La “Traslazione” nell’ordinamento italiano di polizia mortuaria

Con il termine “traslazione” s’intende l’operazione di trasferimento di feretro interna o esterna al cimitero da una sepoltura ad un’altra.

Nel nostro ordinamento di polizia mortuaria vige il principio di stabilità delle sepolture, sino a quando non si siano compiuti i naturali processi di mineralizzazione; detto postulato implicito e quindi fondativo di tutto il sistema funerario italiano è, tra l’altro, deducibile da questi elementi di diritto e giurisprudenziali:

“Art. 116 comma 2 del art. 116 D.Lgs. 28/7/1989, n. 271 il quale così recita: “Il disseppellimento di un cadavere può essere ordinato, con le dovute cautele, dall’autorità giudiziaria se vi sono gravi indizi di reato.


“Corte d’appello di Palermo, 7 febbraio 1930 n. 442 Il permesso di immettere un cadavere in una sepoltura particolare, dato da chi è il proprietario, non è revocabile dopo che l’inumazione abbia avuto luogo. È ammissibile la prova testimoniale per accertare il consenso dato dal proprietario alla sepoltura per tale ammissione.

” Art. 86 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285: “Le tumulazioni, quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private a concessione perpetua si eseguono allo scadere del periodo di concessione e sono regolate dal sindaco”.

chiusura del feretroLo stesso DPR 10 settembre 1990 n. 285 con l’Art. 84 detta precise limitazioni soprattutto di ordine igienico-sanitario per evitare, al possibile, il contatto diretto dei necrofori o dei visitatori del cimitero con le percolazioni ammorbanti dei cadaveri sino a quando non si siano compiuti i processi di mineralizzazione. Il comune può integrare queste prescrizioni attraverso il proprio regolamento con ulteriori requisiti e condizioni, dette restrizioni possono anche esser funzionali anche ad un contenimento di richieste pretenziose in contrasto con una strategia di gestione del cimitero improntata all’economicità poiché le operazioni cimiteriali spesso risultano molto onerose per l’erario comunale, anche dopo l’avvento dell’Art. 1 comma 7 bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26.
La mobilità delle spoglie umane durante e dopo il periodo legale di sepoltura (con il termine volutamente generico di “spoglie” s’intendono necessariamente i cadaveri e le loro trasformazioni di stato ossia ossa, ceneri ed esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo) è tuttavia sancita dal combinato disposto tra gli Artt. 24, 36 ed 88 comma 5 e soprattutto 88 del DPR 10 settembre 1990 n. 285 senza dimenticare l’Art. 3 commi 2 e 5 del DPR 15 Luglio 2003 n. 254 relativo al procedimento autorizzatorio per il trasferimento di parti anatomiche riconoscibili e resti mortali.

Questo diritto di natura personale il cui esercizio resta comunque subordinato ad autorizzazione, così come il dar sepoltura, si configura sempre come un atto di disposizione in termini di pietas e sacrale rispetto verso defunti e la loro memoria poiché attiene alla sfera ei sentimenti più intimi.
La tumulazione di soggetti estranei al nucleo famigliare è legittima, in base al criterio delle benemerenze (Art. 93 comma 2 DPR 285/1990) ma deve esser autorizzata di volta in volta dal concessionario, egli così esercita lo jus sepulchri in senso attivo e passivo.
Secondo un altro filone della dottrina in caso di benemerenze, oltre al titolare della concessione avrebbe potere di esprimersi chiunque, tra i famigliari, veda compresso il proprio jus sepulchri (inteso, pur sempre come mera aspettativa, secondo la capienza del sacello ed in rapporto alla cronologia degli eventi luttuosi). Secondo autorevolissima giurisprudenza (Cass., I Sez., 16 febbraio 1988) i familiari del concessionario sono titolari di un diritto di riserva che non può essere compromesso da nessun atto di disposizione.

È facile notare come questa soluzione imponendosi di tutelare massimamente lo jus sepulchri derivato dallo jus sanguinis di tutti i congiunti del fondatore comporti una procedura piuttosto farraginosa, dove elevatissime sarebbero le possibilità di conflitto, il cui unico risultato perverso condurrebbe alla paralisi, con il conseguente non uso della tomba, per molto tempo.
È, allora, possibile effettuare la estumulazione di un feretro tumulato in un sepolcro, per poi trasferirlo ad altra sepoltura o per dar luogo ad una pratica funebre diversa dalla tumulazione (inumazione o cremazione)?
Sì, laddove fin dall’inizio della tumulazione questa non fosse rientrata nella fattispecie della cosiddetta “tomba chiusa (1) per espressa volontà del fondatore del sepolcro. Egli, infatti è il titolare originario della concessione e riserva il sepolcro sibi familiaeque suae, ossia per sé e per la sua famiglia ai sensi dell’Art. 93 comma 1 DPR 285/90.

In altri termini, se chi ha fondato il sepolcro ha inserito la clausola espressa secondo cui per nessun motivo la spoglia ivi sepolta deve essere trasferita, gli aventi titolo non possono, fino alla scadenza della concessione, contrastare tale volontà. L’Autorità Comunale (Art. 107 comma 3 Decreto Legislativo 267/2000) dovrebbe quindi opporre rifiuto motivato (Art. 3 Legge 241/1990) ad una richiesta in tal senso.

L’estumulazione se è finalizzata allo spostamento verso altra sepoltura e non comporta l’apertura della cassa (asportazione del coperchio ligneo e taglio del nastro metallico ex Art. 75 comma 2 DPR 285/90) può, più correttamente, esser definita traslazione, altrimenti si ricadrebbe nella fattispecie della cosiddetta “verifica”, ossia una ricognizione sullo stato di mineralizzazione del cadavere volta alla raccolta dei resti ossei in cassetta di zinco (Art. 86 comma 5 DPR 285/1990).

Il combinato disposto dal comma 1 dell’art. 88, dal comma 5 dell’art. 86 e dall’art. 89 (che rinvia all’art. 83) del DPR 285/90 è alla base della possibilità di estumulazione con relativa raccolta di resti mortali in caso di tomba di concessione di durata superiore a 20 anni. In altri termini è possibile la estumulazione da una tomba, concessa per la durata ad es. di 99 anni, effettuata per una salma tumulatavi dopo 10 anni dall’inizio della concessione e decorsi ad es. 30 anni dalla tumulazione (è anzi auspicabile per far posto a nuove sepolture ove necessario). Non si vedrebbe infatti la differenza fra questo caso (99 anni, salvo rinnovo) e il caso di perpetuità, esplicitamente consentito comma 2 dell’art. 86 del DPR 285/90.

