Con il termine “traslazione” s’intende l’operazione di trasferimento di feretro interna o esterna al cimitero da una sepoltura ad un’altra.
Nel nostro ordinamento di polizia mortuaria vige il principio di stabilità delle sepolture, sino a quando non si siano compiuti i naturali processi di mineralizzazione; detto postulato implicito e quindi fondativo di tutto il sistema funerario italiano è, tra l’altro, deducibile da questi elementi di diritto e giurisprudenziali:
“Art. 116 comma 2 del art. 116 D.Lgs. 28/7/1989, n. 271 il quale così recita: “Il disseppellimento di un cadavere può essere ordinato, con le dovute cautele, dall’autorità giudiziaria se vi sono gravi indizi di reato.
“Corte d’appello di Palermo, 7 febbraio 1930 n. 442 Il permesso di immettere un cadavere in una sepoltura particolare, dato da chi è il proprietario, non è revocabile dopo che l’inumazione abbia avuto luogo. È ammissibile la prova testimoniale per accertare il consenso dato dal proprietario alla sepoltura per tale ammissione.
” Art. 86 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285: “Le tumulazioni, quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private a concessione perpetua si eseguono allo scadere del periodo di concessione e sono regolate dal sindaco”.
Lo stesso DPR 10 settembre 1990 n. 285 con l’Art. 84 detta precise limitazioni soprattutto di ordine igienico-sanitario per evitare, al possibile, il contatto diretto dei necrofori o dei visitatori del cimitero con le percolazioni ammorbanti dei cadaveri sino a quando non si siano compiuti i processi di mineralizzazione. Il comune può integrare queste prescrizioni attraverso il proprio regolamento con ulteriori requisiti e condizioni, dette restrizioni possono anche esser funzionali anche ad un contenimento di richieste pretenziose in contrasto con una strategia di gestione del cimitero improntata all’economicità poiché le operazioni cimiteriali spesso risultano molto onerose per l’erario comunale, anche dopo l’avvento dell’Art. 1 comma 7 bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26.
La mobilità delle spoglie umane durante e dopo il periodo legale di sepoltura (con il termine volutamente generico di “spoglie” s’intendono necessariamente i cadaveri e le loro trasformazioni di stato ossia ossa, ceneri ed esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo) è tuttavia sancita dal combinato disposto tra gli Artt. 24, 36 ed 88 comma 5 e soprattutto 88 del DPR 10 settembre 1990 n. 285 senza dimenticare l’Art. 3 commi 2 e 5 del DPR 15 Luglio 2003 n. 254 relativo al procedimento autorizzatorio per il trasferimento di parti anatomiche riconoscibili e resti mortali.
Questo diritto di natura personale il cui esercizio resta comunque subordinato ad autorizzazione, così come il dar sepoltura, si configura sempre come un atto di disposizione in termini di pietas e sacrale rispetto verso defunti e la loro memoria poiché attiene alla sfera ei sentimenti più intimi.
La tumulazione di soggetti estranei al nucleo famigliare è legittima, in base al criterio delle benemerenze (Art. 93 comma 2 DPR 285/1990) ma deve esser autorizzata di volta in volta dal concessionario, egli così esercita lo jus sepulchri in senso attivo e passivo.
Secondo un altro filone della dottrina in caso di benemerenze, oltre al titolare della concessione avrebbe potere di esprimersi chiunque, tra i famigliari, veda compresso il proprio jus sepulchri (inteso, pur sempre come mera aspettativa, secondo la capienza del sacello ed in rapporto alla cronologia degli eventi luttuosi). Secondo autorevolissima giurisprudenza (Cass., I Sez., 16 febbraio 1988) i familiari del concessionario sono titolari di un diritto di riserva che non può essere compromesso da nessun atto di disposizione.
È facile notare come questa soluzione imponendosi di tutelare massimamente lo jus sepulchri derivato dallo jus sanguinis di tutti i congiunti del fondatore comporti una procedura piuttosto farraginosa, dove elevatissime sarebbero le possibilità di conflitto, il cui unico risultato perverso condurrebbe alla paralisi, con il conseguente non uso della tomba, per molto tempo.
È, allora, possibile effettuare la estumulazione di un feretro tumulato in un sepolcro, per poi trasferirlo ad altra sepoltura o per dar luogo ad una pratica funebre diversa dalla tumulazione (inumazione o cremazione)?
Sì, laddove fin dall’inizio della tumulazione questa non fosse rientrata nella fattispecie della cosiddetta “tomba chiusa (1) per espressa volontà del fondatore del sepolcro. Egli, infatti è il titolare originario della concessione e riserva il sepolcro sibi familiaeque suae, ossia per sé e per la sua famiglia ai sensi dell’Art. 93 comma 1 DPR 285/90.
In altri termini, se chi ha fondato il sepolcro ha inserito la clausola espressa secondo cui per nessun motivo la spoglia ivi sepolta deve essere trasferita, gli aventi titolo non possono, fino alla scadenza della concessione, contrastare tale volontà. L’Autorità Comunale (Art. 107 comma 3 Decreto Legislativo 267/2000) dovrebbe quindi opporre rifiuto motivato (Art. 3 Legge 241/1990) ad una richiesta in tal senso.
