Cara redazione,
quali sono i passaggi amministrativi per chiedere ed ottenere l’autorizzazione a lavori di sopraelevazione di una cappella gentilizia di cui sono titolare assieme ai miei fratelli, essi però non sono interessati né a partecipare alla spesa né, tanto meno, all’uso del sepolcro in prospettiva futura.
Come debbo comportarmi?
Le opere di manutenzione vengono svolte da chi le richiede, avendone titolo e per la quantità e la qualità richiesti.
La suddivisione in quote delle spese per il buon mantenimento della tomba e dei posti feretro è questione a cui resta estraneo il Comune e viene regolata fra gli eredi e i titolari dello jus sepulcrhi (si è volutamente distinto tra”eredi” ei “titolari” dello jus sepulchri” perchè queste due categorie potrebbero anche non coincidere o comunque essere sovrapponibili).
Non è obbligo del Comune svolgere ricerche sugli aventi titolo, a meno che non si debba procedere ad ingiungere specifiche manutenzioni o per pronunciare la decadenza della concessione ((Cass. Civ.le, Sez. Unite, 9 marzo 1981). La formulazione del consenso allargata non solo ai titolari delle quote di concessione, ma a tutti gli aventi diritto Jure sanguinis (la cui riserva di sepolcro verrebbe intaccata) è senz’altro pià garantista, ma sconta un’eccessiva farragine, anche perché quasi mai tra tutti parenti intercorrono rapporti idilliaci.
La rinuncia da parte di alcuni degli aventi titolo comporta un accrescimento delle quote dello jus sepulchri da parte dei rimanendi aventi diritto nello loro quote di jus sepulchri.
E’comunque il regolamento comunale di polizia mortuaria a stabilire modi e tempi per manifestare la volontà di rinuncia.
La retrocessione unilaterale di uno solo tra i diversi concessionari determina un effetto di accrescimento dei soggetti residuanti, siccome la concessione rimane pur sempre un oggetto indiviso in cui, probabilmente, è difficile parlare di quote siccome il suo utilizzo è prodotto dell’evento morte e non da altri fattori.
C’è, infine, un importante pronunciamento del giudice su cui meditare poiché i lavori di sopraelevazione delle cappella comporteranno necessariamente la rimozione dei feretri ivi tumulati per tutto il periodo necessario al compimento dell’opera di edilizia cimiteriale: Tribunale di Catania, 28 giugno 1997 “La destinazione di un fondo a sepolcro familiare da’ origine ad una particolare forma di comunione dove la deliberazione assembleare, avente in oggetto lavori di ristrutturazione della cappella cimiteriale, che comportano la traslazione delle salme, e, quindi, pregiudizio al rispetto dovuto alle spoglie, non può essere presa senza il consenso dei congiunti più strettamente legati da vincoli di parentela al defunto e titolari del diritto secondario di sepolcro”.
In merito al Suo quesito bisogna dapprima appurare se la concessione della cappella gentilizia da ristrutturare ed ampliare sia perpetua o meno.
Se essa, infatti, è “eterna” ossia a tempo indeterminato non vi è la necessità alcuna nuova concessione. Quella precedente, che deve essere volturata per l’intestazione (qualora sia ammissibile l’istituto del subentro); se il concessionario originario è deceduto, prosegue e continua a produrre tutti i suoi effetti giuridici.
Quindi, ai sensi dell’Art. 94 DPR 285/90 può essere autorizzata dal competente ufficio comunale la realizzazione di sopraelevazione o di abbattimento del vecchio edificio con costruzione di una nuova tomba con l’unica avvertenza di non eliminare tombe di pregio storico-artistico, protette dalla legge sulla conservazione di opere d’arte (Decreto Legislativo 9 OTTOBRE 1999 N.490) e garantire che la nuova struttura abbia almeno il numero dei posti sufficiente a seppellire i feretri contenuti in quella vecchia. Sono sottoposte al vincolo della Soprintendenza monumenti, lapidi, scritte con più di 50 anni.
