La manutenzione dei sepolcri ex Art. 63 DPR n.285/1990

Premessa: Nelle scienze giuridiche la proprietà è facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con esedral’osservanza degli obblighi previsti dall’ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile), nella polizia mortuaria, invece essa, essendo solo strumentale e, quindi, subordinata allo Jus Sepulchri (diritto personalissimo e, quindi, non patrimoniale nè trasmissibile per acta inter vivos…almeno dall’entrata in vigore del del Libro III del Codice Civile), spesso si risolve unicamente nell’assunzione coatta di un onere.

I nostri cimiteri, per loro intrinseca natura, sono costituiti non tanto da sole aree recintate ex Art. 337 Regio Decreto 27 luglio 1937 n. 1265 (campi d’inumazione) quanto da corpi di fabbrica (batterie di loculi, cappelle gentilizie, colombari…) adibiti a sepoltura privata (Art. 91 DPR 285/1990) e, quindi, necessitano di continui interventi, anche edilizi, per assicurare loro un’ottimale conservazione. Si pone, così, il problema dell’imputazione dei relativi oneri. In capo a chi sorge, allora, il dovere di assicurare la manutenzione[1] straordinaria[2] (manto impermeabile, rivestimento, fasce in marmo.) dei manufatti sepolcrali come – loculi -costruiti dal Comune e dati in concessione sia perpetua (prima del 10 febbraio 1976, data in cui entra in vigore il “vecchio” regolamento nazionale di polizia mortuaria DPR 803/1975) sia novantanovennale?

Possiamo subito, con notevole profitto, riflettere su questa sentenza: Cassazione civile, Sez. Unite, 21 luglio 1977 n. 3257 “L’art. 824, 2° comma, cod. civ. assoggetta i cimiteri comunali al regime del demanio pubblico, salve le eccezioni costituite dalla continuazione dell’esercizio dei cimiteri particolari (art. 82 del regolamento di polizia mortuari) e della possibilità di cappelle private e gentilizie costruite fuori del cimitero (art. 340 T.U. delle leggi sanitarie); pertanto la pretesa che la parte del cimitero occupata da costruzioni funerarie di confraternite sia di proprietà privata di queste ultime, postula la necessità dell’accertamento dell’estraneità di detta parte del cimitero o delle costruzioni funerarie al patrimonio comunale, nonché della posizione delle relative aree all’esterno del cimitero comunale e non rientranti comunque nel patrimonio del Comune da questo concesso per tale uso. A norma dell’art. 1, n. 2 R.D. 15.10.1925, n. 2578, sulla assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Provincie, dell’art. 91, lett. c), n. 14, T.U. 3 marzo 1934, n. 383, secondo il quale la costruzione, manutenzione ed esercizio dei cimiteri è funzione propria dei Comuni, nonché dell’art. 44 del vigente regolamento di polizia mortuaria, che affida al Sindaco la manutenzione, l’ordine e la vigilanza sanitaria dei cimiteri, spetta al Comune il potere di consentire quell’uso particolare del cimitero comunale, che si concreta nell’impianto di linee elettriche per l’illuminazione delle lampade votive nei sepolcri privati, e ciò anche per il caso di cappelle di Confraternite eventualmente sorgenti su suolo proprio nell’ambito del cimitero comunale”.

In assenza anche di una norma specifica prevista dal Regolamento comunale di Polizia Mortuaria il concessionario provvede alla cura ordinaria, mentre grava sul comune la manutenzione straordinaria[3] per tutto quanto concerne i lavori più rilevanti: il rifacimento della copertura, dell’intonaco.

In effetti, se il sepolcro è stato realizzato dal suo fondatore su terreno dato in concessione le opere murarie ed il paramento lapideo appartengono al concessionario per tutta la durata della concessione e la manutenzione straordinaria spetta al concessionario-fondatore del sepolcro poiché è lui il proprietario del manufatto sepolcrale. Se, invece, loculi e colombari sono stati costruiti dal comune e solo successivamente dati in concessione la manutenzione straordinaria è di pertinenza dell’ente locale.

L’istituzione di un canone annuo destinato alla manutenzione non è possibile per le tombe precedentemente concesse, per l’irretroattività della norma giuridica lo è, invece, per le nuove concessioni, per esse si può prevedere una corresponsione di denaro composta da due voci di calcolo (una tantum + canone periodico); è comunque preferibile seguire la strada della determinazione di un congruo “diritto di tumulazione” (anche ai sensi dell’Art. 149 Decreto Legislativo n.267/2000 e “retroattivamente” giusta l’Art. 103 DPR 285/1990), magari differenziato, ogni volta che si tumula in loculo, ossario, nicchia cineraria, tomba concessa in passato o al momento.

Per il calcolo, invece, del canone di concessione vero e proprio si segue il D.M. 1 luglio 2002.

Il Regolamento Regionale Emiliano Romagnolo del 23 maggio 2006 n. 4, sembra, però, affrontare il problema in modo diverso e più innovativo, ampliando la portata dello stesso Art. 63 DPR 285/1990, in effetti l’Art. 4 comma 6 sembra proprio stabilire per:

  • concessioni perpetue (a prescindere da chi abbia costruito la tomba e, quindi dalla mera proprietà di eventuali fabbricati ed arredi lapidei)
  • manufatti di proprietà privata (non si considera, quindi, il criterio della durata temporale nel rapporto concessorio).

il vincolo giuridico di partecipare ai costi di gestione del complesso cimiteriale ed al mantenimento in efficienza della parti comuni, secondo modi e tempi definiti dall’Ente Locale.

Quindi, ricapitolando: generalmente il contratto fra amministrazione comunale e concessionario prevede tali obblighi e laddove essi non siano espressamente previsti potrebbero esserlo in strumenti normativi di natura amministrativa (ad es. regolamenti comunali di igiene o di polizia mortuaria).

