Gli aventi causa del originario fondatore del sepolcro Jure Hereditatis richiedono l’autorizzazione ex Art. 94 DPR n.285/1990 per pesanti interventi edilizi su di una tomba. Costoro, a prima vista, non rientrano nel novero della famiglia del concessionario, così come delineata all’epoca della concessione stessa.
Ovviamente chiuque può richiedere lavori in base alle proprie quote di titolarità,
Innanzi tutto, tramite l’istituto del subentro, laddove contemplato, dovrebbero succedere i discendenti del fondatore del sepolcro, al concessionario originario, determinando una sorta di comunione indivisa e solidale.
Corte d’appello di Torino, 12 aprile 1935 n. 476 “Il rapporto che sorge fra Comune e concessionario di un’area nel cimitero comunale a scopo di sepoltura particolare ha carattere patrimoniale, che deve mantenere tutta la sua rilevanza giuridica fino a che non si esorbiti dai limiti di ordine pubblico nei quali deve essere contenuto l’oggetto della concessione. I diritti dei compartecipanti alla sepoltura, nei loro rapporti, sono regolati dalle disposizioni sulla comunione dei beni, per modo che deve intendersi vietata qualsiasi innovazione della tomba se manchi il consenso unanime di tutti essi partecipi. È però da riconoscersi la possibilità di una divisione dei loculi fra tutti i partecipanti in ragione dei relativi diritti al sepolcro”.
Cassazione civile, 1° giugno 1936 n. 553 “I sepolcri gentilizi o familiari, ammessi da una secolare tradizione, nonché dalla legislazione positiva (T.U. della legge sanitaria 27 luglio 1934, n. 1265, art. 340), seguono la destinazione data da colui che li ha costruiti, e pertanto non sono suscettibili di divisione fra i vari partecipanti in base alle norme del Codice civile relative allo scioglimento delle comunioni. Tuttavia, ciascuno dei partecipanti può apportare al sepolcro quelle modificazioni che non siano contrarie agli interessi della comunione e non pregiudichino l’esercizio del diritto degli altri partecipanti”.
Vedrei come inammissibile o eccezionale, ma in tal caso deve essere previsto dal Regolamento comunale, una divisione della concessione; almeno tenendo conto di alcune pronunce della Suprema Corte di Cassazione. Molto più semplice sarebbe una scrittura privata da notificare al comune, cui il comune, comunque, rimarrebbe estraneo con la quale regolare assunzione oneri e priorità di accesso alla tomba in base alla cronologia degli eventi luttuosi.
Tribunale di Torino, 7 luglio 1941 “Essendo il diritto di sepolcro ideologicamente indivisibile, deve ritenersi che il sepolcro familiare non sia passibile di divisione materiale. Conseguentemente i partecipanti al diritto di sepolcro non possono ottenere lo scioglimento della comunione in base alle norme che regolano questo istituto nel codice civile. Se però fra i contitolari del diritto sorge questione circa l’assegnazione e la distribuzione di loculi esistenti nella tomba, non sembra inconciliabile con la natura del diritto di sepolcro, che si addivenga all’assegnazione di una parte di essa, assegnazione che è in uso e non equivale a divisione, in quanto con l’assegnazione rimane fermo l’obbligo dei contitolari di osservare la destinazione familiare della tomba. Il disposto dell’articolo 9 della legge 15 gennaio 1936, n. 56, sul condominio delle case non è applicabile nel caso di comunione di sepolcro”.
).
Il diritto alla sepoltura (= ad essere sepolti) ha comunque un limite, quello dell’art. 93, 1 parte finale DPR 285/1990, ossa la reale capienza del sepolcro, essendo, per altro tassativamente vietati atti violenti volti a recuperar posti feretro attraverso la rottura di arti ed articolazioni di cadaveri e resti mortali.
Effettivamente, vi sono sentenze, anche della Suprema Corte di Cassazione, per le quali un sepolcro di famiglia (o, gentilizio) può divenire ereditario sono una volta che non si siano più discendenti del c.d. fondatore del sepolcro (cioè di appartenenti alla sua famiglia, ai quali è “riservata” la sepoltura). Ad esempio, Cass. 2^ sez. civile, n. 12597 del 29/9/2000, sent, 27.6.1974 n. 1920, 5.7.1979 n. 3851, 16.2.1988 n. 1672, 29.5.1990 n. 5015, 19.5.1995 n. 5547, 30.5.1997 n. 4830, 22.5.1999 n. 5020, sent. 30.5.1984 n. 3311, 29.5.1990 n. 5015, 19.5.1995 n. 5547, giusto per citarne solo alcune.
In assenza di discendenti, il manufatto edificato sull’area in concessione diventa ereditario, ma limitatamente agli oneri connessi alla proprietà, nel senso che gli eredi hanno gli obblighi di provvedere per la durata della concessione alla manutenzione ordinaria e straordinaria del sepolcro, fermo che non può sorgere in capo ad essi alcun diritto ad essere sepoltivi, né a seppellirvi (Jus Inferendi in Sepulchrum)
Altri giuristi, anche se con molta cautela, tendono ad esser più possibilisti ammettendo un’estensione dello Jus Sepulchrri tramite Jus Hereditatis e non solo Jus Sangiunis. Rimane comunque vietata, almeno dal 10 febbraio 1976 la cessione del diritto di sepoltura per atti inter vivos, per il loro specifico fine di lucro vietato dalla Legge (Art. 92 comma 4 DPR 285/1990)
La cappella e’ stata eretta con la precisa finalità di accogliere il primo defunto e la di lui moglie (concessionaria e fondatrice del sepolcro), allora, il diritto di usare di questa cappella e’ limitato alle salme a cui e’ stato destinato fin dall’origine.
