La “Traslazione” nell’ordinamento italiano di polizia mortuaria

Con il termine “traslazione” s’intende l’operazione di trasferimento di feretro interna o esterna al cimitero da una sepoltura ad un’altra.

Nel nostro ordinamento di polizia mortuaria vige il principio di stabilità delle sepolture, sino a quando non si siano compiuti i naturali processi di mineralizzazione; detto postulato implicito e quindi fondativo di tutto il sistema funerario italiano è, tra l’altro, deducibile da questi elementi di diritto e giurisprudenziali:

“Art. 116 comma 2 del art. 116 D.Lgs. 28/7/1989, n. 271 il quale così recita: “Il disseppellimento di un cadavere può essere ordinato, con le dovute cautele, dall’autorità giudiziaria se vi sono gravi indizi di reato.


“Corte d’appello di Palermo, 7 febbraio 1930 n. 442 Il permesso di immettere un cadavere in una sepoltura particolare, dato da chi è il proprietario, non è revocabile dopo che l’inumazione abbia avuto luogo. È ammissibile la prova testimoniale per accertare il consenso dato dal proprietario alla sepoltura per tale ammissione.

” Art. 86 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285: “Le tumulazioni, quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private a concessione perpetua si eseguono allo scadere del periodo di concessione e sono regolate dal sindaco”.

chiusura del feretroLo stesso DPR 10 settembre 1990 n. 285 con l’Art. 84 detta precise limitazioni soprattutto di ordine igienico-sanitario per evitare, al possibile, il contatto diretto dei necrofori o dei visitatori del cimitero con le percolazioni ammorbanti dei cadaveri sino a quando non si siano compiuti i processi di mineralizzazione. Il comune può integrare queste prescrizioni attraverso il proprio regolamento con ulteriori requisiti e condizioni, dette restrizioni possono anche esser funzionali anche ad un contenimento di richieste pretenziose in contrasto con una strategia di gestione del cimitero improntata all’economicità poiché le operazioni cimiteriali spesso risultano molto onerose per l’erario comunale, anche dopo l’avvento dell’Art. 1 comma 7 bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26.
La mobilità delle spoglie umane durante e dopo il periodo legale di sepoltura (con il termine volutamente generico di “spoglie” s’intendono necessariamente i cadaveri e le loro trasformazioni di stato ossia ossa, ceneri ed esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo) è tuttavia sancita dal combinato disposto tra gli Artt. 24, 36 ed 88 comma 5 e soprattutto 88 del DPR 10 settembre 1990 n. 285 senza dimenticare l’Art. 3 commi 2 e 5 del DPR 15 Luglio 2003 n. 254 relativo al procedimento autorizzatorio per il trasferimento di parti anatomiche riconoscibili e resti mortali.

Questo diritto di natura personale il cui esercizio resta comunque subordinato ad autorizzazione, così come il dar sepoltura, si configura sempre come un atto di disposizione in termini di pietas e sacrale rispetto verso defunti e la loro memoria poiché attiene alla sfera ei sentimenti più intimi.
La tumulazione di soggetti estranei al nucleo famigliare è legittima, in base al criterio delle benemerenze (Art. 93 comma 2 DPR 285/1990) ma deve esser autorizzata di volta in volta dal concessionario, egli così esercita lo jus sepulchri in senso attivo e passivo.
Secondo un altro filone della dottrina in caso di benemerenze, oltre al titolare della concessione avrebbe potere di esprimersi chiunque, tra i famigliari, veda compresso il proprio jus sepulchri (inteso, pur sempre come mera aspettativa, secondo la capienza del sacello ed in rapporto alla cronologia degli eventi luttuosi). Secondo autorevolissima giurisprudenza (Cass., I Sez., 16 febbraio 1988) i familiari del concessionario sono titolari di un diritto di riserva che non può essere compromesso da nessun atto di disposizione.

È facile notare come questa soluzione imponendosi di tutelare massimamente lo jus sepulchri derivato dallo jus sanguinis di tutti i congiunti del fondatore comporti una procedura piuttosto farraginosa, dove elevatissime sarebbero le possibilità di conflitto, il cui unico risultato perverso condurrebbe alla paralisi, con il conseguente non uso della tomba, per molto tempo.
È, allora, possibile effettuare la estumulazione di un feretro tumulato in un sepolcro, per poi trasferirlo ad altra sepoltura o per dar luogo ad una pratica funebre diversa dalla tumulazione (inumazione o cremazione)?
Sì, laddove fin dall’inizio della tumulazione questa non fosse rientrata nella fattispecie della cosiddetta “tomba chiusa (1) per espressa volontà del fondatore del sepolcro. Egli, infatti è il titolare originario della concessione e riserva il sepolcro sibi familiaeque suae, ossia per sé e per la sua famiglia ai sensi dell’Art. 93 comma 1 DPR 285/90.

In altri termini, se chi ha fondato il sepolcro ha inserito la clausola espressa secondo cui per nessun motivo la spoglia ivi sepolta deve essere trasferita, gli aventi titolo non possono, fino alla scadenza della concessione, contrastare tale volontà. L’Autorità Comunale (Art. 107 comma 3 Decreto Legislativo 267/2000) dovrebbe quindi opporre rifiuto motivato (Art. 3 Legge 241/1990) ad una richiesta in tal senso.

L’estumulazione se è finalizzata allo spostamento verso altra sepoltura e non comporta l’apertura della cassa (asportazione del coperchio ligneo e taglio del nastro metallico ex Art. 75 comma 2 DPR 285/90) può, più correttamente, esser definita traslazione, altrimenti si ricadrebbe nella fattispecie della cosiddetta “verifica”, ossia una ricognizione sullo stato di mineralizzazione del cadavere volta alla raccolta dei resti ossei in cassetta di zinco (Art. 86 comma 5 DPR 285/1990).

Il combinato disposto dal comma 1 dell’art. 88, dal comma 5 dell’art. 86 e dall’art. 89 (che rinvia all’art. 83) del DPR 285/90 è alla base della possibilità di estumulazione con relativa raccolta di resti mortali in caso di tomba di concessione di durata superiore a 20 anni. In altri termini è possibile la estumulazione da una tomba, concessa per la durata ad es. di 99 anni, effettuata per una salma tumulatavi dopo 10 anni dall’inizio della concessione e decorsi ad es. 30 anni dalla tumulazione (è anzi auspicabile per far posto a nuove sepolture ove necessario). Non si vedrebbe infatti la differenza fra questo caso (99 anni, salvo rinnovo) e il caso di perpetuità, esplicitamente consentito comma 2 dell’art. 86 del DPR 285/90.

In merito alla manomissione della cassa occorre una precisazione: nel ciclo delle sepolture a sistema di inumazione (campi comuni o quadre date in Estumulazione2concessione quali sepolture private ex Art. 90 comma 2 DPR 285/90) è vietato, per il possibile, immettere materiali non biodegradabili quali appunto la lamiera di zinco o piombo, mentre anche per la cremazione molte legislazioni locali cominciano a prescrivere l’uso tassativo della sola cassa di legno, magari foderata internamente con una traversa impermeabile, ma, al contempo facilmente combustibile oppure con un dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante per trattenere eventuali percolazioni, si veda a tal proposito l’Art. 18 comma 2 del regolamento regionale lombardo 9 novembre 2004 n. 6.
Quindi se la “traslazione” comporta un passaggio da un avello ricavato in un blocco murario, ad una fossa l’originaria bara non deve esser sostituita (come, invece, accade per l’interro dei resti mortali Paragrafo 2 Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10 e Risoluzione del Ministero della Salute .n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004), più semplicemente occorrerà neutralizzare la cassa a tenuta stagna praticando tagli e squarci sul nastro metallico del coperchio.