Secondo l’Art. 62 DPR 285/1990, infatti, il comune può adottare un provvedimento (vi è, però, la riserva di regolamento, cosicché un’ordinanza o panoramicauna diversa disposizione riuscirebbero inadeguate, ) per meglio definire criteri e modalità legati alla realizzazione sui sepolcri di monumenti, suppellettili rituali o altri oggetti legati all’arte commemorativa, così da favorire uno sviluppo del cimitero ordinato e di buon gusto, ad esempio il Comune autorizza la posa di copritomba di determinati materiali e con un certo dimensionamento. Ove quest’ultimi fossero diversi dall’autorizzato il copritomba, previa diffida, deve essere rimosso.
Qualora tale operazione non venga svolta entro i termini da parte della famiglia interessata (o per il tramite di operatore economico di sua fiducia), il Comune può effettuare la levata d’ufficio, con imputazione dei costi sostenuti alla famiglia interessata.
.
Qualora tale operazione non venga svolta entro i termini da parte della famiglia interessata (o per il tramite di operatore economico di sua fiducia), il Comune può effettuare la levata d’ufficio, con imputazione dei costi sostenuti alla famiglia interessata.
Questo strumento di necessaria regolazione (altrimenti assisteremo al dilagare del kitsch più volgare e pacchiano) deve essere attentamente ponderato per non creare ingiuste compressioni al diritto secondario di sepolcro: si pensi ad esempio alla Sentenza 31 luglio 2002, n. 3278 emessa dal TAR Lombardia.
In nuce, il pronunciamento del giudice, in diversi procedimenti, focalizza queste tre fattispecie nella complessa relazione tra la potestà comunale ed il cittadino utente del servizi cimiteriali, mantenendo comunque chiara la posizione di soggezione del privato (i cui diritti, già di per sé affievoliti, degradano ad interesse legittimo, secondo giurisprudenza costante) rispetto alla pubblica amministrazione.

1) È vietata l’imposizione di monumenti e lapidi assolutamente uniformi ed accessori standardizzati. In merito, il TAR ha ritenuto illegittimo per i Comuni imporr monumenti, lapidi ed accessori uniformi in ragione della loro “peculiare funzione” (la quale attiene a sentimenti personali di pietà) e “della loro natura di beni privati” (di proprietà dei concessionari delle aree cimiteriali su cui insistono) o affidino appalti “per realizzare uniformi opere destinate a sepolture private date in concessione” (ord. 1703/99).

2) I Dolenti devono poter scegliere monumenti, lapidi, arredi e imprese di fiducia. Infatti, il TAR della Lombardia ha precisato che “con riferimento agli arredi funebri la legge riserva ai Comuni solo l’apposizione di cippo con targhetta in campo comune e la chiusura dei tumuli”.

3) La posa di ogni altro arredo o lapide è un diritto che spetta ai privati cittadini esercitare, scegliendo liberamente. I Comuni quindi non possono ostacolare “il diritto dei dolenti a rivolgersi alle imprese da essi liberamente prescelte”, nè quello “delle imprese del settore ad operare liberamente, senza dover sottostare a limitazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle sancite in via generale dalla normativa sanitaria e di polizia mortuaria” (sent. 1685/2000).

In via generale vale l’art. 63 del Regolamento di polizia mortuaria DPR 10/9/1990 n. 285. Tale norma si riferisce specificamente ai manufatti di proprietà del concessionario di un’area cimiteriale. Su di esso incombe l’obbligo della manutenzione ordinaria e straordinaria e della relativa area di Pietàrispetto. In caso di concessione di loculi o altri manufatti costruiti direttamente dal Comune, in assenza di obblighi di natura contrattuale, valgono i seguenti criteri:

a) al concessionario compete l’ordinaria manutenzione;

b) al Comune spetta la manutenzione straordinaria.

A valle della concessione deliberata dal Comune, soprattutto in passato, vi era un atto sottoscritto fra le parti (la cosiddetta “convenzione”), con i relativi obblighi e diritti. In molti casi si poteva trovare una formula contrattuale con cui si rinviava al regolamento di polizia mortuaria via via vigente.

Il regolamento di polizia mortuaria comunale, allora, dovrebbe contenere una norma dove viene precisato come le disposizioni in esso contenute si applichino anche alle concessioni ed ai rapporti costituiti anteriormente alla sua entrata in vigore e che comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria precedente cessa di avere applicazione dal giorno di entrata in vigore del presente, altrimenti, secondo la formula del famoso brocardo latino “tempus regit actum” il riferimento è tassativamente al regolamento di polizia mortuaria in vigore alla stipula dell’atto di concessione, se esso, ovviamente nel suo articolato esso non confligge con i principi generali dell’ordinamento.

La manutenzione per sepolcri di proprietà privata viene svolta da chi ne faccia domanda, avendone titolo e per la quantità e la qualità richiesti. La suddivisione in quote delle spese di manutenzione è questione a cui resta estraneo il Comune e viene regolata tra gli aventi diritto (o dovere) a provvedere al mantenimento della tomba. Per eventuali danni imputabili ad un comportamento di un privato concessionario, non sussiste una responsabilità del Comune, neppure di tipo oggettivo del proprietario del manufatto (nell’eventuale ipotesi in cui la costruzione del manufatto sepolcrale sia stata realizzata dal comune), mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere il comportamento scorretto o pericoloso.

Per sepolture abbandonate[4] per incuria[5] e che versino in stato di degrado[6] sarà cura dell’comune[7] stesso segnalare anticipatamente tale circostanza al concessionario (ove irreperibile anche per pubbliche affissioni e pubblicazioni sulla stampa) e procedere successivamente ad addebitare la quota di spettanza. Laddove sia irreperibile il concessionario le spese risultano a carico dell’E.L. Quest’ultimo potrà attivarsi, secondo la procedura dettata dal regolamento di polizia mortuaria comunale, per acquisire, d’imperio, al patrimonio dell’ente le tombe abbandonate. Si rammenta di definire preventivamente con la Soprintendenza ai Monumenti la identificazione di sepolture con particolare vincolo storico – artistico.
In ultima analisi occorre soffermarsi sulla portata dello jus sepulchri e sulla sua distinzione dal diritto di proprietà.

