La manutenzione dei sepolcri ex Art. 63 DPR n.285/1990

Premessa: Nelle scienze giuridiche la proprietà è facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con esedral’osservanza degli obblighi previsti dall’ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile), nella polizia mortuaria, invece essa, essendo solo strumentale e, quindi, subordinata allo Jus Sepulchri (diritto personalissimo e, quindi, non patrimoniale nè trasmissibile per acta inter vivos…almeno dall’entrata in vigore del del Libro III del Codice Civile), spesso si risolve unicamente nell’assunzione coatta di un onere.

I nostri cimiteri, per loro intrinseca natura, sono costituiti non tanto da sole aree recintate ex Art. 337 Regio Decreto 27 luglio 1937 n. 1265 (campi d’inumazione) quanto da corpi di fabbrica (batterie di loculi, cappelle gentilizie, colombari…) adibiti a sepoltura privata (Art. 91 DPR 285/1990) e, quindi, necessitano di continui interventi, anche edilizi, per assicurare loro un’ottimale conservazione. Si pone, così, il problema dell’imputazione dei relativi oneri. In capo a chi sorge, allora, il dovere di assicurare la manutenzione[1] straordinaria[2] (manto impermeabile, rivestimento, fasce in marmo.) dei manufatti sepolcrali come – loculi -costruiti dal Comune e dati in concessione sia perpetua (prima del 10 febbraio 1976, data in cui entra in vigore il “vecchio” regolamento nazionale di polizia mortuaria DPR 803/1975) sia novantanovennale?

Possiamo subito, con notevole profitto, riflettere su questa sentenza: Cassazione civile, Sez. Unite, 21 luglio 1977 n. 3257 “L’art. 824, 2° comma, cod. civ. assoggetta i cimiteri comunali al regime del demanio pubblico, salve le eccezioni costituite dalla continuazione dell’esercizio dei cimiteri particolari (art. 82 del regolamento di polizia mortuari) e della possibilità di cappelle private e gentilizie costruite fuori del cimitero (art. 340 T.U. delle leggi sanitarie); pertanto la pretesa che la parte del cimitero occupata da costruzioni funerarie di confraternite sia di proprietà privata di queste ultime, postula la necessità dell’accertamento dell’estraneità di detta parte del cimitero o delle costruzioni funerarie al patrimonio comunale, nonché della posizione delle relative aree all’esterno del cimitero comunale e non rientranti comunque nel patrimonio del Comune da questo concesso per tale uso. A norma dell’art. 1, n. 2 R.D. 15.10.1925, n. 2578, sulla assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Provincie, dell’art. 91, lett. c), n. 14, T.U. 3 marzo 1934, n. 383, secondo il quale la costruzione, manutenzione ed esercizio dei cimiteri è funzione propria dei Comuni, nonché dell’art. 44 del vigente regolamento di polizia mortuaria, che affida al Sindaco la manutenzione, l’ordine e la vigilanza sanitaria dei cimiteri, spetta al Comune il potere di consentire quell’uso particolare del cimitero comunale, che si concreta nell’impianto di linee elettriche per l’illuminazione delle lampade votive nei sepolcri privati, e ciò anche per il caso di cappelle di Confraternite eventualmente sorgenti su suolo proprio nell’ambito del cimitero comunale”.

In assenza anche di una norma specifica prevista dal Regolamento comunale di Polizia Mortuaria il concessionario provvede alla cura ordinaria, mentre grava sul comune la manutenzione straordinaria[3] per tutto quanto concerne i lavori più rilevanti: il rifacimento della copertura, dell’intonaco.

In effetti, se il sepolcro è stato realizzato dal suo fondatore su terreno dato in concessione le opere murarie ed il paramento lapideo appartengono al concessionario per tutta la durata della concessione e la manutenzione straordinaria spetta al concessionario-fondatore del sepolcro poiché è lui il proprietario del manufatto sepolcrale. Se, invece, loculi e colombari sono stati costruiti dal comune e solo successivamente dati in concessione la manutenzione straordinaria è di pertinenza dell’ente locale.

L’istituzione di un canone annuo destinato alla manutenzione non è possibile per le tombe precedentemente concesse, per l’irretroattività della norma giuridica lo è, invece, per le nuove concessioni, per esse si può prevedere una corresponsione di denaro composta da due voci di calcolo (una tantum + canone periodico); è comunque preferibile seguire la strada della determinazione di un congruo “diritto di tumulazione” (anche ai sensi dell’Art. 149 Decreto Legislativo n.267/2000 e “retroattivamente” giusta l’Art. 103 DPR 285/1990), magari differenziato, ogni volta che si tumula in loculo, ossario, nicchia cineraria, tomba concessa in passato o al momento.

Per il calcolo, invece, del canone di concessione vero e proprio si segue il D.M. 1 luglio 2002.

Il Regolamento Regionale Emiliano Romagnolo del 23 maggio 2006 n. 4, sembra, però, affrontare il problema in modo diverso e più innovativo, ampliando la portata dello stesso Art. 63 DPR 285/1990, in effetti l’Art. 4 comma 6 sembra proprio stabilire per:

  • concessioni perpetue (a prescindere da chi abbia costruito la tomba e, quindi dalla mera proprietà di eventuali fabbricati ed arredi lapidei)
  • manufatti di proprietà privata (non si considera, quindi, il criterio della durata temporale nel rapporto concessorio).

il vincolo giuridico di partecipare ai costi di gestione del complesso cimiteriale ed al mantenimento in efficienza della parti comuni, secondo modi e tempi definiti dall’Ente Locale.

Quindi, ricapitolando: generalmente il contratto fra amministrazione comunale e concessionario prevede tali obblighi e laddove essi non siano espressamente previsti potrebbero esserlo in strumenti normativi di natura amministrativa (ad es. regolamenti comunali di igiene o di polizia mortuaria).