L’estumulazione se è finalizzata allo spostamento verso altra sepoltura e non comporta l’apertura della cassa (asportazione del coperchio ligneo e taglio del nastro metallico ex Art. 75 comma 2 DPR 285/90) può, più correttamente, esser definita traslazione, altrimenti si ricadrebbe nella fattispecie della cosiddetta “verifica”, ossia una ricognizione sullo stato di mineralizzazione del cadavere volta alla raccolta dei resti ossei in cassetta di zinco (Art. 86 comma 5 DPR 285/1990).
Il combinato disposto dal comma 1 dell’art. 88, dal comma 5 dell’art. 86 e dall’art. 89 (che rinvia all’art. 83) del DPR 285/90 è alla base della possibilità di estumulazione con relativa raccolta di resti mortali in caso di tomba di concessione di durata superiore a 20 anni. In altri termini è possibile la estumulazione da una tomba, concessa per la durata ad es. di 99 anni, effettuata per una salma tumulatavi dopo 10 anni dall’inizio della concessione e decorsi ad es. 30 anni dalla tumulazione (è anzi auspicabile per far posto a nuove sepolture ove necessario). Non si vedrebbe infatti la differenza fra questo caso (99 anni, salvo rinnovo) e il caso di perpetuità, esplicitamente consentito comma 2 dell’art. 86 del DPR 285/90.
In merito alla manomissione della cassa occorre una precisazione: nel ciclo delle sepolture a sistema di inumazione (campi comuni o quadre date in concessione quali sepolture private ex Art. 90 comma 2 DPR 285/90) è vietato, per il possibile, immettere materiali non biodegradabili quali appunto la lamiera di zinco o piombo, mentre anche per la cremazione molte legislazioni locali cominciano a prescrivere l’uso tassativo della sola cassa di legno, magari foderata internamente con una traversa impermeabile, ma, al contempo facilmente combustibile oppure con un dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante per trattenere eventuali percolazioni, si veda a tal proposito l’Art. 18 comma 2 del regolamento regionale lombardo 9 novembre 2004 n. 6.
Quindi se la “traslazione” comporta un passaggio da un avello ricavato in un blocco murario, ad una fossa l’originaria bara non deve esser sostituita (come, invece, accade per l’interro dei resti mortali Paragrafo 2 Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10 e Risoluzione del Ministero della Salute .n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004), più semplicemente occorrerà neutralizzare la cassa a tenuta stagna praticando tagli e squarci sul nastro metallico del coperchio.
Interessante il caso contrario ossia la tumulazione di un cadavere precedentemente inumato (in sola cassa lignea). Se, all’atto dello scavo il cofano si dimostra ancora integro e con spessore di 25 mm basta il rifascio, quindi la deposizione del feretro in un cassone di zinco da saldarsi prima della sepoltura. Se, invece, come è più probabile, la cassa si è sfasciata sotto il peso del terreno, è necessario l’impiego di un nuovo feretro con le caratteristiche di cui all’Art. 30 DPR 285/1990.
L’intervento è piuttosto scabroso e complicato, di solito si procede così: i necrofori si calano nella buca ed avvolgono il cadavere in un “body bag” (detto altrimenti “sacco da recupero”) munito di maniglie, così da facilitarne il sollevamento e la composizione entro la nuova bara.
Naturalmente tutta la fase istruttoria precedente all’operazione cimiteriale vera e propria si perfeziona quando sia individuato un titolo (detto altrimenti diritto di sepoltura ai sensi dell’Art. 50 DPR 285/90) tale per cui il feretro possa esser accolto nel cimitero di arrivo.
Altra condizione costitutiva dell’autorizzazione alla traslazione è un’attestazione di garanzia in cui il personale sanitario o lo stesso gestore del camposanto, se è intervenuta una riforma regionale sui servizi cimiteriali, certifichino, prima del trasporto la perfetta tenuta della bara, da perseguire anche mediante il rifascio della casse ex paragrafo 3 Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10, al fine di escludere pericoli per la salute pubblica cagionati dal rischio di per fusione all’esterno del cofano dei miasmi cadaverici.
Se si tratta di constatare la tenuta del feretro (art. 88 DPR 285/1990), fattispecie che la normativa regionale non considera e, quindi, da qualificare come tuttora vigente, è necessario un verbale di tale constatazione (ponendo tra l’altro la questione su chi ne abbia la competenza).
A giudizio dei più eruditi glossatori l’articolo 83 del DPR 285/90 si applicherebbe al trasporto in altre sepolture o crematoi del medesimo cimitero, invece l’articolo 88 si riferirebbe alle estumulazioni di feretri per il trasporto anche in altri cimiteri. Da queste considerazioni consegue l’ammissibilità della delega, accompagnata da dettagliate prescrizioni, in caso di esumazioni ed estumulazioni straordinarie finalizzate al trasporto dei feretri all’interno del medesimo cimitero. Nel caso in cui la movimentazione della cassa fosse finalizzate al trasporto in altra sede si propende per l’inammissibilità della delega. (1) Cfr. BRUSCHI – PANETTA, Nuovo ordinamento di polizia mortuaria, Bologna, 1991, 180 ss.