Interessante il caso contrario ossia la tumulazione di un cadavere precedentemente inumato (in sola cassa lignea). Se, all’atto dello scavo il cofano si dimostra ancora integro e con spessore di 25 mm basta il rifascio, quindi la deposizione del feretro in un cassone di zinco da saldarsi prima della sepoltura. Se, invece, come è più probabile, la cassa si è sfasciata sotto il peso del terreno, è necessario l’impiego di un nuovo feretro con le caratteristiche di cui all’Art. 30 DPR 285/1990.
L’intervento è piuttosto scabroso e complicato, di solito si procede così: i necrofori si calano nella buca ed avvolgono il cadavere in un “body bag” (detto altrimenti “sacco da recupero”) munito di maniglie, così da facilitarne il sollevamento e la composizione entro la nuova bara.

Naturalmente tutta la fase istruttoria precedente all’operazione cimiteriale vera e propria si perfeziona quando sia individuato un titolo (detto altrimenti diritto di sepoltura ai sensi dell’Art. 50 DPR 285/90) tale per cui il feretro possa esser accolto nel cimitero di arrivo.
Altra condizione costitutiva dell’autorizzazione alla traslazione è un’attestazione di garanzia in cui il personale sanitario o lo stesso gestore del camposanto, se è intervenuta una riforma regionale sui servizi cimiteriali, certifichino, prima del trasporto la perfetta tenuta della bara, da perseguire anche mediante il rifascio della casse ex paragrafo 3 Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10, al fine di escludere pericoli per la salute pubblica cagionati dal rischio di per fusione all’esterno del cofano dei miasmi cadaverici.

Se si tratta di constatare la tenuta del feretro (art. 88 DPR 285/1990), fattispecie che la normativa regionale non considera e, quindi, da qualificare come tuttora vigente, è necessario un verbale di tale constatazione (ponendo tra l’altro la questione su chi ne abbia la competenza).

A giudizio dei più eruditi glossatori l’articolo 83 del DPR 285/90 si applicherebbe al trasporto in altre sepolture o crematoi del medesimo cimitero, tumulazione1invece l’articolo 88 si riferirebbe alle estumulazioni di feretri per il trasporto anche in altri cimiteri. Da queste considerazioni consegue l’ammissibilità della delega, accompagnata da dettagliate prescrizioni, in caso di esumazioni ed estumulazioni straordinarie finalizzate al trasporto dei feretri all’interno del medesimo cimitero. Nel caso in cui la movimentazione della cassa fosse finalizzate al trasporto in altra sede si propende per l’inammissibilità della delega. (1) Cfr. BRUSCHI – PANETTA, Nuovo ordinamento di polizia mortuaria, Bologna, 1991, 180 ss.
Seguendo i criteri stabiliti dal regolamento e/o negli atti originari di concessione, si procede d’ufficio su istanza di uno degli interessati, si tenga, però, presente come una volta avvenuto la sistemazione nel cimitero, seppure senza titolo, non sia più possibile disporre il trasferimento in altro cimitero con atto d’ufficio, al massimo si potrà procedere ex Artt. 49 e 50 DPR 285/90 con il collocamento del feretro nel campo comune ad inumazione nel cimitero in cui il cadavere si trova. (Sereno Scolaro).Eventuali provvedimenti con cui si ordini il trasferimento della salma in altro sepolcro e, in difetto, il trasferimento della salma in campo comune, sono altrettanto a titolo oneroso, così che in difetto di assunzione spontanea dell’onere, può farsi ricorso alle procedure di cui al D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, quale modificato dal D. Lgs. 17 agosto 1999, n. 326.
Se si tratta di traslazione di cadavere dopo un primo periodo di sepoltura (si veda circolare n.10/1998 del Ministero della Sanità ed Art. 3 DPR 254/2003 per la distinzione fra resti mortali (2) e cadavere) l’incaricato del trasporto, ai sensi dell’articolo 23 del DPR 285/90, deve essere munito di relativa autorizzazione al trasporto, secondo il dettato dell’ art. 24. Per trasporti interni allo stesso cimitero basta l’annotazione negli appositi registri di cui all’Art. 52 DPR 285/1990.

L’autorizzazione alla sepoltura originale (n.d.r. ora autorizzazione alla inumazione o alla tumulazione, ai sensi dell’art. 74 del DPR 396/2000) resta nel cimitero di prima sepoltura, non essendo richiesto per legge che segua il cadavere.
La licenza di seppellimento (ora definita autorizzazione alla sepoltura) è infatti il documento in base al quale, dopo aver accertato a mezzo del medico necroscopo l’incontrovertibile realtà della morte, l’Ufficiale di stato civile autorizza la sepoltura della spoglia del de cuius.
Pertanto una volta espletata tale funzione, non è più necessario che questa venga ripetuta, né tanto meno richiesta. È invece importante trasmettere al seguito del feretro eventuali disposizioni concernenti: divieto di cremazione (3) fino a nulla osta dell’autorità giudiziaria, morte per malattia infettivo diffusiva.

Il servizio di custodia del cimitero a quo, cioè di provenienza può senz’altro fornire, per conoscenza, una fotocopia dell’autorizzazione alla sepoltura da conservare agli atti del cimitero di nuova destinazione, ma questa modalità operativa non essendo obbligatoria è del tutto facoltativa e non deve tradursi in un ingiustificato aggravamento delle procedure vietato, per altro, dalla Legge sul procedimento amministrativo dall’Art.1 comma 2 7 agosto 1990 n. 241.

Per quanto concerne i resti mortali deve sempre esser rilasciata l’autorizzazione al trasporto (art. 24 e segg. DPR 285/90) assieme all’eventuale autorizzazione alla cremazione senza, però, la procedura aggravata di cui ai commi 4 e 5 dell’Art. 79 DPR 285/90. Se il trasferimento avviene entro i confini dello stesso cimitero sarà sufficiente la sola annotazione sull’apposito registro di cui all’Art. 52 DPR 285/90 dove verrà anche indicata l’eventuale trasformazione di stato del cadavere in ceneri per effetto di cremazione oppure ossa se vi è stata riduzione in cassetta ossario dei resti ossei.

La gestione autorizzatoria per il trasporto e le operazioni cimiteriali riguardanti i resti mortali viene attribuita dal comma 5 dell’articolo 3 del DPR 254/03 ad un ufficio del Comune in cui avviene la esumazione o la estumulazione.
Ne consegue che si rende necessaria l’individuazione da parte della Giunta comunale dell’ufficio competente attraverso il regolamento di organizzazione degli uffici. Questo comporta che la Giunta comunale potrà decidere di attribuire detta competenza anche al responsabile del cimitero. In attesa della emanazione del regolamento si procede con Ordinanza del Sindaco ad individuare le figure competenti, generalmente coincidenti con il Responsabile del cimitero, cui ai sensi dell’art. 17, è attribuita la funzione di sorveglianza e rispetto delle disposizioni del DPR 254/2003;

La traslazione non influisce sull’assetto temporale di una concessione La perpetuità della concessione di un’area o dell’uso di un sepolcro è indipendente dal “tragitto” fatto dal feretro (cioè dal fatto che la stessa vi pervenga dopo tumulazione in altra sepoltura concessa per 6 mesi, 30 anni o altro), se, ovviamente lo spostamento del feretro non comporta un mutamento (o esaurimento?) dei fini nel rapporto concessorio.
È soprattutto il caso della tomba “monoposto”, definita anche come “sepoltura dedicata”, in cui il diritto d’uso è subordinato all’accoglimento delle spoglie di solo un determinato individuo. L’estumulazione provocherebbe l’estinzione della concessione stessa con relativa pronuncia di decadenza da parte dell’autorità comunale.