Devono, poi, essere osservate le norme attualmente vigenti per le misure minime dei posti salma dettate dal paragrafo 13.2 della circolare Min. San. n. 24/93, esse si riferiscono a nuove costruzioni, qualunque esse siano, indipendentemente che si tratti di colombari realizzati in serie o tombe realizzate da privati. È però da chiarire che si tratta di indicazioni (” …. è preferibile” dice la circolare”), che devono trovare cogenza in un regolamento comunale di polizia mortuaria per essere applicate (o per dettare anche misure diverse ).
In ultima istanza, quindi,si può, così, dal corso una sopraelevazione purché essa non trascenda le misure e gli ingombri massimi consentiti dal piano regolatore cimiteriale, o, in assenza di altri criteri costruttivi, non abbia un eccessivo impatto sulla zona in cui si trova (ad es. se sono tutte tombe basse, questa non può essere l’unica alta).
Nel caso, invece, di modifica strutturale di una tomba concessa a tempo indeterminato che comporti la riduzione dei posti indicati nell’atto di concessione (ad esempio da 16 posti ad 8 per adeguamento alla normativa) occorre la novazione della concessione e, di conseguenza, la riduzione della stessa ad una durata limitata, siccome venendo a mutare il fine per cui il sepolcro è stato, a suo tempo, eretto, si dovrebbe determinare, d’ufficio, la decadenza con pronunciamento ricognitivo della stassa da parte del dirigenti (Art. 107 Decreto Legislativo 267/2000) Il condizionale si giustifica perché il mutamento radicale nel rapporto concessorio potrebbe non avvenire qualora l'”alterazione” fosse apportata nel contesto dell’art. 106 DPR 285/1990 (anche senza grandi formalizzazioni sul provvedimento di autorizzazione (oggi e dal 1/1/2001, regionale per il DPCM 26/5/2000) trattandosi di un adeguamento a norme e prescrizioni tecniche estranee ai soggetti contraenti (comune, quale concedente da un lato e concessionario dall’altro) indicati nell’atto di concessione in questo caso, l’esecuzione di opere finalizzate all’utilizzabilità del sepolcro, non producono decadenza. Gli oneri sono a carico del comune se la tomba non è ancora stata assegnata (ed è, quindi, nella piena disponibilità dell’Ente Locale), altrimenti spettano al concessionario. L’impossibilità di tumulare feretri, ma solo cassette ossario, urne cinerarie o contenitori per resti mortali deve esser specificata nell’atto di concessione, così come l’inestumulabilità dei feretri non direttamente raggiungibili prima del naturale estinguersi del rapporto concessorio.
Altro filone della dottrina ragiona in modo diverso: se la concessione e’ collegata alla realizzazione di un determinato manufatto, avente un pre-definita capacità di accoglimento, in linea di massima, sempre facendo salve le norme (se ne esistano in proposito) del Regolamento comunale anzidetto, un’eventuale modifica nel numero dei posti, anche in senso accrescitivo, magari dovuta ad una superfetazione dovrebbe avere come presupposto una nuova concessione (per la realizzazione di questi ulteriori posti), la quale avrebbe, necessariamente, durata a tempo determinato (nella misura indicata dal predetto Regolamento comunale o, in difetto, nella misura non eccedente i 99 anni), tale concessione naturalmente sarebbe a titolo oneroso, e – per altro – data la commistione creatasi, determinerebbe non pochi problemi al momento della sua scadenza, in quanto (apparentemente) il sepolcro che insiste su quel particolare lotto di terreno, potrebbe sembrare unico.