Dunque lo jus sepulchri è composto da un complesso differenziato di situazioni giuridiche: in primo luogo di un diritto primario, consistente nella duplice facoltà di essere sepolti e di seppellire (jus inferendi in sepulcrhum) altri in un dato sepolcro; e di un diritto secondario che ha come contenuto la facoltà di accedere al sepolcro e di opporsi alle trasformazioni che arrechino pregiudizio alla sepoltura: Tribunale di Napoli, 30 giugno 1960 Gli eredi ed i parenti di uno dei fondatori del sepolcro familiare, seppellito nel medesimo, anche se non sono compresi tra i titolari del “ius sepulcri” hanno il diritto di accedere liberamente al sepolcro, ogni qualvolta lo ritengano opportuno e non soltanto nei pochi giorni dell’anno dedicati dalla consuetudine al culto dei morti, per compiervi verso il defunto gli atti di pietà consentiti dalla religione e dagli usi ivi comprese la pulizia e la manutenzione della tomba; essi hanno inoltre il diritto di munirsi a proprie spese, di una chiave del sepolcro.

Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo jus sepulchri.
Bisogna sempre distinguere i famigliari del fondatore e gli eredi, poiché quest’ultimi, benché privi dello Jus sepulcrhi sono comunque titolari sia del diritto secondario che del diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali. Pertanto, ex art. 63 essi, in quanto proprietari, debbono sopportare l’onere della manutenzione ordinaria e straordinaria.

Per sepolcri interessati dalla procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/1990 (e paragrafo 16 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24, con relativo allegato tecnico), laddove essa non sia stata sostituita da un nuovo protocollo operativo (Emilia-Romagna, Art. 2 comma 16 Reg.Reg. 23 maggio 2006 n. 4 e Lombardia, Art. 16 comma 8 Reg.Reg. 9 novembre 2004. 6 così come modificato dal Reg.Reg. 6 febbraio 2007 n.1) le spese per la ristrutturazione sono del comune se avvengono prima della concessione (si pensi ad esempio ad in sepolcro rientrato nella disponibilità dell’ente locale in seguito all’estinzione di un precedente rapporto concessorio), altrimenti competono al concessionario.

Rimane ora, solo un caso da esaminare, forse il più scabroso: Il DPR 285/1990, all’Art. 76, richiede infatti che nei tumuli l’impermeabilità ai liquidi ed ai gas debba essere garantita nel tempo, a volte, però, si deve sanare la tomba se questa presenta fenomeni percolativi, con perfusione all’esterno del tumulo di miasmi: Vale, comunque, lo stesso criterio enunciato prima: l’onere del mantenimento nel tempo è del concessionario, quando il manufatto è di sua proprietà, in base all’art. 63/1 del DPR 285/90 (è il caso, ad es., di edicola funeraria costruita da privato su un’area avuta in concessione dal Comune). Se il proprietario è il Comune, che ha concesso l’uso del loculo, l’onere è del Comune.
In assenza di specifica norma del regolamento di polizia mortuaria comunale spetta al Sindaco (ai sensi dell’art. 51 DPR 285/90), su proposta del dirigente del servizio cimiteriale e dell’ASL, emanare apposita ordinanza che preveda, in via generale, il da farsi. Il regolamento (o l’ordinanza sindacale) stabilisce:

  • chi debba disporre l’intervento (di norma il responsabile del servizio cimiteriale);
  • i criteri di esecuzione;
  • le modalità di avviso o notifica al concessionario se proprietario del manufatto;
  • chi dovrà eseguire l’intervento (in genere il gestore del cimitero)
  • l’attribuzione del relativo costo (al proprietario del manufatto).

In mancanza di tale individuazione preventiva, si opera, di volta in volta, attraverso ordinanza del Sindaco, ai sensi dell’art. 51 del DPR 285/90.

In caso di lesione a strutture cimiteriali, se quest’ultimi sono riconducibili ad un comportamento di un privato concessionario, non sussiste una responsabilità del Comune, neppure la responsabilità oggettiva del proprietario del manufatto (nell’eventuale ipotesi in cui la costruzione del manufatto sepolcrale sia stata realizzata dal comune), mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere l’azione da cui è stato determinato il danno. Tale responsabilità trova fondamento nell’art. 2043 C.C.

Il responsabile del comportamento che ha determinato, oggettivamente, il danno deve provvedere al risarcimento direttamente agli altri concessionari, poiché il rapporto di concessione, se rientra nell’ambito dell’art. 823 C.C. nei riguardi al rapporto tra Comune/concessionario, attribuisce una posizione giuridica soggettiva piena nei confronti degli altri concessionari che non solo ha riguardo all’aspetto “attivo” (tutela rispetto da comportamenti indebiti o lesivi di altri concessionari), ma anche “passivo” (responsabilità per fatto illecito, nel caso), dal momento che l’obbligo della manutenzione di cui all’art. 63 DPR 10/9/1990, n. 285 ha per oggetto anche ogni atto e comportamento idoneo a non arrecare danni a terzi.

________________________________________
[1] Tribunale di Spoleto, 11 febbraio 1955 Non esiste un diritto soggettivo alla manutenzione del recinto ed alla custodia all’interno del cimitero in favore dei proprietari delle cappelle gentilizie esistenti nel sacro luogo, e perciò non può prospettarsi responsabilità della P.A. nel caso che per insufficiente manutenzione o custodia siano state rese possibili asportazioni di materiali dalle cappelle stesse.

[2] Cassazione civile, Sez. I, 20 gennaio 1964 n. 114 I poteri dei comuni sui cimiteri non sono limitati a quelli previsti dal regolamento di polizia mortuaria e che attengono principalmente alla materia dell’igiene della sanità (R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880) ma comprendono anche quelli che sono in funzione della costruzione, manutenzione ed esercizio di essi (art. 91, lett. c), n. 14 T.U. 3 marzo 1934, n. 383), sicché nell’ambito dei poteri che gli competono il comune può concedere ai privati il servizio di accensione elettrica delle lampade votive per quei privati che del servizio stesso vogliano avvalersi.