Rilevano sono solo 2 elementi sostanziali, previsti dall’art. 93 del DPR 285/1990:

a) Il diritto all’utilizzo del sepolcro (connesso al grado di parentela col fondatore del sepolcro e cioè del primo concessionario);

b) L’effettiva capienza nel sepolcro (essa è da intendersi in senso sostanziale, pertanto se vi è spazio per cassetta resti ossei o urna cineraria queste possono essere tumulate, ma se non vi è per un feretro, questo deve trovare altra collocazione a meno che attraverso la riduzione in resti non si possa liberare spazio nella tomba oppure si trasformi subito in cenere il cadavere da tumulare, per il quale, però, non c’è posto).

Spesso la richiesta di traslazione è volta ad una riunione simbolica ed anche fisica di più defunti appartenuti allo stesso nucleo famigliare o affettivo. Possiamo ora porci questo quesito: chi ha diritto ad esser sepolto in un sepolcro privato: È il regolamento di polizia mortuaria comunale che stabilisce come intendere il concetto di famiglia (in senso stretto o allargato). In assenza, valgono le norme del Codice Civile, o meglio il combinato disposto tra l’Art. 93 DPR 285/1990 e gli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile).

L’amministrazione comunale ha tutto l’interesse a facilitare l’uso di tombe esistenti, per massimizzare la capienza cimiteriale. Pertanto si può sempre estendere il diritto di sepolcro (altrimenti ristretto alla famiglia)attraverso l’istituto della benemerenza (da definirsi con maglie più o meno larghe e sempre nel rispetto del criterio che non vi sia lucro e speculazione, ai sensi dell’art. 93 comma 2 del DPR 285/90). Se il fondatore del sepolcro non ha deciso diversamente, il sepolcro è di tipo familiare (Cassazione civile, 24 marzo 1928 n. 613 Quando il fondatore del sepolcro non abbia, per chiari segni, manifestato una volontà contraria, deve presumersi abbia inteso di escludere dall’uso della tomba le persone di coloro che non facciano parte del nucleo familiare).

Hanno, così, diritto di entrarvi i familiari del fondatore ed estintasi la la sua famiglia, gli eredi, purché entro la capienza massima del sepolcro. Su questo punto s’infiamma il dibattito degli studiosi: alcuni ritengono che gli eredi siano esclusi dallo jus sepulchri altri forse favorevoli ad un utilizzo più intenso e responsabile del patrimonio cimiteriale vorrebbero dilatare lo jus sepulchri anche agli onerati (si tratta di quanti attraverso successione mortis causa sono subentrati nella titolarità della tomba, intesa come proprietà, ma non del diritto ad esser ivi tumulati o inumati).

Per effetto delle recenti tendenze (cremazione, riduzione in resti ossei di salma tumulata, con mantenimento o meno di cassetta resti ossei dentro la stessa tomba), la capienza originaria delle tombe si dilata, consentendo una autonomia delle stesse e dell’intero cimitero notevolmente maggiorata. Generalmente per l’accesso in una tomba di un feretro contenente salma di persona che aveva diritto alla sepoltura, è sufficiente la verifica di tale situazione attraverso ricerche anagrafiche.
E’, ora, opportuna una breve carrellata sull’orientamento della giurisprudenza in merito alle traslazioni:

Cassazione civile, 13 giugno 1938 n. 896: “In mancanza di disposizioni del de cuius, il diritto di scelta del sepolcro spetta di preferenza al coniuge superstite, che può anche chiedere la traslazione della salma del coniuge predefunto da una tomba di famiglia dove era stata sepolta in un’altra da lui acquistata”.

Consiglio di Stato, Sez. V, 16 giugno 1948 n. 358: “La concessione di un diritto di sepoltura su un terreno sul quale era già stato concesso altro diritto di sepolcro, non viene in essere se il primo concessionario non consente alla trasformazione del diritto di sepolcro e alla traslazione della salma inumata”.

Cassazione civile, 16 dicembre 1974 n. 4288: “Nel giudicare dell’opposizione dei parenti del defunto alla traslazione della salma di questo, ad iniziativa degli attuali aventi diritto alla scelta del sepolcro – a seguito della verificatasi necessità di immutare l’originario luogo di sepoltura – il giudice, una volta accertato che il luogo di sepoltura era stato originariamente determinato dal titolare del relativo diritto, deve valutare con oculata prudenza le giustificazioni addotte per pretendere di operare un trasferimento che comporta esumazione e ritumulazione del cadavere, posto che è avvertita dalla sensibilità degli uomini l’esigenza che le salme dei defunti non vengano, senza adeguate e gravi ragioni, trasferite da un luogo ad un altro”.

Cassazione civile, 11 dicembre 1987 n. 9168: “Il diritto del coniuge rimasto in vita a traslare la salma del coniuge defunto dal luogo di sepoltura ad altro sepolcro, che è limitato solo da diversa volontà del defunto, non è in contrasto con la pietas verso i defunti, perché la coscienza collettiva cui tale sentimento fa riferimento, non recepisce negativamente, né disapprova la traslazione dei resti mortali per un seppellimento ritenuto ragionevolmente più idoneo e conveniente da detto coniuge superstite e dagli altri aventi diritto”.

Consiglio di Stato, pronunciamento del 29/11/2005: “Secondo l’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990 (nel caso di specie, riprodotto nel locale regolamento di polizia mortuaria) il limite alla potestà sindacale di autorizzare l’estumulazione e il trasporto dei feretri va rinvenuto nell’assenso dell’autorità sanitaria sulle cautele da osservare onde evitare pregiudizi alla salute pubblica per il trasporto del feretro, ferme perciò restando le valutazioni del Sindaco circa l’opportunità del trasferimento, dato il carattere latamente discrezionale dell’autorizzazione. Pertanto, nell’esercizio della discrezionalità attribuitagli dall’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990, il Sindaco ben può negare l’autorizzazione all’estumulazione e trasporto della salma sulla sola scorta della volontà del defunto, ove questa sia chiara e inequivocabile”.

________________________________________
(1) Si tratta di una precisa determinazione nel fine della concessione, risultante dall’atto di concessione, che non consente di utilizzare la tumulazione individuale (loculo) se non per la salma indicata nell’atto stesso. Questo, tra l’altro, determina anche l’ulteriore conseguenza che tale salma non può essere oggetto di estumulazione, dal momento che l’estumulazione può essere disposta solo alla scadenza della concessione se, ovviamente quest’ultima non è perpetuaQuesti due elementi costitutivi del rapporto di concessione – fine e durata – inibiscono che il loculo possa essere utilizzato in modo difforme rispetto all’atto di concessione
(2) Quando sia completamente decorso il periodo di sepoltura (20 anni per le tumulazioni e 10 anni per le inumazioni se il turno di rotazione è di durata decennale, si potrà più propriamente parlare di traslazione non più di cadavere, ma di resto mortale.
(3) Nel caso di cremazione occorre uno specifico ulteriore nullaosta dell’Autorità Giudiziaria competente. In caso contrario non si autorizza la cremazione. Laddove si autorizzi il trasporto in altro Comune deve essere fatta menzione della circostanza nel decreto di trasporto di cui all’art. 24 del DPR 285/90.

