Premessa: Nelle scienze giuridiche la proprietà è facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi previsti dall’ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile), nella polizia mortuaria, invece essa, essendo solo strumentale e, quindi, subordinata allo Jus Sepulchri (diritto personalissimo e, quindi, non patrimoniale nè trasmissibile per acta inter vivos…almeno dall’entrata in vigore del del Libro III del Codice Civile), spesso si risolve unicamente nell’assunzione coatta di un onere.
I nostri cimiteri, per loro intrinseca natura, sono costituiti non tanto da sole aree recintate ex Art. 337 Regio Decreto 27 luglio 1937 n. 1265 (campi d’inumazione) quanto da corpi di fabbrica (batterie di loculi, cappelle gentilizie, colombari…) adibiti a sepoltura privata (Art. 91 DPR 285/1990) e, quindi, necessitano di continui interventi, anche edilizi, per assicurare loro un’ottimale conservazione. Si pone, così, il problema dell’imputazione dei relativi oneri. In capo a chi sorge, allora, il dovere di assicurare la manutenzione[1] straordinaria[2] (manto impermeabile, rivestimento, fasce in marmo.) dei manufatti sepolcrali come – loculi -costruiti dal Comune e dati in concessione sia perpetua (prima del 10 febbraio 1976, data in cui entra in vigore il “vecchio” regolamento nazionale di polizia mortuaria DPR 803/1975) sia novantanovennale?
Possiamo subito, con notevole profitto, riflettere su questa sentenza: Cassazione civile, Sez. Unite, 21 luglio 1977 n. 3257 “L’art. 824, 2° comma, cod. civ. assoggetta i cimiteri comunali al regime del demanio pubblico, salve le eccezioni costituite dalla continuazione dell’esercizio dei cimiteri particolari (art. 82 del regolamento di polizia mortuari) e della possibilità di cappelle private e gentilizie costruite fuori del cimitero (art. 340 T.U. delle leggi sanitarie); pertanto la pretesa che la parte del cimitero occupata da costruzioni funerarie di confraternite sia di proprietà privata di queste ultime, postula la necessità dell’accertamento dell’estraneità di detta parte del cimitero o delle costruzioni funerarie al patrimonio comunale, nonché della posizione delle relative aree all’esterno del cimitero comunale e non rientranti comunque nel patrimonio del Comune da questo concesso per tale uso. A norma dell’art. 1, n. 2 R.D. 15.10.1925, n. 2578, sulla assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Provincie, dell’art. 91, lett. c), n. 14, T.U. 3 marzo 1934, n. 383, secondo il quale la costruzione, manutenzione ed esercizio dei cimiteri è funzione propria dei Comuni, nonché dell’art. 44 del vigente regolamento di polizia mortuaria, che affida al Sindaco la manutenzione, l’ordine e la vigilanza sanitaria dei cimiteri, spetta al Comune il potere di consentire quell’uso particolare del cimitero comunale, che si concreta nell’impianto di linee elettriche per l’illuminazione delle lampade votive nei sepolcri privati, e ciò anche per il caso di cappelle di Confraternite eventualmente sorgenti su suolo proprio nell’ambito del cimitero comunale”.
In assenza anche di una norma specifica prevista dal Regolamento comunale di Polizia Mortuaria il concessionario provvede alla cura ordinaria, mentre grava sul comune la manutenzione straordinaria[3] per tutto quanto concerne i lavori più rilevanti: il rifacimento della copertura, dell’intonaco.
In effetti, se il sepolcro è stato realizzato dal suo fondatore su terreno dato in concessione le opere murarie ed il paramento lapideo appartengono al concessionario per tutta la durata della concessione e la manutenzione straordinaria spetta al concessionario-fondatore del sepolcro poiché è lui il proprietario del manufatto sepolcrale. Se, invece, loculi e colombari sono stati costruiti dal comune e solo successivamente dati in concessione la manutenzione straordinaria è di pertinenza dell’ente locale.
L’istituzione di un canone annuo destinato alla manutenzione non è possibile per le tombe precedentemente concesse, per l’irretroattività della norma giuridica lo è, invece, per le nuove concessioni, per esse si può prevedere una corresponsione di denaro composta da due voci di calcolo (una tantum + canone periodico); è comunque preferibile seguire la strada della determinazione di un congruo “diritto di tumulazione” (anche ai sensi dell’Art. 149 Decreto Legislativo n.267/2000 e “retroattivamente” giusta l’Art. 103 DPR 285/1990), magari differenziato, ogni volta che si tumula in loculo, ossario, nicchia cineraria, tomba concessa in passato o al momento.
Per il calcolo, invece, del canone di concessione vero e proprio si segue il D.M. 1 luglio 2002.