[3] T.A.R. Toscana, 26 giugno 1987 n. 505 Condizioni essenziali perché un determinato servizio possa formare oggetto di concessione sono, da un lato, che si tratti di servizio nell’interesse della collettività e, dall’altro, che sussista la possibilità astratta di monopolio da parte dell’Ente pubblico; pertanto, costituisce servizio suscettibile di essere concesso ai privati la manutenzione dei cimiteri, in quanto la stessa può formare oggetto di gestione diretta da parte del Comune in regime di monopolio.

[4] Cassazione civile, Sez. Unite, 9 marzo 1981 n. 1300 L’obbligo del comune di Milano, a norma dell’art. 86 del proprio regolamento di polizia mortuaria, di comunicare agli interessati le deliberazioni impositive di opere di manutenzione delle tombe, anche al fine dell’eventuale decadenza dalla concessione cimiteriale in ipotesi di mancata esecuzione di tali opere, non viene meno per il caso in cui, dopo la morte dell’originario concessionario ed il subingresso nella concessione di più aventi diritto, costoro non abbiano provveduto, come prescritto dall’art. 30 del regolamento stesso, alla designazione di un unico rappresentante nei rapporti con l’ente concedente.

[5] L’incuria a sua volta può originare o meno pericolo di rovina di parte o dell’intero manufatto in stato di degrado. Oppure si ha lo stato di incuria limitato ad un degrado che corrisponde più all’abbandono delle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Laddove sia così previsto nel contratto, il Comune può pronunciare la decadenza della concessione per inadempienza ai patti contrattuali.

[6] T.A.R. Sicilia, 11 novembre 1985 n. 1411 Il Comune non può revocare una concessione in uso perpetuo di fronte a incuria nella manutenzione e custodia del sepolcro, ma in base agli artt. 63 e 93 D.P.R. 20.1O.1975, n. 803, può provvedere soltanto alla conservazione del sepolcro quando sussiste pericolo, diffidando contemporaneamente gli aventi diritto. In base all’art. 93 D.P.R. 25 ottobre 1975, n. 803, l’Amministrazione può disporre la revoca delle concessioni di aree cimiteriali a tempo determinato solo se siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima sepoltura e si verifichi una situazione di grave insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno comunale, alla quale non possa ovviarsi con un ampliamento del cimitero stesso. 803/1975).

[7] Consiglio di Stato, Adunanza generale, 6 luglio 1933 Merita conferma il provvedimento dell’Alto Commissariato di Napoli che negò a privati l’autorizzazione alla costruzione di un cimitero destinato a ricevere le salme di tutte le persone decedute in un rione o frazione. … La costruzione e la manutenzione dei cimiteri ed il servizio di polizia mortuaria sono affidati alle Amministrazioni comunali e sottratti alla speculazione privata.

Written by:

Carlo Ballotta

802 Posts

View All Posts
Follow Me :

81 thoughts on “La manutenzione dei sepolcri ex Art. 63 DPR n.285/1990

  1. Buongiorno Avvocato,

    mio marito, deceduto nel 2011 é diretto discendente dei fondatori di una tomba perpetua, Cimitero Monumentale di Vicenza, (le prime bare datano della fine del 1700).
    La tomba attualmente é ”fuori norma”, perché’ nel fondo del sepolcro, giacciono due bare, poste a casaccio e appartenenti a discendenti indiretti, deceduti 50 anni fa, cio’ rende la tomba inagibile e a rischio di sigillo per 100 anni.

    Impossibile dunque, tumulare le ceneri di mio marito, posizionandole magari sopra la bara di suo padre (deceduto nel 1960), com’era mio desiderio, quello dei miei figli e dei fratelli e sorelle, di mio marito.

    Sopra la bara, del padre apunto si possono posare, diverse urne ed il problema si ripeterà forse tra non molto, poiché le sorelle di mio marito hanno gia 80 anni compiuti !

    Com’é possibile, obbligare i figli di questi due defunti, all’incenerimento dei loro cari, giacenti li’ da 50 anni, al fine che tutti possano godere di una giusta sepoltura, rendendo nuovamente, la tomba agibile, con minor spese e sofferenze psicologiche per tutti ?
    Finora la loro scusa é legata all’affetto, ma sappiamo che non vogliono spendere soldi, benché molto abbienti !!
    E’ possibile ricorrere ad un legale, per mettere fine a questo sopruso? Grazie in anticipo
    maria cattaneo

    Grazie di non divulgare il ns. nome !

    1. X Maria, (come da Sua volontà ometto il cognome, tanto, qui, in via del tutto amicale, ci chiamiamo solo per nome di battesimo!)

      Un tempo, la laboriosa procedura di deroga (sarebbe stata necessaria un’apposita autorizzazione ministeriale, poi devoluta, per effetto del DPCM 26 maggio 2000 alle competenti autorità sanitarie regionali) , per effettuare comunque tumulazioni in tombe non a norma con l’art. 76 comma 1 del vigente regolamento statale di polizia mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 (in buona sostanza: ogni feretro deve esser sepolto e murato in nicchia chiusa e separata dagli altri avelli mortuari, in modo da poter esser eventualmente movimentato senza il bisogno di spostare altre bare) era dettata dall’art. 106 del medesimo DPR citato, implementata poi dal paragrafo 16 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24.

      Oggi, fortunatamente, è intervenuta, in Veneto apposita disciplina locale (Deliberazione Giunta Regionale 04/04/2014,n.433 “Definizione dei requisiti dei cimiteri di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a) della Legge Regionale 4 marzo 2010 n.18 Norme in materia funeraria”) che semplifica, e non poco il quadro legislativo di riferimento. Ora, secondo il nuovo dettato normativo, i manufatti esistenti alla data di pubblicazione del provvedimento di cui sopra e costruiti prima del 24/06/1993 che non rispettino le dimensioni interne minime previste dalla Circolare del Ministero della Salute 24 giugno 1993 n. 24 possono continuare ad essere utilizzati, compatibilmente con le dimensioni dei feretri da tumulare, delle cassette ossario e delle urne cinerarie. Per un periodo massimo di venti anni dall’entrata in vigore del presente provvedimento, è consentita la tumulazione di nuovi feretri, anche in loculi, cripte o tombe privi di spazio esterno libero o liberabile per il diretto accesso al feretro,in presenza congiunta delle seguenti caratteristiche tecniche

      a) confezionamento del feretro con le caratteristiche di loculo stagno munito di dispositivo atto a ridurre la pressione dei gas;
      b) presenza di idoneo supporto separatore tale da scongiurare la sovrapposizione dei feretri.