Secondo l’Art. 62 DPR 285/1990, infatti, il comune può adottare un provvedimento (vi è, però, la riserva di regolamento, cosicché un’ordinanza o panoramicauna diversa disposizione riuscirebbero inadeguate, ) per meglio definire criteri e modalità legati alla realizzazione sui sepolcri di monumenti, suppellettili rituali o altri oggetti legati all’arte commemorativa, così da favorire uno sviluppo del cimitero ordinato e di buon gusto, ad esempio il Comune autorizza la posa di copritomba di determinati materiali e con un certo dimensionamento. Ove quest’ultimi fossero diversi dall’autorizzato il copritomba, previa diffida, deve essere rimosso.
Qualora tale operazione non venga svolta entro i termini da parte della famiglia interessata (o per il tramite di operatore economico di sua fiducia), il Comune può effettuare la levata d’ufficio, con imputazione dei costi sostenuti alla famiglia interessata.
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Qualora tale operazione non venga svolta entro i termini da parte della famiglia interessata (o per il tramite di operatore economico di sua fiducia), il Comune può effettuare la levata d’ufficio, con imputazione dei costi sostenuti alla famiglia interessata.
Questo strumento di necessaria regolazione (altrimenti assisteremo al dilagare del kitsch più volgare e pacchiano) deve essere attentamente ponderato per non creare ingiuste compressioni al diritto secondario di sepolcro: si pensi ad esempio alla Sentenza 31 luglio 2002, n. 3278 emessa dal TAR Lombardia.
In nuce, il pronunciamento del giudice, in diversi procedimenti, focalizza queste tre fattispecie nella complessa relazione tra la potestà comunale ed il cittadino utente del servizi cimiteriali, mantenendo comunque chiara la posizione di soggezione del privato (i cui diritti, già di per sé affievoliti, degradano ad interesse legittimo, secondo giurisprudenza costante) rispetto alla pubblica amministrazione.

1) È vietata l’imposizione di monumenti e lapidi assolutamente uniformi ed accessori standardizzati. In merito, il TAR ha ritenuto illegittimo per i Comuni imporr monumenti, lapidi ed accessori uniformi in ragione della loro “peculiare funzione” (la quale attiene a sentimenti personali di pietà) e “della loro natura di beni privati” (di proprietà dei concessionari delle aree cimiteriali su cui insistono) o affidino appalti “per realizzare uniformi opere destinate a sepolture private date in concessione” (ord. 1703/99).

2) I Dolenti devono poter scegliere monumenti, lapidi, arredi e imprese di fiducia. Infatti, il TAR della Lombardia ha precisato che “con riferimento agli arredi funebri la legge riserva ai Comuni solo l’apposizione di cippo con targhetta in campo comune e la chiusura dei tumuli”.

3) La posa di ogni altro arredo o lapide è un diritto che spetta ai privati cittadini esercitare, scegliendo liberamente. I Comuni quindi non possono ostacolare “il diritto dei dolenti a rivolgersi alle imprese da essi liberamente prescelte”, nè quello “delle imprese del settore ad operare liberamente, senza dover sottostare a limitazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle sancite in via generale dalla normativa sanitaria e di polizia mortuaria” (sent. 1685/2000).

In via generale vale l’art. 63 del Regolamento di polizia mortuaria DPR 10/9/1990 n. 285. Tale norma si riferisce specificamente ai manufatti di proprietà del concessionario di un’area cimiteriale. Su di esso incombe l’obbligo della manutenzione ordinaria e straordinaria e della relativa area di Pietàrispetto. In caso di concessione di loculi o altri manufatti costruiti direttamente dal Comune, in assenza di obblighi di natura contrattuale, valgono i seguenti criteri:

a) al concessionario compete l’ordinaria manutenzione;

b) al Comune spetta la manutenzione straordinaria.

A valle della concessione deliberata dal Comune, soprattutto in passato, vi era un atto sottoscritto fra le parti (la cosiddetta “convenzione”), con i relativi obblighi e diritti. In molti casi si poteva trovare una formula contrattuale con cui si rinviava al regolamento di polizia mortuaria via via vigente.

Il regolamento di polizia mortuaria comunale, allora, dovrebbe contenere una norma dove viene precisato come le disposizioni in esso contenute si applichino anche alle concessioni ed ai rapporti costituiti anteriormente alla sua entrata in vigore e che comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria precedente cessa di avere applicazione dal giorno di entrata in vigore del presente, altrimenti, secondo la formula del famoso brocardo latino “tempus regit actum” il riferimento è tassativamente al regolamento di polizia mortuaria in vigore alla stipula dell’atto di concessione, se esso, ovviamente nel suo articolato esso non confligge con i principi generali dell’ordinamento.

La manutenzione per sepolcri di proprietà privata viene svolta da chi ne faccia domanda, avendone titolo e per la quantità e la qualità richiesti. La suddivisione in quote delle spese di manutenzione è questione a cui resta estraneo il Comune e viene regolata tra gli aventi diritto (o dovere) a provvedere al mantenimento della tomba. Per eventuali danni imputabili ad un comportamento di un privato concessionario, non sussiste una responsabilità del Comune, neppure di tipo oggettivo del proprietario del manufatto (nell’eventuale ipotesi in cui la costruzione del manufatto sepolcrale sia stata realizzata dal comune), mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere il comportamento scorretto o pericoloso.

Per sepolture abbandonate[4] per incuria[5] e che versino in stato di degrado[6] sarà cura dell’comune[7] stesso segnalare anticipatamente tale circostanza al concessionario (ove irreperibile anche per pubbliche affissioni e pubblicazioni sulla stampa) e procedere successivamente ad addebitare la quota di spettanza. Laddove sia irreperibile il concessionario le spese risultano a carico dell’E.L. Quest’ultimo potrà attivarsi, secondo la procedura dettata dal regolamento di polizia mortuaria comunale, per acquisire, d’imperio, al patrimonio dell’ente le tombe abbandonate. Si rammenta di definire preventivamente con la Soprintendenza ai Monumenti la identificazione di sepolture con particolare vincolo storico – artistico.
In ultima analisi occorre soffermarsi sulla portata dello jus sepulchri e sulla sua distinzione dal diritto di proprietà.