E’questo il caso di area a tempo indeterminato concessa a fianco di cappella gentilizia che sorge su superficie data in concessione perpetua. Il problema consta appunto nella discrasia tra i due regimi giuridici (tempo indeterminato VS perpetuità)
Una “sovrapposizione” di 2 distinte ed autonome concessioni sulla stessa area (o comunque zona contigua) e sull'(apparente) medesimo manufatto non e’ mai una soluzione ottimale. Per inciso si precisa come se nel tempo ad un’area originariamente concessa in forma perpetua si aggiunga un’area concessa a tempo determinato, le due aree proseguono a mantenere fermi i tempi delle originarie durate di concessione (ovviamente salvo rinnovo, che potrà o meno essere concesso dal Comune, per la parte a tempo determinato).
Esempio: Un privato può presentare istanza di ampliamento della Cappella (originariamente concessa in perpetuo in zona A), per una ulteriore zona B, ma ciò non obbliga il Comune ad accogliere tale richiesta. Ove il Comune decidesse di recepire positivamente la istanza di ampliamento, la può condizionare al verificarsi di determinate condizioni: Uno dei vincoli può essere quello che l’intestatario rinunci alla perpetuità della concessione della cappella in zona A e ne limiti la durata a 99 anni dal momento della decisione in tal senso del Comune. Ovviamente l’interessato può non concordare, ma allora il problema non sussiste, in quanto non si ha ampliamento della cappella (resta quindi la perpetuità della cappella in zona A). Se il privato interessato accetta la condizione del Comune, la parte di concessione aggiuntiva (zona B) potrà essere a 99 anni, con data unificata con l’altra trasformata (zona A) dalla originaria perpetua. Questa mi pare la soluzione più saggia e aderente al diritto (la chiamerei di unificazione nella durata temporanea). È invece impossibile la soluzione di unificazione nella perpetuità. È anche possibile la concessione 99-ennale di area in aderenza ad una perpetua. Naturalmente una parte della tomba proseguirà col regime di perpetuità e l’altra col regime della temporaneità per 99 anni. Ogni 99 anni occorre che gli aventi titolo procedano al rinnovo della sola parte interessata (se possibile in forza del regolamento comunale di polizia mortuaria). Parimenti Il comune può dal corso ad un intervento di sopraelevazione su un colombario costruito da privati su area cimiteriale data in concessione perpetua ? La dottrina più autorevole sconsiglia di procedere a tale costruzione. Le ragioni ostative sono ravvisabili nel fatto che il Comune non vanta alcun diritto sul manufatto da sopraelevare: esso, infatti, è stato realizzato a spese dei privati, su di un’area avuta in concessione perpetua. Pertanto, eventualmente, potrebbero essere i concessionari dell’area, se le condizioni statiche dell’edificio lo consentissero e se vi fosse fra loro consenso unanime, a fare istanza di sopraelevazione e, nel caso di risposta positiva da parte dell’Amministrazione, a divenire proprietari dei loculi di nuova. Si veda per maggiori dettagli Quesiti e Lettere a cura di Daniele Fogni, I Servizi Funerari n.1 anno 2002
Si può, così, dal corso una sopraelevazione purché essa non trascenda le misure e gli ingombri massimi consentiti dal piano regolatore cimiteriale, o, in assenza di altri criteri costruttivi, non abbia un eccessivo impatto sulla zona in cui si trova (ad es. se sono tutte tombe basse, questa non può essere l’unica alta).
Ovviamente deve essere dapprima effettuata la voltura (generalmente onerosa) della intestazione della vecchia concessione perpetua e si deve essere sicuro del consenso unanime dei titolari della concessione.
La legge prevede tassativamente che:
che:
a) ogni cimitero sia recintato (art. 61 D.P.R. 285/90) con un muro o altra idonea recinzione alta non meno di 2,5 metri dal piano esterno di campagna,
b) ogni cappella sia costruita sul suolo in concessione (art. 90, comma 1 D.P.R. 285/90);
c) ogni sepoltura non possa avere comunicazione diretta con l’esterno del cimitero (art. 94, comma 3 D.P.R. 285/90);
d) ogni cappella debba essere approvato preventivamente il progetto (art. 94, comma 1 D.P.R. 285/90);
e) il concessionario debba mantenere a sue spese, per tutto il tempo della concessione, in buono stato di conservazione manufatti di sua proprietà (art. 63, comma 1 del D.P.R. 285/90);
E’ da notare come l’ordine di sepoltura in posti all’interno di una tomba famigliare di cui si è contitolari di concessione, sia, salvo patti contrari notificati all’Amministrazione comunale, in relazione all’ordine cronologico di morte, insomma… “chi tardi arriva (e campa di più!!!) male alloggia”.