Sull’esecuzione dei lavori, forse si potrebbe anche accedere ad accogliere la richiesta, nel rispetto delle previsioni del piano regolatore cimiteriale (art. 91 DPR 285/1990), fermo restando che il diritto di sepoltura persista riservato a favore delle persone di cui all’art. 93, 1 dPR 285/1990
Bisognerebbe, però, precisare se gli eredi siano solo onorati o anche subentrati nella posizione del titolare della concessione.
In quest’ipotesi la risposta è abbastanza semplice. Se l’area in concessione è perpetua, non vi è bisogno di alcuna novazione o rinnovo . Prosegue quella precedente, che deve essere volturata per l’intestazione. Questa necessità, potrebbe invece sussistere se vi fosse una cessazione dell’antecedente rapporto giuridico (per decadenza, per rinuncia, altro) e l’instaurare di una nuova concessione (novazione), sempre inerente a quel manufatto sepolcrale (ed alla superficie di terreno cimiteriale su cui insiste) con un nuovo regolare atto di concessione.
Quindi può essere autorizzata la realizzazione di sopraelevazione o di abbattimento di quella vecchia con costruzione di una nuova tomba con l’unico vincolo di: – non eliminare tombe di pregio storico-artistico, protette dalla legge sulla conservazione di opere d’arte; – garantire che la nuova struttura abbia almeno il numero dei posti sufficiente a seppellire le salme contenute in quella vecchia ex Art 94 comma 2 DPR 285/1990. Può essere effettuata una sopraelevazione che non ecceda in misura quella consentita dal piano regolatore cimiteriale, o in assenza di queste prescrizioni che non alteri significativamente la zona in cui si trova (ad es. se sono tutte tombe basse, questa non può essere l’unica alta). Ovviamente deve essere dapprima effettuata voltura (generalmente onerosa) della intestazione del a vecchia concessione perpetua e deve essere sicuro che questo è l’unico titolare della concessione. Se sono più titolari, occorre acquisire nel progetto la firma di tutti (anche di coloro che hanno un diritto di sepoltura nella vecchia tomba? Vedasi il punto di cui sopra). Infine devono essere osservate le norme attualmente vigenti per le misure minime dei posti salma dettare dalla Circ,MIn. 24 giugno 1993 n. 24.
Variare la capienza del sepolcro (soprattutto se in senso restrittivo, riducendo, quindi, il numero dei loculi) produce due conseguenze:
- mutamento dei fini nel rapporto concessorio ex Art.94 comma 2 DPR 285/1990, con conseguente ed implicita pronuncia di cadenza, la quale è atto dichiarativo e non costutuitivo, in quanto è frutto di inadempienza contrattuale e non di una decisione d’imperio del comune. Ciò potrebbe non avvenire se la modifica strutturale venisse apportata nel contesto dell’art. 106 DPR 285/1990 con allegato tecnico di cui al parafrafo 16 Circ.MIn. n. 24/1993 (anche senza grandi formalizzazioni sul provvedimento di autorizzazione (oggi e dal 1/1/2001, regionale per il DPCM 26/5/2000) trattandosi di un adeguamento a norme e prescrizioni tecniche estranee ai soggetti del rapporto (comune, quale concedente da un lato e concessionario dall’altro): in questo caso, l’esecuzione di opere che portino all’utilizzabilità del sepolcro, non produce decadenza. Esse sono a carico del comune prima della nuova concessione del sepolcro (l’inubizione della sepoltura di feretri dovrà esser specificata nello stesso atto di concessione) oppure contrariamente attengono al concessionario se i lavori di riadattamento avvengono dopo la stipula dell’atto di concessione.
- Ingiusta compressione dello jus sepulchri (da leggersi sempre come aspettativa potenziale in ordine alla cronologia dei decessi) di tutti gli aventi diritto, i quali, potrebbero anche non coincidere con i soggetti titolari della concessione (soprattutto quando vi sia stato subentro e quindi una certa dilatazione dello jus sepulchri e della titolarità sul manufatto, essi allora, dovrebbero pronunciarsi nel merito, rendendo, però, molto farraginosa tutta la procedura. Va rilevato come (dal 10 febbraio 1976 e secondo altri dall’entrata in vigore del libro III del codice civile) la titolarità del sepolcro non costituisca posizione soggettiva disponibile con atti a contenuto privatistico, ma il diritto di sepoltura derivi dall’appartenenza alla famiglia del concessionarioipotesi, l’unica disponibilità ammissibile riguarda la proprietà del manufatto sepolcrale, se eretto dal concessionario, fin tanto quando sussista la concessione, proprietà da cui derivano gli oneri, ad esempio di manutenzione (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285). Non è obbligo del Comune effettuare ricerche sugli aventi titolo, a meno che non debba procedere ad ingiungere specifiche manutenzioni o per procedere a decadenza della concessione. La complessa procedura instaurata dal Comune per ritrovare intestatari di quote concessorie, in assenza di normativa nel regolamento di polizia mortuaria comunale, rischia di portare in un vicolo cieco. Ovviamente, i discendenti potrebbero avviare azione per ottenere, dal giudice civile, l’indennizzo dei danni (il comune rimanendo estraneo al contenzioso
Il comportamento illecito di terzi (non tanto la ristrutturazione,la quale in ogni caso richiedeva l’autorizzazione comunale, ma soprattutto la predisposizione di ulteriori posti salma) implica una situazione di “inadempimento contrattuale” che determina la decadenza. Il comune, che avrebbe dovuto vigilare sull’intervento (come ha fatto a non accorgersene? …), preso atto del comportamento indebito non ha ormai altro che dichiarare la decadenza.