Il Regolamento Regionale Emiliano Romagnolo del 23 maggio 2006 n. 4, sembra, però, affrontare il problema in modo diverso e più innovativo, ampliando la portata dello stesso Art. 63 DPR 285/1990, in effetti l’Art. 4 comma 6 sembra proprio stabilire per:
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concessioni perpetue (a prescindere da chi abbia costruito la tomba e, quindi dalla mera proprietà di eventuali fabbricati ed arredi lapidei)
-
manufatti di proprietà privata (non si considera, quindi, il criterio della durata temporale nel rapporto concessorio).
il vincolo giuridico di partecipare ai costi di gestione del complesso cimiteriale ed al mantenimento in efficienza della parti comuni, secondo modi e tempi definiti dall’Ente Locale.
Quindi, ricapitolando: generalmente il contratto fra amministrazione comunale e concessionario prevede tali obblighi e laddove essi non siano espressamente previsti potrebbero esserlo in strumenti normativi di natura amministrativa (ad es. regolamenti comunali di igiene o di polizia mortuaria).
Secondo l’Art. 62 DPR 285/1990, infatti, il comune può adottare un provvedimento (vi è, però, la riserva di regolamento, cosicché un’ordinanza o una diversa disposizione riuscirebbero inadeguate, ) per meglio definire criteri e modalità legati alla realizzazione sui sepolcri di monumenti, suppellettili rituali o altri oggetti legati all’arte commemorativa, così da favorire uno sviluppo del cimitero ordinato e di buon gusto, ad esempio il Comune autorizza la posa di copritomba di determinati materiali e con un certo dimensionamento. Ove quest’ultimi fossero diversi dall’autorizzato il copritomba, previa diffida, deve essere rimosso.
Qualora tale operazione non venga svolta entro i termini da parte della famiglia interessata (o per il tramite di operatore economico di sua fiducia), il Comune può effettuare la levata d’ufficio, con imputazione dei costi sostenuti alla famiglia interessata.
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Qualora tale operazione non venga svolta entro i termini da parte della famiglia interessata (o per il tramite di operatore economico di sua fiducia), il Comune può effettuare la levata d’ufficio, con imputazione dei costi sostenuti alla famiglia interessata.
Questo strumento di necessaria regolazione (altrimenti assisteremo al dilagare del kitsch più volgare e pacchiano) deve essere attentamente ponderato per non creare ingiuste compressioni al diritto secondario di sepolcro: si pensi ad esempio alla Sentenza 31 luglio 2002, n. 3278 emessa dal TAR Lombardia.
In nuce, il pronunciamento del giudice, in diversi procedimenti, focalizza queste tre fattispecie nella complessa relazione tra la potestà comunale ed il cittadino utente del servizi cimiteriali, mantenendo comunque chiara la posizione di soggezione del privato (i cui diritti, già di per sé affievoliti, degradano ad interesse legittimo, secondo giurisprudenza costante) rispetto alla pubblica amministrazione.
1) È vietata l’imposizione di monumenti e lapidi assolutamente uniformi ed accessori standardizzati. In merito, il TAR ha ritenuto illegittimo per i Comuni imporr monumenti, lapidi ed accessori uniformi in ragione della loro “peculiare funzione” (la quale attiene a sentimenti personali di pietà) e “della loro natura di beni privati” (di proprietà dei concessionari delle aree cimiteriali su cui insistono) o affidino appalti “per realizzare uniformi opere destinate a sepolture private date in concessione” (ord. 1703/99).
2) I Dolenti devono poter scegliere monumenti, lapidi, arredi e imprese di fiducia. Infatti, il TAR della Lombardia ha precisato che “con riferimento agli arredi funebri la legge riserva ai Comuni solo l’apposizione di cippo con targhetta in campo comune e la chiusura dei tumuli”.
3) La posa di ogni altro arredo o lapide è un diritto che spetta ai privati cittadini esercitare, scegliendo liberamente. I Comuni quindi non possono ostacolare “il diritto dei dolenti a rivolgersi alle imprese da essi liberamente prescelte”, nè quello “delle imprese del settore ad operare liberamente, senza dover sottostare a limitazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle sancite in via generale dalla normativa sanitaria e di polizia mortuaria” (sent. 1685/2000).
In via generale vale l’art. 63 del Regolamento di polizia mortuaria DPR 10/9/1990 n. 285. Tale norma si riferisce specificamente ai manufatti di proprietà del concessionario di un’area cimiteriale. Su di esso incombe l’obbligo della manutenzione ordinaria e straordinaria e della relativa area di rispetto. In caso di concessione di loculi o altri manufatti costruiti direttamente dal Comune, in assenza di obblighi di natura contrattuale, valgono i seguenti criteri:
a) al concessionario compete l’ordinaria manutenzione;
b) al Comune spetta la manutenzione straordinaria.
A valle della concessione deliberata dal Comune, soprattutto in passato, vi era un atto sottoscritto fra le parti (la cosiddetta “convenzione”), con i relativi obblighi e diritti. In molti casi si poteva trovare una formula contrattuale con cui si rinviava al regolamento di polizia mortuaria via via vigente.