Dunque lo jus sepulchri è composto da un complesso differenziato di situazioni giuridiche: in primo luogo di un diritto primario, consistente nella duplice facoltà di essere sepolti e di seppellire (jus inferendi in sepulcrhum) altri in un dato sepolcro; e di un diritto secondario che ha come contenuto la facoltà di accedere al sepolcro e di opporsi alle trasformazioni che arrechino pregiudizio alla sepoltura: Tribunale di Napoli, 30 giugno 1960 Gli eredi ed i parenti di uno dei fondatori del sepolcro familiare, seppellito nel medesimo, anche se non sono compresi tra i titolari del “ius sepulcri” hanno il diritto di accedere liberamente al sepolcro, ogni qualvolta lo ritengano opportuno e non soltanto nei pochi giorni dell’anno dedicati dalla consuetudine al culto dei morti, per compiervi verso il defunto gli atti di pietà consentiti dalla religione e dagli usi ivi comprese la pulizia e la manutenzione della tomba; essi hanno inoltre il diritto di munirsi a proprie spese, di una chiave del sepolcro.

Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo jus sepulchri.
Bisogna sempre distinguere i famigliari del fondatore e gli eredi, poiché quest’ultimi, benché privi dello Jus sepulcrhi sono comunque titolari sia del diritto secondario che del diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali. Pertanto, ex art. 63 essi, in quanto proprietari, debbono sopportare l’onere della manutenzione ordinaria e straordinaria.

Per sepolcri interessati dalla procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/1990 (e paragrafo 16 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24, con relativo allegato tecnico), laddove essa non sia stata sostituita da un nuovo protocollo operativo (Emilia-Romagna, Art. 2 comma 16 Reg.Reg. 23 maggio 2006 n. 4 e Lombardia, Art. 16 comma 8 Reg.Reg. 9 novembre 2004. 6 così come modificato dal Reg.Reg. 6 febbraio 2007 n.1) le spese per la ristrutturazione sono del comune se avvengono prima della concessione (si pensi ad esempio ad in sepolcro rientrato nella disponibilità dell’ente locale in seguito all’estinzione di un precedente rapporto concessorio), altrimenti competono al concessionario.

Rimane ora, solo un caso da esaminare, forse il più scabroso: Il DPR 285/1990, all’Art. 76, richiede infatti che nei tumuli l’impermeabilità ai liquidi ed ai gas debba essere garantita nel tempo, a volte, però, si deve sanare la tomba se questa presenta fenomeni percolativi, con perfusione all’esterno del tumulo di miasmi: Vale, comunque, lo stesso criterio enunciato prima: l’onere del mantenimento nel tempo è del concessionario, quando il manufatto è di sua proprietà, in base all’art. 63/1 del DPR 285/90 (è il caso, ad es., di edicola funeraria costruita da privato su un’area avuta in concessione dal Comune). Se il proprietario è il Comune, che ha concesso l’uso del loculo, l’onere è del Comune.
In assenza di specifica norma del regolamento di polizia mortuaria comunale spetta al Sindaco (ai sensi dell’art. 51 DPR 285/90), su proposta del dirigente del servizio cimiteriale e dell’ASL, emanare apposita ordinanza che preveda, in via generale, il da farsi. Il regolamento (o l’ordinanza sindacale) stabilisce:

  • chi debba disporre l’intervento (di norma il responsabile del servizio cimiteriale);
  • i criteri di esecuzione;
  • le modalità di avviso o notifica al concessionario se proprietario del manufatto;
  • chi dovrà eseguire l’intervento (in genere il gestore del cimitero)
  • l’attribuzione del relativo costo (al proprietario del manufatto).

In mancanza di tale individuazione preventiva, si opera, di volta in volta, attraverso ordinanza del Sindaco, ai sensi dell’art. 51 del DPR 285/90.

In caso di lesione a strutture cimiteriali, se quest’ultimi sono riconducibili ad un comportamento di un privato concessionario, non sussiste una responsabilità del Comune, neppure la responsabilità oggettiva del proprietario del manufatto (nell’eventuale ipotesi in cui la costruzione del manufatto sepolcrale sia stata realizzata dal comune), mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere l’azione da cui è stato determinato il danno. Tale responsabilità trova fondamento nell’art. 2043 C.C.

Il responsabile del comportamento che ha determinato, oggettivamente, il danno deve provvedere al risarcimento direttamente agli altri concessionari, poiché il rapporto di concessione, se rientra nell’ambito dell’art. 823 C.C. nei riguardi al rapporto tra Comune/concessionario, attribuisce una posizione giuridica soggettiva piena nei confronti degli altri concessionari che non solo ha riguardo all’aspetto “attivo” (tutela rispetto da comportamenti indebiti o lesivi di altri concessionari), ma anche “passivo” (responsabilità per fatto illecito, nel caso), dal momento che l’obbligo della manutenzione di cui all’art. 63 DPR 10/9/1990, n. 285 ha per oggetto anche ogni atto e comportamento idoneo a non arrecare danni a terzi.

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[1] Tribunale di Spoleto, 11 febbraio 1955 Non esiste un diritto soggettivo alla manutenzione del recinto ed alla custodia all’interno del cimitero in favore dei proprietari delle cappelle gentilizie esistenti nel sacro luogo, e perciò non può prospettarsi responsabilità della P.A. nel caso che per insufficiente manutenzione o custodia siano state rese possibili asportazioni di materiali dalle cappelle stesse.

[2] Cassazione civile, Sez. I, 20 gennaio 1964 n. 114 I poteri dei comuni sui cimiteri non sono limitati a quelli previsti dal regolamento di polizia mortuaria e che attengono principalmente alla materia dell’igiene della sanità (R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880) ma comprendono anche quelli che sono in funzione della costruzione, manutenzione ed esercizio di essi (art. 91, lett. c), n. 14 T.U. 3 marzo 1934, n. 383), sicché nell’ambito dei poteri che gli competono il comune può concedere ai privati il servizio di accensione elettrica delle lampade votive per quei privati che del servizio stesso vogliano avvalersi.