In merito alla manomissione della cassa occorre una precisazione: nel ciclo delle sepolture a sistema di inumazione (campi comuni o quadre date in Estumulazione2concessione quali sepolture private ex Art. 90 comma 2 DPR 285/90) è vietato, per il possibile, immettere materiali non biodegradabili quali appunto la lamiera di zinco o piombo, mentre anche per la cremazione molte legislazioni locali cominciano a prescrivere l’uso tassativo della sola cassa di legno, magari foderata internamente con una traversa impermeabile, ma, al contempo facilmente combustibile oppure con un dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante per trattenere eventuali percolazioni, si veda a tal proposito l’Art. 18 comma 2 del regolamento regionale lombardo 9 novembre 2004 n. 6.
Quindi se la “traslazione” comporta un passaggio da un avello ricavato in un blocco murario, ad una fossa l’originaria bara non deve esser sostituita (come, invece, accade per l’interro dei resti mortali Paragrafo 2 Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10 e Risoluzione del Ministero della Salute .n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004), più semplicemente occorrerà neutralizzare la cassa a tenuta stagna praticando tagli e squarci sul nastro metallico del coperchio.

Interessante il caso contrario ossia la tumulazione di un cadavere precedentemente inumato (in sola cassa lignea). Se, all’atto dello scavo il cofano si dimostra ancora integro e con spessore di 25 mm basta il rifascio, quindi la deposizione del feretro in un cassone di zinco da saldarsi prima della sepoltura. Se, invece, come è più probabile, la cassa si è sfasciata sotto il peso del terreno, è necessario l’impiego di un nuovo feretro con le caratteristiche di cui all’Art. 30 DPR 285/1990.
L’intervento è piuttosto scabroso e complicato, di solito si procede così: i necrofori si calano nella buca ed avvolgono il cadavere in un “body bag” (detto altrimenti “sacco da recupero”) munito di maniglie, così da facilitarne il sollevamento e la composizione entro la nuova bara.

Naturalmente tutta la fase istruttoria precedente all’operazione cimiteriale vera e propria si perfeziona quando sia individuato un titolo (detto altrimenti diritto di sepoltura ai sensi dell’Art. 50 DPR 285/90) tale per cui il feretro possa esser accolto nel cimitero di arrivo.
Altra condizione costitutiva dell’autorizzazione alla traslazione è un’attestazione di garanzia in cui il personale sanitario o lo stesso gestore del camposanto, se è intervenuta una riforma regionale sui servizi cimiteriali, certifichino, prima del trasporto la perfetta tenuta della bara, da perseguire anche mediante il rifascio della casse ex paragrafo 3 Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10, al fine di escludere pericoli per la salute pubblica cagionati dal rischio di per fusione all’esterno del cofano dei miasmi cadaverici.

Se si tratta di constatare la tenuta del feretro (art. 88 DPR 285/1990), fattispecie che la normativa regionale non considera e, quindi, da qualificare come tuttora vigente, è necessario un verbale di tale constatazione (ponendo tra l’altro la questione su chi ne abbia la competenza).

A giudizio dei più eruditi glossatori l’articolo 83 del DPR 285/90 si applicherebbe al trasporto in altre sepolture o crematoi del medesimo cimitero, tumulazione1invece l’articolo 88 si riferirebbe alle estumulazioni di feretri per il trasporto anche in altri cimiteri. Da queste considerazioni consegue l’ammissibilità della delega, accompagnata da dettagliate prescrizioni, in caso di esumazioni ed estumulazioni straordinarie finalizzate al trasporto dei feretri all’interno del medesimo cimitero. Nel caso in cui la movimentazione della cassa fosse finalizzate al trasporto in altra sede si propende per l’inammissibilità della delega. (1) Cfr. BRUSCHI – PANETTA, Nuovo ordinamento di polizia mortuaria, Bologna, 1991, 180 ss.
Seguendo i criteri stabiliti dal regolamento e/o negli atti originari di concessione, si procede d’ufficio su istanza di uno degli interessati, si tenga, però, presente come una volta avvenuto la sistemazione nel cimitero, seppure senza titolo, non sia più possibile disporre il trasferimento in altro cimitero con atto d’ufficio, al massimo si potrà procedere ex Artt. 49 e 50 DPR 285/90 con il collocamento del feretro nel campo comune ad inumazione nel cimitero in cui il cadavere si trova. (Sereno Scolaro).Eventuali provvedimenti con cui si ordini il trasferimento della salma in altro sepolcro e, in difetto, il trasferimento della salma in campo comune, sono altrettanto a titolo oneroso, così che in difetto di assunzione spontanea dell’onere, può farsi ricorso alle procedure di cui al D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, quale modificato dal D. Lgs. 17 agosto 1999, n. 326.
Se si tratta di traslazione di cadavere dopo un primo periodo di sepoltura (si veda circolare n.10/1998 del Ministero della Sanità ed Art. 3 DPR 254/2003 per la distinzione fra resti mortali (2) e cadavere) l’incaricato del trasporto, ai sensi dell’articolo 23 del DPR 285/90, deve essere munito di relativa autorizzazione al trasporto, secondo il dettato dell’ art. 24. Per trasporti interni allo stesso cimitero basta l’annotazione negli appositi registri di cui all’Art. 52 DPR 285/1990.

L’autorizzazione alla sepoltura originale (n.d.r. ora autorizzazione alla inumazione o alla tumulazione, ai sensi dell’art. 74 del DPR 396/2000) resta nel cimitero di prima sepoltura, non essendo richiesto per legge che segua il cadavere.
La licenza di seppellimento (ora definita autorizzazione alla sepoltura) è infatti il documento in base al quale, dopo aver accertato a mezzo del medico necroscopo l’incontrovertibile realtà della morte, l’Ufficiale di stato civile autorizza la sepoltura della spoglia del de cuius.
Pertanto una volta espletata tale funzione, non è più necessario che questa venga ripetuta, né tanto meno richiesta. È invece importante trasmettere al seguito del feretro eventuali disposizioni concernenti: divieto di cremazione (3) fino a nulla osta dell’autorità giudiziaria, morte per malattia infettivo diffusiva.