Il regolamento di polizia mortuaria comunale, allora, dovrebbe contenere una norma dove viene precisato come le disposizioni in esso contenute si applichino anche alle concessioni ed ai rapporti costituiti anteriormente alla sua entrata in vigore e che comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria precedente cessa di avere applicazione dal giorno di entrata in vigore del presente, altrimenti, secondo la formula del famoso brocardo latino “tempus regit actum” il riferimento è tassativamente al regolamento di polizia mortuaria in vigore alla stipula dell’atto di concessione, se esso, ovviamente nel suo articolato esso non confligge con i principi generali dell’ordinamento.
La manutenzione per sepolcri di proprietà privata viene svolta da chi ne faccia domanda, avendone titolo e per la quantità e la qualità richiesti. La suddivisione in quote delle spese di manutenzione è questione a cui resta estraneo il Comune e viene regolata tra gli aventi diritto (o dovere) a provvedere al mantenimento della tomba. Per eventuali danni imputabili ad un comportamento di un privato concessionario, non sussiste una responsabilità del Comune, neppure di tipo oggettivo del proprietario del manufatto (nell’eventuale ipotesi in cui la costruzione del manufatto sepolcrale sia stata realizzata dal comune), mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere il comportamento scorretto o pericoloso.
Per sepolture abbandonate[4] per incuria[5] e che versino in stato di degrado[6] sarà cura dell’comune[7] stesso segnalare anticipatamente tale circostanza al concessionario (ove irreperibile anche per pubbliche affissioni e pubblicazioni sulla stampa) e procedere successivamente ad addebitare la quota di spettanza. Laddove sia irreperibile il concessionario le spese risultano a carico dell’E.L. Quest’ultimo potrà attivarsi, secondo la procedura dettata dal regolamento di polizia mortuaria comunale, per acquisire, d’imperio, al patrimonio dell’ente le tombe abbandonate. Si rammenta di definire preventivamente con la Soprintendenza ai Monumenti la identificazione di sepolture con particolare vincolo storico – artistico.
In ultima analisi occorre soffermarsi sulla portata dello jus sepulchri e sulla sua distinzione dal diritto di proprietà.
Dunque lo jus sepulchri è composto da un complesso differenziato di situazioni giuridiche: in primo luogo di un diritto primario, consistente nella duplice facoltà di essere sepolti e di seppellire (jus inferendi in sepulcrhum) altri in un dato sepolcro; e di un diritto secondario che ha come contenuto la facoltà di accedere al sepolcro e di opporsi alle trasformazioni che arrechino pregiudizio alla sepoltura: Tribunale di Napoli, 30 giugno 1960 Gli eredi ed i parenti di uno dei fondatori del sepolcro familiare, seppellito nel medesimo, anche se non sono compresi tra i titolari del “ius sepulcri” hanno il diritto di accedere liberamente al sepolcro, ogni qualvolta lo ritengano opportuno e non soltanto nei pochi giorni dell’anno dedicati dalla consuetudine al culto dei morti, per compiervi verso il defunto gli atti di pietà consentiti dalla religione e dagli usi ivi comprese la pulizia e la manutenzione della tomba; essi hanno inoltre il diritto di munirsi a proprie spese, di una chiave del sepolcro.
Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo jus sepulchri.
Bisogna sempre distinguere i famigliari del fondatore e gli eredi, poiché quest’ultimi, benché privi dello Jus sepulcrhi sono comunque titolari sia del diritto secondario che del diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali. Pertanto, ex art. 63 essi, in quanto proprietari, debbono sopportare l’onere della manutenzione ordinaria e straordinaria.
Per sepolcri interessati dalla procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/1990 (e paragrafo 16 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24, con relativo allegato tecnico), laddove essa non sia stata sostituita da un nuovo protocollo operativo (Emilia-Romagna, Art. 2 comma 16 Reg.Reg. 23 maggio 2006 n. 4 e Lombardia, Art. 16 comma 8 Reg.Reg. 9 novembre 2004. 6 così come modificato dal Reg.Reg. 6 febbraio 2007 n.1) le spese per la ristrutturazione sono del comune se avvengono prima della concessione (si pensi ad esempio ad in sepolcro rientrato nella disponibilità dell’ente locale in seguito all’estinzione di un precedente rapporto concessorio), altrimenti competono al concessionario.
Rimane ora, solo un caso da esaminare, forse il più scabroso: Il DPR 285/1990, all’Art. 76, richiede infatti che nei tumuli l’impermeabilità ai liquidi ed ai gas debba essere garantita nel tempo, a volte, però, si deve sanare la tomba se questa presenta fenomeni percolativi, con perfusione all’esterno del tumulo di miasmi: Vale, comunque, lo stesso criterio enunciato prima: l’onere del mantenimento nel tempo è del concessionario, quando il manufatto è di sua proprietà, in base all’art. 63/1 del DPR 285/90 (è il caso, ad es., di edicola funeraria costruita da privato su un’area avuta in concessione dal Comune). Se il proprietario è il Comune, che ha concesso l’uso del loculo, l’onere è del Comune.