[3] T.A.R. Toscana, 26 giugno 1987 n. 505 Condizioni essenziali perché un determinato servizio possa formare oggetto di concessione sono, da un lato, che si tratti di servizio nell’interesse della collettività e, dall’altro, che sussista la possibilità astratta di monopolio da parte dell’Ente pubblico; pertanto, costituisce servizio suscettibile di essere concesso ai privati la manutenzione dei cimiteri, in quanto la stessa può formare oggetto di gestione diretta da parte del Comune in regime di monopolio.

[4] Cassazione civile, Sez. Unite, 9 marzo 1981 n. 1300 L’obbligo del comune di Milano, a norma dell’art. 86 del proprio regolamento di polizia mortuaria, di comunicare agli interessati le deliberazioni impositive di opere di manutenzione delle tombe, anche al fine dell’eventuale decadenza dalla concessione cimiteriale in ipotesi di mancata esecuzione di tali opere, non viene meno per il caso in cui, dopo la morte dell’originario concessionario ed il subingresso nella concessione di più aventi diritto, costoro non abbiano provveduto, come prescritto dall’art. 30 del regolamento stesso, alla designazione di un unico rappresentante nei rapporti con l’ente concedente.

[5] L’incuria a sua volta può originare o meno pericolo di rovina di parte o dell’intero manufatto in stato di degrado. Oppure si ha lo stato di incuria limitato ad un degrado che corrisponde più all’abbandono delle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Laddove sia così previsto nel contratto, il Comune può pronunciare la decadenza della concessione per inadempienza ai patti contrattuali.

[6] T.A.R. Sicilia, 11 novembre 1985 n. 1411 Il Comune non può revocare una concessione in uso perpetuo di fronte a incuria nella manutenzione e custodia del sepolcro, ma in base agli artt. 63 e 93 D.P.R. 20.1O.1975, n. 803, può provvedere soltanto alla conservazione del sepolcro quando sussiste pericolo, diffidando contemporaneamente gli aventi diritto. In base all’art. 93 D.P.R. 25 ottobre 1975, n. 803, l’Amministrazione può disporre la revoca delle concessioni di aree cimiteriali a tempo determinato solo se siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima sepoltura e si verifichi una situazione di grave insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno comunale, alla quale non possa ovviarsi con un ampliamento del cimitero stesso. 803/1975).

[7] Consiglio di Stato, Adunanza generale, 6 luglio 1933 Merita conferma il provvedimento dell’Alto Commissariato di Napoli che negò a privati l’autorizzazione alla costruzione di un cimitero destinato a ricevere le salme di tutte le persone decedute in un rione o frazione. … La costruzione e la manutenzione dei cimiteri ed il servizio di polizia mortuaria sono affidati alle Amministrazioni comunali e sottratti alla speculazione privata.

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Carlo Ballotta

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81 thoughts on “La manutenzione dei sepolcri ex Art. 63 DPR n.285/1990

  1. Buongiorno,
    vorrei chiedere un parere se possibile.
    nel mio Comune è stata inumata la salma di una persona ed il contratto di concessione dell’area è stato sottoscritto dalla figlia (unica).
    ora la moglie chiede l’esumazione straordinaria per la cremazione.
    la figlia non vuole.
    in questo caso vale solo il volere della moglie o serve anche l’autorizzazione della figlia – concessionaria del contratto?
    grazie

    1. X Simona,

      bisogna tenere sempre distinta la semplice titolarità su un concessione cimiteriale, con annessi diritti di gestione sulla stessa, dal potere di disposizione (traslazione, estumulazione finalizzata alla successiva cremazione) sulle spoglie mortali.
      Le due posizioni possono, spesso, anche pesantemente divergere, in caso di conflitto, secondo il criterio di poziorità enucleato proprio in tema di cremazione, prima da una fortunatamente continua ed omogenea elaborazione giurisprudenziale, poi, finalmente da una norma positiva cristallizzata in ben due atti di valore normativo entrambi nazionali, (art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, prima art. 3 Legge 30 marzo 2001 n. 130, poi) laddove concorrono facoltà di scelta e preminenza nel decidere, prevale inequivocabilmente la volontà del coniuge superstite, si veda anche il paragrafo 14.2 della Circ. Min. Sanità 24 giugno 1993 n. 24 esplicativa del regolamento statale di polizia mortuaria, da cui la Legge n. 130/2001 non si distacca minimamente, trattandosi di diritti della personalità soggetti solo alla disciplina della Legge Statale ex art. 117 Cost.
      Se Lei ci scrive dalla Lombardia, come mi par di capire, le modalità per accedere alla pratica cremazionista (sostanzialmente processo verbale avanti l’ufficiale dello stato civile competente per territorio per la manifestazione postuma della volontà) saranno quelle dettate dalla Legge n. 130/2001.
      La figlia non ha diritto ad opporsi a meno che non dimostri, eccitando un giudizio in sede civile, la netta contrarietà del padre defunto alla cremazione del proprio cadavere, con tutta l’alea che un procedimento dinanzi al giudice civile pur sempre comporta. La magistratura potrà accedere ad ogni mezzo di prova, compreso quello testimoniale, mentre la giurisdizione gode di una spettro di poteri più vasto ed intrusivo, l’attività amministrativa del Comune deve basarsi sui semplici titoli formali prodotti agli atti dell’istruttoria. Tutti gli oneri per esumazione straordinaria, trasporto al crematorio ed incinerazione del feretro) saranno a carico del richiedente, sollevando il concessionario della tomba a terra da qualsiasi tipo di spese.

  2. Salve,
    desidererei una risposta a quanto espongo brevemente:
    mia madre vorrebbe trasferire i suoi genitori defunti da una chiesa cimiteriale a una cappella privata di sua proprietà. La chiesa e la cappella privata sono ubicate all’interno dello stesso cimitero.
    I suoi nipoti (figli della sorella defunta di mia madre) si oppongono alla richiesta di mia madre.
    La domanda è la seguente:
    mia madre, essendo l’unica erede vivente di primo grado, deve sottostare alla decisione presa dai suoi nipoti?
    Grazie della risposta.