Il servizio di custodia del cimitero a quo, cioè di provenienza può senz’altro fornire, per conoscenza, una fotocopia dell’autorizzazione alla sepoltura da conservare agli atti del cimitero di nuova destinazione, ma questa modalità operativa non essendo obbligatoria è del tutto facoltativa e non deve tradursi in un ingiustificato aggravamento delle procedure vietato, per altro, dalla Legge sul procedimento amministrativo dall’Art.1 comma 2 7 agosto 1990 n. 241.

Per quanto concerne i resti mortali deve sempre esser rilasciata l’autorizzazione al trasporto (art. 24 e segg. DPR 285/90) assieme all’eventuale autorizzazione alla cremazione senza, però, la procedura aggravata di cui ai commi 4 e 5 dell’Art. 79 DPR 285/90. Se il trasferimento avviene entro i confini dello stesso cimitero sarà sufficiente la sola annotazione sull’apposito registro di cui all’Art. 52 DPR 285/90 dove verrà anche indicata l’eventuale trasformazione di stato del cadavere in ceneri per effetto di cremazione oppure ossa se vi è stata riduzione in cassetta ossario dei resti ossei.

La gestione autorizzatoria per il trasporto e le operazioni cimiteriali riguardanti i resti mortali viene attribuita dal comma 5 dell’articolo 3 del DPR 254/03 ad un ufficio del Comune in cui avviene la esumazione o la estumulazione.
Ne consegue che si rende necessaria l’individuazione da parte della Giunta comunale dell’ufficio competente attraverso il regolamento di organizzazione degli uffici. Questo comporta che la Giunta comunale potrà decidere di attribuire detta competenza anche al responsabile del cimitero. In attesa della emanazione del regolamento si procede con Ordinanza del Sindaco ad individuare le figure competenti, generalmente coincidenti con il Responsabile del cimitero, cui ai sensi dell’art. 17, è attribuita la funzione di sorveglianza e rispetto delle disposizioni del DPR 254/2003;

La traslazione non influisce sull’assetto temporale di una concessione La perpetuità della concessione di un’area o dell’uso di un sepolcro è indipendente dal “tragitto” fatto dal feretro (cioè dal fatto che la stessa vi pervenga dopo tumulazione in altra sepoltura concessa per 6 mesi, 30 anni o altro), se, ovviamente lo spostamento del feretro non comporta un mutamento (o esaurimento?) dei fini nel rapporto concessorio.
È soprattutto il caso della tomba “monoposto”, definita anche come “sepoltura dedicata”, in cui il diritto d’uso è subordinato all’accoglimento delle spoglie di solo un determinato individuo. L’estumulazione provocherebbe l’estinzione della concessione stessa con relativa pronuncia di decadenza da parte dell’autorità comunale.

Rilevano sono solo 2 elementi sostanziali, previsti dall’art. 93 del DPR 285/1990:

a) Il diritto all’utilizzo del sepolcro (connesso al grado di parentela col fondatore del sepolcro e cioè del primo concessionario);

b) L’effettiva capienza nel sepolcro (essa è da intendersi in senso sostanziale, pertanto se vi è spazio per cassetta resti ossei o urna cineraria queste possono essere tumulate, ma se non vi è per un feretro, questo deve trovare altra collocazione a meno che attraverso la riduzione in resti non si possa liberare spazio nella tomba oppure si trasformi subito in cenere il cadavere da tumulare, per il quale, però, non c’è posto).

Spesso la richiesta di traslazione è volta ad una riunione simbolica ed anche fisica di più defunti appartenuti allo stesso nucleo famigliare o affettivo. Possiamo ora porci questo quesito: chi ha diritto ad esser sepolto in un sepolcro privato: È il regolamento di polizia mortuaria comunale che stabilisce come intendere il concetto di famiglia (in senso stretto o allargato). In assenza, valgono le norme del Codice Civile, o meglio il combinato disposto tra l’Art. 93 DPR 285/1990 e gli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile).

L’amministrazione comunale ha tutto l’interesse a facilitare l’uso di tombe esistenti, per massimizzare la capienza cimiteriale. Pertanto si può sempre estendere il diritto di sepolcro (altrimenti ristretto alla famiglia)attraverso l’istituto della benemerenza (da definirsi con maglie più o meno larghe e sempre nel rispetto del criterio che non vi sia lucro e speculazione, ai sensi dell’art. 93 comma 2 del DPR 285/90). Se il fondatore del sepolcro non ha deciso diversamente, il sepolcro è di tipo familiare (Cassazione civile, 24 marzo 1928 n. 613 Quando il fondatore del sepolcro non abbia, per chiari segni, manifestato una volontà contraria, deve presumersi abbia inteso di escludere dall’uso della tomba le persone di coloro che non facciano parte del nucleo familiare).

Hanno, così, diritto di entrarvi i familiari del fondatore ed estintasi la la sua famiglia, gli eredi, purché entro la capienza massima del sepolcro. Su questo punto s’infiamma il dibattito degli studiosi: alcuni ritengono che gli eredi siano esclusi dallo jus sepulchri altri forse favorevoli ad un utilizzo più intenso e responsabile del patrimonio cimiteriale vorrebbero dilatare lo jus sepulchri anche agli onerati (si tratta di quanti attraverso successione mortis causa sono subentrati nella titolarità della tomba, intesa come proprietà, ma non del diritto ad esser ivi tumulati o inumati).

Per effetto delle recenti tendenze (cremazione, riduzione in resti ossei di salma tumulata, con mantenimento o meno di cassetta resti ossei dentro la stessa tomba), la capienza originaria delle tombe si dilata, consentendo una autonomia delle stesse e dell’intero cimitero notevolmente maggiorata. Generalmente per l’accesso in una tomba di un feretro contenente salma di persona che aveva diritto alla sepoltura, è sufficiente la verifica di tale situazione attraverso ricerche anagrafiche.
E’, ora, opportuna una breve carrellata sull’orientamento della giurisprudenza in merito alle traslazioni:

Cassazione civile, 13 giugno 1938 n. 896: “In mancanza di disposizioni del de cuius, il diritto di scelta del sepolcro spetta di preferenza al coniuge superstite, che può anche chiedere la traslazione della salma del coniuge predefunto da una tomba di famiglia dove era stata sepolta in un’altra da lui acquistata”.