SE privato possiede una edicola funeraria nel cimitero e nell’edicola adiacente a quella di sua proprietà sono stati effettuati alcuni lavori di manutenzione e di trasformazione che ne hanno aumentato l’ingombro in pianta (in specifico sono stati aggiunti sulle facciate laterali dei mattoni Si consiglia innanzitutto di valutare se esiste l’autorizzazione ai lavori da parte del Comune e se questi siano effettuati all’interno dell’area in concessione. Generalmente la questione delle distanze minime fra tombe è risolta a livello di strumenti attuativi del piano regolatore cimiteriale. In assenza di tale piano però fa fede il progetto approvato dal Comune e che non debordi dall’area concessa.
La costruzione di una tomba senza l’approvazione del progetto da parte del sindaco e della commissione edilizia come previsto dal regolamento di polizia mortuaria si configura come una violazione di norma regolamentare sanzionata dall’art.358 del RD 27 luglio 1934, n.1265.L’importo di tale sanzione amministrativa è stato di recente elevato dall’art.16 del D.Lgs. 22 maggio 1999, n.196 ed ha come minimo la somma di tremilioni di lire e come massimo la somma di diciottomilioni di lire. A nostro parere la soluzione migliore appare quella di applicare la sanzione prevista ex Art. 358 Regio Decreto 1265/1934, intimare la presentazione del progetto, poi procedere al collaudo. Non ci appare, invece, opportuno prevedere in un articolo del regolamento locale di polizia mortuaria una procedura volta al condono di situazioni illegittime.
Nel caso di opere di manutenzione straordinaria sul manufatto sepolcrale, la concessione continua a persistere quale sorta in origine, erchè, di norma, essa ha per oggetto l’area (diritto di superficie), e tra l’altro l’esecuzione di tali opere di manutenzione straordinaria (quale e’ il rifacimento, la ricostruzione) presuppone che la concessione (dell’area persista. Cio’ porta ad escludere l’ipotesi considerarat (fatta sempre salva diversa previsione del Regolamento comunale di polizia mortuaria).
Alcuni regolamenti comunali ammettono molto opportunamente la possibilità che quando vi siano più concessionari e, così si presuma che chi agisca lo faccia “in nome e per conto” di tutti gli aventi titolo e con il loro consenso: tali previsioni sono presenti, normalmente, in relazione alle concessioni già sussistenti, in quanto raramente si regola il momento in cui la concessione viene a sorgere, caso che importa dover fare riferimento alle norme di ordinaria applicazione in materia di stipulazione di atti da cui sorgono diritti, anche solo di mero utilizzo, su beni o simili, cioè le norme del codice civile.
Attenzione, però, È però da annotare ome di recente, in una importante città italiana, proprio su autocertificazioni che poi sono risultate non rispondenti a verità, sono state autorizzate operazioni cimiteriali e cambi di titolarità di tombe, poi rivelatesi illegittime. In questi casi il controllo a campione che ordinariamente si fa sulle autocertificazioni, a parere di chi scrive, dovrebbe essere comunque svolto, proprio per garantirsi da violazioni del disposto sia dell’articolo 92 che 93 del DPR 285/90 (Ing. Daniele Fogli).
Nell’ipotesi che il Regolamento comunale (o se trattisi di cimitero consortile, del Regolamento
del comune in cui il cimitero si trova; art. 51, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) di polizia
mortuaria nulla disponga per definire nel dettaglio operativo la composizione della famiglia riservataria dello jus sepulochri, si potrebbe, con un approccio decisamente molto estensivo, considerare il testamento
olografo, una volta pubblicato, come idoneo a configurare, in termini di volontà del c.d. fondatore del
sepolcro, come utile all’individuazione delle persone appartenenti alla famiglia del concessionario.
Tale aspetto è indipendente dalla proprietà, per la sua componente patrimoniale, del manufatto
sepolcrale, proprietà che, a certe condizioni, può (forse, pur con forti dubbi) anche essere oggetto di
atti di disposizione.
L’Art. 93 DPR 285/1990 non detta una definizione univoca del concetto di famiglia proprio per mantenere una certa flessibilità normativa capace di adattarsi alle singole situazioni locali, nel silenzio del regolamento comunale di polizia mortuaria, il riferimento obbligato è costituito dal nuovo diritto di famiglia Legge 19 maggio 1975, n. 151 e dagli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile.
Le disposizioni in tema di diritto di sepolcro e di fruibilità degli spazi sepolcrali sono dettate: a) dal regolamento comunale di polizia mortuaria b) dall’atto di concessione.