    1. X Nicola,

      si tratta, allora, di un traslazione in altro sito dello stesso cimitero.

      Questa operazione, soprattutto sotto l’aspetto del diritto civile cioè della legittimazione (trascurando, per un attimo le logiche implicazioni tecniche di ordine igienico-sanitario) è normata dall’art. 88 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 da leggersi in combinato disposto con l’art. 79 comma 1 II periodo dello stesso regolamento. Ora in base a queste regole l’autorità amministrativa comunale *PUO* e non necessariamente *deve* autorizzare la prefata traslazione quando si formi, in tal senso, una volontà da parte degli aventi diritto a disporre delle spoglie mortali.
      Si ravvisa, pertanto, un margine – anche se, invero, abbastanza ridotto di discrezionalità, in quanto la relativa istruttoria è semplicemente basata sulla produzione agli atti della stessa dei titoli formali. Non è compito del Comune indagare più di tanto sui reconditi motivi di ordine personalissimo che spingono gli aventi titolo ad inoltrare istanza di traslazione.
      Sua madre non tanto come erede (la qualità di “erede” attiene a situazioni di tipo patrimoniale) ma nella posizione giuridica di più diretta discendente dei defunti, ha senz’atro TITOLO PRIVILEGIATO ed ESCLUSIVO (per questioni di D.N.A. , cioè di più stretta consanguineità nella scala gerarchica della parentela) a richiedere ed ottenere il provvedimento di trasferimento del feretri. Attenzione, però, la c.d. electio sepulchi è un diritto innanzi tutto della persona scomparsa ed essa può manifestare anche informalmente il desiderio in ordine alla propria tumulazione in un particolare sepolcro. La prefata autorizzazione, pertanto, potrebbe esser negata solo ed esclusivamente quando dovesse emergere da parte dei Suoi nonni il preciso volere di riposare nella chiesetta cimiteriale, altrimenti i nipoti non hanno titolo per opporsi (se non instaurando un giudizio in sede civile) e si procederà d’ufficio.

  3. Salve, vorrei porvi una questione.
    Recentemente mi sto occupando dello studio di una cappella gentilizia sita in un cimitero monumentale in Sicilia, edificata nel 1910 da un committente abbiente (su suolo demaniale). Per le sue carateristiche storico-artistiche, il piccolo mausoleo, assieme alla raccolta di beni di pregio che lo adornano, è stato dichiarato “di interesse particolarmente importante” dal Ministero dell’Istruzione nel 1950 e ancora oggi sotto vincolo di tutela dalla Soprintendenza. Nel 1953 la cappella viene venduta dagli eredi del costruttore e passa quindi di proprietà; in tale occasione il Ministero rinuncia ad esercitare il diritto di prelazione. Con la “gestione” da parte dei nuovi proprietari (i familiari sono ancora in vita), lo stato di conservazione della cappella è peggiorato. Oltre ai furti che l’hanno depauperata di molte delle decorazioni di pregio, si trova in stato di vetustà, sporco e mai sottoposto nemmeno ad interventi di manutenzione ordinaria, né all’interno, né all’esterno.

    Mi chiedevo, in una simile situazione e condizione di un tale monumento nazionale, in questo triangolo “privato-Comune-Soprintendenza”:
    1) a chi spetta l’obbligo di manutenzione e tutela?
    2) Ci sono delle responsabilità condivise o specifiche per ciascuna delle parti “in causa”?
    3) Se chi ha l’onere della manutenzione si trova in difficoltà economiche, come si può intervenire per garantire la tutela del bene?

    Se possibile, nella risposta citare qualche riferimento normativo per personali approfondimenti.

    Grazie in anticipo.

    1. X AntoArtCRime,

      ai sensi dell’art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – recante l’approvazione dell’attuale (anche se un po’ vetusto, ormai) Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria – la manutenzione dei sepolcri privati (= manufatti funerari eretti, in forza di concessione amministrativa, su porzione di terreno cimiteriale e quindi DEMANIALE ex art. 824 comma 2 Cod. Civile) spetta obbligatoriamente ai titolari della concessione stessa, ossia ai proprietari dell’immobile ad uso sepolcrale. Essi debbono infatti garantire, nel tempo, un solido e decoroso stato dell’edificio a pena di decadenza per inadempimento unilaterale del rapporto concessorio, con riacquisizione dello stabile, al demanio specifico e necessario dell’Ente Locale, cioè, in altri termini, esso rientra d’imperio nella piena disponibilità del Comune.

      Il corpus normativo centrale in questa Sua domanda è rappresentato dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. concerne il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”.

      gli arredi votivi, intendendosi ascrivibili alla categoria i monumenti o ricordi funebri, le lapidi, le iscrizioni e ogni altro manufatto o cosa realizzato o posta in opera per commemorare i defunti, siano essi o meno di ragione dei soggetti elencati all’ art. 10, comma 1, del decreto legislativo 42/2004, sono destinatari senz’altro, rispettivamente, della verifica di culturalità di cui al successivo art. 12 ovvero della dichiarazione di cui all’art. 13, a condizione gli stessi posseggano l’interesse di cui al succitato art. 10, commi 1 e 3, e non rientrino nelle esclusioni di cui al successivo comma 5 del medesimo articolo, ovvero quando siano ” opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili” (cose di ragione “pubblica”) o, con riferimento al comma 3, lettera a), quando ” siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad altri cinquanta anni” (cose di ragione “privata”).
      Un caso particolare di assoggettamento alla tutela è rappresentato, infine, dal cosiddetto interesse “storico-relazionale” di cui al comma 3, lettera d), del sopraccitato art. 10, il cui accertamento presuppone un provvedimento amministrativo espresso (quale che ne sia la proprietà), svincolato dalla sussistenza dei requisiti “oggettivi” più sopra richiamati.