Consiglio di Stato, Sez. V, 16 giugno 1948 n. 358: “La concessione di un diritto di sepoltura su un terreno sul quale era già stato concesso altro diritto di sepolcro, non viene in essere se il primo concessionario non consente alla trasformazione del diritto di sepolcro e alla traslazione della salma inumata”.

Cassazione civile, 16 dicembre 1974 n. 4288: “Nel giudicare dell’opposizione dei parenti del defunto alla traslazione della salma di questo, ad iniziativa degli attuali aventi diritto alla scelta del sepolcro – a seguito della verificatasi necessità di immutare l’originario luogo di sepoltura – il giudice, una volta accertato che il luogo di sepoltura era stato originariamente determinato dal titolare del relativo diritto, deve valutare con oculata prudenza le giustificazioni addotte per pretendere di operare un trasferimento che comporta esumazione e ritumulazione del cadavere, posto che è avvertita dalla sensibilità degli uomini l’esigenza che le salme dei defunti non vengano, senza adeguate e gravi ragioni, trasferite da un luogo ad un altro”.

Cassazione civile, 11 dicembre 1987 n. 9168: “Il diritto del coniuge rimasto in vita a traslare la salma del coniuge defunto dal luogo di sepoltura ad altro sepolcro, che è limitato solo da diversa volontà del defunto, non è in contrasto con la pietas verso i defunti, perché la coscienza collettiva cui tale sentimento fa riferimento, non recepisce negativamente, né disapprova la traslazione dei resti mortali per un seppellimento ritenuto ragionevolmente più idoneo e conveniente da detto coniuge superstite e dagli altri aventi diritto”.

Consiglio di Stato, pronunciamento del 29/11/2005: “Secondo l’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990 (nel caso di specie, riprodotto nel locale regolamento di polizia mortuaria) il limite alla potestà sindacale di autorizzare l’estumulazione e il trasporto dei feretri va rinvenuto nell’assenso dell’autorità sanitaria sulle cautele da osservare onde evitare pregiudizi alla salute pubblica per il trasporto del feretro, ferme perciò restando le valutazioni del Sindaco circa l’opportunità del trasferimento, dato il carattere latamente discrezionale dell’autorizzazione. Pertanto, nell’esercizio della discrezionalità attribuitagli dall’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990, il Sindaco ben può negare l’autorizzazione all’estumulazione e trasporto della salma sulla sola scorta della volontà del defunto, ove questa sia chiara e inequivocabile”.

________________________________________
(1) Si tratta di una precisa determinazione nel fine della concessione, risultante dall’atto di concessione, che non consente di utilizzare la tumulazione individuale (loculo) se non per la salma indicata nell’atto stesso. Questo, tra l’altro, determina anche l’ulteriore conseguenza che tale salma non può essere oggetto di estumulazione, dal momento che l’estumulazione può essere disposta solo alla scadenza della concessione se, ovviamente quest’ultima non è perpetuaQuesti due elementi costitutivi del rapporto di concessione – fine e durata – inibiscono che il loculo possa essere utilizzato in modo difforme rispetto all’atto di concessione
(2) Quando sia completamente decorso il periodo di sepoltura (20 anni per le tumulazioni e 10 anni per le inumazioni se il turno di rotazione è di durata decennale, si potrà più propriamente parlare di traslazione non più di cadavere, ma di resto mortale.
(3) Nel caso di cremazione occorre uno specifico ulteriore nullaosta dell’Autorità Giudiziaria competente. In caso contrario non si autorizza la cremazione. Laddove si autorizzi il trasporto in altro Comune deve essere fatta menzione della circostanza nel decreto di trasporto di cui all’art. 24 del DPR 285/90.

Articoli Correlati e reperibili con la funzione “CERCA”:

  • Jus Sepulchri: titolo necessario per rilascio autorizzazione al trasporto funebre
  • Il senso della famiglia nel DPR 285/1990
  • Vendita di tombe tra privati
  • Eredi o discendenti?
  • Traslare i resti ossei?
  • La rotazione dei posti feretro
  • L’iter delle estumulazioni

Written by:

Carlo Ballotta

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58 thoughts on “La “Traslazione” nell’ordinamento italiano di polizia mortuaria

  1. X Roberto,

    ERRATA CORRIGE!!! (…mi sono distratto un attimo è ho preso una cantonata mostruosa con quanto scritto in calce)

    Il Riferimento al Regio Decreto n. 1880/1942 non è pertinente perchè la sepoltura nella tomba a terra è avvenuta nel 1998 e non come avevo capito io nel 1968! Ad ogni modo, dovrebbe trattarsi lo stesso di un sepolcro privato a sistema di tumulazione ipogea (cioè con cella mortuaria posta sotto il piano di campagna). Se la concessione risale alla fine anni 90, vigente l’attuale DPR n. 285/1990, il problema della perpetuità non si pone nemmeno, perché essa è stata abrogata per Legge con l’emanazione del DPR n.803/1975 (o secondo altri giuristi addirittura con l’entrata in vigore del III Libro Cod. Civile [Artt. 823 e 824 comma 2] avvenuta nel lontano 20 ottobre 1941).

    Si richiama, qui, la centralità del piano regolatore cimiteriale (previsto già dal DPR 803/1975 e confermato nell’impianto dell’Art. 91 DPR n.285/1990 come pre-condizione affinché si dia luogo a concessione cimiteriale e dello stesso Art. 62 DPR n. 285/1990 in base al quale legittimamente il comune può diffidare il concessionario a provvedere al ridimensionamento del monumento debordante o comunque non conforme alla normativa locale (regolamento municipale di polizia mortuaria, strumenti attuativi del piano regolatore).