      Sono sempre consentite le tumulazioni di urne cinerarie e di cassette ossario ,nei limiti di capienza fisica del tumulo, oltre la quale lo stesso diritto di sepolcro spira ex se divenendo non più esercitabile per l’ovvia saturazione della tomba

      Quindi, sarebbe consigliabile un’accorta e saggia “politica famigliare” (ma nessuno può OBBLIGARE gli aventi titolo jure sanguinis, ossia i diretti discendenti, ad agire in tal senso) di riduzione dei defunti tumulati da molto tempo in cassetta ossario, se possibile, o di loro cremazione quando questi ad un’attenta ricognizione dovessero risultare non ancora completamente scheletrizzati o comunque tali da consentire la raccolta delle loro ossa, al fine di liberare spazio per nuove e future tumulazioni.

      In effetti, gli atti di disposizione per il post mortem (su salme, cadaveri, resti mortali inconsunti, ossa o ceneri, ossia su tutte le fattispecie medico legali in cui degradi un corpo umano dopo il decesso ) quali diritti della personalità, in termini di pietas ed affetti struggenti, sono incoercibili, in special modo in una concessione perpetua, la quale non ha, appunto, scadenza, ma si protrae nel tempo sub specie aeternitatis, nè può provvedere la Legge, d’ufficio, (se si eccettuano i casi, invero, piuttosto rarefatti e qui, irrilevanti, di revoca della concessione, decadenza della stessa o soppressione del sepolcreto) in quanto si tratta, pur sempre, di un sepolcro privato nel cimitero.

      Le ceneri di Suo marito, quale portatore, in vita, dello jus sepulchri, potranno in ogni maniera esser accolte nel prestigioso sacello gentilizio, a prescindere dalle operazioni, a mio avviso, comunque auspicabili, di riduzione/cremazione dei cadaveri già sepolti, poichè per le urne la legge non prescrive le tassative misure igienico-sanitarie previste, invece, per i feretri (le ceneri, difatti, sono materiale inerte e non rilasciano liquidi insalubri, o nauseabondi gas putrefattivi!), l’unico requisito da rispettare è la materiale disponibilità di posto, sempre che il regolamento comunale (ma sarebbe un madornale errore strategico nelle gestione del cimitero, il quale non è certo dilatabile all’infinito nelle sua capacità ricettiva!) non imponga criteri più rigidi e selettivi per l’uso del tumulo plurimo, parametri regolamentare, di cui io non sono, però, a conoscenza, mentre scrivo questa risposta.

  2. Gentile Carlo, vorrei chiederle se, secondo lei, il canone annuo per compartecipare alle spese di manutenzione di un cimitero richiesto ai parenti dei defunti seppelliti in loculi comunali è una pratica lecita, in forza di quale normativa fonda la sua esistenza e se può essere considerato un canone o sarebbe meglio definirlo come tassa. Ringrazio in anticipo!

    1. X Sandra,

      L’istituzione di un canone annuo destinato alla manutenzione generale dell’impianto cimiteriale, nelle sue parti comuni, non è possibile per le tombe precedentemente concesse, per l’irretroattività della norma giuridica. In Realtà, qualche Regione (segnatamente: l’Emilia Romagna con il Reg. Reg. n.4/2006 ha tentato di intraprendere questa strada, ma con ancora scarsi successi, occorrerebbe, in ogni caso, un’apposita ed esplicita previsione di Legge, a questo punto Regionale, sempre ai sensi dell’art. 23 Cost.) questa soluzione è, invece, pienamente legittima per le nuove concessioni.

      Per esse, dunque, si può prevedere una corresponsione di denaro composta da due voci di calcolo (una tantum + canone periodico); è comunque preferibile seguire la strada della determinazione di un congruo “diritto di tumulazione” (anche ai sensi dell’Art. 149 Decreto Legislativo n.267/2000 e “retroattivamente” giusta l’Art. 103 DPR 285/1990), magari differenziato, ogni volta che si tumula in loculo, ossario, nicchia cineraria, tomba concessa in passato o al momento.

      Per il calcolo, invece, dell’importo complessivo del canone di concessione vero e proprio si segue l’art. 4 comma 2 Lett. a) e b) del D.M. 1 luglio 2002 emanato ex art. 5 comma 2 Legge n. 130/2001.

      Si rammenta, come parametro quadro per il calcolo di tariffe per beni e servizi l’art. 117 D.Lgs n. 267/2000.

    2. Grazie davvero per la sua risposta, Sig. Carlo. Però non mi è ancora chiaro l’iter normativo che legittima il canone annuo di mantenimento per le nuove.
      Grazie ancora per la sua disponibilità!

      1. X Sandra,

        il “meccanismo” per fissare il piano tariffario, cimiteri compresi, segue necessariamente questi minimi passaggi procedurali.

        Si rammenta che i sepolcri privati vengono dati in concessione o solo ceduti in uso (se il gestore è soggetto terzo rispetto alla pubblica amministrazione titolare del demanio) in regime di monopolio.

        1) Stabilire la strategia tariffaria generale di ogni singolo Comune, per la fruizioni di beni e servizi a titolo oneroso, è compito del Consiglio Comunale (art. 42 comma 2 lett. f) D.Lgs n. 267/2000). Si tratta, quindi, di una scelta massimamente politica, interessata da un alto livello di discrezionalità (unico limite a tale spazio di manovra potrebbe ricavarsi dalla fattispecie della cosiddetta “responsabilità patrimoniale per danno erariale” ex art. 93 D.Lgs n. 267/2000.