Articoli Correlati e reperibili con la funzione “CERCA”:

  • Jus Sepulchri: titolo necessario per rilascio autorizzazione al trasporto funebre
  • Il senso della famiglia nel DPR 285/1990
  • Vendita di tombe tra privati
  • Eredi o discendenti?
  • Traslare i resti ossei?
  • La rotazione dei posti feretro
  • L’iter delle estumulazioni

Written by:

Carlo Ballotta

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58 thoughts on “La “Traslazione” nell’ordinamento italiano di polizia mortuaria

  1. Buonasera,
    ho il seguente quesito:
    il mio trisavoro ha costruito una cappella per la suo conservazione dopo il processo di mummificazione.
    I resti mortali sono perciò custoditi nella suddetta cappella da più di 100 anni e da circa 5 anni in compagnia delle ceneri di mio padre e poi della salma di mia madre.
    I discendenti del mio avo sono ora 3 famiglie.
    Oggi un cugino di mio padre spinge per la traslazione dei resti mortali dell’avo in una struttura museale, richiesta alla quale la mia famiglia (siamo sette fratelli) ci siamo più volte opposti.
    Ora il parente ha convocato una riunione presso un notaio costituendo un condominio e, presentando la necessità di presunti lavori di manutenzione della cappella, ha richiesto e ottenuto a maggioranza (solo i miei fratelli hanno votato contro per un totale di circa 30/1000) di traslare i resti mortali mummificati temporaneamente.
    Per me la decisione è illegittima perchè non all’unaminità e surrettizia perchè ha l’unico scopo di traslare la mummia definitivamente.
    Qual’è a suo parere il modo migliore per oppormi?
    Può segnalarmi sentenze giudiziarie a cui posso appellarmi?
    Grazie molte
    Pietro Bruno

    1. X Pietro,

      Il Suo lontano parente (trisavolo) con ogni probabilità non si è mummificato nel senso tecnico del termine, bensì è stato, per suo legittimo volere, imbalsamato per una conservazione sine die delle sue spoglie mortali, ora data la rarefazione di quest’operazione, la Legge è particolarmente lacunosa sulle metodologie di deposizione del corpo all’interno del sepolcro all’uopo eretto: il corpo è conservato entro un normale cofano chiuso oppure è esposto in una teca “a vista” ,magati trasparente, come accade spesso nelle chiese per le reliquie dei Santi risultanti incorrotte dalla putredine. Parimenti: la nicchia muraria è aperta o tamponata come accade per le normali tumulazioni?

      Muovo, per mera comodità dalla seconda domanda insita nel suo quesito (costituzione di un condominio?), non con parole mie, ma con quelle ben più autorevoli del Supremo Giudice della nomofilachia:

      Cassazione civile, Sez. II, 19 luglio 2016, n. 14749: “ […omissis…]
      nel sepolcro gentilizio o familiare – tale dovendosi presumere il sepolcro, in caso di dubbio – lo “ius sepulchri” attribuito, in base alla volontà del fondatore , in stretto riferimento alla cerchia dei familiari destinatari del sepolcro stesso, acquistandosi dal singolo “iure proprio” sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, “iure sanguinis” e non “iure successionis”, e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o “mortis causa”, imprescrittibilità e irrinunciabilità. Tale diritto di sepolcro si trasforma da familiare in ereditario con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, rimanendo soggetto, per l’ulteriore trasferimento, alle ordinarie regole della successione “mortis causa Cass. n.7000/12). Pertanto, nel caso di sepolcro familiare, la titolarità dello jus sepulchri spetta ai componenti la famiglia del fondatore, legati al medesimo jure sanguinis, sempre che il fondatore non abbia diversamente disposto. Infatti, la volontà del fondatore è sovrana, potendo senza limiti restringere od ampliare la sfera del beneficiari del diritto e determinare entro quali limiti vada intesa la “famiglia” ai fini della titolarità di tale diritto. Poichè, come si è detto, la titolarità dello jus sepulcri in ordine ad una tomba gentilizia, quale diritto primario di essere seppellito o di collocare le salme in un sepolcro familiare, determina una comunione indivisibile in virtù del mero rapporto consanguineo (Cass. n.532/1979), il diritto non è più disponibile neppure da parte del fondatore, una volta costituito con l’atto di fondazione il diritto a favore del familiari. […omissis…].

      La concessione, quindi, è un oggetto unico, originante dalla stipula dell’atto di concessione da parte del concessionario primo, parte contraente al pari del Comune del rapporto concessorio instauratosi, attorno a cui ruotano diritti di natura reale, patrimoniale e personalissima e di semplice gestione.

      Di conseguenza se il Suo trisavolo quando fu rogata solennemente la concessione “scolpì” nella c.d. Lex Sepulchri (cioè nel contratto che accompagna l’atto unilaterale di concessione promanante dall’Autorità Comunale, il divieto di esser per qualunque ragione estumulato per trasferimento in altra sede (si tratta della famosa clausola della “tomba chiusa”, molto in voga nel secolo passato, quando i vecchi regolamenti di polizia mortuaria, nella fattispecie R.D. n.448/1892 avrebbero ancora permesso concessioni perpetue, ossia senza scadenza per “blindare” ulteriormente il sepolcro, inibendo, per il futuro, atti d’interferenza sul suo assetto da parte di soggetti potenzialmente portatori del potere di disposizione sui feretri ivi tumulati sub specie aeternitatis…insomma la formula del requiescant in pace avrebbe dovuto esser rispettata in modo assoluto!) Si consiglia pertanto di studiare attentamente l’atto di concessione ed il suo articolato.

      Solo in caso di edificio realmente pericolante potrà esser disposta d’ufficio (con lo strumento dell’ordinanza sindacale o fors’anche semplicemente dirigenziale una provvisoria estumulazione con collocazione del corpo imbalsamato in temporanea altra sede (la camera mortuaria cimiteriale, un nuovo loculo acquisito ad hoc in concessione?), sino al completamento dei lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza dell’edificio funerario. Poi, lo status quo ante potrà esser proficuamente ripristinato.

      Se non ricadiamo in queste due ultime fattispecie appena tratteggiate per movimentare la “mummia” occorrerà pur sempre il consenso formale ed informato di tutti gli aventi diritto a disporne con atto per il post mortem: cioè servirà una volontà di procedere espressa all’unanimità da tutti i discendenti più prossimi e di pari grado del trisavolo, sino al sesto livello di parentela, l’ultimo, infatti, riconosciuto dagli artt. 74, 75, 76 e 77 del vigente Cod. Civile.

      Quanto poi alle obbligazioni manutentive, in caso di coo-titolarità della concessione (il rivolgere delle epoche attraverso l’applicazione dell’istituto del subentro può aver causato modificazioni e frazionamenti nell’originale titolarità unica della concessione cimiteriale) esse ricadono solidalmente su tutti gli aventi diritto ex art. 1292 Cod. Civile, poichè tutti sono parimenti tenuti a garantire il solido e decoroso stato del sepolcro nei confronti del Comune quale titolare ultimo della funzione cimiteriale e del terreno afferente al demanio specifico e necessario su cui la tomba è stata costruita. Eventuali diverse ripartizioni delle spese, in base a quote definite con atto inter-privatistico sono elemento esterno, sì da notificare al Comune per una sorta di cortesia istituzionale, cui, però, l’amministrazione cittadina rimane estranea, anche e soprattutto in caso di sempre possibili dispute o controversie da risolversi e ricomporsi avanti il Giudice Ordinario, in sede civile.

