La manutenzione dei sepolcri ex Art. 63 DPR n.285/1990

Premessa: Nelle scienze giuridiche la proprietà è facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con esedral’osservanza degli obblighi previsti dall’ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile), nella polizia mortuaria, invece essa, essendo solo strumentale e, quindi, subordinata allo Jus Sepulchri (diritto personalissimo e, quindi, non patrimoniale nè trasmissibile per acta inter vivos…almeno dall’entrata in vigore del del Libro III del Codice Civile), spesso si risolve unicamente nell’assunzione coatta di un onere.

I nostri cimiteri, per loro intrinseca natura, sono costituiti non tanto da sole aree recintate ex Art. 337 Regio Decreto 27 luglio 1937 n. 1265 (campi d’inumazione) quanto da corpi di fabbrica (batterie di loculi, cappelle gentilizie, colombari…) adibiti a sepoltura privata (Art. 91 DPR 285/1990) e, quindi, necessitano di continui interventi, anche edilizi, per assicurare loro un’ottimale conservazione. Si pone, così, il problema dell’imputazione dei relativi oneri. In capo a chi sorge, allora, il dovere di assicurare la manutenzione[1] straordinaria[2] (manto impermeabile, rivestimento, fasce in marmo.) dei manufatti sepolcrali come – loculi -costruiti dal Comune e dati in concessione sia perpetua (prima del 10 febbraio 1976, data in cui entra in vigore il “vecchio” regolamento nazionale di polizia mortuaria DPR 803/1975) sia novantanovennale?

Possiamo subito, con notevole profitto, riflettere su questa sentenza: Cassazione civile, Sez. Unite, 21 luglio 1977 n. 3257 “L’art. 824, 2° comma, cod. civ. assoggetta i cimiteri comunali al regime del demanio pubblico, salve le eccezioni costituite dalla continuazione dell’esercizio dei cimiteri particolari (art. 82 del regolamento di polizia mortuari) e della possibilità di cappelle private e gentilizie costruite fuori del cimitero (art. 340 T.U. delle leggi sanitarie); pertanto la pretesa che la parte del cimitero occupata da costruzioni funerarie di confraternite sia di proprietà privata di queste ultime, postula la necessità dell’accertamento dell’estraneità di detta parte del cimitero o delle costruzioni funerarie al patrimonio comunale, nonché della posizione delle relative aree all’esterno del cimitero comunale e non rientranti comunque nel patrimonio del Comune da questo concesso per tale uso. A norma dell’art. 1, n. 2 R.D. 15.10.1925, n. 2578, sulla assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Provincie, dell’art. 91, lett. c), n. 14, T.U. 3 marzo 1934, n. 383, secondo il quale la costruzione, manutenzione ed esercizio dei cimiteri è funzione propria dei Comuni, nonché dell’art. 44 del vigente regolamento di polizia mortuaria, che affida al Sindaco la manutenzione, l’ordine e la vigilanza sanitaria dei cimiteri, spetta al Comune il potere di consentire quell’uso particolare del cimitero comunale, che si concreta nell’impianto di linee elettriche per l’illuminazione delle lampade votive nei sepolcri privati, e ciò anche per il caso di cappelle di Confraternite eventualmente sorgenti su suolo proprio nell’ambito del cimitero comunale”.

In assenza anche di una norma specifica prevista dal Regolamento comunale di Polizia Mortuaria il concessionario provvede alla cura ordinaria, mentre grava sul comune la manutenzione straordinaria[3] per tutto quanto concerne i lavori più rilevanti: il rifacimento della copertura, dell’intonaco.

In effetti, se il sepolcro è stato realizzato dal suo fondatore su terreno dato in concessione le opere murarie ed il paramento lapideo appartengono al concessionario per tutta la durata della concessione e la manutenzione straordinaria spetta al concessionario-fondatore del sepolcro poiché è lui il proprietario del manufatto sepolcrale. Se, invece, loculi e colombari sono stati costruiti dal comune e solo successivamente dati in concessione la manutenzione straordinaria è di pertinenza dell’ente locale.

L’istituzione di un canone annuo destinato alla manutenzione non è possibile per le tombe precedentemente concesse, per l’irretroattività della norma giuridica lo è, invece, per le nuove concessioni, per esse si può prevedere una corresponsione di denaro composta da due voci di calcolo (una tantum + canone periodico); è comunque preferibile seguire la strada della determinazione di un congruo “diritto di tumulazione” (anche ai sensi dell’Art. 149 Decreto Legislativo n.267/2000 e “retroattivamente” giusta l’Art. 103 DPR 285/1990), magari differenziato, ogni volta che si tumula in loculo, ossario, nicchia cineraria, tomba concessa in passato o al momento.

Per il calcolo, invece, del canone di concessione vero e proprio si segue il D.M. 1 luglio 2002.