Seguendo i criteri stabiliti dal regolamento e/o negli atti originari di concessione, si procede d’ufficio su istanza di uno degli interessati, si tenga, però, presente come una volta avvenuto la sistemazione nel cimitero, seppure senza titolo, non sia più possibile disporre il trasferimento in altro cimitero con atto d’ufficio, al massimo si potrà procedere ex Artt. 49 e 50 DPR 285/90 con il collocamento del feretro nel campo comune ad inumazione nel cimitero in cui il cadavere si trova. (Sereno Scolaro).Eventuali provvedimenti con cui si ordini il trasferimento della salma in altro sepolcro e, in difetto, il trasferimento della salma in campo comune, sono altrettanto a titolo oneroso, così che in difetto di assunzione spontanea dell’onere, può farsi ricorso alle procedure di cui al D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, quale modificato dal D. Lgs. 17 agosto 1999, n. 326.
Se si tratta di traslazione di cadavere dopo un primo periodo di sepoltura (si veda circolare n.10/1998 del Ministero della Sanità ed Art. 3 DPR 254/2003 per la distinzione fra resti mortali (2) e cadavere) l’incaricato del trasporto, ai sensi dell’articolo 23 del DPR 285/90, deve essere munito di relativa autorizzazione al trasporto, secondo il dettato dell’ art. 24. Per trasporti interni allo stesso cimitero basta l’annotazione negli appositi registri di cui all’Art. 52 DPR 285/1990.
L’autorizzazione alla sepoltura originale (n.d.r. ora autorizzazione alla inumazione o alla tumulazione, ai sensi dell’art. 74 del DPR 396/2000) resta nel cimitero di prima sepoltura, non essendo richiesto per legge che segua il cadavere.
La licenza di seppellimento (ora definita autorizzazione alla sepoltura) è infatti il documento in base al quale, dopo aver accertato a mezzo del medico necroscopo l’incontrovertibile realtà della morte, l’Ufficiale di stato civile autorizza la sepoltura della spoglia del de cuius.
Pertanto una volta espletata tale funzione, non è più necessario che questa venga ripetuta, né tanto meno richiesta. È invece importante trasmettere al seguito del feretro eventuali disposizioni concernenti: divieto di cremazione (3) fino a nulla osta dell’autorità giudiziaria, morte per malattia infettivo diffusiva.
Il servizio di custodia del cimitero a quo, cioè di provenienza può senz’altro fornire, per conoscenza, una fotocopia dell’autorizzazione alla sepoltura da conservare agli atti del cimitero di nuova destinazione, ma questa modalità operativa non essendo obbligatoria è del tutto facoltativa e non deve tradursi in un ingiustificato aggravamento delle procedure vietato, per altro, dalla Legge sul procedimento amministrativo dall’Art.1 comma 2 7 agosto 1990 n. 241.
Per quanto concerne i resti mortali deve sempre esser rilasciata l’autorizzazione al trasporto (art. 24 e segg. DPR 285/90) assieme all’eventuale autorizzazione alla cremazione senza, però, la procedura aggravata di cui ai commi 4 e 5 dell’Art. 79 DPR 285/90. Se il trasferimento avviene entro i confini dello stesso cimitero sarà sufficiente la sola annotazione sull’apposito registro di cui all’Art. 52 DPR 285/90 dove verrà anche indicata l’eventuale trasformazione di stato del cadavere in ceneri per effetto di cremazione oppure ossa se vi è stata riduzione in cassetta ossario dei resti ossei.
La gestione autorizzatoria per il trasporto e le operazioni cimiteriali riguardanti i resti mortali viene attribuita dal comma 5 dell’articolo 3 del DPR 254/03 ad un ufficio del Comune in cui avviene la esumazione o la estumulazione.
Ne consegue che si rende necessaria l’individuazione da parte della Giunta comunale dell’ufficio competente attraverso il regolamento di organizzazione degli uffici. Questo comporta che la Giunta comunale potrà decidere di attribuire detta competenza anche al responsabile del cimitero. In attesa della emanazione del regolamento si procede con Ordinanza del Sindaco ad individuare le figure competenti, generalmente coincidenti con il Responsabile del cimitero, cui ai sensi dell’art. 17, è attribuita la funzione di sorveglianza e rispetto delle disposizioni del DPR 254/2003;
La traslazione non influisce sull’assetto temporale di una concessione La perpetuità della concessione di un’area o dell’uso di un sepolcro è indipendente dal “tragitto” fatto dal feretro (cioè dal fatto che la stessa vi pervenga dopo tumulazione in altra sepoltura concessa per 6 mesi, 30 anni o altro), se, ovviamente lo spostamento del feretro non comporta un mutamento (o esaurimento?) dei fini nel rapporto concessorio.
È soprattutto il caso della tomba “monoposto”, definita anche come “sepoltura dedicata”, in cui il diritto d’uso è subordinato all’accoglimento delle spoglie di solo un determinato individuo. L’estumulazione provocherebbe l’estinzione della concessione stessa con relativa pronuncia di decadenza da parte dell’autorità comunale.
Rilevano sono solo 2 elementi sostanziali, previsti dall’art. 93 del DPR 285/1990:
a) Il diritto all’utilizzo del sepolcro (connesso al grado di parentela col fondatore del sepolcro e cioè del primo concessionario);
b) L’effettiva capienza nel sepolcro (essa è da intendersi in senso sostanziale, pertanto se vi è spazio per cassetta resti ossei o urna cineraria queste possono essere tumulate, ma se non vi è per un feretro, questo deve trovare altra collocazione a meno che attraverso la riduzione in resti non si possa liberare spazio nella tomba oppure si trasformi subito in cenere il cadavere da tumulare, per il quale, però, non c’è posto).