In assenza di specifica norma del regolamento di polizia mortuaria comunale spetta al Sindaco (ai sensi dell’art. 51 DPR 285/90), su proposta del dirigente del servizio cimiteriale e dell’ASL, emanare apposita ordinanza che preveda, in via generale, il da farsi. Il regolamento (o l’ordinanza sindacale) stabilisce:
- chi debba disporre l’intervento (di norma il responsabile del servizio cimiteriale);
- i criteri di esecuzione;
- le modalità di avviso o notifica al concessionario se proprietario del manufatto;
- chi dovrà eseguire l’intervento (in genere il gestore del cimitero)
- l’attribuzione del relativo costo (al proprietario del manufatto).
In mancanza di tale individuazione preventiva, si opera, di volta in volta, attraverso ordinanza del Sindaco, ai sensi dell’art. 51 del DPR 285/90.
In caso di lesione a strutture cimiteriali, se quest’ultimi sono riconducibili ad un comportamento di un privato concessionario, non sussiste una responsabilità del Comune, neppure la responsabilità oggettiva del proprietario del manufatto (nell’eventuale ipotesi in cui la costruzione del manufatto sepolcrale sia stata realizzata dal comune), mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere l’azione da cui è stato determinato il danno. Tale responsabilità trova fondamento nell’art. 2043 C.C.
Il responsabile del comportamento che ha determinato, oggettivamente, il danno deve provvedere al risarcimento direttamente agli altri concessionari, poiché il rapporto di concessione, se rientra nell’ambito dell’art. 823 C.C. nei riguardi al rapporto tra Comune/concessionario, attribuisce una posizione giuridica soggettiva piena nei confronti degli altri concessionari che non solo ha riguardo all’aspetto “attivo” (tutela rispetto da comportamenti indebiti o lesivi di altri concessionari), ma anche “passivo” (responsabilità per fatto illecito, nel caso), dal momento che l’obbligo della manutenzione di cui all’art. 63 DPR 10/9/1990, n. 285 ha per oggetto anche ogni atto e comportamento idoneo a non arrecare danni a terzi.
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[1] Tribunale di Spoleto, 11 febbraio 1955 Non esiste un diritto soggettivo alla manutenzione del recinto ed alla custodia all’interno del cimitero in favore dei proprietari delle cappelle gentilizie esistenti nel sacro luogo, e perciò non può prospettarsi responsabilità della P.A. nel caso che per insufficiente manutenzione o custodia siano state rese possibili asportazioni di materiali dalle cappelle stesse.
[2] Cassazione civile, Sez. I, 20 gennaio 1964 n. 114 I poteri dei comuni sui cimiteri non sono limitati a quelli previsti dal regolamento di polizia mortuaria e che attengono principalmente alla materia dell’igiene della sanità (R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880) ma comprendono anche quelli che sono in funzione della costruzione, manutenzione ed esercizio di essi (art. 91, lett. c), n. 14 T.U. 3 marzo 1934, n. 383), sicché nell’ambito dei poteri che gli competono il comune può concedere ai privati il servizio di accensione elettrica delle lampade votive per quei privati che del servizio stesso vogliano avvalersi.
[3] T.A.R. Toscana, 26 giugno 1987 n. 505 Condizioni essenziali perché un determinato servizio possa formare oggetto di concessione sono, da un lato, che si tratti di servizio nell’interesse della collettività e, dall’altro, che sussista la possibilità astratta di monopolio da parte dell’Ente pubblico; pertanto, costituisce servizio suscettibile di essere concesso ai privati la manutenzione dei cimiteri, in quanto la stessa può formare oggetto di gestione diretta da parte del Comune in regime di monopolio.
[4] Cassazione civile, Sez. Unite, 9 marzo 1981 n. 1300 L’obbligo del comune di Milano, a norma dell’art. 86 del proprio regolamento di polizia mortuaria, di comunicare agli interessati le deliberazioni impositive di opere di manutenzione delle tombe, anche al fine dell’eventuale decadenza dalla concessione cimiteriale in ipotesi di mancata esecuzione di tali opere, non viene meno per il caso in cui, dopo la morte dell’originario concessionario ed il subingresso nella concessione di più aventi diritto, costoro non abbiano provveduto, come prescritto dall’art. 30 del regolamento stesso, alla designazione di un unico rappresentante nei rapporti con l’ente concedente.
[5] L’incuria a sua volta può originare o meno pericolo di rovina di parte o dell’intero manufatto in stato di degrado. Oppure si ha lo stato di incuria limitato ad un degrado che corrisponde più all’abbandono delle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Laddove sia così previsto nel contratto, il Comune può pronunciare la decadenza della concessione per inadempienza ai patti contrattuali.
