La concessione cimiteriale presenta sempre aspetti para-contrattuali, poiché non è mai un comune contratto di diritto privato gestibile in piena autonomia; essa, infatti, muove da una manifestazione di volontà unilaterale e concessoria da parte del Comune (l’Ente Locale PUÒ e mai necessariamente DEVE concedere sepolcri privati…memento semper!)e soggiace a particolari limitazioni e restrizioni, nel supremo interesse pubblico.
Nei confronti della Pubblica Amministrazione, infatti, tale diritto di sepolcro (in tutte le sue eclettiche prospettive ed angolazioni), sorgente appunto, dall’atto concessorio, degrada a semplice interesse legittimo nei casi quando esigenze di pubblico interesse, per la gestione del cimitero impongano alla P.A. di esercitare, ad esempio, il potere di revoca della concessione, mediante l’adozione di un apposito provvedimento ablativo.
Nel corso della concessione il privato deve rispettare tutte le norme di legge e di regolamento emanate per la disciplina, in quanto “lo jus sepulchri attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella e che soggiace all’applicazione del regolamento di polizia mortuaria. Questa disciplina si colloca ad un livello ancora più elevato di quello che contraddistingue l’interesse del concedente e soddisfa superiori interessi pubblici di ordine igienico-sanitario, oltre che edilizio e di ordine pubblico”.
Una volta costituito, il rapporto può essere disciplinato anche da una normativa entrata in vigore successivamente, diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio dello jus sepulchri, anche con riferimento alla determinazione dell’ambito soggettivo di utilizzazione del bene.
Nello specifico non è stato ritenuto pertinente “… il richiamo al principio generale dell’art. 11 delle preleggi, in materia di successione delle leggi nel tempo, dal momento che la nuova normativa comunale applicata dall’amministrazione non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, intangibilmente, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare le future vicende dei rapporti concessori, ancorché già costituiti” (consiglio di Stato, sez. V, 27 agosto 2012, n. 4608).
Per la natura di “provvedimento di durata” riferibile alla concessione, è ben possibile che i relativi rapporti, nel loro concreto ed effettivo dipanarsi nel tempo, possano essere sottoposti anche ad una disciplina diversa da quella in vigore al momento del perfezionamento del provvedimento concessorio: la normativa entrata in vigore dopo il rilascio della concessione si applica a tutti i fatti, gli atti e le situazioni verificatesi dopo la medesima entrata in vigore, oltre che agli effetti che non si siano ancora definitivamente consolidati.
Secondo altra parte della dottrina, però, l’atto di concessione (per la fattispecie concreta e particolare ex art. 1372 Cod. Civile) ed il regolamento comunale di polizia mortuaria (come parametro generale ai sensi degli artt. 1, 3 e 4 – Disposizioni sulla Legge in Generale di cui al R.D. n. 262/1942) hanno, comunque, entrambi valore normativo, ovviamente il regolamento comunale è funzionalmente sovraordinato, in quanto si colloca a monte, come premessa necessaria, in tutti i procedimenti di polizia mortuaria che interessino il Comune.
Sarebbe, allora, assai opportuno definire la relazione gerarchica tra atto di concessione e regolamento comunale, in base ad un criterio cronologico.
Eventuali riforme o cambiamenti del regolamento municipale di polizia mortuaria si applicano ex nunc (cioè da adesso in poi) solo ai nuovi rapporti di concessione, al momento del loro perfezionarsi (tempus regit actum) oppure hanno valore ex tunc (già da allora) con riflessi, al passato, sulle concessioni già poste in essere (Jus Superveniens) quando vigeva una diversa legislazione? “Lex posterior derogat priori”, dicevano i giuristi romani, tale brocardo è stato, poi, codificato nel nostro ordinamento moderno dall’art. 15 delle “Disposizioni sulla legge in generale” del Cod. Civile, siccome “la Legge non dispone se non per l’avvenire”, anche se l’assoluta irretroattività della norma è tassativamente affermata solo per la Legge Penale (Art. 25 comma 2 Cost.).
Per le concessioni cimiteriali del passato varrebbe, allora, lo Jus Superveniens solo qualora questa opzione strategica sia stata considerata esplicitamente dall’atto di concessione in primis, ed, in seconda istanza, dal regolamento comunale. In difetto di disposizioni a tal proposito, continuerebbero a valere le norme, ancorché abrogate, in vigore, però, all’atto della stipula della concessione, con una sorta di “ultrattività” (o…reviviscenza?), seppur limitata, di quest’ultime.
Secondo alcuni “tecnici” del diritto funerario se l’atto di concessione non precisa la retroattività sui suoi effetti giuridici dello Jus Superveniens, ossia delle successive novelle del regolamento comunale di polizia mortuaria, di cui si ribadisce la centralità per dirimere potenziali antinomie di questo tipo, dovrebbero valere ancora le vecchie norme, salvo una diversa, esplicita statuizione del nuovo regolamento municipale, ecco perché sia così importante inserire, in sede di sua eventuale revisione, una disposizione ad hoc di tal fatta!