  2. Buongiorno volevo sottoporre alla vostra attenzione la seguente questione:

    si tratta di una storia un po complessa ma sarò breve : mio padre defunto nel 1993 era sposato con 4 figli…negli ultimi 20 anni di vita ha pero convissuto stabilmente con mia mamma dalla cui unione sono nato io e due mie sorelle. Due giorni fa è deceduta la moglie e i figli l’hanno messa nello stesso loculo di mio padre. Tra l’laltro hanno effettuato l’estumulazione due giorni fa e nella richiesta firmata dal mio fratellastro lui ha dichiarato il falso attestando “di avere informato tutti gli aventi diritto”.

    Mi chiedo pertanto oltre a un giudizio penale secondo te è possibile agire in sede civile per ottenere un diritto “alla salma” nel senso di una traslazione della stessa in altro loculo tutelando pertanto anche noi figli di secondo letto e garantendoci il diritto e il desiderio di recarci sulla tomba di mio padre senza turbamento? (turbamento tra l’altro iniziato due giorni fa quando ci siamo recati io e mia sorella al comitero trovando all’improvviso la nicchia aperta e la salma di mio padre estumulata e ricperta solo da un lenzuolo.

    Ringrazio in anticipo

    1. X Marco,

      1) la traslazione di un defunto si effettua pur sempre secondo il disposto dell’art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, cioè entro una bara che se lesionata deve esser racchiusa in un nuovo cassone esterno di zinco. Dunque, prima grave irregolarità: i morti non possono esser spostati avvolgendoli in un semplice lenzuolo (come accadde per il corpo esanime di Gesù di Nazareth, secondo il racconto evangelico…i tempi sono decisamente cambiati!).

      2) Sulla dichiarazione mendace del fratellastro e la conseguente punibilità sarò di poche parole: art. 76 D.P.R. n. 445/2000 con rinvio alle leggi speciali in materia

      3) Se il vincolo coniugale tra Suo Padre e l’orginaria moglie non è stato sciolto con relativa annotazione nei registri di stato civile i due erano e rimangono (almeno per la Legge formale) coniugi a tutti gli effetti, pondererei attentamente e con qualche dubbio la fattispecie di turbativa di sepolcro. A tal proposito, mi domando, chi è il concessionario di questo loculo? La situazione potrebbe variare non poco.

      4) Tutti i figli (la distinzione tra quelli legittimi o quelli naturali è stata recentemente superata con il D.Lgs n. 154/2013 di riforma al Cod. Civile) hanno e mantengono sempre il cosiddetto diritto secondario di sepolcro (iter ad sepulchrum, nel diritto romano) cioè il potere, la facoltà di recarsi sulla tomba per compiere atti votivi e di pìetas verso i propri cari scomparsi. L’accesso al sepolcro, pertanto, non può esse negato a nessuno di loro, quale che sia la collocazione, purchè stabile, della sepoltura.

      La electio sepulchri (= il diritto di determinare modalità e punto della propria sepoltura) spetta sostanzialmente al de cuius ed in questo caso sovrana è la sua volontà (quando non in contrasto con la legge: cfr. art. 340 commma 1 Testo Unico Leggi Sanitarie), solo nel suo silenzio tale volere può esser surrogato dai più stretti famigliari (in primis il coniuge superstite, anche se in stato di separazione) poi tutti i figli su un livello di pari ordinazione: nell’evenienza di più persone parimenti legittimate ad esprimersi è sempre richiesta l’unanimità, necessaria, quindi, per deliberare la conseguente operazione cimiteriale di traslazione. Se gli aventi diritto non raggiungono un accordo ragionevole, l’amministrazione rimarrà estranea alla controversia, negando temporaneamente l’autorizzazione allo spostamento del feretro, si quando non si sia pronunciato il Giudice, in sede civile, di ultima istanza.

      1. Buongiorno.
        intanto la ringrazio preliminarmente per la celerità e la precisione della vostra risposta. Proverò a chiarire due punti anche sulla base delle sue osservazioni.

        1) ESTUMULAZIONE:
        Su questo preciso punto forse sono stato impreciso: la salma di mio padre è stata estumulata ma non traslata: hanno proceduto all’estumulazione per fare spazio alla bara della moglie deceduta questa settimana affinché fosse riposta nello stesso loculo (loculo la cui concessione apparteneva a mia zia, sorella di mio padre, e poi passata alla moglie di mio padre). Quindi si è stato lasciata la salma di mio padre all’interno del loculo per 24 ore al di fuori della cassa di zinco in cui si trovava dal suo decesso avvenuto nel 1993.
        Il quesito che mi pongo, e il dubbio mi è sorto leggendo qualche articolo su questo stesso portale: il silenzio mio e delle mie sorelle non potrebbe essere stato interpretato come silenzio assenso? Sarebbe il caso che agissi immediatamente per contestare quest’operazione ?

        2) TRASLAZIONE DELLA SALMA
        Lei pensa che in ipotesi di una causa civile volta ad ottenere la traslazione della salma sulla base del fatto che mio padre ha convissuto stabilmente con mia madre negli ultimi 20 anni della sua vita (testimoniato da fotografie, fedine simboliche, testimonianze di centinaia di persone..e lo stesso fatto che mio padre sia deceduto a casa nostra nel letto nostro) io e le mie sorelle potremmo avere buone probabilita di ottenere che la salma venga traslata e collocata in un loculo da sola? Quindi senza la moglie? O potremmo addirittura ottenre un provvedimento del giudice ancora piu favorevole nel senso di concedere a mia madre il diritto di disporre della salma di mio padre?
        Mi chiedo ancora: durante il periodo del giudizio la nicchia di mio padre e quindi la salma resterà agibile e accessibile a noi figli e parenti o verrà “sottoposta a sequestro”?

        La ringrazio infinitamente per le sue risposte!
        Grazie di cuore
        marco

  3. Buonsera,

    preliminarmente la ringrazio per la celere ed analitica risposta.
    Mi scuso se le scrivo soltanto adesso, ma non mi ero accorto della risposta che mi aveva inviato. Non so perché, ma questa pagina non riesco a sfogliarla agilmente dalla barra laterale, scorre tutto con una rapidità incontenibile, non potendosi appunto fermare il cursore.
    Tornando alla discussione, riconosco che sia una bella gatta da pelare.
    Di certo non arriveranno (gli ex coniugi) ad un accordo.
    Non resta che l’azione giudiziale.
    Immaginavo le richieste: “accertare e dichiarare il diritto alla scelta del luogo di sepoltura in capo all’attore e, riconosciuti i fondati motivi, disporre/autorizzare la traslazione del feretro del defunto X dal cimitero di … al cimitero di … presso la cappella Y”
    Devo dire che di giurisprudenza a riguardo non se ne trova molta, anzi, si contano sulla punta delle dita (di una mano).
    Sia in termini di dottrina che di giurisprudenza sarei davvero molto lieto di ricevere riferimenti a riguardo. Grazie mille!