    Nel caso il concessionario non adempia spontaneamente quanto ingiuntogli, l’amministrazione procederà d’ufficio, prelevando il monumento dalle dimensioni eccedenti, per poi depositarlo nel magazzeno del camposanto, le spese saranno sempre imputabili al concessionario, anche mediante la sua iscrizione a ruolo (= riscossione coatta ai sensi del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, come modificato con D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 e si veda, anche. il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, come modificato dal già citato D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 per quanto riguarda in particolare i termini dell’iscrizione).

    Risposta errata (sotto)
    ————————–
    X Roberto,

    Il regolamento nazionale di polizia mortuaria, e quello comunale nella gestione ed ordinata ripartizione degli spazi sepolcrali dati in concessione (che, ovviamente sono una risorsa finita e, quindi, non illimitata) , hanno valore di normativa speciale e prevalgono, quindi, sulla legislazione ordinaria, tuttavia in assenza di disposizioni specifiche in materia (data la concessione piuttosto risalente nel tempo) si dovrebbe, pur sempre applicare l’Art. 873 Cod. Civile,

    In linea di principio il Codice Civile ed in particolare le norme che regolano le distanze, detta regole e parametri minimi inderogabili, al di sotto dei quali i regolamenti edilizi locali non possono andare, semmai possono solo diventare più restrittivi; salvo diverse e più restrittive norme locali gli art. 873 e seguenti del Codice Civile sono vigenti e da rispettare, altro chè. Detto questo non è possibile che con delle norme locali si possa derogare ai diritti dettati dal Codice Civile; non dimentichiamoci che gli atti abililtativi (si dovrebbe trattare, stante la normativa vigente, del Permesso di Costruire ex Art. 94 DPR n. 285/1990) sono giuridicamente validi se sono fatti salvi i diritti di terzi; il diritto dei terzi può essere esercitato sempre in sede civile se sono violate le norme del Codice Civile.

    1) Si consiglia innanzitutto di valutare se esista agli atti l’autorizzazione ai lavori da parte del Comune e se questi siano effettuati all’interno dell’area in concessione. Generalmente la questione delle distanze minime fra tombe è risolta a livello di strumenti attuativi del piano regolatore cimiteriale di cui all’Art. 91 DPR n. 285/1990 In assenza di tale piano regolatore però fa fede il progetto approvato dal Comune purchè non debordi dall’area concessa.

    2) La costruzione di una tomba senza che vi sia stata l?approvazione del progetto da parte del sindaco e della commissione edilizia come previsto dal regolamento di polizia mortuaria in vigore negli anni 1960/70, vale a dire il Regio Decreto 21 dicembre 1942, n.1880, art.72, si configura come una violazione di norma regolamentare sanzionata dall?art.358 del RD 27 luglio 1934, n.1265.L?importo di tale sanzione amministrativa è stato di recente elevato dall?’art.16 del D.Lgs. 22 maggio 1999, n.196 ed ha come minimo la somma di tremilioni di lire e come massimo la somma di diciottomilioni di lire. A nostro parere la soluzione migliore appare quella di applicare la sanzione prevista, intimare la presentazione del progetto, poi procedere al collaudo. Non ci sembra, invece, opportuno prevedere in un articolo del regolamento locale di polizia mortuaria una procedura volta al condono di situazioni illegittime.

    Dal punto di vista cimiteriale, la sola sanabilità sarebbe la demolizione del manufatto abusivo.

    Attenzione: il comune non può accollarsi alcun onere di ristrutturazione di una sepoltura privata, poiché le spese per la manutenzione ex Art. 63 DPR n. 285/1990 o il riattamento (giusta l’Art. 106 DPR n. 285/1990) dei sepolcri privati spettano unicamente ai concessionari, altrimenti si incorrerebbe nella responsabilità patrimoniale per danno erariale di cui all’Art. 93 D.Lgs n. 267/2000, l’extrema ratio è sicuramente rappresentata dall’attivazione delle procedure di revoca (per prevalente interesse pubblico) o decadenza (per abbandono amministrativo del sepolcro da parte degli aventi diritto). Questi due ultimi istituti debbono esser contemplati nel regolamento comunale di polizia mortuaria, proprio per garantire loro, in ogni singolo passaggio logico-formale, la massima trasparenza ed efficacia, altrimenti la decisione del comune di procedere d’imperio potrebbe esser foriera di strascichi giudiziari.

  2. Buongiorno, sono tecnico comunale e mi è stato prospettato il seguente problema:
    nel cimitero comunale dove opero c’è una tomba (inumazione nel 1998) a terra realizzata di fronte ad una cappelletta (costituita da n.6 loculi), nonchè nel bel mezzo del passaggio dei visitatori. Non è chiaro ed è irricostruibile data la carenza documentale quale sia stata realizzata prima (forse però la tomba).
    La tomba data la sua posizione ed anche il fatto di emergere di ben 105cm da terra (lapide) impedisce il possibile utilizzo dei due loculi siti al livello più basso della cappelletta, che ne risultano occlusi.
    La tomba è praticamente abbandonata (più volte è stata richiesta autorizzazione per la traslazione agli “eredi” (parenti di secondo o terzo grado) che vivono a circa 800km, ma le varie raccomandate sono sempre state restituite dopo il periodo di giacenza.
    Per carenza di posti all’interno del cimitero, era mia intenzione predisporre la temporanea rimozione della bara per poi intervenirte sulla tomba (un parallelepipedo di cemento privo di ogni carattere artistico), aumentando la profondità dello scavo, demolendo la parte emergente della tomba rendendola a piano di campagna, riposizionare la tomba e riporre nuovamente la lapide, stavolta in orizzontale.
    La soluzione accontenterebbe un pò tutte le possibilità.
    Quale procedura devo seguire e che di quali autorizzazioni necessito per poter fare questa “traslazione temporanea” (se così si può definire visto che viene riposizionata nellao stesso punto, ma comunque prevede due fasi di spostamento quali rimozione e riposizionamento).
    p.s. agli atti del comune naturalemente non esiste nessu documento riguardo la concessione perpetua.

  3. X Franco,

    I cimiteri particolari (= quelli di natura privata) ex Art. 104 comma 4 DPR n. 285/1990, recante l’approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria, rimangono pur sempre assoggettati alla vigilanza comunale ed essi soggiacciono, come qualunque altro sepolcreto comunale, alla vigente normativa statale e locale, anche se, spesso, sono ammessi regolamenti interni finalizzati soprattutto ad un’ottimale gestione dei diritti di sepolcro, in sé assai problematici.