La tumulazione in sepoltura privata richiede pur sempre un’istruttoria (nemmeno troppo complessa in quanto basata sui titoli formali) volta ad accertare il diritto di sepolcro, il quale origina dallo Jure Sanguinis, ossia dai rapporti di parentela con il fondatore del sepolcro. Aluni regolamenti comunali richiedono addirittura di volta in volta un esplicita autorizzazione del concessionario con una procedura invero alquanto appesantita.
Se il titolare della concessione è deceduto senza lasciare nessun discendente diretto il sepolcro da famigliare dovrebbe essersi trasformato in ereditario, questa conversione dovrebbe esser meglio esplicitata dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Nel sepolcro ereditario, allora, il fondatore compie solo una mera attribuzione del diritto di sepoltura ai propri eredi (sibi haeredibusque suis) in considerazione di tale loro qualità, con la conseguenza che ciascuno di essi, subentrandogli iure haereditatis, è autorizzato alla tumulazione di salme estranee alla famiglia di origine, entro i confini della propria quota ereditaria e della capacità ricettiva della tomba.
Suggerisco questi approfondimenti reperibili ai seguenti links:
https://www.funerali.org/?p=704
https://www.funerali.org/?p=373
Se la tumulazione avvenne sine titulo (e ciò deve esser provato, ovvero si deve dimostrare la nullità dello Jus Sepulchri) o sui pone in essere una nuova concessione in una diversa tomba oppure si estumulano i feretri destinandoli ad inumazione in campo comune(Art. 86 comma 2 DPR 285/1990). Si potrà provvedere anche alla raccolta delle ossa (se i cadaveri si sono nel frattempo mineralizzati) da avviare a sepoltura privata in celletta ossario ovvero all’ossario comune.
Sui sepolcri non è esercitabile il diritto di usucapione, in altre parole la mera occupazione di un sepolcro non origina alcun diritto
Eventuali provvedimenti con cui si ordini il trasferimento della salma in altro sepolcro e, in difetto, il trasferimento della salma in campo comune, sono altrettanto a titolo oneroso, così che in difetto di assunzione spontanea dell’onere, può farsi ricorso alle procedure di cui al D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, quale modificato dal D. Lgs. 17 agosto 1999, n. 326.
Si rappresenta come, una volta avvenuto l’accoglimento nel cimitero, seppure senza titolo, non sia possibile disporre il trasferimento in altro cimitero con atto d’ufficio, ma al più il collocamento del feretro nel campo comune ad inumazione nel cimitero in cui il defunto attualmente si trova, previa neutralizzazione della cassa di zinco ai sensi dell’Art, 75 coma 2 DPR 285/90 attraverso l’apertura di squarci sul coperchio metallico.
Corte d’appello di Palermo, 26 ottobre 1934 I cimiteri comunali costituiscono beni fuori commercio e pertanto il diritto di sepolcro del privato di fronte al Comune non può acquistarsi per usucapione, necessitando a costituirlo un titolo o atto scritto.
L’onere della prova per dimostrare presunti diritti vantabili su di una sepoltura privata è a carico del cittadino, altrimenti occorre una sentenza accertativa del giudice ex Art. 2697 Codice Civile. Altre norme di riferimento sono l’art. 452 C.C. (e l’art. 132 C.C.), nonché la connessa procedura regolata dall’art. 39 R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, che svolgono la funzione di reintegrazione del titoli di stato che risultano distrutti.
La concessione di cui stiamo ragionando è stata oggetto di voltura nel corso degli anni?
Molto dipende anche dalle procedure dettate a tal proposito nel regolamento comunale di polizia mortuaria.
Alcuni comuni sanano le posizioni “pendenti”dello jus sepulchri con un semplice atto sostitutivo di atto di notorietà ai sensi dell’Art. 47 DPR 445/2000.
In mancanza di titolo costitutivo della Jus Sepulchri l’estumulazione avverrà d’ufficio.
Il formale riconoscimento al diritto di sepolcro (= autorizzazione alla
sepoltura in tomba gentilizia) avviene:
1) prodromicamente alla stipula dell’atto di concessione, quando si
costuisce la cosidetta “riserva” con cui si enumerano singolarmente i
congiunti titolari del diritto ad esser sepolti
2) ex post, al momento della morte, quando il comune, tramite apposita
istruttoria verifica lo Jus Sanguinis tra il defunto ed il concessionario
fondatore del sepolcro.
Nell’ultimo caso a rilevare è solo lo stato di parentela, ossia il vincolo
di consanguineità che si acquisisce alla nascita e ci accompagna sino
all’ultimo giorno, essendo un diritto personalissimo iprescrittibile
(esempio: io, da cadavere, avrò il diritto di sepoltura nel sacello fondato
da mio padre per il solo fatto di esser figlio di mio padre, anche se l’atto
di concessione nulla dice a tal proposito, ma tale situazione si perfeziona
solo quando io sia morto, da vivo posso solo nutrire la speranza (=
legittima aspettativa) di godere dell’eterno riposo nella tomba paterna. Se
al momento della mia morte non dovesse esserci più spazio nella tomba
costruita da mio padre per sè e la propria famiglia, il mio potenziale jus
sepulchri, subirebbe una drastica compressione (Art. 93 DRP 285/1990), sino
ad essere non esercitabile, nell’attesa che si liberi un loculo.