Spesso la richiesta di traslazione è volta ad una riunione simbolica ed anche fisica di più defunti appartenuti allo stesso nucleo famigliare o affettivo. Possiamo ora porci questo quesito: chi ha diritto ad esser sepolto in un sepolcro privato: È il regolamento di polizia mortuaria comunale che stabilisce come intendere il concetto di famiglia (in senso stretto o allargato). In assenza, valgono le norme del Codice Civile, o meglio il combinato disposto tra l’Art. 93 DPR 285/1990 e gli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile).
L’amministrazione comunale ha tutto l’interesse a facilitare l’uso di tombe esistenti, per massimizzare la capienza cimiteriale. Pertanto si può sempre estendere il diritto di sepolcro (altrimenti ristretto alla famiglia)attraverso l’istituto della benemerenza (da definirsi con maglie più o meno larghe e sempre nel rispetto del criterio che non vi sia lucro e speculazione, ai sensi dell’art. 93 comma 2 del DPR 285/90). Se il fondatore del sepolcro non ha deciso diversamente, il sepolcro è di tipo familiare (Cassazione civile, 24 marzo 1928 n. 613 Quando il fondatore del sepolcro non abbia, per chiari segni, manifestato una volontà contraria, deve presumersi abbia inteso di escludere dall’uso della tomba le persone di coloro che non facciano parte del nucleo familiare).
Hanno, così, diritto di entrarvi i familiari del fondatore ed estintasi la la sua famiglia, gli eredi, purché entro la capienza massima del sepolcro. Su questo punto s’infiamma il dibattito degli studiosi: alcuni ritengono che gli eredi siano esclusi dallo jus sepulchri altri forse favorevoli ad un utilizzo più intenso e responsabile del patrimonio cimiteriale vorrebbero dilatare lo jus sepulchri anche agli onerati (si tratta di quanti attraverso successione mortis causa sono subentrati nella titolarità della tomba, intesa come proprietà, ma non del diritto ad esser ivi tumulati o inumati).
Per effetto delle recenti tendenze (cremazione, riduzione in resti ossei di salma tumulata, con mantenimento o meno di cassetta resti ossei dentro la stessa tomba), la capienza originaria delle tombe si dilata, consentendo una autonomia delle stesse e dell’intero cimitero notevolmente maggiorata. Generalmente per l’accesso in una tomba di un feretro contenente salma di persona che aveva diritto alla sepoltura, è sufficiente la verifica di tale situazione attraverso ricerche anagrafiche.
E’, ora, opportuna una breve carrellata sull’orientamento della giurisprudenza in merito alle traslazioni:
Cassazione civile, 13 giugno 1938 n. 896: “In mancanza di disposizioni del de cuius, il diritto di scelta del sepolcro spetta di preferenza al coniuge superstite, che può anche chiedere la traslazione della salma del coniuge predefunto da una tomba di famiglia dove era stata sepolta in un’altra da lui acquistata”.
Consiglio di Stato, Sez. V, 16 giugno 1948 n. 358: “La concessione di un diritto di sepoltura su un terreno sul quale era già stato concesso altro diritto di sepolcro, non viene in essere se il primo concessionario non consente alla trasformazione del diritto di sepolcro e alla traslazione della salma inumata”.
Cassazione civile, 16 dicembre 1974 n. 4288: “Nel giudicare dell’opposizione dei parenti del defunto alla traslazione della salma di questo, ad iniziativa degli attuali aventi diritto alla scelta del sepolcro – a seguito della verificatasi necessità di immutare l’originario luogo di sepoltura – il giudice, una volta accertato che il luogo di sepoltura era stato originariamente determinato dal titolare del relativo diritto, deve valutare con oculata prudenza le giustificazioni addotte per pretendere di operare un trasferimento che comporta esumazione e ritumulazione del cadavere, posto che è avvertita dalla sensibilità degli uomini l’esigenza che le salme dei defunti non vengano, senza adeguate e gravi ragioni, trasferite da un luogo ad un altro”.
Cassazione civile, 11 dicembre 1987 n. 9168: “Il diritto del coniuge rimasto in vita a traslare la salma del coniuge defunto dal luogo di sepoltura ad altro sepolcro, che è limitato solo da diversa volontà del defunto, non è in contrasto con la pietas verso i defunti, perché la coscienza collettiva cui tale sentimento fa riferimento, non recepisce negativamente, né disapprova la traslazione dei resti mortali per un seppellimento ritenuto ragionevolmente più idoneo e conveniente da detto coniuge superstite e dagli altri aventi diritto”.
Consiglio di Stato, pronunciamento del 29/11/2005: “Secondo l’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990 (nel caso di specie, riprodotto nel locale regolamento di polizia mortuaria) il limite alla potestà sindacale di autorizzare l’estumulazione e il trasporto dei feretri va rinvenuto nell’assenso dell’autorità sanitaria sulle cautele da osservare onde evitare pregiudizi alla salute pubblica per il trasporto del feretro, ferme perciò restando le valutazioni del Sindaco circa l’opportunità del trasferimento, dato il carattere latamente discrezionale dell’autorizzazione. Pertanto, nell’esercizio della discrezionalità attribuitagli dall’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990, il Sindaco ben può negare l’autorizzazione all’estumulazione e trasporto della salma sulla sola scorta della volontà del defunto, ove questa sia chiara e inequivocabile”.