    1) Ora ai sensi dell’Art. 75 commi 1 e 2 DPR n.285/1990 le sepolture a sistema di inumazione non dovrebbero mai avvenire con la cassa metallica (è, infatti, vietato immettere nel ciclo delle quadre ad inumazione elementi non biodegradabili anche giusta l’Art. 75 comma 9, principio ribadito pure dal paragrafo 9 della Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n. 24), qualora però il feretro da interrare, per particolari ragioni che qui sarebbe ozioso ripetere, sia, comunque, costituito dalla doppia cassa di legno e zinco per procedere all’inumazione è d’obbligo la preventiva neutralizzazione del cofano di metallo a tenuta stagna, attraverso l’apertura di opportuni squarci sul coperchio di lamiera. Inumare una bara confezionata con la chiusura ermetica tipica dei feretri di zinco è un NON SENSO alquanto pernicioso, tra l’altro sanzionabile in via amministrativa per grave violazione al DPR n. 285/1990, ai termini dell’Art. 107 dello stesso DPR il quale rinvia all’Art. 358 Regio Decreto n. 1265/1934. Se la trasgressione, invece, riguarda il regolamento comunale di polizia mortuaria o un’ordinanza sindacale (Spesso, infatti, data l’emergenza cronica, di tipo igienico-sanitario,per la saturazione degli spazi sepolcrali, dei cimiteri dell’Hinterland Napoletano si opera con strumenti contingibili ed urgenti quali, appunto le ordinanze sindacali ex Art. 50 comma 5 D.Lgs n. 267/2000) la sanzione da elevare sarà quella di cui all’Art. 7-bis D.LGS N.267/2000, propria dei sistema di diritto punitivo dei regolamenti adottati dai comuni ex Art. 7 D.LGS n.267/2000 e Art. 117 comma 6 III Periodo Cost., così come novellato dalla Legge di Revisione Costituzionale n. 3/2001 (il regolamento municipale di polizia mortuaria, secondo molti giuristi avrebbe addirittura dignità di rango costituzionale, in quanto la materia cimiteriale è espressamente attribuita al comune in forza del combinato disposto tra gli Art. 337, 343 e 394 Regio Decreto n. 1265/1934 e l’Art. 824 comma 2 Cod. Civile, quindi con norme di tipo primario nella gerarchia delle fonti del diritto, ossia aventi valore di Legge ). Il Regolamento comunale di cui sopra, previsto, anche se pleonasticamente, pure dalla recente Legge Regionale campana, rimane sempre soggetto ad omologazione ministeriale ex Art. 358 Regio Decreto n. 1265/1934, quindi seppur nell’ambito di una sua forte autonomia non può mai contraddire la normativa statale (o regionale) quadro.

    2) Le esumazioni si effettuano normalmente dopo 10 anni ed un giorno, tuttavia la durata minima (e non ulteriormente comprimibile) del turno di rotazione in campo di terra, laddove si riscontrino oggettive difficoltà per lo scarseggiare endemico di posti feretro (come succede a Napoli, appunto), è di anni 5, stante l’Art. 82 comma 6 DPR n. 285/1990, (ma alcune ordinanze sindacali, non so quanto legittime, tenderebbero a ridurlo ulteriormente) trascorsi i quali si procede all’esumazione ordinaria, tra l’altro, secondo la Legge Regionale, è il comune, oramai, a fissare il periodo legale di sepoltura per le inumazioni con il proprio regolamento, mentre è il sindaco a disciplinare, nel dettaglio, con propria ordinanza le operazioni cimiteriali ex Art. 82 comma 4 DPR n. 285/1990.

    3) All’atto dell’esumazione si possono rinvenire semplici ossa oppure resti mortali ossia esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo per effetto di mummificazione, saponificazione o corificazione, il loro trattamento d’ufficio è definito, nello specifico, dalla Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10, ancora valevole, perfettamente in tutt’Italia. Richiamato il divieto tassativo di cui all’Art. 87 DPR n. 285/1990 con rinvio all’Art. 410 Cod. Penale (é proibito spezzare o fratturare i cadaveri ancora intatti al fine di costringerli in contenitori dalle dimensioni più ridotte rispetto al loro naturale ingombro) l’ossame, ai termini dell’Art. 85 DPR n. 285/1990, sarà raccolto in apposita cassetta ossario ex Art. 36 DPR n. 285/1990 per una nuova sepoltura privata e dedicata (tumulazione in loculo, nicchia, celletta, tomba di famiglia….) oppure, se non richiesto dagli aventi titolo a disporne, verrà sversato in ossario comune, in modo promiscuo ed indistinto, mentre eventuali salme indecomposte dovranno esser alternativamente re-inumate (nella stessa fossa, o in campo inconsunti), tumulate oppure cremate, visto l’Art. 3 commi 5 e 6 DPR 15 luglio 2003 n. 254. Non sono consentiti altri metodi di “smaltimento” o destinazioni “spurie” non contemplate dalla Legge.

  4. Salve, ho mio padre inumato nel cimitero di fuorigrotta in Napoli (il cimitero sembra che sia di natura privata). Quando morì l’agenzia di pompe funebri mise mio padre in una cassa di zinco ed esternamente di legno ed inumato in terra fresca. Ora dopo 9 anni ho trovato un avviso che la sepoltura è scaduta nel 2007 e la salma dovrebbe essere traslata per far posto ad altri. Possono farlo? purtroppo non ho un loculo dove mettere la salma e al momento, anche volendolo comprare, di liberi non ce ne sono; dunque non so proprio come regolarmi. Volevo se possibile un vostro consiglio di come agire grazie saluti Franco

  5. X Daniele,

    anche in Emilia Romagna, per il trasporto di cadavere valgono pur sempre le norme del capo IV DPR n.285/1990 integrate, laddove necessario, dalle disposizioni di cui alla DETERMINAZIONE DEL RESPONSABILE DEL SERVIZIO SANITA’ PUBBLICAn. 13871/2004, adottata ai sensi dell’Art. 10, comma 3, della L.R. n. 19/2004.
    Ad ogni modo il flusso informativo (verifica preliminare dello jus sepulchri, verbalizzazione sull’idoneità del feretro al trasferimento ex Art. 88 DPR n. 285/1990, con conseguente rilascio dell’autorizzazione al trasporto) è sempre lo stesso.