    1. X Lorenzo,

      ecco un po’ di giurisprudenza tematica:

      Tribunale, Reggio Emilia, 12 settembre 2013

      Lo ius eligendi sepulchrum – cioè, il potere di determinare la località, il punto e le modalità di sepoltura della salma di una persona – spetta alla persona stessa e, solo in mancanza di una disposizione data in vita dal defunto, deve essere riconosciuto ai suoi congiunti (coniuge e parenti prossimi) o, in subordine, agli eredi. La volontà di determinare le modalità della propria sepoltura – anche attraverso un mandato post mortem può essere manifestata in qualsiasi forma e può risultare anche da elementi indiziari.

      Tribunale, Firenze, 11 marzo 1980

      Lo “ius eligendi sepulcrum” in mancanza di una disposizione del defunto quando era in vita, spetta ai parenti più vicini allo stesso “de cuius” per vincoli di sangue o per rapporto di coniugio.

      Tribunale, Milano, Sez. I, 8 aprile 2008, n. 3610

      Sussiste la giurisdizione affinché possa essere inibita, con provvedimento giudiziale, anche disposto in via d’urgenza, la cremazione di cadavere di cui risulti provata la volontà contraria alla cremazione, potendo il giudice avvalersi di prove con ogni mezzo, ivi compresa l’assunzione di prove testimoniali.

      Tribunale di Milano, 11 ottobre 1979

      La traslazione delle salme dei genitori, pur se regolarmente autorizzata dalla competente autorità comunale, può avvenire soltanto con il consenso di tutti i figli. Pertanto ben può il giudice ordinario, su istanza del figlio che non ha prestato il consenso ed il cui diritto funerario sia stato così violato, pronunciare la condanna degli altri a curare tutto quanto necessario per fare ritrasferire le salme nel luogo di prima sepoltura, ovvero a provvedervi egli stesso a spese degli altri, nell’ipotesi di mancata esecuzione spontanea,

      Consiglio, poi, l’attenta consuntazione di questi links:

      https://www.funerali.org/cimiteri/jus-sepulchri-e-lite-tra-gli-aventi-diritto-a-disporre-del-de-cuius-2247.html

      https://www.funerali.org/normativa/atti-di-disposizione-in-conflitto-sulla-spoglia-del-de-cuius-892.html

  4. Ciao, grazie mille per la risposta e per la qualità dei contenuti.

    Dal momento che i rapporti tra i due genitori (divorziati) sono più che nulli, anzi di conflitto, di certo non ci sarà accordo, in quanto la risposta della moglie è stata, già, di totale chiusura.
    Il Comune richiede ex-lege il consenso di entrambi i genitori.
    A questo punto a tuo avviso, sarebbe meglio presentare la domanda a nome di un unico genitore ed impugnare il diniego del Sindaco innanzi al TAR, domandando in sede di giurisdizione esclusiva anche l’accertamento del diritto alla traslazione del feretro.
    Oppure non presentare alcuna domanda in Comune e procedere direttamente innanzi al Tribunale Ordinario per ottenere un provvedimento che riconosca il diritto alla traslazione per come richiesta dal padre, con ordine autorizzativo rivolto all’Ente?
    In tal caso immagino sia necessario citare in causa, come convenuti necessari, la madre, il concessionario del loculo amico della madre -in cui si trova il feretro- e l’Ente Comunale?
    Grazie in anticipo!

    1. X Lorenzo,

      non precludiamoci nessuna possibilità! Ambedue le soluzioni sono esperibili, non rilevo, infatti, nessun difetto assoluto di giurisdizione, ma bisogna esser in ogni caso seguiti da un buon avvocato.

      L’autorizzazione alla traslazione, quale atto gestionale e non di governo, spetta non più al Sindaco, ma agli organi burocratici del Comune (art. 107 comma 3 lett. f) D.Lgs n. 267/2000, concerne quindi il dirigente di settore, preposto alla funzioni di polizia mortuaria.

      La prima ipotesi prospettata (ricorso al T.A.R.) mi pare solamente più logicamente limitata. MI spiego meglio: chi si oppone alla traslazione avrebbe tutto l’interesse legittimo ad impugnare l’eventuale autorizzazione per mancanza di un requisito fondamentale: cioè la volontà di uno dei due aventi titolo a pronunciarsi, ed il giudice amministrativo accoglierebbe certamente tale reclamo, annullando il provvedimento che il Comune, per altro, ha già detto di non voler rilasciare sin quando non sia risolta la vertenza tra i due ex coniugi e genitori del de cuius, quindi il problema non si pone proprio…almeno non in questi termini di giustizia amministrativa.

      L’autorità comunale non è nelle condizioni di accordare la prefata autorizzazione, in nessun modo altrimenti incorrerebbe in una palese violazione di legge e l’atto autorizzativo sarebbe inevitabilmente cassato, perché viziato da patologica illegittimità.

      Chi invece voglia proporre la traslazione deve preferibilmente adire, nel merito, il giudice ordinario in sede civile, cui compete la tutela dei diritti soggettivi, tra i quali sia annoverano, appunto, gli jura sepulchri, i quali attengono alla sfera dei diritti personalissimi.

      Dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, con rito contenzioso, l’attore potrà agevolmente dimostrare la proprie buone ragioni, argomentando la sua volontà di procedere alla traslazione, nell’esercizio dello jus elegendi sepulchrum, nel silenzio del de cuius ed anche se in disaccordo con il volere dell’ex coniuge (della serie c’eravamo tanto amati!). Quale motivazione profonda supporta tale desiderio? Ciò è rimesso alla prudente valutazione del giudice il quale potrebbe anche accedere a questa tesi, all’alta fantasia giuridica non sono posti limiti. Ci sono spiegazioni di ordine sociale a tale scelta, o è solo un capriccio dettato dalla malcelata volontà di provocare un dispetto ed un disagio emotivo all’ex moglie? Non so, e non voglio giudicare niente o nessuno, mi limito solo a qualche domanda banale e di rito.

      IL concessionario del loculo, al pari del Comune, è estraneo alla questione poichè, quale semplice titolare della concessione, non vanta nessun diritto di disposizione sulla salma del de cuius e non può proprio opporsi (non essendo direttamente parte in causa) all’eventuale istanza di trasferimento del feretro.

      Intanto stiamo alla finestra a guardare con evolveranno le cose.

      La prego di tenermi aggiornato su eventuali sviluppi, auspicabilmente positivi della lite, anche se una composizione extra-giudiziale del conflitto sarebbe di gran lunga sempre preferibile.

  5. ripropongo il quesito
    Il mio comune dove lavoro in passato ha rilasciato delle concessioni di aree di terreno nel cimitero comunale a privati cittadini che ne hanno fatto richiesta pe l’edificazione di cappelle gentilizie, al momento che ho preso incarico di responsabile dei servizi cimiteriali ho trovato tra gli atti delle transazioni di concessioni cimiteriali tra privati e degli atti di G.C. che all’oggetto riportano “trasferimento area cimiteriale della Sig……..” e nel deliberato recita “1. il presente atto riveste carattere di indirizzo politico amministrativo 2. autorizzare la sig….. il passaggio dell’area cimiteriale per la costruzione di una cappella gentilizia identificata al riq. f lotto n. 6 al sig ….. 3 di dare mandata agli uffici preposti per le incombenze inerenti l’iter degli adempimenti conseguenti alla definizione del presente atto.” il punto è che dalla mia poca conoscenza delle norme le concessioni demaniale non trovo congruenza con l’atto adottato, e di conseguenza non saprei come comportarmi alla richiesta di autorizzazioni alle future tumulazioni di persone estranee al concessionario originario. Grazie per la vostra sollecita disponibilità Duilio

    1. X Duilio,

      “tempus regit actum” come asserivano gli antichi giuristi romani, ossia è il tempo a regolamentare l’atto: ciò che era lecito ieri potrebbe non esserlo più domani.