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(1) Si tratta di una precisa determinazione nel fine della concessione, risultante dall’atto di concessione, che non consente di utilizzare la tumulazione individuale (loculo) se non per la salma indicata nell’atto stesso. Questo, tra l’altro, determina anche l’ulteriore conseguenza che tale salma non può essere oggetto di estumulazione, dal momento che l’estumulazione può essere disposta solo alla scadenza della concessione se, ovviamente quest’ultima non è perpetuaQuesti due elementi costitutivi del rapporto di concessione – fine e durata – inibiscono che il loculo possa essere utilizzato in modo difforme rispetto all’atto di concessione
(2) Quando sia completamente decorso il periodo di sepoltura (20 anni per le tumulazioni e 10 anni per le inumazioni se il turno di rotazione è di durata decennale, si potrà più propriamente parlare di traslazione non più di cadavere, ma di resto mortale.
(3) Nel caso di cremazione occorre uno specifico ulteriore nullaosta dell’Autorità Giudiziaria competente. In caso contrario non si autorizza la cremazione. Laddove si autorizzi il trasporto in altro Comune deve essere fatta menzione della circostanza nel decreto di trasporto di cui all’art. 24 del DPR 285/90.
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- Traslare i resti ossei?
- La rotazione dei posti feretro
- L’iter delle estumulazioni
La tumulazione di una bara in una tomba privata traslata da altra tomba pubblica in contrasto con la volontà scritta dai concessionari fondatori della tomba e da loro sottoscritta nell’Atto di concessione, eseguita da parte di un erede di un fondatore in violazione dell’esplicito divieto sancito nell”Atto, deve considerarsi atto abusivo e quindi sanabile a tutti gli effetti? Grazie.
Tommaso ALBANESE
X Tommaso,
l’atto di autorizzazione alla traslazione sorge geneticamente nullo, perchè viziato da almeno due elementi di illegittimità:
1) gli eredi in quanto tali (la qualificazione di “EREDE” comporta sempre una natura patrimoniale dei diritti da essa scaturenti) non sono titolari di alcun potere di disposizione sulle spoglie mortali.
2) La concessione-contratto, nella parte in cui scolpisce nella lex sepulchri un determinato divieto, ha valore di Legge tra le parti contraenti, il Comune in ottemperanza alle obbligazioni sinallagmatiche contratte al momento della stipula del regolare atto di concessione deve vigilare sulla vigenza di questa proibizione scritta e sancita, per giunta all’atto della fondazione del sepolcro.
Non si sana proprio nulla: ogni morto deve esser sepolto al proprio legittimo posto, anche perchè compete al Comune, pur sempre, la verifica preliminare sul diritto di accoglimento di ogni defunto nella propria tomba e la tenuta ex art. 10 D.Lgs n. 267/2000, dei pubblici registri cimiteriali, nella forma massimamente corretta e veritiera.
Nei rapporti concessori già in essere si applica la ferrea legge del tempus regit actum, non potendosi, così, modificare a piacere una lex sepulchri già stabilita per volontà del concessionario.
L’autorizzazione alla traslazione, a suo tempo rilasciata, dovrà esser ritirata dalla P.A. con atto di riesame, per mancanza dei presupposti minimi su cui si dovrebbe aver incardinato una doverosa istruttoria, mancano infatti la legittimazione sia a richiedere sia ad OTTENERE soprattutto i necessari provvedimenti autorizzativi di polizia mortuaria per operare una traslazione abusiva, nel senso più tecnico e neutro del termine.
Buon pomeriggio, il mio quesito riguarda una tomba di famiglia, dove ci sono circa 40 loculi. La tomba è intestata ad uno zio oggi deceduto. Negli anni 70 fu seppellita mia sorella e, deceduto mio zio, nel 2014 è stata seppellita mia madre.
Oggi mi vedo recapitata una diffida delle eredi di mio zio, a spostare mia sorella e mia madre.
E’ una richiesta legittima? Possono farlo.
P.s. mi hanno concesso 8 giorni
X Pasquale,
1) E’, comunque, il comune che accerta la sussistenza del titolo di accoglimento (art. 102 d.P.R. 10/9/1990, n. 285), sulla base delle condizioni di diritto (e di fatto, per la capienza) risultanti dal Regolamento comunale di polizia mortuaria o dall’atto di concessione.
2) Un’autorizzazione dei concessionari é prevista solo nei casi eccezionali dell’art. 93 comma 2 d.P.R. n.285/1990, fattispecie che qui non rileva.
Si segue, così il criterio della premorienza, poichè tutte le persone portatrici in vita dello jus sepulchri sono poste su un livello di pari ordinazione…insomma chi prima muore meglio alloggia ed ha diritto alla tumulazione, sino, naturalmente, al raggiungimento della massima capacita ricettiva della tomba, oltre la quale (….se non c’è più posto!) lo stesso jus sepulchri spira ex se divenendo non più esercitabile.