        2) l’implementazione di questi principi spetta alla Giunta (art. 48 D.Lgs n. 267/2000), per gli aspetti eminentemente di dettaglio ed operativi.

        3) in astratto, i parametri contabili fondamentali per la formazione delle tariffe sono pur sempre dettati dalla norma quadro di cui all’art. 117 D.Lgs n. 267/2000.

        4) in tema di calcolo per i canoni delle concessioni cimiteriali, di qualunque tipologia esse siano, inoltre, vige la normativa “SPECIALE” fattivamente desumibile dall’art. 4 comma 2 Lett. a) e b) del D.M. 1 luglio 2002 emanato ex art. 5 comma 2 Legge n. 130/2001.

        A questo relativamente nuovo criterio, composto da due fondamentali voci di computo, possiamo agevolmente riferirci per legittimare appieno il recupero delle spese gestionali (parti comuni, tombe perpetue, casi residuali di gratuità, crediti inesigibili…) non coperte dalla generalizzata onerosità di ogni prestazione cimiteriale stante l’art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26.

  3. X Federica,

    responsabilità aquiliana in cimitero per il distacco di una maniglia? MI pare – forse – un petitum un po’ temerario o, quanto meno arduo da dimostrare, tuttavia spetterà, semmai, al giudice adito stabilire l’”an” ed il “quantum” debeatur. (Art. 2056 Cod. Civile???) Premetto che non sono un civilista, ma un semplice beccamorto, tuttavia mi preme approfondire questi aspetti procedimentali e di diritto, tutti interni al circuito della polizia mortuaria.

    1) bisogna innanzi tutto appurare se: a) la cappella sia stata costruita da un privato (su suolo demaniale) sul quale graverebbero tutte le obbligazioni manutentive. b) l’edicola funeraria sia stata edificata direttamente dal comune e successivamente data in sola concessione d’uso. Spesso, infatti, è l’atto di concessione con la convenzione che sovente l’accompagna a definire nel dettaglio gli obblighi ed i doveri tra le parti contraenti. Per tale preventiva verifica interesserei il Comune nel cui cimitero si trova la tomba de qua con un’istanza di accesso agli atti ex artt. 22 e segg. L. n. 241/1990 senza dimenticare il DPR n.184/2006 ed il nuovissimo istituto dell’accesso civico introdotto con il D.Lgs n. 33/2013 cos’ come ri-novellato dal c.d. Decreto Madia emanato con D.Lgs n.97/2016. Secondo alcuni studiosi il dettato della stessa L. n. 241/1990 sarebbe superato da queste nuove norme sulla trasparenza, ma è un dibattito molto ozioso, tutt’interno alla più autorevole dottrina, alla quale umilmente mi accodo.

    2) Il Comune, difatti, custodisce copia della originaria concessione cimiteriale rilasciata e lei come familiare ha diritto a richiedere la consultazione della documentazione inerente la suddetta concessione e la copia dei documenti principali e cioè della Concessione originaria, del più recente atto di subentro (se esistesse) giusto per capire chi sia attualmente il concessionario onerato, al quale rivolgersi per l’eventuale risarcimento del danno.

    3) Aa avviso di alcuni commentatori, se la cappella è di proprietà del Comune, si potrebbe applicare (ipotesi remota, a mio parere!) l’art.2051 c.c., secondo il quale, il Comune, in quanto custode dell’oggetto, è responsabile del danno cagionato, salvo che provi il caso fortuito. Per quest’ultima fattispecie si intende un fatto imprevisto o assolutamente imprevedibile, da solo idoneo a causare un danno. Secondo parte della dottrina e della prevalente giurisprudenza si tratta di una responsabilità fondata su una presunzione relativa di colpa a carico del custode ed il caso fortuito serve appunto per dimostrare l’assenza di colpa. Secondo altro orientamento trattasi di responsabilità oggettiva ed il caso fortuito consiste in un avvenimento che esclude il nesso di causalità tra condotta ed evento dannoso.

    4) Molti regolamenti comunali di polizia mortuaria risolvono il problema con una norma di questo tipo:

    […omissis…] Il Comune cura che all’interno dei cimiteri siano evitate situazioni di pericolo alle persone e alle cose, e non assume responsabilità per atti commessi nei cimiteri da persone estranee al suo servizio o per mezzi e strumenti a disposizione del pubblico e da questo utilizzati in modo difforme dal consentito.

    Chiunque causi danni a persone o cose, sia personalmente che per fatto altrui, ne risponde secondo quanto previsto dal Titolo IX del Libro IV del Codice Civile, salvo che l’illecito non rilevi penalmente.

    Rimango sempre a disposizione per ulteriori delucidazioni.

  4. Buonasera, sono una Sua collega.
    Da pochissimo tempo mi sono avvicinata alla materia da Lei trattata, in quanto una mia amica, recandosi in un cappella per rendere suffragio ad un suo lontano parente, uscendovi, nel chiudere la porta, è caduta, fratturandosi il polso, a causa del distacco della maniglia.
    Se possibile, vorrei consultarmi con Lei in merito a questa vicenda.
    Noi non sappiamo se la cappella in questione sia privata o sia stata costruita dal comune e poi data in concessione.
    Ovviamente abbiamo deciso di agire, per richiedere il risarcimento dei danni.
    Dagli studi, per ora ancora non approfonditi, che ho fatto mi pare di capire che (in linea generale) se la cappella è privata, la manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, dovrebbe spettare al proprietario e quindi la relativa responsabilità per danni, gravare sul medesimo.
    Tuttavia, nel caso che ci riguarda, dovrebbe trattarsi di “manutenzione ordinaria” (maniglia rotta), con conseguente esclusione, in ogni caso, della responsabilità del Comune.
    Quello che mi chiedo (e sicuramente effettuerò studi approfonditi al riguardo), il Comune non dovrebbe comunque vigilare sulla “tenuta” delle cappelle? Non potrebbe esserci quindi una corresponsabilità? (Da un punto di vista difensivo sarebbe auspicabile, atteso che il Comune potrebbe eventualmente anche essere coperto da assicurazione).
    Per sapere se la cappella è privata o in concessione, inoltre, credo sia opportuno inoltrare una richiesta al Comune, per avere la relativa informazione…
    Il problema principale che mi pongo, ovviamente, è quello relativo alla legittimazione passiva.
    Grazie anticipatamente per la disponibilità.
    Federica