      Nella cessione tra privati per acta inter vivos dei diritti di sepolcro la data di questo presunto o preteso trasferimento diventa fondamentale e dirimente.

      Infatti la vecchia normativa statale (art. 71 commi 2 e segg. R.D. n. 1880/1942) avrebbe permesso la trasmissione per atti a contenuto privatistico e patrimoniale del diritto d’uso sui sepolcri privati, anche se con diverse rigidità (ad esempio: il vincolo di destinazione sepolcrale e l’obbligo di notifica al Comune) ma questa legislazione è stata solennemente abrogata il 10 febbraio 1976, con l’avvento del D.P.R. 803/1975, il cui contenuto è ora trasfuso nell’attuale D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (vedasi Capo XVIII) recante l’approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria.

      Quindi la possibile compravendita (o anche la donazione, come extrema ratio) del diritto personale di sepoltura in un determinato sacello gentilizio sconta un pesantissimo limite temporale, è stata, infatti, legittima sino al 9 febbraio 1976, mentre dal 10 febbraio 1976 essa è di fatto da ritenersi nulla di diritto ed improduttiva di effetti giuridici.

      L’atto politico amministrativo di cui Lei mi parla, a mio modestissimo avviso, “profuma” di sanatoria almeno per il pregresso, è una sorta di regolarizzazione “ a posteriori” che per certi aspetti copia l’istituto ed integra del subentro, con conseguente variazione nella titolarità della concessione e degli jura sepulchri da quest’ultima discendenti.

      Se si sanano situazioni di fatto pre-esistenti al 10 febbraio 1976, e perfezionatesi in regime di R.D. n. 1880/1942 nulla osta e si proceda pure secundum legem, mentre si potrebbe molto opinare (soprassediamo sulla legittimità di questo provvedimento omnibus, una sorta di improprio condono cimiteriale) se le posizioni soggettive oggetto dell’atto politico amministrativo fossero sorte dopo il 10 febbraio 1976, che, come si può agevolmente notare, rappresenta uno spartiacque insormontabile tra l’odierna disciplina, oggi in vigore le la vetusta normativa speciale di settore ormai abolita da *SOLO* 41 anni.

      Questa discrasia è spesso frutto d elle diverse velocità con cui le norme entrano a regime, e vengono metabolizzate; ragion per cui in alcuni regolamenti comunali, spesso molto risalenti o non adeguatamente riformati, si rinviene ancora traccia di istituti ormai superati o decaduti, in forza di disposizioni di rango superiore, nella rigida gerarchia tra le fonti del diritto dell’Ordinamento Italiano.

      Se si vuole seguire una linea rigorosa e legalista, così da non dar adito ad interpretazioni pretestuose, le quali spesso sono causa di arbitrii e mala amministrazione, alla richiesta di nuove tumulazioni di persone estranee all’originale riserva (è la cosiddetta lex sepulchri) dei posti feretro, attualmente governata di default dall’art. 93 comma 1 D.P.R. 285/1990, l’ufficio della polizia mortuaria, nella persona del dirigente ai sensi dell’art. 107 comma 3 lett. f) D.Lgs n. 267/2000 o di chi ne assolva le funzioni nei Comuni privi di figure dirigenziali (Art. 109 D.Lgs n. 267/2000) dopo apposita istruttoria basata sui titoli formali, ai sensi dell’art. 102 D.P.R. citato, dovrebbe opporre motivato rifiuto adottando apposito atto di reiezione per insussistenza dei titoli di sepoltura, che è bene ribadire il concetto, si maturano solo jure coniugii (per vincolo coniugale) o jure sanguinis (per rapporto di consanguineità) tra l’avente diritto e il concessionario primo (= fondatore del sepolcro).

      Chi ritenga di vantare legittimamente lo jus sepulchri, magari acquisito – sin quando quest’operazione sia stata possibile) per acta inter vivos può esperire avverso il diniego del Comune ricorso all’autorità giudiziaria amministrativa (memento art. 2907 Cod. Civile) mentre il passaggio di titolarità o addirittura proprietà sulle tombe per atto a contenuto privatistico (ex art. 2697 Cod. Civile) dovrà esser dimostrato in sede civile.

      Rimaniamo sempre a disposizione per ulteriori delucidazioni, la Redazione, difatti, non chiude per ferie!

  6. mi scuso con la redazione ma qualche giorno fa ho posto un quesito sul passaggio di titolarità di concessione area cimiteriale tra due soggetti diversi, mi trovo tra gli atti delle deliberazioni di giunta comunale che prendono atto del passaggio rimandando agli uffici preposti di approntare gli atti conseguenziali.
    Io che sono stato incaricato in data successiva di Responsabile del procedimento per i servizi cimiteriali mi trovo in difficolta nel rilasciare permessi di tumulazione ed altri autorizzazioni con concessionari diversi. Ringrazio Anticipatamente per un vostro sollecito riscontro. Duilio

  7. Salve,
    Sono Maddalena. Mio papà è deceduto il 27 luglio di quest’anno. È sepolto nel posto da lui acquistato 6 anni alle colombaie. Noi siamo 9 figli più nostra mamma. Nostra mamma più 3 figli lo vogliono spostare in un altro cimitero, mentre i restanti 6 si oppongono a questo trasferimento. Chiediamo se la traslazione avviene a maggioranza, all’unanimità oppure dipende dalla solo moglie. Distinti saluti. Grazie.

    1. X Maddalena,

      nella electio sepulchri sovrana ed inoppugnabile è la volontà del de cuius, se il defunto per disposizione testamentaria o per acta concludentia (esempio ha tassativamente stabilito nell’atto di fondazione del sepolcro la propria sepoltura in quella determinata tomba di cui era concessionario), o anche solo verbalmente, ha eletto un preciso luogo cimiteriale per la propria tumulazione questo desiderio va rispettato e predomina sempre sul parere, presumibilmente discorde, dei suoi più stretti congiunti.

      Nel silenzio del de cuius, invece, si segue il principio di poziorità (potere di scelta + preminenza nella decisione) declinato e scandito dalle norme speciali di polizia mortuaria (art. 79 comma 1 II periodo D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) che governano gli atti di disposizione per il post mortem, trattasi, infatti, di diritti della personalità assoluti, e di natura non patrimoniale.

      Prevale sempre lo jus coniugii, cioè il vincolo coniugale, anche sullo jus sanguinis, ovvero il rapporto di consanguineità.

      Il coniuge superstite, addirittura anche se in stato di separazione, ha titolo privilegiato per esprimersi ed enunciare il proprio volere in merito ad eventuale traslazione delle spoglie mortali ad altro sito sepolcrale. In presenza del coniuge superstite e di un suo preciso pronunciamento è irrilevante l’opposizione dei figli.

      Il criterio della maggioranza assoluta, ma solo tra aventi titolo parimenti legittimati a manifestare la propria volontà vale “ a caldo” solo per la cremazione (subito dopo il decesso) e nemmeno in tutt’Italia, bensì solo nelle Regioni che applicano integralmente la Legge 30 marzo 2001 n. 130, in sostituzione dell’art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, il quale, invece, prescriverebbe per sempre l’esigenza di un consenso unanime.