Cosa c’entrano mai gli eredi ?
Oltretutto, gli eredi, in senso tecnico, vengono – solo – ad assumere le obbligazioni – patrimoniali – di cui all’art. 63 d.P.R. n.285/1990, ma non certo diritti personali, quali sono il titolo all’accoglimento nel sepolcro.
Il diritto di accettazione nel sepolcro é legato all’appartenenza alla famiglia del concessionario (salvo solo il caso di sepolcro sorto originariamente quale ereditario, fatto abbastanza raro, ma non escludibile in assoluto).
Il titolo a disporre delle spoglie mortali spetta, di norma, al coniuge o, quanto questo manchi, ai parenti del defunto (non del concessionario) e, in caso di loro pluralità, a tutti quelli nel grado più prossimo, l’eventuale nuovo concessionario, per effetto di un possibile subentro, non può “SFRATTARE” i defunti già tumulati nel sepolcro, egli dovrebbe a tal proposito invocare la cosiddetta turbativa di sepolcro in un giudizio incardinato in sede civile
Gli eventuali “eredi” subentrati, pertanto, non possono disporre liberamente dei posti feretro già legittimamamente occupati.
Sul punto la giurisprudenza ha distinto due tipi di “proprietà” dei sepolcri (e due modi di acquisto del diritto di essere seppellito): il sepolcro ereditario e il sepolcro gentilizio.
Nel sepolcro ereditario il diritto a essere sepolti (che dipende anche dal titolo sul bene sepolcro) si trasmette nei modi ordinari per atto inter vivos o mortis causa all’originario titolare come qualsiasi altro bene, anche a persone non facenti parte della famiglia strettamente intesa. (Dove sono definite le persone appartenenti alla famiglia ? quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria e dall’atto di concessione ?)
Invece, nel sepolcro gentilizio o familiare si acquista iure proprio sin dal momento della nascita, per il solo fatto di trovarsi con il fondatore in determinato rapporto di parentela (di norma in linea retta), in ogni caso l’acquisto è effettuato iure sanguinis e non iure successionis, e tale diritto non può essere trasmesso per atto tra vivi ne’ per successione mortis causa, ne’ si può perdere per prescrizione o rinuncia.
Il sepolcro gentilizio si trasforma da familiare in ereditario solo con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, dopo la morte dell’ultimo familiare del costruttore del sepolcro, il diritto alla sepoltura è soggetto per gli ulteriori trasferimenti alle ordinarie regole della successione mortis causa.
Una volta che il sepolcro, da gentilizio/familiare, si sia trasformato in ereditario, il diritto di sepoltura spetta agli eredi e non e’, comunque, oggetto di atti di disponibilita’, trattandosi di un diritto a carattere personale (dove l’elemento personale si colloga, a questo punto, non piu’ allì’appartenenza della famiglia, quianto alla qualita’ di erede).
La sentenza (o, meglio, una delle tante, quella forse maggiormente esplicita) e’ stata emessa dalla Corte di Cassazione, sez. 2^ civ. con il n. 5015 in data 29/5/1990. Quando il sepolcro si trasformi in ereditario, seguono le regole della successione, per cui gli eredi possono essere diversi a seconda che si tratti di successione legittima oppure testamentaria. Nella seconda ipotesi, il legato può riguardare anche persone terze, rispetto alla famiglia (ma e’ importante verificare che questa “trasformazione” sia effettivamente avvenuta).
Quindi: sepolcro originariamente gentilizio o nel frattempo tramutatosi in ereditario?
Un sepolcro familiare può trasformarsi in sepolcro ereditario solo nel momento in cui al decesso della persona concessionaria (sia che si tratti del concessionario originario (fondatore del sepolcro), sia che si tratti di suoi discendenti o comunque aventi causa subentrati al fondatore del sepolcro nella qualità di concessionari (subentri che di norma dovrebbero risultare agli atti da debiti atti ricognitivi); non vi siano ulteriori persone appartenenti alla famiglia e, come tali, aventi titolo all’accoglimento nel sepolcro.
Se vi sia stata la trasformazione da sepolcro familiare in sepolcro ereditario, questo seguirà le normali regole della successione ereditaria, fermo restando che non possa ritenersi ammissibile alcun atto di disposizione, né per atto inter vivos né mortis causa.
Ad ogni modo il diritto di uso sul sepolcro, essendo un diritto personalissimo, e non patrimoniale, non entra mai nell’asse successorio.
Buonasera io ancora non avrei capito se:
– regione veneto
– papà tumulato in loculo (non tomba di famiglia) in concessione al figlio da 20 anni
– mamma tumulata sempre in loculo non tomba di famiglia sempre in concessione al figlio
– regolamento di polizia mortuaria del comune che non applica restrizioni aggiuntive
La richiesta di estumulazione straordinaria del feretro del papà per traslarlo in loculo libero di fianco a quello della mamma nello stesso cimitero (per avvicinamento dei congiunti deceduti) viene respinta dal comune perché qualificata come atto illegale, e illegale sull’intero territorio nazionale perché l’operazione è impedita senza se e senza ma da norme di carattere appunto nazionale.
Le risulta che il diniego in questo contesto sia basato realmente su normative nazionali vigenti?