      E infine è bene specificare come:

      il combinato disposto dagli articoli 11, comma 1, lettera a) e 50, comma 1, del decreto legislativo 42/2004, nell’assoggettare alle disposizioni espressamente richiamate “gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli ed altri elementi decorativi di edifici” ne vieta, senza l’autorizzazione del Soprintendente, il “distacco”.
      La formulazione della norma in esame, nel consentire di restringerne la destinazione ai manufatti sepolcrali ascrivibili alla categoria delle “costruzioni” propriamente dette (cappelle o tombe familiari) rende opportuna, in tutti i casi di rimozione, una preventiva comunicazione al Soprintendente, preordinata a conoscere l’effettiva sussistenza della necessità del rilascio della predetta autorizzazione e, nel caso ffermativo, ad ottenere il relativo provvedimento liberatorio.

  4. Tomba di famiglia,cugini eredi.una parte non si è mai uccupata x 32 anni.non Mai contribuito a spese di manutenzione ne di spese correlate,luce pulizie ecc.vorrei sapre se ah perso diritti sulla cappella di famiglia,eventualmente quali.grazie anticipatamente fusina tizianof

    1. X Tiziano,

      spesso la mera titolarità del sepolcro con annessi diritti di gestione (facoltà di rinuncia, oneri manutentivi…) possono anche pesantemente divergere dagli jura sepulchri intesi come diritto a dare oppure ottenere sepoltura in quel dato sacello privato e gentilizio.
      Lo jus sepulchri si acquisisce jure proprio ed ex capite, jure coniugii (per vincolo coniugale) o jure sangiunis (per rapporto di parentela) quindi per ragioni di D.N.A., ossia per il solo fatto di trovarsi in una di queste due relazioni con il fondatore del sepolcro.
      Al concessionario ed ai suoi aventi causa (in caso di voltura della concessione) competono sempre le spese per riattare il sepolcro e mantenerlo, nel tempo, in solido e decoroso stato, con – se possibile – quest’ulteriore paradosso: sul concessionario gravano le obbligazioni manutentive, ma esso stesso potrebbe riuscire privo del diritto d’uso sulla tomba (insomma…paga lui e del sepolcro fruiscono altri soggetti terzi).

      Questa situazione, invero è piuttosto estrema, ma da non sottovalutarsi aprioristicamente, ad ogni modo gli obbligati alla manutenzione del sepolcro sono, appunto, vincolati a garantirla in solido ex art. 1292 Cod. Civile nei confronti della pubblica amministrazione titolare ultima del demanio cimiteriale su cui sorge l’edificio sepolcrale.

      Sarebbe buona norma di una ragionevolezza disarmante che almeno tutti i co-titolari della concessione, se anche portatori dello jus sepulchri, partecipassero equamente alla ripartizione di eventuali oneri manutentivi.

      Se il regolamento municipale di polizia mortuaria non contempla una precisa regola ad hoc per definire il rifiuto manifesto a contribuire alle spese come una sorta di disinteresse da cui discendebbe, per facta concludentia, un’implicito animus di abbandonare il sepolcro la retrocessione delle proprie quote di jus sepulchri (con conseguente acccrescimento civilistico ex art. 674 Cod. Civile in capo ai restanti aventi diritto) richiede pur sempre una dichiarazione formale e solenne e l’intervento di un notaio, poiche stiamo pur sempre ragionando di diritti reali sul manufatto tombale, il pieno jus sepulchri, infatti, (titolarità sulla concessione + diritto adare o ricever sepoltura) si atteggia a diritto complesso sui generis, che concreta possesso, con una fortissima componente patrimoniale, strumentale, però, e, quindi, teleologicamente orientata al diritto personalissimo alla tumulazione, il quale prevale sugli aspetti materiali della proprietà stessa sulle opere murarie le suppellettili e gli arredi funebri.

  5. Sono erede di una cappella funeraria ubicata all’interno del cimitero della Confraternita della Misericordia. La cappella, ormai centenaria, ha bisogno di urgenti lavori di manutenzione.
    Vorrei sapere
    a) se l’onere è esclusivamente mio o anche della Confraternita
    b) se posso ottenere qualche detrazione fiscale, eventualmente, come mi è stato suggerito, ricorrendo al cosiddetto Art Bonus.
    Un grazie sincero

    1. X Enrico,

      la situazione è abbastanza complessa ed articolata, procediamo, dunque, per singoli punti tematici:

      1) parto con una domanda: ma Lei è semplice titolare della concessione, magari subentrato ai precedenti concessionari, con annessi i diritti di gestione sul manufatto sepolcrale o, invece, è erede in senso proprio e patrimoniale del termine.
      2, in subordine: la cappella funeraria sorge su terreno demaniale comunale dato in concessione alla confraternita, su cui poi essa edificato il sacello, o è di proprietà della stessa.
      Potremmo, infatti, avere: a) porzione di cimitero pubblico su su cui la confraternita cede i diritti d’uso (sub-concessione).
      b) un cimitero a tutti gli effetti privato ex art. 104 comma 4 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 recante l’approvazione del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria, purchè esso sia pre-esistente all’entrata in vigore del Testo Unico Leggi Sanitarie di cui al Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265.
      Nel caso a) Abbiamo, quindi, un duplice tipo di rapporto giuridico: l’uno intercorre tra il il Comune e la confraternita, l’altro è intrattenuto tra la congrega ed il privato cittadino.
      Molto poi, dipende dall’atto concessorio e dallo statuto della confraternita, documenti fondamentali di cui non sono a conoscenza.
      Ad ogni modo ex art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 le obbligazioni manutentive ricadono sul proprietario della struttura muraria, cioè su chi materialmente ha realizzato l’opera o su terreno proprio (cimitero particolare/privato) o su lotto o porzione di area cimiteriale appartenente al demanio specifico e necessario del Comune ex art. 824 comma 2 Cod. Civile.
      Le spese funerarie sono detraibili solo in occasione di un decesso, non si ritiene, pertanto applicabile l’”art bonus” , soprattutto perchè attiene ad erogazioni liberali mentre gli oneri manutentivi del sepolcri presentano il carattere giuridico di un’obbligazione

  6. Buonasera, avrei bisogno di un piccolo chiarimento sulla Tomba di Famiglia, costruita da Mio nonno ante 1942. Alla data odierna, rimangono quali discendenti diretti solo mio padre e Sua sorella, In questi anni è stata consentita la tumulazione anche di altri parenti (mariti sorelle).
    A chi spettano i lavori di manutenzione ordinaria/straordinaria? Eredi diretti od anche i figli dei cognati di mio padre?
    Cordiali saluti e grazie.