  5. Salve, volevo chiedere a chi spetta l’onere per fare un intervento necessario per eliminare un problema di infiltrazione di acqua che fuoriesce dal pavimento della cappella gentilizia privata. Il fenomeno si presenta spesso quando si verificano eventi piovosi di forte intensità che fanno aumentare il livello della falda e considerato che la cappella gentilizia si trova a valle della montagna dove insiste il cimitero. Sono ormai diversi anni che viene segnalato il problema all’amministrazione locale senza aver mai ricevuto nessuna risposta rendendo vani i vari interventi di manutenzione all’interno del manufatto a causa della forte umidità. Sembra evidente e del tutto necessario un intervento di drenaggio che può risolvere il problema, ma a chi spetta l’onere? Grazie

    1. X Agostino,

      Dall’esposizione dei fatti non è dato apprendere se la tomba di famiglia sia stata costruita:

      a) da una famiglia su un’area avuta in concessione dal Comune;

      b) dal Comune, prima dell’affidamento del servizio all’ente gestore, per cederla in uso;

      c) dall’ente gestore, per cederla in uso.

      Inoltre non è chiaro se la tomba sia isolata rispetto ad altre o in aderenza ad altre, cioè abbia parti in comune con altri manufatti. Nel caso non sia separata da altri corpi di fabbrica, può esservi un concorso di cause, dovute anche a soggetti confinanti.

      Ciò premesso, da quanto descritto, pare di escludere che l’acqua formatasi possa essere legata a condensa di umidità. Il livello dell’acqua raggiunto dentro la tomba, prima e dopo gli aggottamenti, fa presupporre che vi sia una infiltrazione, con tutta probabilità dalla soletta di base e/o da una o più pareti laterali. La circostanza può derivare dal non aver costruito la tomba tenendo conto delle variazioni della falda. In altri termini, in cimiteri dove si può presentare tale situazione, i progetti prevedono o una impermeabilizzazione interna o una impermeabilizzazione esterna (ad es. con camicia di zinco esterna, o con guaina interna o esterna). Ne consegue che all’atto della costruzione o, per effetto di cause successive, la tomba non possiede le caratteristiche di impermeabilità ai liquidi ed ai gas (da mantenere nel tempo) che la legge prescrive (art. 76 del D.P.R. 10/9/1990, n. 285). La responsabilità in proposito è quindi di chi ha la proprietà della tomba (concessionario dell’area nel caso di cui alla lettera a); Comune, nel caso di cui alla lettera b); ente gestore, nel caso di cui alla lettera c)). Chi ha detta responsabilità può rivalersi, nei tempi di legge, su chi ha progettato la struttura, se il vizio è derivante da una progettazione errata o imperfetta, o sull’impresa edile che ha realizzato materialmente l’opera, se il problema deriva da imperfetta costruzione.

      Se invece la tomba è stata costruita da altri, il Comune non solo non può dare alcunché, ma deve anche inibire l’uso della tomba finché nella stessa non siano state ripristinate le condizioni di cui all’art. 76 del D.P.R. 285/90.

      Se si tratta di concessioni di cappelle private, va, subito, premesso come il comune non abbia obblighi nel mettere a disposizioni aree per la concessione, cioè a rendere disponibili quelli che ‘tecnicamente’ si chiamano ‘sepolcri privati nei cimiteri’ (regolati dal Capo XVIII dPR 10/9/1990, n. 285), vale adire tutte le tipologie di sepoltura, sia ad inumazione sia a tumulazione, diverse dall’inumazione nel c.d. campo comune (la cui disponibilita’ e’ uno, se non il solo, degli obblighi cui il comune è tenuto).

      Per quanto riguarda, i “normali” campi ad inumazione, anzi (meglio) il cimitero, in sede di impianto od ampliamento del cimitero, dovrebbe essere acquisita uno studio tecnico (art. 55 dPR n.285/1990) sulle caratteristiche del terreno, anche se può accadere che in tale sede non possano sempre rilevarsi fenomeni i quali potranno essere riscontrati sono successivamente, specie se il terreno non sia del tutto adatto (ad es.: per la presenza di strati di argille o altro che non consentano il deflusso delle acque meteoriche).

      Un’ipotesi di risarcimenti di danni vantati (non tanto per lo “spettacolo” della risalita della falda freatica che inonda il pavimento, quanto per l’inidoneità dell’area) potrebbe essere fondato se possa dimostrarsi, documentalmente, che in sede d’impianto del cimitero non siano stati acquisiti studi tecnici e, magari acquisendo agli atti, se risulta dall’atto di concessione, la dichiarazione esplicita che il comune assicura la piena idoneità dell’area (caso nel quale il risarcimento del sanno dovrebbe essere sollevato nei confronti dei soggetti agenti al momento dell’impianto del cimitero).

      Lei può anche tentare di eccitare un giudizio, in sede civile per risarcimento del grave pregiudizio arrecato alla tomba, se ritenga opportuno muoversi in questa direzione, avendo presente, per altro, che nelle aree in concessione, sono i concessionari a dover assicurare le condizioni di funzionalità ed adeguatezza del terreno.