Grazie.
x Romeo: Non esistono normative nazionali che impediscano la estumulazione e la successiva collocazione in loculo vicino alla mamma. Il problema consiste, a nostro avviso, sulla possibilità di concessione di un loculo affiancato a quello della mamma da parte del Comune. Occorre leggere con attenzione le regole di concessione di quel comune. Però è alquanto assurda la cosa, visto che il comune ha tutto da guadagnare: retrocessione del loculo dove c’è il papà, collegata a nuova concessione di loculo affiancato a quello della mamma (c’è un guadagno tariffario). Operazioni cimiteriali di estumulazioni tariffate e di uova tumulazione. Il problema si potrebbe porre se il papà fosse già in resti ossei, e quindi la cassetta di ossa potrebbe essere collocata direttamente dentro il loculo della mamma. Ma anche in questo caso vi è un guadagno tariffario dato anche dalla retrocessione del vecchio loculo del papà. Ma è ipotesi di scuola, perché al 99% si ha una situazione (anche dopo 20 anni) di salma inconsunta e quindi di presenza di resti mortali (che volendo potrebbero essere cremati e collocati come urna ceneri nel loculo della mamma). Provi a farsi spiegare la illegalità con il richiamo agli articoli di regolamento locale e/io regionale che lo impediscono (per brevità non abbiamo verificato la normativa regionale se presenta impedimenti …)
Ringrazio per la risposta, gli incompetenti con poca voglia di lavorare in comune hanno semplicemente detto che è illegale, dopo aver insistito sul perché, mi è stato detto che è per rispetto del defunto che non può essere spostato! il lato ancora più ridicolo della questione è che però concedono la possibilità di estumulazione per cremazione e deposito delle ceneri nello stesso loculo della mamma. evidentemente liberare un loculo prevale sul rispetto di non toccare il defunto… ma cosa vi devo dire? ma saranno dei pagliacci o no?
ovviamente discussione condotta con loro tono arrogante e infastidito, visto il contesto… e siamo nel ricco veneto…
Infinitamente grazie, sei stato chiarissimo ed esaudiente. Franco.
Buon giorno, le vorrei porre questo quesito: due mesi fa circa, è deceduta una Sig.ra che è stata tumulata nel loculo occupato dal marito deceduto più di trentanni fa (naturalmente dopo che i resti mortali sono stati disposti in una cassetta ossario); ora i familiari, senza alcuna comunicazione al Comune, e quindi in assenza di autorizzazione, hanno traslato la salma della Sig.ra e i resti mortali del marito in due distinti e separati loculi. Legalmente a cosa vanno incontro?
X Franco,
non mi soffermo per assenza TOTALE di competenza sull’ambito “PENALE” (usurpazione di funzioni pubbliche?), ma mi vorrei concentrare maggiormente sul versante amministrativo-gestionale.
L’impianto sazionatorio è composto dal diritto punitivo contemplato dal regolamento nazionale di polizia morturia, come norma quadro (violazione dell’art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) e da quello municipale, in forza dell’art. 7-bis del T.U. ordinamento enti locali di cui al D.Lgs n. 267/2000. Non si escludono anche altre fonti, quali le eventuali Leggi Regionali.
Lo scherzetto potrebbe costare molto caro, poichè siamo dinanzi ad una plurima fattispecie di illecito: abbiamo infatti un estumulazione clandestina (priva di previa autorizzazione comunale) e l’occupazione abusiva dei due nuovi loculi. Gli autori della “bravata” con oneri a proprio carico (da ripetersi anche forzosamente, per non incorrere nella figura giuridica del danno erariale) dovranno subito assicurare il ripristino dello status quo ante, liberando immediatamente i due luculi, per i quali non sussiste nessun rapporto concessorio e versare, in ogni caso, la tariffa pro quota per tutto il tempo di uso illegittimo dei manufatti sepolcrali. In più il Comune potrà pronunziare la decadenza sanzionatoria del precedente loculo, anche se regolarmente concesso illo tempore. E’bene ricordare come titolare ultimo del plesso cimiteriale sia in ultima analisi dempre il Comune, mentre i privati non possono certo disporre liberamente di spazi o porzioni di edificio adibiti a funzione sepolcrale.
Salve, mi chiedevo se è necessario chiedere l’autorizzazione al comune di appartenenza per spostare una salma (tumulata da oltre cinque anni) da un loculo all’altro all’interno della propria cappella di famiglia. la mia regione è la basilicata. grazie mille
Si, l’autorizzazione amministrativa alla traslazione (ex Art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) è, comunque, sempre necessaria, anzi, il suo rilascio è subordinato ad una verifica eminentemente tecnica sulla perfetta tenuta ermetica del feretro da movimentare. Se, infatti, la bara durante lo spostamento, ancorchè minimo, dovesse presentare anche impercettibili fenomeni percolativi, sarebbe d’obbligo, il rifascio, con cassone esterno di zinco, per evitarne lo scoppio, in futuro.
In secondo luogo, l’autorità amministrativa che sovrintende al buon governo del cimitero, deve sempre mantenere traccia, negli appositi registri cimiteriali, di ogni singola variazione del loculo di sepoltura, fosse esso anche all’interno dello stesso edificio adibito ad uso funerario.