Solo e solamente quando si forma il titolo costitutivo del sepolcro, ossia
alla stipula della regolare concessione, dietro il versamento delle tariffe
vigenti (D.M. luglio 2002), si può dedicare un posto feretro alla sepoltura
di un particolare defunto, vincolando il sussistere della stessa concessione
alla sepoltura proprio di quel morto: esempio: io muoio durante un’azione
militare e le mie mortales exuviae risultano disperse: mio padre non si
rassegna all’idea di non potermi più piangere in un luogo preciso del
cimitero e dal comune ottiene in concessione un avello espressamente
deedicato a me = nessun altro potrà mai esser ivi tumulato se il mio
cadavere non sarà mai rinvenuto. Se il mio cadavere è disperso il loculo
rimarrà vuoto sine die, proprio perchè la concessione è sorta come atto di
pietas verso la mia (e di nessun altro, spoglia mortale) Al massimo il non
uso protratto nel tempo potrà generare decadenza per estinzione della
funzione del rapporto concessorio.
E’il caso della cosidetta “tomba chiusa”, in quanto destinata ad accogliere
unicamente il defunto menzionato nell’atto di concessione.
Esempio: io muoio senza nessun discendente, allora nomino il mio parroco
quale esecutore testamentario e nelle ultime volontà chiedo sepoltura in
loculo nel cimitero di XYZ. Nominalmente titolare della concessione è
l’esecutore testamenario (il Parroco), ma la tomba non è sibi familaeque
sues, bensì ad uso unicamente mio (o meglio…del mio cadavere), come del
resto specificato nell’atto di concessione. Quindi nessuno, per tutta la
durata della concessione (se è perpetua il problema non si pone) potrà mai
vantare alcun diritto, in opposizione al mio, rispetto a quella tomba.
La “dedica” della tomba avviene a monte del rapporto concessorio e non dopo,
se l’atto di concessione nulla dispone in termini di precedenza,
l’assegnazione dello spazio sepolcrale avviene UNICAMENTE (salvo patti
interni agli aventi titolo verso cui il comune rimane estraneo) in base alla
cronologia degli eventi luttuosi, senza nessun altra regolamentazione, in
quanto il sepolcro costituisce una comunione indivisibile (così, almeno, si
è pronunciata la suprema corte di Cassazione con alcune pronunce degne di
nota.)
Non è pertanto legittima nè ricevibile una dichiarazione ufficiale del
concessionario volta a costituire una riserva di sepolcro per determinate
persone quando l’atto di concessione sia già stato perfezionato (senza nulla
dire a tal proposito) perchè si andrebbero ad intaccare legittime
aspettative venute a sorgere con la stessa concessione.
In questo caso la riserva, in via generale, è individuata:
1) dal nuovo diritto di famiglia: Legge 19 maggio 1975, n. 151
2) dal regolamento comunale di polizia MORTUARIA
Nel Comune di Gravina non è stato ancora “rinnovato” il Regolamento di Polizia Mortuaria.
Vige, pertanto, il Regolamento di Polizia Mortuaria approvato nel 1915, che all’art. 29 così testualmente recita: “Si intendono far parte della famiglia il consorte, gli ascendenti e discendenti in linea retta ed i germani”.
Si chiede si sapere se siffatta normativa regolamentare comunale sia o meno in contrasto con la successiva intervenuta normativa di settore (DPR 285/90, in particolare art. 93).
In particolare, si chiede se, alla luce del Regolamento Comunale sopra trascritto e dell’art. 93 del DPR 285/90 ed in assenza di espressa e/o tacita volontà del fondatore (che era celibe e non aveva figli e/o discendenti in linea retta), sia stato lecito tumulare nel sepolcro familiare la salma del coniuge di una sua sorella del fondatore e quella del coniuge di un nipote (figlio di una sorella del fondatore del sepolcro familiare).
In altri termini, possono gli altri fratelli germani del fondatore del sepolcro familiare chiedere la rimozione delle predette due salme?
quando parlavo di autorizzazione preventiva, facevo riferimento all’autorizzazione del concessionario alla sepoltura di collaterali e affini, che costituisce presupposto per il nulla osta rilasciato dal comune. almeno così desumo dal regolamento comunale, che così recita:
“per i collaterali e gli affini la sepoltura deve essere autorizzata, di volta in volta, dal titolare della concessione con apposita dichiarazione resa ai sensi del D.P.R. n° 445/2000, da presentare alla Direzione dei Servizi Funebri e Cimiteriali per il relativo nulla osta.”
secondo lei è possibile, e quindi ricevibile da parte del comune, una autorizzazione fatta dal concessionario quando i soggetti che ne dovrebbero beneficiare (affini e collaterali, appunto) sono ancora vivi?
Perchè questa mi sembra l’unica soluzione che potrebbe consentira la sepoltura di affini e collaterali qualora il concessionario dovesse morire prima di loro.
in realtà, più ragiono su questa situazione e più mi rendo conto che, come da lei sottolineato, non è ipotizzabile una soluzione a priori, almeno senza il consenso degli eredi del fondatore defunto.
la ringrazio ancora e complimenti per il sito e per le informazioni che date
il mio caso, come avrà sicuramente capito, è piuttosto complesso.
si tratta di una tomba di famiglia composta da 12 loculi costruita negli anni ’50 da due fratelli tra i quali vi era l’accordo, solo verbale, che detta tomba dovesse servire metà alla famiglia dell’uno e metà a quella dell’altro.
nell’atto di concessione non si prevedono riserve, nè vi sono altre specificazioni. si dice semplicemente che due soggetti, fratelli tra loro, ottengono la concessione per costruirvi una tomba di famiglia.
ora uno dei concessionari è morto, e i componenti della sua famiglia hanno già occupato 6 loculi (inserendo anche affini di 1° e 2° grado, suoceri e cognati) e sono disponili ancora 4 loculi della “quota” teoricamente appartenente al fondatore ancora vivo. Non mi sembra sia stata effettuata alcuna volturazione a favore degli eredi. Specifico anche che il regolamento comunale è molto scarno e non prevede nulla in tema di subentro e di prenotazione.