[6] T.A.R. Sicilia, 11 novembre 1985 n. 1411 Il Comune non può revocare una concessione in uso perpetuo di fronte a incuria nella manutenzione e custodia del sepolcro, ma in base agli artt. 63 e 93 D.P.R. 20.1O.1975, n. 803, può provvedere soltanto alla conservazione del sepolcro quando sussiste pericolo, diffidando contemporaneamente gli aventi diritto. In base all’art. 93 D.P.R. 25 ottobre 1975, n. 803, l’Amministrazione può disporre la revoca delle concessioni di aree cimiteriali a tempo determinato solo se siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima sepoltura e si verifichi una situazione di grave insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno comunale, alla quale non possa ovviarsi con un ampliamento del cimitero stesso. 803/1975).
[7] Consiglio di Stato, Adunanza generale, 6 luglio 1933 Merita conferma il provvedimento dell’Alto Commissariato di Napoli che negò a privati l’autorizzazione alla costruzione di un cimitero destinato a ricevere le salme di tutte le persone decedute in un rione o frazione. … La costruzione e la manutenzione dei cimiteri ed il servizio di polizia mortuaria sono affidati alle Amministrazioni comunali e sottratti alla speculazione privata.
Grazie per la risposta… buona giornata!
Buongiorno, nel cimitero comunale dove sorge la tomba di famiglia a terra (concessione comunale per 99 anni…) durante gli eccezionali eventi atmosferici del 13.07.2023, una lastra di copertura della struttura cimiteriale (parte del tetto laterale) si è staccata ed ha colpito in pieno la tomba di famiglia, distruggendo tutte le parti in marmo (croci, lapidi con immagini defunti ecc…) della struttura.
I danni sono stati ingenti, chi dovrà risarcire la spesa?
X Amedeo,
del danno provocato risponde il proprietario dell’edificio interessato dal distacco della copertura, rovinosamente abbattutasi sulla Sua tomba di famiglia, secondo le consuete norme civilistiche. Sarà necessaria opportuna perizia, per valutare attentamente l’ “An” ed il “Quantum”. Si rammenta che, in ultima istanza titolare dell’impianto cimiteriale e dei suoi plessi resta pur sempre il Comune, inteso come persona giuridica. Consiglio spassionato: prenda subito contatti con il locale ufficio della polizia mortuaria in Comune da Lei, esponga bene il fatto e chieda di esser edotto sullo svolgimento del procedimento volto ad accertare l’entità del danno patito ed a liquidarne il relativo risarcimento. Sono, alle volte, procedure un po’laboriose, ma con la P.A. occorre avere un po’di pazienza, si tratterebbe pur sempre di soldi pubblici, quindi sono previsti particolari vagli e filtri (c.d. passaggi burocratici) affinchè non si ingeneri la fattispecie del danno erariale.
Gent.mi,
il nostro dubbio riguarda la manutenzione di un manufatto quando viene riscontrata all’interno presenza di acqua (anche poca).
Attualmente per delle nuove costruzioni viene richiesto alla Ditta Costruttrice un certificato di “collaudo” che documenti la conformità alla normativa vigente.
Qualora durante l’apertura di un manufatto venga riscontrata acqua (sia esso costruito da privati che dal Comune ) per poter procedere alla tumulazione di cadavere, resti mortali, resti ossei o ceneri dobbiamo obbligare il concessionario al ripristino delle condizioni di impermeabilità con conseguente “svuotamento totale della tomba” per effettuare i lavori.?
Nei casi in cui il problema di infiltrazioni venga dall’alto (es. percolazioni piovane) dobbiamo obbligare il concessionario ai lavori per ripristinare la chiusura ermetica?
In entrambe le situazioni chi certifica o dichiara che il manufatto è tornato, effettuati i lavori, rispondente ai requisiti previsti dalla normativa?
In un manufatto a più tumuli ipogei è necessario ristrutturare tutto il manufatto o il singolo tumulo con acqua e oggetto di sepoltura ?
A capo di chi sono le spese di ristrutturazione se il manufatto è stato costruito dal Comune e varia la competenza a seconda della data di costruzione?
Ringraziando per l’attenzione porgo cordiali saluti.
x Ferrara TUA,
per gli operatori professionali le risposte ai quesiti sono a pagamento.
Di seguito vi è il link con e condizioni economiche: https://www.funerali.org/Down/funerali.org_servizi-sito.pdf
Ho acquistato un loculo cimiteriale costruito da poco dal mio comune , ho visto il progetto dei lavori e il computo metrico e relativo quadro economico, il comune concedendo la concessione ha richiesto un costo di € 2500, che moltiplicati per il numero dei loculi costruiti trae un vantaggio economico di circa 29.000,00€ , ho chiesto spiegazioni precisando che il comune nn può fare lucro sulla vendita e di contro mi e’ stato risposto che i maggiori incassi serviranno per la manutenzione del cimitero.