Comunque La costruzione o ristrutturazione di una tomba senza che vi sia stata l’approvazione del progetto da parte del sindaco (ora del dirigente ex Art. 107 Decreto Legislativo n267/2000) e della commissione edilizia come previsto dal regolamento di polizia mortuaria in vigore negli anni 1960/70, vale a dire il RD 21 dicembre 1942, n.1880, art.72, si configura come una violazione di norma regolamentare sanzionata dall’art.358 del RD 27 luglio 1934, n.1265.L’importo di tale sanzione amministrativa è stato di recente elevato dall’art.16 del D.Lgs. 22 maggio 1999, n.196 ed ha come minimo la somma di tremilioni di lire e come massimo la somma di diciottomilioni di lire convertiti in Euro con il D.Lgs. 24/6/1998, n. 213 .
A nostro parere la soluzione migliore appare quella di applicare la sanzione prevista, intimare la presentazione del progetto, poi procedere al collaudo. Non ci appare, invece, opportuno prevedere in un articolo del regolamento locale di polizia mortuaria una procedura volta al condono di situazioni illegittime.
Generalmente la questione delle distanze minime fra tombe è risolta a livello di strumenti attuativi del piano regolatore cimiteriale. In assenza di tale piano però fa fede il progetto approvato dal Comune e che non debordi dall’area concessa.
Avrei un problema nell’ampliamento di una cappella cimiteriale giè eseistente di proprietà dei miei genitori: abbiamo chiesto ed ottenuto licenza edilizia da circa un anno.Oggi dovremmo far iniziare i lavori di sopraelevazione ( in quanto quella esistente è di un piano) è sufficente solo la licenza che abbiamo o servono altre documentazione per non avere problemi?ad es.il deposito presso il genio civile, sondaggi nel terreno, ed altro?Il comune è Flumeri (AV), grazie e buona giornata
Si rivolga ad un tecnico abilitato. Dipende dalla sismicità della zona, e ovviamente dai calcoli strutturali necessari.
In Italia vige il principo implicito nel nostro ordinamento di polizia mortuaria che enuncia la stabilità delle sepolture, detto in maniera più romantica il sacrosanto diritto a riposare in pace (magari nell’attesa della Resurrezione)
Un riflesso di questa norma di civiltà funeraria, seppur in tutt’altro ambito di applicazione, è rinvenibile nell’Art. 116 comma 2 D.Lgs. 28/7/1989, n. 271.
La “ratio” dell’Art. 76 comma 1 DPR 285/1990, nel richiedere il diretto accesso al feretro, vuole evitare vorticosi “giri di walzer”in caso di estumulazione, con i necrofori costretti a manovre impossibili per movimentare le casse.
Tuttavia attraverso la procedura di deroga Ex Art. 106 DPR 285/1990 è possibile l’uso di tumuli non a norma. Converrebbe, però, ai sensi dell’Art. 92 comma 3 DPR 285/1990 (obblighi in capo al concessionario) chiarire preventivamente come, a pena di decadenza della concessione stessa, non sia accoglibile la richiesta di estumulazione da un loculo privo di vestibolo.
Per quanto riguarda la competenza, si potrebbe operare attraverso la procedura di deroga ex art. 106 D.P.R. 285/90, nonché punto 16 e allegato tecnico della circolare Min. Sanità 24/6/1993, n. 24, senza nemmeno troppe formalizzazioni dopo il DPCM 26 maggio 2000.