  6. Buongiorno. Volevo sapere una cosa e spero mi possiate aiutare. Un anno fa è mancato il mio bambino di 12 anni è l’abbiamo messo nella nostra tomba di famiglia, che mio nonno, sul testamento,ha lasciato a mio padre e a mia zia. Io sono divorziata e col mio ex non ci sono buoni rapporti. Ovviamente anche lui ha messo le sue piante in vasi ricolmo di terra e quando li bagna, non facendo attenzione, l’acqua esce e, mischiata alla terra,cola su tutta la tomba provocando delle macchie che col tempo hanno rovinato una parte della tomba. È già stato avvisato di fare attenzione ma non è servito a niente. Ora mio padre e mia zia vorrebbero far spostare questi vasi e la mia domanda è: come proprietari possono farlo? Grazie mille

    1. X Manuela,

      Certo che i diritti di sepolcro, così per come sono strutturati nel nostro Ordinamento Giuridico continuano ad esser terreno fertile per l’attecchire di liti, contrasti, aspre contese e conflitti di sorta.

      Comunque: l’ex marito quale padre del defunto fanciullo rimane pur sempre pienamente titolare del cosiddetto diritto secondario di sepolcro, ossia della facoltà imprescrittibile ed assoluta di entrare, quale visitatore, nella tomba per porre in essere atti di suffragio e pietas come deposizione di fiori, arredi, oggetti votivi e celebrazione di riti di commemorazione, l’accesso al sepolcro, quindi, non può essergli inibito tout court.

      Se il suo agire (dissennato???) arreca, ad ogni modo, danno ingiusto al decoro ed alla pulizia dell’edificio che poi si traducono in un aggravio di spese manutentive per il concessionario si può adire il Giudice, in sede civile, salvo composizione bonaria della vertenza (un po’ di intelligenza, in limine litis, non guasterebbe) esperendo, tra le azioni petitorie contemplate dal Cod. Civile quella negatoria, regolata dall’Art. 949 Cod. Civile.

      L’actio negatoria può essere, quindi, promossa dal proprietario che abbia timore di subire un pregiudizio da terzi che vantino sulla medesima cosa diritti reali minori (ad esempio diritto di usufrutto o servitù); da ciò deriva che unico legittimato passivo è chi si dichiari titolare di un diritto reale di godimento e, in conseguenza di tale affermazione, costituisca per il proprietario un concreto pericolo di molestia (Cass. n. 17789/2009).

  7. X Gianni,

    Innanzi tutto: chi L’ha interpellata? Forse l’ufficio comunale della polizia mortuaria, con una formale richiesta?

    Consiglio preliminarmente la consultazione di questo link interno al sito:
    https://www.funerali.org/cimiteri/la-morte-del-concessionario-e-listututo-del-subentro-7523.html.

    Tutto ruota, infatti, attorno al problema del subentro nella titolarità della concessione (della tomba dove è stata deposta Sua sorella) con annessi oneri manutentivi ex Art. 63 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.

    Va anche considerato come spesso i Regolamenti comunali di polizia mortuaria (almeno quelli più lungimiranti) contengano disposizioni per cui, in occasione del decesso del concessionario/fondatore del sepolcro, spetterebbe ai discendenti richiedere una variazione dell’intestazione della concessione, ipotesi nelle quali la diligenza di un tale adempimento ricade sui discendenti stessi del concessionario deceduto, a volte queste norme sono correlate dalla previsione per cui l’inadempimento, decorso un certo termine, dovrebbe comportare la decadenza dalla concessione od un mutamento anche sostanziale nel regime in cui e’ soggetto il diritto d’uso.

    Se si trattasse di spese legate all’estumulazione del feretro di Sua sorella con avvio ad ulteriore destinazione, quale inumazione o cremazione del resto mortale, (esempio: per scadenza della concessione) sarebbe legittimo imputare anche a Lei le spese, quale consanguineo, del de cuius; tuttavia a Lei non possono esser imputati i costi di manutenzione del sepolcro soprattutto se Lei non è, a questo punto, coo-titolare assieme ad altri dello stesso. Lo Jus sepulchri inteso nella doppia accezione di:

    1)atto di disposizione sui defunti
    2) e diritto sul sepolcro in sé, cioè nella sua componente materiale di suppellettili funerarie, opere murarie, ed arredi,

    segue, di solito la linea dello jure sanguinis, ossia della consanguineità, a meno che il sepolcro gentilizio da istituto tipicamente famigliare si sia trasformato in ereditario, come rilevato dalla stessa Suprema Corte di Cassazione.

    A sistemare la tomba (in stato di pericolo/abbandono?), provvederà, quindi, il nuovo titolare della concessione, subentrato jure sanguinis o jure haereditatis, Lei, sic stantibus rebus, non c’entra, a meno che non voglia sostenere, questi oneri per liberalità (trattasi pur sempre di Sua sorella, ma non è elemento di diritto!).

  8. Salve, vorrei un chiarimento: sono stato interpellato per contribuire alle spese di manutenzione di una cella gentilizia, in cui è sepolta mia sorella.
    La cella era di proprietà di sua suocera,la mamma di suo marito, loro erano senza figli.
    Ora io mi trovo coinvolto in questa diatriba, gli altri proprietari conoscono solo me, mentre gli eredi del marito di mia sorella, nessuno li conosce!
    Come posso fare?

  9. X Marco,

    ogni provvedimento d’ingiunzione non può che esser adottato dal competente giudice. Una bella causa civile, intentata al Comune, magari, per inadempimento contrattuale, sarebbe pressoché perfetta, senza dimenticare l’Art. 2053 Cod. Civile. La manutenzione dell’impianto cimiteriale spetta senza dubbio all’Ente Locale che ne è proprietario ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile.

  10. Leggo la risposta di Carlo alla mia del 19/9 , ma , al di la della richiesta economica dei danni, si sa che il contenzioso civile è li che sfocia, adendo le vie legali , il giudice può ordinare al comune di fare i lavori di manutenzione straordinaria che gli competono? Al che il comune potrebbe motivare che non ha disponibilità finanziarie… Occorre imbastire una causa o potrebbe bastare un accertamento tecnico preventivo o altri istituti più idonei al caso? Purtroppo ben conosciamo i tempi della giustizia e soprattutto i costi ” certi” nell’intraprenderla a fronte di risultati “non certi” e comunque non finalizzati per me al ristoro economico d’un danno, ma bensì ai lavori di manutenzione di quella parte di cimitero dove sono le tombe dei miei nonni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.