certe condizioni), nella decadenza la volontà consiste nell’inadempimento o nell’omissione (anche quando ciò sia inconscio o non intenzionale, come nel caso dell’inerzia o dell’abbandono ex Art. 92 comma 3 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285), nella revoca nella scelta di avvalersi della facoltà (se e quando ne sussistano le necessarie premesse), mentre nell’estinzione la volontà non entra neppure in giuoco, siccome gli accadimenti che la determinano ne prescindono.
L’estinzione è prima di tutto un fatto, un evento, che produce sulla concessione gli effetti previsti dall’ordinamento giuridico e, nella specie, dal regolamento di polizia mortuaria.
I fatti che comportato l’effetto estintivo sono più di uno:
1) scadenza della concessione;
2) soppressione dei cimitero;
3) estinzione della famiglia.
Per quanto riguarda la prima ipotesi (scadenza della concessione), si è in presenza di un fattore di cessazione degli effetti concessori connesso con la durata a tempo determinato (almeno dal 10 febbraio 1976!) che caratterizza ogni concessione cimiteriale, ma esso altro significato non ha se non dell’intervenuto esaurimento della funzione temporale per cui la concessione era sorta, cioè del fatto che ne sono venuti meno i suoi fini precipui, ossia garantire lo jus sepulchri e la stabilità della sepoltura per un certo numero di anni.
Non a caso il testo della disposizione ricorre alla formula linguistica di “naturale scadenza della concessione” (in contrapposizione allo spirare “patologico” del rapporto concessorio), proprio per evidenziarne l’esaurimento dello scopo originariamente pattuito, dovuto al il mero rivolgere delle epoche.
Tuttavia il regolamento municipale di polizia mortuaria potrebbe temperare e mitigare questo esito estintivo laddove contemplasse una possibilità di rinnovo della concessione, da intendersi sempre come costituzione di un rapporto concessorio del tutto autonomo e sganciato rispetto al precedente, anche in presenza di identità fisica dell’oggetto della nuova concessione e di assenza di interventi movimentativi su feretri, resti mortali, cassette ossario o urne cinerarie contenute nel sepolcro soggetto a nuova concessione. C’è chi, in questo caso ragiona più semplicemente – forse – di prolungamento del rapporto concessorio, questa ipotesi, però, pare riduttiva, poiché con il rinnovo le parti possono anche creare presupposti diversi, ad esempio nel titolo d’accoglimento nel sepolcro, contraendo differenti obbligazioni sinallagmatiche che potrebbero incidere pure sull’originaria Lex Sepulchri, si immagini, a tal proposito un’estensione dello Jus Sepulchri ad una nuova categoria di persone, purchè sempre famigliari se la tomba gentilizia resta di tipo famigliare, appunto, cioè sibi familiaeque suae, per il concessionario ed i di lui congiunti o anche alla variazione nella titolarità stessa della concessione, questa volta,magari, non legata al subentro mortis causa.
Da questo quadro anche il rinnovo, sempre, per altro, A TITOLO ONEROSO per il richiedente, emerge come una duplice libertà: del concessionari e – soprattutto – e dell’amministrazione cittadina di accedere consensualmente a tale istituto, se ed in quanto previsto espressamente dal regolamento comunale, cui corrisponde, come precedentemente annotato, in capo dell’Ente Pubblico concedente una sola facoltà che rappresenta, quindi, non certo un obbligo, come erroneamente – a volte – si crede, ma, appunto, un potere altamente discrezionale e da esercitarsi all’interno dei vincoli dettati dal piano regolatore cimiteriale laddove il rinnovo non pregiudichi la programmazione cimiteriale impostata nel piano e, comunque, a condizione che la concessione possa continuare ad esplicare la propria naturale funzione, anche dopo la stipula di un nuovo atto concessorio.