Faccio rilevare che in nessuna parte del progetto si rimanda a questo aspetto ne viene indicata la finalità di questi maggiori entrate. Vi chiedo e’ possibile che il comune faccia lucro dalla vendita senza un chiaro e preciso progetto di intervento di manutenzione sul cimitero e se tale richiesta su i e in contrasto con e norme di finanza cose
X Bernardino:
Lei non ha acquistato, nel senso comune del termine (= compravendita) un loculo, bensì ha acquisito in regime di concessione amministrativa, a titolo oneroso (ecco il perchè del canone concessorio corrisposto) il diritto d’uso sullo stesso, che, infatti, è, e resta, di proprietà e costruzione comunale, attratto, com’è nella sfera del demanio cimiteriale, specifico e necessario per ogni Comune ex art. 824 comma 2 Cod. Civile. Ai sensi dell’art. 95 del vigente regolamento statale di polizia mortuaria (ma si veda anche, induttivamente l’art. 103 D.P.R. n. 285/1990), approvato appunto con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, l’attività concessoria deve originare proventi per l’erario comunale.
Le concessioni rilasciate generano un flusso di risorse in entrata e debbono esser iscritte nel bilancio del Comune, e questa è una costante di tutto il diritto funerario dell’epoca moderna, dall’Editto Napoleonico di Saint Cloud del 1802 sino ai giorni nostri.
Spetta, poi, alla buona politica saper ben usare queste (a volte cospicue) somme di denaro introitate, anche per questa ragione: sembra un paradosso, ma quasi tutte le gestioni cimiteriali (in economia diretta o esternalizzate) sono in perdita, poichè il cimitero è impianto istituzionale (art. 337, 343 comma 2 e 394 Testo Unico Leggi Sanitarie) che lavora senza soluzione di continuità e confligge pesantemente con il modus operandi tipicamente imprenditoriale (ricerca del profitto)
Ai privati, invece, giusta l’art. 92 comma 4 sono vietati sui sepolcri atti volti ad ottenere lucro o speculazione (= tutte le tombe a tema di tumulazione sono, pur sempre sepolcri privati nei cimiteri) in senso civilistico del termine come arricchimento-incremento patrimoniale, siccome vi è un interesse eminentemente di natura morale e di stampo pubblicistico nella conduzione del cimitero.
I canoni concessori debbono necessariamente esser calcolati secondo i principi contabili generali di cui all’art. 117 D.Lgs n. 267/2000. e possono esser modulati (un loculo di prestigio, per rifiniture o semplice posizione, com’è ovvio costerà di più!)
Altro metodo più raffinato per questo computo, che consta di molte voci, è fissato dall’art. 4 comma 2 del D.M. 1 luglio 2002 emanato ex art. 5 comma 2 L. 30 marzo 2001 n. 130, in tema di cremazione e conservazione delle ceneri in camposanto, ebbene questi parametri contemplano questi criteri:
a) canone annuo per l’uso dello spazio assegnato per ogni anno di durata della cessione in uso,
percepibile anche in un’unica soluzione, che compete a chi cede in uso la sepoltura;
b) canone annuo per il recupero delle spese gestionali cimiteriali, per ogni anno di durata della
cessione in uso, pari o inferiore alla metà di cui al punto a), percepibile anche in unica soluzione,
che compete al gestore del cimitero.
Come agevolmente dimostrato gli allegri tempi delle tariffe cimiteriali a prezzo politico sono proprio finiti!
Buongiorno utilizzo in concessione di 99 anni, n. 4 loculi cimiteriali.
Sulla parte superiore a copertura degli stessi, vi è stata apposta dal costruttore, della guaina impermeabile.
Purtroppo ad oggi accerto infiltrazioni di acqua piovana.
A chi compete la riparazione delle infiltrazioni di acqua e perchè.
Grazie a chiunque voglia rispondere motivando la risposta.
X Nicola,
art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – è la norma generale di riferimento.
Salvo diverse disposizioni del regolamento municipale di polizia mortuaria, o differente clausole pattuite dell’atto di concessione, la manutenzione straordinaria del blocco di loculi compete:
1) al Comune, se quest’ultimo è proprietario del corpo di fabbrica e dello stesso ha concesso solo il diritto d’uso.
2) al concessionario o suoi aventi causa ( a motivo di subentro nel rapporto concessorio ancora in essere) se i loculi sono stati costruiti direttamente dal concessionario su superficie cimiteriale data in concessione.
In una tomba al cimitero al monumentale di torino ci sono riparazioni da fare causa stillicidio d’acqua piovana.Il concessionario defunto ha lasciato eredi irreperibili.