Il fondatore ancora vivo (ormai noventenne) intende far tumulare, quando sarà il momento, nei 4 posti ancora disponibili, la moglie, la sorella e il cognato (tutti soggetti tra gli 88 e i 92 anni).
Sennonchè i figli del fondatore defunto hanno già manifestato la loro opposizione alla sepoltura di detti soggetti e non vogliono sottoscrivere alcuna scrittura privata che regoli il tutto.
In questa situazione, vista l’età dei soggetti in questione e considerati i templi biblici di una causa, come da lei suggerito, non è consigliabile adire la giustizia.
L’unica soluzione mi sembrava, quindi, quella di far richiedere al fondatore/concessionario ancora vivo un’autorizzazione, per così dire, “preventiva” alla sepoltura dei predetti collaterali e affini in modo tale che, anche qualora il fondatore dovesse morire prima di detti soggetti (che, ripeto, sono comunque molto anziani anch’essi), vi sia comunque la possibilità di seppellirli in quei loculi, semprechè, ovviamente,detti loculi saranno ancora disponibili.
Però non ho capito se sia necessario anche il consenso dei figli del fondatore defunto.
A questo proposito le riporto solo le parti rilevanti, ai fini del caso di specie, dello scarno regolamento comunale della mia città:
“per i collaterali e gli affini del concessionario la sepoltura deve essere autorizzata, di volta in volta, dal titolare della concessione con apposita dichiarazione resa ex dpr 445/2000, da presentare alla direzione dei servizi funebri per il relativo nulla osta.
Si intende concessionario il firmatario del contratto e fondatore del sepolcro.
Si intende titolare della concessione la o le persone cui è stata trasferita la concessione in virtù di atto di successione legittima o in qualità di erede diretto.”
Ora, a parte il fatto che l’inciso “di volta in volta” potrebbe significare che l’autorizzazione deve essere data dal concessionario man mano che si verifichino i decessi, la norma parla di “autorizzazione da parte del titolare della concessione”: sicuramente deve ritenersi titolare il fondatore ancora vivo, mentre non so se si debbano considerare tali anche gli eredi del fondatore morto, atteso che nel regolamento non si dice nulla in merito al subentro, né sul trasferimento della concessione o ai modi di trasferimento.
Forse il comma in cui si dice che ”Si intende titolare della concessione la o le persone cui è stata trasferita la concessione in virtù di atto di successione legittima o in qualità di erede diretto.” può essere interpretato come la fonte di disciplina del subentro nella concessione nell’ambito del regolamento comunale ?. Perché, se così fosse, gli eredi sarebbero anch’essi titolari della concessione e avrei bisogno (prima o poi) anche del loro consenso (che non daranno mai) per far seppellire affini e collaterali.
Aggiungo, in ultimo, che nei loculi relativi alla quota del fondatore defunto, i figli di quest’ultimo, qualche anno addietro, hanno fatto tumulare loro affini (suoceri) senza chiedere niente a nessuno, e ora si oppongono alla futura (ma non troppo, visto che si tratta di novantenni) tumulazione del coniuge, di un collaterale (che poi sarebbe anche un loro zio) e di due affini del fondatore vivo.
Spero di non aver fatto troppa confusione e Le chiedo se, a Suo parere, sia percorribile la strada dell’autorizzazione preventiva o se esista comunque una soluzione che consenta, nel prossimo futuro, di far tumulare i predetti affini e collaterali, evitando la divisione giudiziale.
La ringrazio ancora per le pregevolissime risposte già date.
Se il regolamento comunale di polizia mortuaria nulla dispone a tal
proposito valgono le norme generali dettate dal DPR 10 settembre 1990 n. 285
in termini di fruibilità del sepolcro.
Prima di adire la magistratura occorre verificare come a livello di
regolamento comunale di polizia mortuaria come sia disciplinato l’istututo
del subentro.
Dal 10 febbraio 1976, quando entrò in vigore il DPR 803/1975, ossia il
vecchio regolamento nazionale di polizia mortuaria il diritto di sepolcro
non è più trasmissibile, o, peggio ancora commerciabile per atti inter vivos
a contenuto privatistico, così lo jus sepulchri si trasmette solo mortis
causa per diritto di consanguineità o per diritto successorio (si tratta
dell’ipotesi residuale).
Nel caso di specie da Lei sollevato bisogna preventivamente verificare se
gli eredi in questione siano divenuti a loro volta concessionari oppure se
abbiano solo ricevuto il diritto alla sepoltura (situazione passiva) ma non
il diritto a dar sepoltura (Jus Inferendi Mortuum in Sepulchrum)
A chi è intestata l’originaria concessione? Essa è stata volturata a favore
degli eredi per le parti di propria spettanza?