    1. X Massimo,

      gli oneri per lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria del sepolcro gentilizio, competono al concessionario (se vivente) o ai suoi aventi causa (discendenti) subentrati pleno jure nella titolarità della concessione. Si rapprresenta come l’istituto del subentro sia regolato ESCLUSIVAMENTE dalla fonte regolamentare comunale.
      Nel diritto funerario, spesso, in forza di ripetuti cambi di titolarità mortis causa (il tempo passa!) si assiste ad una divaricazione tra i diversi diritti reali e personali che originano dal rapporto concessorio. L’uso materiale del sepolcro, pertanto, può esser scisso dalle obbligazioni manutentive dominicali, le quali, come ampiamente dimostrato in dottrina (ed anche su questo blog) continuano a gravare sul proprietario dell’immobile destinato ad uso sepolcrale. Pardossalmente se, ad esempio il sepolcro fosse già saturo e completo in tutti i suoi posti a disposizione, gli oneri di mantenimento ricadrebbero pur sempre sugli intestatati della concessione, ma essi vedrebbero inibito il loro diritto primario di sepolcro (titolo a dare oppure ottener sepoltura, in quel dato sacello gentilizio).
      Rimango sempre in attesa di Sue notizie, anche per eventuali ed ulteriori ragguagli in materia.

  7. buongiorno ho letto con molto interesse….vorrei porle un quesito: nel mio paese negli anni 50 vi fu un terribile incidente morirono circa 15 persone,vennero sepolte dalla sabbia di un camion in un incidente stradale,erano operai che in quel momento andavano a lavoro,vennero tumulate nel nostro cimitero in una cappella che venne chiamata disastro ERLAS…ora la cappella è in condizioni a dir poco vergognose…mai restaurata,sta crollando le bare aperte ecc. una vergogna il comune non interviene…come cittadini e come forza di opposizione che azioni si possono intraprendere? vi è un organo preposto ad obbligare l’amministrazione perche provveda al restauro e dare dignità a quei morti
    grazie
    cordialmente Ornella Ghisu

    1. X Ornella,

      proprietario (o semplice titolare di un bene appartenente alla collettività tutta?) del demanio cimiteriale ex art. 824 comma 2 Cod. Civile è il Comune.

      Ai sensi dell’art. 51 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – recante l’approvazione del regolamento statale di polizia mortuaria – vigilanza, manutenzione ed ordine, nonchè buon governo sul cimitero spettano al Sindaco, quale autorità sanitaria locale (ex Legge n.833/1978, D.lgs 112/1998 e D.lgs. n. 267/2000) che si avvale dell’AUSL come interfaccia tecnico-strumentale per gli aspetti di rilevanza igienico/sanitaria.

      La Legge (Art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) per una volta almeno è chiara: spetta al proprietario dell’immobile funerario mantenere detto edificio in solido e decoroso stato.
      Ora, di solito, in questi casi di abbandono della sepoltura per incuria l’ufficio della polizia mortuaria, nella persona del dirigente ex art. 103 comma 3 D.Lgs n. 267/2000, DEVE obbligatoriamente adottare il provvedimento della decadenza sanzionatoria, con atto eminentemente dichiarativo e non costitutivo, riacquisendo lo stabile nel pieno possesso e nella disponibilità del Comune, per le necessarie opere o di ristrutturazione o di abbattimento nel frangenti più gravi.

      Ma in questo caso il Comune dovrebbe punire sè stesso, anche (auto-)applicandosi eventuali sanzioni amministrative per l’omessa manutenzione dell’edicola funeraria… vabbè W la legittimità ed i sogni mostruosamente proibiti.

      Richiamati gli artt. 2053 Cod. Civile e 677 Cod. Penale non resta che adire la Magistratura per accertare eventuali responsabilità, la via amministrativa data la coincidenza del controllato con il controllore mi pare – a dir poco – impraticabile.

  8. Buongiorno Carlo,va bene cosi?E’ non avvocato!!La ringrazio della sua risposta di delucidazioni inerente alla sepoltura in discussione.Le devo dire che e’ stato chiarissimo nel delucidarmi il tutto,pero’ devo essere anche sincero..Sono molto amareggiato,e’ vero che la legge bisogna rispettarla,ma e’ anche vero che le leggi a favore del cittadino devono essere anche garentite dalle istituzioni in questo caso dal comune di Palermo!!Nella sua risposta mi dice che se il comune si impossessa della sepoltura le spese dello sgombero di tutti i defunti all’interno saranno a spese nostre.Allora…Io in un incontro presso gli uffici addetti,ho esposto verbalmente un grosso poblema,che all’interno della sepoltura vi sono dei defunti non collegabili alla nostra famiglia,in nessun senso..Sia come grado di parentela,che come conoscenti.Il personale degli uffici mi risponde che non e di sua competenza fare una indagine per appurare se ci siano stati degli abusi e’ favoreggiamenti da parte di dipendenti comunali a fare usufluire a pagamento della sepoltura ad altri non avendo diritto!Le comunico che negli anni 80/90 ci sono stati svariate indagini inerenti al caro estinto con risultati di colpevolezza da parte di addetti al cimitero e’ agenzie funerarie.Se noi vogliamo rimanere impossesso della sepoltura dobbiamo pagare la ristrutturazione e’ in piu’ a nostre spese pagare per fare uscire dei defunti(abusivi) dentro la sepoltura,non c’e una legge che ci garantisca di questi abusi?Il comune non puo’ adottare dei provvedimenti e’ a sue spese vedere dove sistemare queste salme(abusive) che le ultime risalgono state sepolte tra il 1979 e il 1982.E’ dare a noi la possibilita’di potere utilizzare la nostra sepoltura?Mio Padre e’ mia mamma sono stati sepolti in sepolture separate a pagamento in sepolture vendute dal comune,essendo che la sepoltura nostra era tutta piena la maggior parte da persone non avendo diritto.Mi aiuti lei come posso muovermi a risolvere questa situazione cosi vergognosa!E’ poter riunire mio padre e’ mia mamma nella sepoltura di famiglia.
    La ringrazio e’ mi scusi il disturbo.