Due fratelli ivi sepolti hanno rispettivamente due figli e tre figli che intendono fare le riparazioni. Si chiede se le spese vanno ripartite al 50% tra i discendenti dei due fratelli oppure in cinque parti uguali tra i cinque discendenti
X Amerigo,
com’è regolato nel Suo Comune l’istituto del subentro/voltura della concessione, innanzi tutto?
Teoricamente, fatte salve disposizioni di altro tenore contenute nel regolamento municipale di polizia mortuaria che potrebbe stravolgere tutto questo mio “sgangherato” ragionamento, se si è provveduto ad attuare la procedura di irreperibilità ex art. 11 comma 1 lett. c) del D.P.R. anagrafico n. 223/1989 si dovrebbe addivenire ad un accrescimento in senso civilistico ex art. 674 Cod. Civile tra i discendenti superstiti del fondatore del sepolcro, nelle loro rispettive quote di titolarità della concessione, con ed annessi e connessi oneri manutentivi.
Nei confronti della Pubblica Amministrazione concedente ai sensi dell’art. 1292 Cod. Civile tutti gli aventi diritto rimasti sono obbligati in solido per le spese manutentive. Un’equa ripartizione degli oneri pare soluzione ragionevole, ma su questa scelta il Comune si mantiene neutrale, poi chi non sia interessato (magari perchè le opere di ristrutturazione risulterebbero troppo onerose) può sempre rinunciare alla propria frazione di jus sepulchri, con atto notarile se questa retrocessione dovesse coinvolgere anche diritti di natura reale sul manufatto sepolcrale.
Buon pomeriggio, avrei un quesito: mio nonno qualche anno fa ha acquistato un’edicola funeraria dal mio Comune e ha sottoscritto un contratto di concessione per 99 anni. L’edicola è stata consegnata allo stato rustico mentre tutti i marmi nonchè la manodopera era a carico del concessionario. Adesso abbiamo notato una grave infilatrazione di acqua piovana proveniente dal un bocchettone di scarico messicano posto all’esterno dell’edicola che ha danneggiato intonaco e marmi in maniera piuttosto seria. Premetto che l’edicola è stata costruita dal Comune e fa parte di un blocco con almeno un’altra ventina di edicole una accanto all’altra. Ho già inviato una lettera al Sindaco dove mostravo le mie lamentele… ma non ho ricevuto alcuna risposta e la situazione sta continuando ad aggravarsi. Ora cosa posso fare? Grazie a chi risponderà
X Vanni,
L’art. 63 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 è chiaro (per una volta almeno!). La responsabilità è del proprietario (costruttore) dell’edificio ad uso funerario dato, poi, in concessione a Suo nonno.
A tal proposito, seppur in diverso ambito, si è pronunciata anche la suprema corte di Cassazione, Sez. 1 Civile, sentenza del 15 novembre 2013 n. 25767, di cui si riporta uno stralcio, per maggior completezza d’informazione.
“[…omissis…] l’azione per i danni da infiltrazione d’acqua, integranti pericolo di rovina per l’immobile può esser esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che ha costruito l’edificio, allorchè lo stesso venditore abbia assunto nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti una posizione di diretta responsaabilità nella costruzione dell’opera, e sempre che si tratti di gravi difetti, i quali al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio pregiudichino o menomenino in modo rilevante il normale godimento, la funzionaalità o l’abitabilità del medesimo…”
Presento questo caso… Nella cappella sono presenti le salme di vari parenti.. Zii, nipoti etc etc… Vanno fatti lavori di ristrutturazione…. Devono contribuire tutti i parenti delle varie salme?? Cosa prevede la legge?
X Tommaso,
art. 63 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (cito solo questa fonte statale, implementata, poi, a sua volta dalle diverse leggi regionali, in parte più e meno altrove, poiché stiamo, infatti, ragionando del diritto sul sepolcro in sé, cioè sui diritti reali, come appunto la proprietà sul manufatto sepolcrale e sino a prova contraria l’ordinamento civile, leggasi, in primis il corpus normativo quadro in materia, cioè il Cod. Civile attiene alla potestà esclusiva dello Stato Centrale ex art. 117 Cost.) Sono allora obbligati in solido ex art. 1292 Cod. Civile non tutti i parenti dei defunti tumulati nel sacello gentilizio, bensì tutti i titolari nominali della concessione. Spesso le due posizioni possono divergere anche pesantemente, vuoi per successivi subentri, rinunce, o frazionamento del diritto sul sepolcro in sé secondo le regole classicissime della successione mortis causa. Il diritto sul sepolcro in sé ha natura eminentemente patrimoniale e può esser scisso dalla qualifica di titolare del diritto primario attivo o passivo di sepoltura (potere/facoltà di dare o ricever tumulazione in quel determinato sepolcro privato).
Se non solo i concessionari, che sono vincolati dalla Legge, ma anche tutti i parenti dei morti ivi sepolti vorranno contribuire alle obbligazioni manutentive sarà un’assunzione dei relativi oneri in regime di liberalità, non è, dunque, elemento di diritto coercitivo.