Buongiorno, mio padre mancato nel 2004 è stato cremato e attualmente l’urna si trova presso il cimitero di Aprilia (LT). Con mia sorella abbiamo deciso di portare l’urna a casa e procedere quindi ad una estumulazione straordinaria. Il cimitero per levare la lapide e consegnarci l’urna ci ha chiesto € 300,00. A me sembra una cifra spropositata per l’entità del lavoro da fare e tanto più che io libero un posto con 16 anni di anticipo che loro rivenderanno a caro costo a qualcun’altro, mi domando ma quanto devono lucrare?
Mi chiedevo se qualcuno abbia già avuto un’esperienza simile.
Grazie per l’attenzione
Gaia
X Gaia,
Il sistema cimiteriale italiano versa in una profonda crisi economica (tutte le gestioni sono – quasi sempre in perdita -) niente di strano allora se si cerca di recuperare qualche soldino istituendo diritti fissi e modulando al rialzo i propri piani tariffari, anche per gli interventi più semplici.
Ogni Comune con atto del Consiglio Comunale decide, in piena autonomia, la propria politica tariffaria, nel pieno rispetto, però, dei criteri contabili generali ed astratti dell’art. 117 D.Lgs n. 267/2000.
L’adozione della declaratoria finale sui piani tariffari spetta, invece, alla Giunta.
Ogni operazione cimiteriale in sepolcro privato (quali sono le tumulazioni tutte, a prescindere dalla tipologia della tomba, dalla sua capacità ricettiva, o dalla durata del rapporto concessorio) sono e saranno sempre a titolo oneroso per il cittadino richiedente.
La controversia riguardante l’esercizio del potere di fissare le tariffe delle concessioni delle aree cimiteriali rientra, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera b), del codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104/2010), nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, poiché interessa un profilo che incide sulla disciplina regolamentare della concessione; ciò esclude la cognizione in favore del giudice ordinario, che la norma citata prevede quando la controversia riguardi questioni meramente patrimoniali “concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”.
Se si libera la celletta cineraria prima del tempo ordinariamente dovuto (cioè ante scadenza della concessione) potrebbe anche esser stabilito un rimborso, sempre calcolato secondo il principio nominalistico di cui all’art. 1277 Cod. Civile), per gli anni di jus sepulchri non goduti, ma questa specifica previsione deve esser contemplata nel regolamento comunale di polizia mortuaria nella sezione dedicata alla retrocessione dei rapporti concessori. Altrimenti il Comune non vi riconoscerà nulla, prendendo semplicemente atto della volontà vostra di estinguere in anticipo la concessione.
Ciao Carlo, vorrei porVi un quesito:
Ho una cappella di famiglia (i titolari fondatori sono mio nonno e mi miei 2 zii di cui 1 il de cuius). Recentemente è venuto a mancare mio zio (figlio del titolare co-fondatore della cappella) ed è seppellito nella cappella di famiglia. I figli del de cuius stanno a Torino mentre la moglie del de cuius è nel luogo di residenza dove è seppellito tuttora.
La domanda è questa: se un domani, magari fra 3-5 anni, la moglie del de cuius decidesse di trasferirsi la residenza a Torino con i figli, avrà diritto di richiesta di trasferimento della salma a Torino che comporta la cremazione della salma??? Può farlo??? O vige lo ius sepulchri mediante l’atto di co-fondazione della capella familiare rendendo impossibile il trasloco della salma a Torino???
C’è modo di opporsi alla eventuale richiesta di traslazione salma per il ricongiugimento della famiglia trasferitasi a Torino?? Ti ringrazio della risposta.
X Paolo,
nel disporre la traslazione del feretro il coniuge superstite ha senz’altro titolo privilegiato, quando ovviamente questa decisione non confligga con la volontà del de cuius, nella electio sepulchri, infatti, sovrano è il volere del de cuius, dimostrabile anche per acta concludentia (se io fondo un sepolcro per me e la mia famiglia c’è la fondata presunzione che io voglia esser tumulato proprio in quel determinato sacello mortuario e per di più nell’atto concessorio potrei aver inserito clausole molto rigide sulla futura mobilità delle spoglie mortali ivi sepolte). Se leggiamo bene l’art. 88 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 vedremo agevolmente come l’autorità amministrativa *POSSA* e non necessariamente *DEBBA* autorizzare l’estumulazione finalizzata al trasporto della bara in altra sede.
Quindi, sussiste pur sempre un ancorchè minimo, margine di discrezionalità, la ponderazione degli uffici comunali, tuttavia non può eccedere la semplice disamina dei titoli formali prodotti agli atti, senza stare più di tanto ad indagare le reali intenzioni manifestate. Certo si può notificare al Comune la propria contrarietà al rilascio della relativa autorizzazione, meglio se motivata da consistenti presupposti giuridici, altrimenti sarà la prudente valutazione del Giudice a valutare tutti questi elementi soggettivi, compresa l’opportunità sociale del comunque indispensabile provvedimento autorizzatorio perchè si proceda.
Se verrà adito il TRibunale l’autorità amministrativa, non essendo dotata dei poteri più intrusivi tipici della magistratura, si limiterà a sospendere l’istanza di traslazione garantendo, pro tempore, il mantenimento dello status quo ante, sin quando la causa non sia risolta o dal Giudice di ultima istanza o con accordo extragiudiziale tra le parti in lite.