Su quest’aspetto vi è giurisprudenza costante (: Cassazione civile, sez. II,
24 gennaio 2003, n. 1134) la concessione può esser rilasciata anche a favore
di una pluralità di soggetti e, questi, seppure non nominati direttamente
possono pur sempre dimostrare il loro sacrosanto diritto di sepolcro
producendo tutti i titoli formali (bonifici, fatture, versamenti….) atti a
provare la loro diretta partecipazione alla fondazione della tomba.
Ovviamente la costruzione di un sepolcro è sempre a titolo oneroso siccome
esso si configura come una sepoltura privata e dedicata ed essa sorge dietro
la corresponsione di un canone ai sensi del combinato disposto tra gli Artt.
95 e 103 del DPR 285/1990.
Se non si pronuncia il giudice prestabilendo una ripartizione a priori e
rigida dei posti feretro si segue il semplice criterio cronologico tumulando
in successione i defunti aventi diritto sino al completamento naturale di
tutto lo spazio, i sopravvissuti vedranno così comprimersi il loro diritto
di sepolcro, perchè esso degrada a mera aspettativa, almeno sino a quando
non si sarà liberato un loculo (cosa non del tutto improbabile data la forte
tendenza alla riduzione in cassetta ossario o cremazione dei resti mortali)
Corte d’appello di Torino, 12 aprile 1935 n. 476: “Il rapporto che sorge fra
Comune e concessionario di un’area nel cimitero comunale a scopo di
sepoltura particolare ha carattere patrimoniale, che deve mantenere tutta la
sua rilevanza giuridica fino a che non si esorbiti dai limiti di ordine
pubblico nei quali deve essere contenuto l’oggetto della concessione. I
diritti dei compartecipanti alla sepoltura, nei loro rapporti, sono regolati
dalle disposizioni sulla comunione dei beni, per modo che deve intendersi
vietata qualsiasi innovazione della tomba se manchi il consenso unanime di
tutti essi partecipi. È però da riconoscersi la possibilità di una divisione
dei loculi fra tutti i partecipanti in ragione dei relativi diritti al
sepolcro.”
Un’equa divisione della tomba è, quindi, senz’altro possibile, meglio però
esperire altre soluzioni meno dispendiose e defatiganti, soprattutto
muovendo da un’attenta analisi dell’atto di concessione e del regolamento
municipale di polizia mortuaria.
Di solito le persone destinatarie del diritto di sepolcro sono
espressamente contemplate nell’articolato di cui si compone l’atto di
concessione, in quella sede (e non dopo) il concessionario definisce il
proprio nucleo famigliare, delineando la cosiddetta “riserva”, ossia la
cerchia di soggetti titolari dello Jus Sepulchri.
Solo al momento della stipula è possibile dilatare o restringere la riserva,
magari includendo in questo novero anche affini e collaterali, altrimenti si
dovrebbe applicare l’istituto della benemerenza di cui all’Art. 93 comma 2
DPR 285/1990, questa norma, però sconta un grave limite (e, infatti, deve
esser implementata nel dettaglio da norme locali): per tumulare un non
parente in un sepolcro gentilizio occorre non solo l’autorizzazione del
concessionario ma anche il benestare di tutti coloro che, indicati
nell’originario atto di concessione, vedrebbero comprimersi il proprio
diritto di sepolcro per la probabile mancanza di loculi.
La norma del regolamento comunale da Lei citata mi pare, invero, piuttosto
lacunosa, in quanto non considera questa criticità.
Il loculo può senza dubbio esser prenotato per ospitare un determinato
defunto, ma questa disposizione deve esser contenuta esplicitamente
nell’atto di concessione, altrimenti sarebbe una pratica fortemente
deleteria, in quanto precluderebbe di massimizzare la capacità ricettiva
della tomba rinviando l’occupazione del loculo ad un futoro imprecisato e
remoto.
Molti regolamenti comunali di polizia mortuaria vietano, se non in
particolari casi (anziani, coniuge premorto….), la prenotazione delle
tombe, proprio per evitare catastrofici immobilizzi.
Tutto (..o quasi) dipende dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
L’assegnazione dei posti disponibili all’interno del sepolcro gentilizio
segue la cronologia degli eventi luttuosi: chi prima muore…meglio alloggia nel loculo ancora libero.
Le parti con scrittura privata (da notificare al cumune per una questione non tanto di diritto, quanto di mera cortesia istituzionale) possono
liberamente accordarsi per un’ordinata ripartizione dello spazio sepolcrale e dei relativi oneri, attraverso l’assegnazione preventiva degli avelli, il comune rimane comunque estraneo a questi patti tra le parti, limitandosi a verificare i titoli formali dello jus sepulchri allorquando sopraggiunga il decesso di uno tra gli aventi diritto.
Secondo l’Art. 93 DPR 10 settembre 1990 n. 285 il diritto primario di
sepolcro (o la legittima aspettativa secondo riserva?) si esercita sino al raggiungimento della naturale capienza della tomba.
In dottrina non vi è opinione pacificamente condivisa su questo punto: in caso di commorienza chi prevale tra gli aventi causa del primo concessionario, quelli jure sanguinis o, invece, quelli secondo jure successionis? In altre parole hanno più diritto i congiunti secondo conzsanguineità o i semplici eredi?