    Qui da noi, in Emilia Romagna (io sono di MODENA) non è più necessaria ex Art. 12 Legge Regionale n.19/2004, la presenza di personale sanitario all’atto dell’estumulazione, purchè i necrofori in servizio presso il cimitero siano adeguatamente formati ed addestrati.

  6. Con ordinanza del sindaco (o assessore competente) viene regolata la materia
    delle traslazioni nel dettaglio stante il combinato disposto tra gli Artt.
    82 comma 4 e 86 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285; quest’ultima può
    essere normata anche dal regolamento di polizia mortuaria comunale e in
    assenza dei due (ordinanza e regolamento comunale) vale la norma statale,
    sempre che non ci sia un normativa regionale configgente e prevalente, per
    questa ragione sarebbe interessante sapere da quale regione Lei scriva.

    Ad ogni modo, si applica l’Art. 88 dPR 10/9/1990, n. 285.

    La traslazione, durante il periodo legale di sepoltura, puo’ essere
    effettuata alla (sola) condizione che l’ASL o il personale necroforo in
    servizio presso il cimitero ” a quo” (cioè quello di prima sepoltura”, in
    funzione di qualche specifica norma regionale constati, al momento
    dell’estumulazione, la perfetta tenuta del feretro e l’assenza di
    (potenziali) pregiudizi per la salute pubblica. Se il feretro già
    confezionato con la doppia cassa è integro e non presenta lesioni si
    autorizza ex Artt. 23 e 24 DPR n. 285/1990 il trasporto e si procede allo
    stesso, altrimenti è di rigore l’avvolgimento (= rifascio) con cassone di
    zinco esterno, così come precisato anche dalla Circ. Min. n. 10/1998.

    La responsabilità in capo all’impresa funebre di certificare il corretto
    confezionamento del feretro vale ” a caldo” ossia il giorno del funerale, e
    non è estensibile ad altre fattispecie, nel caso, appunto di traslazioni,
    pertanto spetta all’ASL o ai necrofori del camposanto la verbalizzazione
    sulla conformità della cassa alle prescrizioni di cui all’Art. 30 DPR n.
    285/1990 (sostanzialmente feretro predisposto con la doppia cassa di legno e
    metallo ossia feretro idoneo al trasporto di cui, appunto, all’Art. 30 ed
    alla tumulazione giusta l’Art. 77 DPR n. 285/1990.)

    MI sia consentita una piccola postilla burocratica a me tanto cara: E’
    semplicemente abnorme la prospettazione per cui l’autorizzazione di cui
    all’art. 74 RSC dovrebbe “seguire” le spoglie mortali. Evidentemente, se ne
    oblitera la funzione!.
    Una volta che un feretro e’ stato accolto in un cimitero, e’ questo ad
    averlo in carico ed un eventuale trasferimento altrove richiede, unicamente,
    gli accertamenti di cui all’art. 88 dPR 10/9/1900, n. 285, oltrechè
    l’autorizzazione al trasporto, se la traslazione abbia come destinazione
    altro cimitero.

    La certificazione igienico-sanitaria di cui all’Art. 88 DPR n. 285/1990 è prodromica e propedeutica al rilascio dell’autorizzazione al trasporto, ne costituisce, infatti, necessaria premessa, ragion per cui se si segue la procedura sin qui delineata non dovrebbero sussistere ragioni ostative al ricevimento del feretro nel cimitero di nuova destinazione.

    In proposito la normativa si sta evolvendo verso l’eliminazione del doppio controllo (in partenza e all’arrivo) purché siano adottate precise cautele.

    II servizio di custodia del cimitero di arrivo verificherà l’integrità del feretro e la corrispondenza di questo con l’attestazione di cui sopra.

    Solo nel caso di constatata effrazione della cassa o del sigillo che sovente l’accompagna dovrà redigersi processo verbale da inoltrare poi al comune di partenza che ha perfezionato il titolo di trasporto ed all’ASL competente per territorio.

    L’accertamento dell’infrazione (feretro non a norma con l’Art. 30 DPR n. 285/1990), ma non l’applicazione della relativa sanzione, può avvenire anche a mezzo del custode del cimitero, che segnala la violazione, per via gerarchica all’Autorità (Comune o ASL) in capo a cui sorge la responsabilità della vigilanza sui trasporti funebri e sui cimiteri.

    Nel frangente di una riscontrata irregolarità della bara (ad esempio: fuoriuscita di cattivi odori o peggio ancora di fetidi liquami cadaverici) essa sosterà in camera mortuaria per il tempo strettamente necessario a disporre il cosiddetto rifascio.

  7. Per la traslazione di un feretro (ad 1 anno dalla morte) da un comune ad un altro, come deve essere confezionato il feretro? la responsabilità del confezionamento è del necroforo o di chi effettua il trasporto ?
    Il comune ricevente può rifiutare il ricevimento se non idoneamente confezionato?

  8. Gentile Sabrina

    bisogna innanzi tutto precisare se con la parola “resti” s’intenda il semplice ossame racchiuso in cassetta di zinco ex Art. 36 DPR n.285/1990 oppure, ai sensi del DPR n. 254/2003 gli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo (cadaveri saponificati, corificati o mummificati).

    Anche il linguaggio “necroforese” degli stessi addetti ai lavori su questo punto non è per nulla chiaro e rigoroso.

    Tutti i trasporti funebri (di salme, cadaveri, ossa, ceneri, esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo) sono soggetti ad autorizzazione comunale (Artt. 24, 27, 28 e 29 DPR 285/90), ma se per ossa e ceneri non si rileva alcuna criticità sotto il profilo sanitario più problematico è il trasporto quando per la presenza di parti molli si verifichi la percolazione nell’ambiente esterno di liquami cadaverici con la produzione di miasmi nauseabondi.

    Si dovranno, quindi, adottare tutte le misure di cui agli Artt. 20 (mezzi di trasporto) e 30 ed 88 confezionamento e sistemazione del feretro) DPR 285/1990.