La situazione è diversa in funzione della data nella quale è stata stipulata l’originaria concessione: la grande differenza consta in questo punto specifico e dirimente: il Comune già doveva garantire il rispetto dell’accesso attraverso un vestibolo alla tomba (R.D. 1880/1942, ma vestibolo è cosa abbastanza oscura), o meglio garantire il diretto accesso al feretro (D.P.R. 803/1975, in vigore dal 10/2/1976).
Di fatto occorre capire se il Comune ha rilasciato la concessione di una tomba irregolare oppure se la irregolarità sia intervenuta successivamente alla concessione. Nel primo caso l’intervento è a carico del Comune, nel secondo a carico dell’usuario, se lo vuol realizzare.
In caso contrario non è consentita la tumulazione di feretro, in quanto in violazione dell’art. 76, comma 3 del D.P.R. 285/90. Per quanto riguarda invece il permesso di costruzione o di realizzazione di adeguamenti nella tomba, per il regime autorizzatorio si applica, quindi, l’art. 94 del D.P.R. 285/90.
Vorrei esporre un caso un pò particolare, c’è un erede concessionario di una tomba perpetua che vorrebbe tumulare nella sua tomba composta da sei posti (3 posti verticali e 3 posti verticali) con entrata laterale, ora io mi sono opposto perchè a seguito dell’art. 106 DPR 285/1990 e della circolare ministeriale, deve essere garantito uno spazio interno per la movimentazione dei feretri, mentre l’erede concessionario dice che la concessione gli è stata rilasciata è per 6 posti cioè ..70 anni fà..ma quello che dico io è che oggi la sua tomba va adeguata alla suddetta normativa, perchè lo spazio interno deve essere garantito, quindi devono essere sacrificati 3 posti..che ne pensate?
La rinuncia allo jus sepulchri attiene alla sfera dei diritti personalissimi e coinvolge, tra l’altro il Comune quale titolare ex Art. 813 ed 814 Codice Civile, dell’area sepolcrale, una scrittura privata oppure un atto sostitutivo di atto di notorietà, non sono ritenuti, almeno dalla dottrina maggioritaria, titolo idoneo; meglio quindi una firma autenticata secondo le modalità dettate dal Codice Civile e dal DPR 445/2000. Alcuni, in minoranza, riterrebbero opportuno l’intervento addirittura del Notaio, invero questa richiesta, almeno a parere di chi scrive sembra ultronea, in quanto sia la Legge 241/1990 sia il Decreto 196/2003, seppur con finalità diverse, vietano l’inutile appesantimento del procedimento amministrativo, anche in funzione dei dati potenzialmente sensibili per la privacy.
All’autentica provvede il funzionario comunale, purchè in sede, solo in caso di infermità e conseguente bisogno di accogliere la volontà extra moenia sarebbe necessario l’operato di un notaio, così come accade per la cremazione.
La retrocessione, per la parte spettante, comporta un accrescimento delle quote di jus sepulchri verso gli altri contitolari del diritto stesso, è bene tener sempre separato il diritto di sepolcro dalla (con)titolarità della concessione.
La rinuncia globale è una fattispecie complessa e comporta:
a) la volontaria privazione del diritto di sepolcro cioè del diritto ad esser sepolti e dello jus inferendi in sepulchrum, ossia del diritto a dar sepoltura ad un proprio caro in una determinata tomba.
b) il ritiro consapevole dalla titolarità della concessione, la quale pur sempre comporta, in regime patrimonialistico, la proprietà ex Art. 63 DPR 10 settembre 1990 n. 285, dei manufatti funerari come arredi votivi, opere murarie…
Ovviamente la rinuncia può comportare uno solo di questi due aspetti, ossia si può rinunciare alla titolarità della concessione, con inerenti obblighi manutentivi pur rimanendo depositari dello jus sepulchri di cui sopra.