Dipende innanzi tutto dal regolare atto di concessione (che è fonte
normativa nel rapporto concessorio tra privati ed il comune in qualità ex Art. 824 Codice Civile di titolare del sepolcreto e della funzione
cimiteriale ex Art. 337 Regio Decreto n.1265/1934) e dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Di solito è lo stesso atto di concessione ad individuare la riserva, ossia i nominativi delle persone le cui mortales exuviae saranno destinate ad essere accolte in quel determinato sacello, tale volontà del fondatore non è in un secondo momento integrabile (se non dietro la stipula di una nuova
concessione) e deve essere fedelmente rispettata, altrimenti saremmo dinnanzi ad un esaurimento, o peggio ancora ad una violazione, del rapporto concessorio e tale difformità contra legem dovrebbe produrre la pronuncia di
decadenza (ovvero di estinzione) della concessione stessa per mutamento o esaurimento dei fini nel rapporto concessorio.
Secondo giurisprudenza costante il sepolcro è istituito dal fondatore sibi familiaeque suae, ossia per sè stesso e per la propria famiglia, così come individuata dal regolamento comunale di polizia mortuaria, o in difetto, dagli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile.
Solo all’estinguersi della cerchia famigliare il sepolcro diviene
ereditario, attenzione però: bisogna tener distinti i diritti patrimoniali
sul sepolcro, ossia la mera proprietà (ex Art. 63 DPR 285/1990) sul
manufatto funerario (paramento lapideo, lastre, marmi, arredi votivi) dal diritto ad esser ivi sepolti, siccome lo jus sepulchri è, prima di tutto, un diritto personalissimo legato ai vincoli di sangue.
Gli eredi, in quanto tali, potrebbero esser semplicemente onerati, quindi, soggetti giuridicamente tenuti alla manutenzione della tomba, senza mai divenire titolare dello jus sepulchri.
Lo Jus Sepulcri è un insieme di posizioni giuridiche quadripartite in:
1) Jus Sepeliendi: diritto ad essere sepolto
2) Jus Inferendi mortuum in sepulchrum: diritto a dar sepoltura
3) Diritto Secondario di sepolcro: potere sancito dall’ordinamento che
permette di aver accesso ad un sepolcro per compiere atti votivi e di
suffragio verso i propri defunti
4) Diritto al sepolcro in senso stretto: disponibilità materiale sui beni
sepolcrali, fatta ovviamente salva la loro destinazione d’uso inpressa dal
concessionario e dalla legge (in cimitero non posso tumulare… il gatto, ma
solo cadaveri umani ed in un sepolcro privato possono essere accolti solo i
titolari dello jus sepulchri e non degli estranei, senza poi considerare
come sia vietato il fine di lucro che si avrebbe se lo jus sepulchri fosse
liberamente commerciabile).
Di solito, in frangenti così complessi, dove alta è la conflittualità tra
gli aventi diritto, con il conseguente rischio di paralisi, si procede ad
una divisione in quote del sepolcro (anche senza finire necessariamente in
Tribunale) ovvero i soggetti legittimati esercitano i loro Jura Sepulchri entro i limiti e per le parti di propria spettanza, ovviamente qualora il
diritto di sepolcro non venga fatto valere o sia oggetto di volontaria
rinuncia si provvederà, con atto ricognitivo, all’accrescimento delle
restanti quote dello jus sepulchri in capo agli aventi causa del
concessionario per quanto riguarda l’uso e la sua trasmissione in occasione del decesso del concessionario.
Si ribadisce la centralità del regolamento comunale di polizia moruaria
grazie della risposta precisa e puntuale,
vorrei aggiungere che il regolmento non dice nulla sulla possibilità di procedere a divisione, nè sembra possibile, stante l’alta conflittualità tra il concessionario ancora in vita e gli eredi del concessionario defunto, regolare “privatamente ” la questione.
pensavo quindi ad una divisione giudiziale della cappella (composta da 12 loculi,e quindi 6 per ciascuna famiglia dei fondatori), anche se non ho ben capito se sia giuridicamente fattibile.
approfitteri ancora della vostra gentilezza e competenza, per chiedere se sia possibile che il concessionario richieda e ottenga un’autorizzazione alla sepoltura di affini e collaterali mentre questi sono ancora in vita, in maniera tale da consentirne la sepoltura al momento della loro morte.
Il regolamento comunale di riferimento, a questo proposito, dispone che : “per i collaterali e gli affini del concessionario la sepoltura deve essere autorizzata, di volta in volta, dal titolare della concessione con apposita dichiarazione resa ex dpr 445/2000, da presentare alla direzione dei servizi funebri per il relativo nulla osta.”
grazie
salve, vorrei porre un quesito che mi pare attinente a questa discussione.
in caso di sepolcro di famiglia costituito negli anni ’50 da due fratelli entrambi concessionari di cui uno sia ancora in vita, è possibile procedere ad una divisione (eventualmente giudiziale) della cappella al fine di evitare che gli eredi del fondatore già defunto occupino tutti i loculi della cappella stessa?
quali soluzioni si possono prospettare per evitare tale evenienza?
da una delle sentenze sopra citate (Tribunale di Torino, 7 luglio 1941) mi sembra di capire hce si potrebbe agire in giudizio per pervenire non ad una divisione giudiziale ma ad una assegnazione dei loculi.