    Per trasportare i cadaveri occorrono particolari mezzi (le cosiddette autofunebri), con caratteristiche tecniche specificate dall’Art. 20 DPR 285/90, mentre per urne cinerarie e cassette ossario, non sussistendo pericoli d’infezione, possono provvedere gli stessi famigliari oppure una ditta di normali autotrasporti.

    Anche per i trasporti internazionali valgono questi principi, come sottolineato anche dalla circolare esplicativa n. 24 al regolamento nazionale di polizia mortuaria emanata dal Ministero della sanità il 24 giugno 1993.

    La richiesta di traslazione si sostanzia in questi tre passaggi fondamentali:

    1) consenso (= volontà) degli aventi titolo, individuati secondo il criterio della consanguineità con il de cuius, a disporre del cadavere del de cuius stesso dopo il primo periodo di sepoltura legale. Il coniuge superstite ha titolo privilegiato, mentre tra più famigliari dello stesso grado occorre l’unanimità.
    2) assenza di disposizioni contrarie del de cuius o del fondatore del sepolcro a che il feretro in questione possa esser rimosso dalle cella in cui fu murato (è il caso delle cosiddette “tombe chiuse”, ossia di quei sepolcri nel cui atto di concessione siano specificati particolari obblighi a mantenere un determinato cadavere nell’avello in cui fu precedentemente tumulato sino alla scadenza della concessione) Questo principio è stato ribadito anche dalla giurisprudenza. Si veda a tal proposito T.A.R. Emilia Romagna, Sez. Bologna, 31 ottobre 1988 n.. 373 La riduzione delle salme nel sepolcro familiare può essere vietata ove ciò risponda ad una precisa volontà in tal senso del fondatore o dei suoi aventi causa..[omissis].
    3) Titolo di trasferimento del cadavere o delle sue trasformazioni di stato (semplice ossame, esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo causato dall’insorgere di mummificazione, saponificazione o corificazione verso una nuova destinazione ritumulazione, inumazione in campo inconsunti per almeno 5 anni (bastano 2 anni se il prodotto da mummificazione, saponificazione o corificazione è addizionato con sostanze biodegradanti) oppure cremazione. Per il solo ossame vale quanto detto prima (ossario comune o raccolta delle ossa in cassetta ossario).
    Il procedimento, ex Legge n.241/1990 e S.M.I. si completa e si perfeziona con il rilascio delle relative autorizzazioni all’estumulazione ed al trasporto stesso.

    Tutti i trasporti funebri sono sono vincolati alla regola della tipicità, ovvero debbono sempre specificati:

    L’oggetto del trasporto (bara, urna, cassetta ossario contenitore per resti mortali)
    L’incaricato del trasporto (colui che prende in consegna l’oggetto del trasporto)
    Il luogo di partenza con eventuale sosta intermedia (il deposito d’osservazione, l’abitazione del de cuius, il servizio mortuario ospedaliero, il cimitero di prima sepoltura…)
    Quello d’arrivo (il cimitero di nuova destinazione, il crematorio, un sepolcro privato posto fuori del recinto cimiteriale, una tumulazione privilegiata, l’Estero…….)

    La lettera della legge individua nel sindaco il soggetto istituzionale preposto al rilascio delle autorizzazioni ad trasporto, ma dopo la Legge 142/90 e sopratutto ai sensi del Decreto Legislativo 267/2000 (Nuovo ordinamento enti locali) ci si deve riferire al dirigente dei servizi di polizia mortuaria comunali (di solito sono accorpati con i servizi demografici/Stato Civile) oppure al funzionario incaricato per comuni privi di figure dirigenziali.

    Tutte le autorizzazioni ai trasporti funebri, siano all’interno del Comune o in partenza da questo per il territorio nazionale o per l’estero, sono assoggettate all’imposta di bollo, nella misura di €. 14,62, come recentemente aggiornata dal Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 24 maggio 2005.
    Lo ha definitivamente chiarito la Risoluzione 75/E del 3 giugno 2005, dell’Agenzia delle Entrate.

    I tempi tecnici non dovrebbero esser lunghissimi, se si tratta di estumulare una o più cassette ossario non occorre nemmeno la presenza di personale sanitario per controllare la tenuta stagna del feretro.

    All’operazione (rimozione della lapide, smuratura del tamponamento di solito costutuito da mattoni o lastra in cemento, estrazione delle cassette ossario, delle urne o della cassa) sovrintende l’incaricato del servizio di custodia, egli redige il verbale ed annota la traslazione sui registri cimiteriali.

    L’incaricato del trasporto (non deve esser necessariamente un’impresa funebre) durante il tragitto deve sempre esser muinito del decreto di trasporto, ossia dell’autorizzazione al trasporto stesso che sarà consegnato al custode del cimitero d’arrivo.

    Il comune di partenza comunica al comune d’arrivo il decreto di trasporto (Art. 24 DPR 285/90) e deve sincerarsi sul titolo di accoglimento del feretro, dell’urna o della cassetta ossario emesso dallo stesso comune d’arrivo ai sensi dell’Art. 50 DPR 285/90.

    Esempio: il comune x non autorizza il trasporto funebre di y perchè il comune di z non sa ancora dove e come y verrà sepolto.

    Ci sono due modi per implementare queste operazioni:

    Gli aventi titolo (nella fattispecie Sua madre) si recano nel comune dove i resti sono sepolti ed in prima persona attende al disbrigo delle paratiche.
    Ci sia affida ad un’impresa funebre di fiducia, essa essendo anche agenzia D’AFFARI ai sensi del Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza autorizzata, pertanto, ad occuparsi degli adempimenti amministrativi per conto della propria clientela si attiverà, presso il comune competente per tutto il processo autorizzatorio.
    Il comune che deve predisporre l’autorizzazione all’estumulazione ed al trasporto è quello dove fisicamente sono sepolti i resti da traslare.

    Nella speranza di esserLe stato di qualche aiuto Le formulo i più sinceri saluti.

    carlo (giornalista-necroforo)

    Post scriptum: se Lei ha bisogno di qualche ulteriore delucidazione sa dove e come trovarmi.

  9. Sto per trasferirmi definitivamente fuori Regione e vorrei traslare nel cimitero del nuovo comune dove andrò ad abitare i resti dei miei nonni.
    E’possibile?
    Se sì, quali sono gli adempimenti burocratici da implementare?

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