Lo Jus Sepulchri, infatti, è sganciato dal diritto di proprietà il quale è strumentale e subordinato rispetto allo stesso jus sepulchri, ovvero finalizzato all’uso del sepolcro stesso, così da massimizzarne la capienza, sino all’esaurimento della sua capacità ricettiva ex Art. 93 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Il diritto secondario di sepolcro, quindi la possibilità di render omaggio ai propri defunti attraverso l’accesso alla tomba non decade neppure a seguito della rinuncia, in quanto è legato allo jure sanguinis, dunque al diritto che sorge dalla consanguinetà, diritto che non è altrimenti comprimibile.
IL (con)titolare della concessione è tenuto alle spese di mautenzione o rifacimento per le spese di propria spettanza, potrebbe, infatti, sussistere una scrittura privata tra gli aventi titolo per la ripartizione dei posti feretro e dei costi, cui, comunque, il comune rimane estraneo.
Il consenso dei titolari dello jus sepulcri si rende necessario quando vi sia una compressione del diritto di sepolcro (Esempio: l’istituto della benemerenza), se la modifica al sepolcro comporta un ampliamento dei posti feretro/cassetta ossario/urna cineraria/contenitore di resti mortali, il problema non dovrebbe porsi, siccome gia la circolare ministeriale 24 giugno 1993 n. 24 prevedeva l’uso plurimo del tumulo, ferma restando la presenza di uno ed un solo feretro per loculo ex Art. 76 comma 1 DPR 285/1990.
Per demolizione e ricostruzione (ed accollo di relativi oneri per il trasferimento in temporanea altra sede dei defunti) occorre il consenso informato di tutti i titolari della concessione, siano essi concessionari originari o aventi causa dell’originario concessionario.
Vorrei sapere se si può rinunciare ad una concessione cimiterialle di cui si è contitolari tramite una dichiarazione su carta semplice con allegato un documento di identità,in favore di un’altri contitolari(cugini) che intendono previa autorizzazione del comune di appartenenza,attuare una sopraelevazione in favore della madre ,anche lei contitolare e moribonda, vedova di nostro zio .Quello che vorrei sapere esattamente è questo: è necessario rinunciare per permettere questa sopraelevazione? Se non si rinuncia cosa succede? Le spese di questa eventuale sopraelevazione a chi vengono addebitate? E’ necessario il consenso unanime di tutti i contitolari ? Si può dare il consenso senza rinunciare all’area dove è situato il tumulo che si vuole sopraelevare? Spero di ottenere al più presto delle risposte a questi quesiti perchè i nostri cugi ni ci stanno tartassanddo in proposito.Vorrei precisare che il tumulo in questione si trova nel cimitero urbano di Taranto mentre io con gli altri fratelli abitiamo in un altro comune.Grazie anticipatamente…
Salve,
come si fanno a costruire simili cimiteri con queste orribili torri che salgono. Al sud sono diffusissimi e fanno schifo.
Prendete spunto dai cimiteri altoatesini a li si che i morti riposano in pace senza grattacieli infiniti che rovinano l’ambiente del cimitero!!!!!
Il DPR n. 254/2003 con l’Art. 3 comma 1 lettera b) è molto chiaro ed istituisce un criterio cronologico con definizione in via amministrativa del defunto esumato o estumulato dopo il periodo legale di sepoltura.
Per quanto il cadavere sia conservato per effetto di adipocera, mummificazione o corificazione esso è sempre e solo “resto mortale” (ossia esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo) e, quindi, soggetto alle procedure di cui al sullodato DPR 254/2003 integrato dalla Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10.
Si consiglia, pertanto, di rivedere alla luce della nuova normativa il regolamento comunale di polizia mortuaria, altrimenti, nel silenzio di quest’ultimo, basta un semplice ordine di servizio per novellare l’intera procedura.
E’ POSSIBILE, CHE UN ESUMAZIONE ORDINARIA, AVENUTA DOPO 14, ANNI E 8 MESI LA DEFINISCONO CADAVERE, E NON RESTI MORTALI.