Comunque ribadisco il concetto: le spese concernono gli intestatari della concessione, pro quota se nel tempo si sia addivenuti ad uno “spacchettamento” in frazioni del diritto sul sepolcro in sé!
X Vanni,
L’art. 63 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 è chiaro (per una volta almeno!). La responsabilità è del proprietario (costruttore) dell’edificio ad uso funerario dato, poi, in concessione a Suo nonno.
A tal proposito, seppur in diverso ambito, si è pronunciata anche la suprema corte di Cassazione, Sez. 1 Civile, sentenza del 15 novembre 2013 n. 25767, di cui si riporta uno stralcio, per maggior completezza d’informazione.
“[…omissis…] l’azione per i danni da infiltrazione d’acqua, integranti pericolo di rovina per l’immobile può esser esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che ha costruito l’edificio, allorchè lo stesso venditore abbia assunto nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti una posizione di diretta responsaabilità nella costruzione dell’opera, e sempre che si tratti di gravi difetti, i quali al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio pregiudichino o menomenino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità del medesimo…”
Grazie mille sei stato molto gentile d esaustivo! Secondo te dovrei rivolgermi ad un avvocato civile o amministrativo? Non mi è chiaro se la materia del mio problema rientri tra una semplice azione di ripristino e risarcimento o altro…
X Vanni,
si tratta di materia di competenza eminentemente civilistica.
Buongiorno, vorrei gentilmente avere un parere per una diatriba creatasi nella mia famiglia. Ho ereditato insieme alle mie quattro sorelle e i nostri cugini una tomba di famiglia con quattro loculi. Uno è occupato dai miei nonni, uno da mia madre, gli altri due dalle mie zie ed i rispettivi mariti. Nostro cugino vorrebbe, con i dovuti permessi, realizzare nella cappella altre due nicchie per urne cinerarie, che non darebbero alcun fastidio e riservarle per se e sua moglie. I cugini eredi sono d’accordo, io e due sorelle anche ma le altre due assolutamente non vogliono. Volevo sapere quale maggioranza occorre per effettuare tali opere. La ringrazio
X ANNA,
Una volta costituito, il sepolcro familiare dà luogo ad una particolare forma di comunione fra i contitolari (i congiunti individuati dal fondatore), che si acquista con la nascita del soggetto, contraddistinta dalla mancanza della quota come titolo di partecipazione. Essa è destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto e, per questo, per questo si tratta di una comunione forzosa, indivisibile e disponibile da ciascun contitolare in solido, poiché la volontà dei partecipanti non può contrastare con la volontà del fondatore, da cui scaturiscono diritti e aspettative legittime per i soggetti individuati dalla lex sepulchri. Quest’ultima non è, dunque, modificabile, neppure se sussiste a tal fine l’unanimità dei titolari del diritto in un dato momento, poiché il sepolcro familiare è destinato ad accogliere le spoglie dei membri appartenenti ad una determinata famiglia anche nelle generazioni future Il diritto in comunione è, poi, imprescrittibile In virtù della comunione instaurata in capo ai singoli si ha, di regola, solo il potere di concorrere insieme agli altri titolari del sepolcro, alla formazione di delibere collettive, assunte a maggioranza. Più in particolare, ai comunisti si riconosce il potere di: formare un regolamento per l’uso e la gestione del sepolcro, compiere atti per l’amministrazione ordinaria, nominare un amministratore attraverso una deliberazione a maggioranza semplice, mentre per le innovazioni e, in genere, gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessaria la maggioranza qualificata
dei due terzi dei partecipanti alla comunione (art. 1108 Cod. Civile). Nella particolare forma di comunione sorta dalla destinazione di un fondo a sepolcro familiare, così, la deliberazione assembleare, avente ad oggetto lavori di ristrutturazione della cappella cimiteriale, che comportano la traslazione delle salme (e, quindi, possibile pregiudizio al rispetto dovuto alle spoglie), non può essere presa senza il consenso dei congiunti più strettamente legati da vincoli di parentela al defunto e titolari del diritto secondario di sepolcro di comunione fra i contitolari (i congiunti individuati dal fondatore).
Attenzione: la modifica edilizia richiesta al fine di ricavare ulteriore spazio sepolcrale, per urne cinerarie, nella fattispecie, potrebbe, implicitamente, comportare un profondo mutamento nella natura del rapporto concessorio ai sensi dell’art. 94 del regolamento nazionale di polizia mortuaria – D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – e della stessa “riserva” ex art. 93 comma 1 D.P.R. n. 285/1990, ossia della rosa di persone portatrici in vita dello jus sepulchri, con l’esigenza di stipulare un nuovo atto concessorio alle nuove condizioni poste dal vigente regolamento municipale di polizia mortuaria, di certo meno vantaggiose rispetto a quelle valevoli un tempo.