      1. Salve, dovrei affrontare una vicenda che vede contrapposte le intenzioni sul luogo di sepoltura della propria figlia da parte di due genitori divorziati.
        La figlia (nubile) viene a mancare prematuramente e viene seppellita nel loculo concesso ad un amico della madre, nel Comune di residenza del de cuius.
        Il padre, da par suo, vorrebbe traslare il feretro in un Comune non troppo distante, dove è presente la Cappella della sua famiglia, in cui sarebbe seppellita la nonna della ragazza (de cuius).
        Essendovi disaccordo tra gli “ex”, quale volontà prevarrebbe.
        Non vi sono stati nè testamenti, nè risulta agevole provare le volontà del de cuius, aggiungasi che da numerosi anni la ragazza viveva -di fatto-
        lontano da casa.

        1. X Lorenzo,

          Ex Art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 il Comune, quale titolare ultimo della funzione cimiteriale *PUO’* (e non deve necessariamente) autorizzare lo spostamento di un feretro.

          Stante il principio, implicito e quindi fondativo di tutto il nostro sistema funerario, della stabilità per le sepolture, l’autorizzazione alla traslazione mantiene un certo margine di discrezionalità, anche se esso è pur sempre basato sulla verifica dei soli titoli formali, in quanto l’ufficio della polizia mortuaria, nell’esercizio dell’azione amministrativa, è privo dei poteri di controllo, ponderazione e di valutazione degli interessi in giuoco, molto più intrusivi e penetranti, propri della Magistratura. Pertanto attorno all’istanza di traslazione deve formarsi preventivamente al suo rilascio, il relativo e dovuto consenso da parte di tutti gli aventi diritto a pronunciarsi, altrimenti non si procede. I due genitori, tra i quali forse intercorrono rapporti poco idilliaci, devono cercare un accordo tra di loro stabilendo luogo e modalità della nuova sepoltura, ma occorre da parte di entrambi ed in modo congiunto, un atto volitivo in tal senso ed inequivocabile, la Legge, infatti, li pone su un livello di pari ordinazione.

          Attenzione, con i diritti della personalità, tutelabili, in sede giurisdizionale non si scherza, visto il pesante conflitto tra le due parti, il Comune si limiterà a garantire il mantenimento dello status quo, sino alla naturale scadenza della concessione, inibendo qualsiasi atto di disposizione unilaterale, poichè tali “furbate” spesso sono foriere di aspri contenziosi avanti il Giudice Ordinario, in attesa che il dissidio di ricomponga ragionevolmente, o di una sentenza definitiva, passata in giudicato.

          Lo jus eligendi sepulchri, spetta, in primis, al de cuius, anche se sovente questa volontà è ardua da provare, e la sede competente sarebbe comunque, un giudizio con rito contenzioso. Personalmente, per casi analoghi ho assistito anche a ricorsi al Giudice Amministrativo Territoriale, volti ad ottenere l’annullamento dell’autorizzazione alla traslazione per carenza di presupposti, in buona sostanza, mancherebbe l’elemento centrale della volontà espressa dai due genitori.

          Solo il Giudice, con tutti i mezzi di prova, compreso quello testimoniale, potrà correttamente apprezzare gli aspetti di opportunità legati alla richiesta di traslazione avanzata da uno solo dei genitori.

  8. Salve il comune tempo fa compie la sepoltura illeggittima di mio fratello cosa risolta con una traslazione straordinaria oggi vorrei verificare se nel loculo vi e la cassa in quanto lapide e stata spostata come posso fare? Grazie

    1. Luisa,

      di ogni operazione cimiteriale (compresi montaggio e smontaggio lapidi o altri lavori all’interno del camposanto, comunque sempre soggetti a preventiva autorizzazione ) il Comune deve tener memoria in apposito archivio, quindi dovrebbe esser abbastanza semplice risalire a chi abbia asportato la lastra tombale. Un marmista, forse?)

      Le principali soluzioni sono, in buona sostanza, due:

      a) si richiede all’ufficio di polizia mortuaria una ricognizione sull’identità del defunto tumulato in quel dato loculo, assimilabile ad un’estumulazione, in cui non v’è, però, spostamento o apertura del feretro.

      b) se si ha il sospetto, o, peggio ancora, la certezza, di un reato contro la pietà dei defunti (sottrazione di cadavere, violazione di sepolcro) bisogna adire l’autorità giudiziaria, sporgendo denuncia; essa con i poteri molto invasivi che le sono propri, disporrà un’ispezione, ordinando l’apertura della cella mortuaria dove dovrebbe esser stato deposto il feretro di Suo fratello.

      Conviene informare sempre l’ufficio comunale di polizia mortuaria, per stabilire e concordare eventuali rimedi anche extra-giudiziari.

  9. X Alex,

    rispondo in modo coordinato, unitario e congiunto ai due quesiti formulati, i quali, per altro vertono, poi, sullo stesso tema di fondo, anche se si articolano i due sub-domande:

    1) l’eventuale somma riconosciuta a titolo di rimborso per gli anni non goduti di Jus Sepulchri spetta al concessionario originario fondatore del sepolcro (= al titolare della concessione) o in caso di suo decesso ai suoi aventi causa a lui subentrati nell’intestazione della tomba anzitempo liberata.
    2) Se si trattasse di concessionari, che si sono visti spogliare dello Jus SEpulchri sarebbe da suggerire una bella causa civile per danni, dovuti ad inadempienza contrattuale (la durata della concessione risultante dal relativo atto), magari congiuntamente ad un’azione avanti al T.A.R. per far dichiarare la palese nullita’ di eventuali provvedimenti di ablazione sulla concessione adottati dal Comune stesso.

    Il comune non ha – mai – obblighi di garantire posti feretro a sistema tumulazione, i quali possono esservi, del tutto eventualmente ed in termini di pura facoltatività, solo quando sia assicurato il c.d. “fabbisogno” di fosse nei campi comuni di terra, e limitatamente all’area cimiteriale che residui disponibile una volta assicurato quest’ultimo.

    Pertanto non capisco (ma forse non riesco ad apprezzare tutti gli elementi in giuoco) questa manovra suicida del Comune, il quale in un possibile Giudizio certo soccomberebbe.

    In altre parole, il comune non può modificare o estinguere unilateralmente un rapporto giuridico che esso stesso ha liberamente posto in essere, tra l’altro senza avere né obbligo a contrarre, né tanto meno di assumere dette obbligazioni sinallagmatiche (= a prestazioni corrispettive!) a determinate condizioni che lui stesso ha concorso a fissare.

    Fermo restando che il comune, quale ente concedente, non può intaccare od alterare un rapporto giuridico che ha concorso a costituire, magari sulla base di una propria regolamentazione locale all’’epoca vigente, va ricordato che potrebbe risultare ammissibile solo un accoglimento della rinuncia unilaterale da parte del concessionario (e sempre che questi sia ancora in vita se concessionario debba intendersi il soggetto che ha stipulato l’atto di concessione o suoi discendenti, se così previsto dal regolamento comunale di polizia mortuaria vigente al momento dell’’atto di concessione).

    È anche ipotizzabile che il regolamento comunale (che si ricorda ha effetto una volta intervenuta l’omologazione da parte del Ministero della salute), possa prevedere particolari modalità per la rinuncia alla perpetuità da parte degli aventi diritto, fermo comunque che un’’eventuale istanza di questo tipo deve provenire esclusivamente da chi abbia diritto e il comune non possa “aggredire” in alcun caso, d’’ufficio, il rapporto giuridico di concessione ancora in essere, anche se solo in ordine alla durata.

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