    Cordialmente

    Angelo Ventimiglia

    1. X Angelo,

      il diritto di sepolcro ha natura reale, patrimoniale, nonchè personalissima, attenendo ad aspetti anche e soprattutto morali, quando, addirittura, non metafisici. Esso concreta possesso, così come rilevato dalla Suprema Corte di Cassazione, al cui giudizio solenne, io umilmente m’accodo.

      Gli uffici comunali non possono omettere il controllo di legittimità sulle sepolture private di cui all’art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, vale a dire che deve sempre esser preventivamente accertato e dimostrato il titolo d’accoglimento di ogni defunto in ciascun sepolcro gentilizio, in base al rapporto o coniugale o di parentela intrattenuto dalla persona scomparsa con il fondatore del sepolcro. L’accesso alla tomba (da morti) presuppone, pertanto, una verifica dello status civile ed anagrafico, ma queste informazioni dovrebbero già esser a disposizione del Comune, benchè occorra pur sempre un’istanza di parte, per avviare il procedimento di verifica.

      Stiamo ragionando di SEPOLCRI PRIVATI all’interno del cimiteri, ragion per cui non è ammissibile che l’amministrazione si accolli oneri non strettamente suoi, in difetto sorgerebbe la responsabilità patrimoniale per danno erariale ex art. 93 D.Lgs. n. 267/2000.

      Per tutelare il possesso/uso del sepolcro in capo agli aventi diritto secondo Legge il Cod. Civile ci propone le azioni negatoria e di manutenzione alle quali opero rinvio per eventuali nuovi approfondimenti. AD ogni modo l’azione giurisdizionale non può esser surrogata dalla semplice attività amministrativa propria del Comune, ragon per cui occorre, comunque, il pronunciamento di un giudice, meglio se in sede civile, con tutta l’alea che un giudizio pur sempre comporta.

      IL Comune può intervenire d’ufficio solo in caso di sepoltura abbandonata per incuria o estinzione della famiglia, in quest’ipotesi, con oneri a carico del bilancio comunale, ma si consideri, comunque, la gestio negotii di cui agli artt. 2028- 2032 Cod. Civile, per la successiva imputazione delle spese, la destinazione dei defunti tumulati nella cappella gentilizia sarà:

      1) campo indecomposti per le salme inconsunte.
      2) cinerario comune per le ceneri
      3)ossario comune per le ossa rinvenute.

      I trattamenti du cui ai punti 2 e 3 sono sistemazioni anonime, indistinte, massive ed irreversibili, quando cioè ossa e ceneri siano state sversate non sarà più possibile esercitare su di esse qual si voglia atto di disposizione in termini di pìetas e devozione verso i propri morti.

  9. Buongirno Egregio Avvocato,sono Angelo,se cortesemente mi potrrebbe dare una delucidazione?Sono erede di una sepoltura gentilizia a palermo,fondatore concessionario mio Nonno materno,al qui alla sua morte e’ rimasta erede l’unica figlia (mia mamma)che e’ morta anche lei anni addietro.
    La mia domanda,il comune ci obbliga a noi figli(unici eredi) di fare dei lavori di manutenzione,cosa che a noi ci e’ difficile per motivi economici,poi volevo sapere,prima che il comune faccia il sequestro(impatronendosi)della sepoltura gentilizia,quali sono i suoi doveri avverso noi eredi?deve farci una raccomandata?a tutti noi eredi?oppure solo al delegato?
    La ringrazio anticipatamente delle sue gent.delucidazioni.

    Cordialmente
    Angelo Ventimiglia

    1. X Angelo,

      X Angelo,

      …avvocato io? Sìììì, magari! NO, invece, semplice ed umilissimo necroforo con la passione morbosa per il diritto funerario(e me ne vanto!).

      Voi tutti discendenti del concessionario primo ed a lui subentrati (anche attraverso passaggi intermedi di titolarità) nell’intestazione del rapporto concessorio siete ex art. 1292 Cod. Civile obbligati in solido a garantire la manutenzione del sepolcro per tutta la durata della concessione ai sensi dell’art. 63 comma 1 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.

      Il Comune prima di pronunciare la decadenza-sanzionatoria del sepolcro per gravi indadempienze (come appunto l’omessa cura della tomba) deve diffidare gli aventi diritto a provvedere rendendoli edotti del procedimento avviato, con opportuni strumenti di pubblicità-notizia, ai termini della Legge n. 241/1990.

      La concessione, magari fatta a più persone, si configura pur sempre come una comunione indivisibile, almeno secondo l’orientamento costante della Cassazione, cio io mi accodo.

      Vista la solidarietà dell’obbligazione manutentiva gli aventi titolo possono nominare anche un rappresentante, un nuncius, che, nei confronti dell’amministrazione comunale agisca in nome e per conto di tutti loro, anche per facilitare la comunicazione tra i concessionari e l’ufficio della polizia mortuaria.

      Se, per varie ragioni, non siete in grado di sostenere le spese di gestione del sepolcro potete sempre rinunciare ad esso, nelle forme e nei modi stabiliti dal regolamento comunale di polizia mortuaria, in caso contrario la dichiarazione di decadenza farà rientrare l’edificio funerario nel pieno possesso e della disponibilità del Comune, il quale provvederà ad abbatterlo o ristrutturarlo, per poi concederlo nuovamente in uso, previa l’estumulazione d’ufficio dei defunti ivi sepolti, con imputazione degli oneri a carico dei vecchi concessionari.

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