Il Regolamento Regionale Emiliano Romagnolo del 23 maggio 2006 n. 4, sembra, però, affrontare il problema in modo diverso e più innovativo, ampliando la portata dello stesso Art. 63 DPR 285/1990, in effetti l’Art. 4 comma 6 sembra proprio stabilire per:

  • concessioni perpetue (a prescindere da chi abbia costruito la tomba e, quindi dalla mera proprietà di eventuali fabbricati ed arredi lapidei)
  • manufatti di proprietà privata (non si considera, quindi, il criterio della durata temporale nel rapporto concessorio).

il vincolo giuridico di partecipare ai costi di gestione del complesso cimiteriale ed al mantenimento in efficienza della parti comuni, secondo modi e tempi definiti dall’Ente Locale.

Quindi, ricapitolando: generalmente il contratto fra amministrazione comunale e concessionario prevede tali obblighi e laddove essi non siano espressamente previsti potrebbero esserlo in strumenti normativi di natura amministrativa (ad es. regolamenti comunali di igiene o di polizia mortuaria).

Secondo l’Art. 62 DPR 285/1990, infatti, il comune può adottare un provvedimento (vi è, però, la riserva di regolamento, cosicché un’ordinanza o panoramicauna diversa disposizione riuscirebbero inadeguate, ) per meglio definire criteri e modalità legati alla realizzazione sui sepolcri di monumenti, suppellettili rituali o altri oggetti legati all’arte commemorativa, così da favorire uno sviluppo del cimitero ordinato e di buon gusto, ad esempio il Comune autorizza la posa di copritomba di determinati materiali e con un certo dimensionamento. Ove quest’ultimi fossero diversi dall’autorizzato il copritomba, previa diffida, deve essere rimosso.
Qualora tale operazione non venga svolta entro i termini da parte della famiglia interessata (o per il tramite di operatore economico di sua fiducia), il Comune può effettuare la levata d’ufficio, con imputazione dei costi sostenuti alla famiglia interessata.
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Qualora tale operazione non venga svolta entro i termini da parte della famiglia interessata (o per il tramite di operatore economico di sua fiducia), il Comune può effettuare la levata d’ufficio, con imputazione dei costi sostenuti alla famiglia interessata.
Questo strumento di necessaria regolazione (altrimenti assisteremo al dilagare del kitsch più volgare e pacchiano) deve essere attentamente ponderato per non creare ingiuste compressioni al diritto secondario di sepolcro: si pensi ad esempio alla Sentenza 31 luglio 2002, n. 3278 emessa dal TAR Lombardia.
In nuce, il pronunciamento del giudice, in diversi procedimenti, focalizza queste tre fattispecie nella complessa relazione tra la potestà comunale ed il cittadino utente del servizi cimiteriali, mantenendo comunque chiara la posizione di soggezione del privato (i cui diritti, già di per sé affievoliti, degradano ad interesse legittimo, secondo giurisprudenza costante) rispetto alla pubblica amministrazione.

1) È vietata l’imposizione di monumenti e lapidi assolutamente uniformi ed accessori standardizzati. In merito, il TAR ha ritenuto illegittimo per i Comuni imporr monumenti, lapidi ed accessori uniformi in ragione della loro “peculiare funzione” (la quale attiene a sentimenti personali di pietà) e “della loro natura di beni privati” (di proprietà dei concessionari delle aree cimiteriali su cui insistono) o affidino appalti “per realizzare uniformi opere destinate a sepolture private date in concessione” (ord. 1703/99).

2) I Dolenti devono poter scegliere monumenti, lapidi, arredi e imprese di fiducia. Infatti, il TAR della Lombardia ha precisato che “con riferimento agli arredi funebri la legge riserva ai Comuni solo l’apposizione di cippo con targhetta in campo comune e la chiusura dei tumuli”.

3) La posa di ogni altro arredo o lapide è un diritto che spetta ai privati cittadini esercitare, scegliendo liberamente. I Comuni quindi non possono ostacolare “il diritto dei dolenti a rivolgersi alle imprese da essi liberamente prescelte”, nè quello “delle imprese del settore ad operare liberamente, senza dover sottostare a limitazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle sancite in via generale dalla normativa sanitaria e di polizia mortuaria” (sent. 1685/2000).

In via generale vale l’art. 63 del Regolamento di polizia mortuaria DPR 10/9/1990 n. 285. Tale norma si riferisce specificamente ai manufatti di proprietà del concessionario di un’area cimiteriale. Su di esso incombe l’obbligo della manutenzione ordinaria e straordinaria e della relativa area di Pietàrispetto. In caso di concessione di loculi o altri manufatti costruiti direttamente dal Comune, in assenza di obblighi di natura contrattuale, valgono i seguenti criteri:

a) al concessionario compete l’ordinaria manutenzione;

b) al Comune spetta la manutenzione straordinaria.

A valle della concessione deliberata dal Comune, soprattutto in passato, vi era un atto sottoscritto fra le parti (la cosiddetta “convenzione”), con i relativi obblighi e diritti. In molti casi si poteva trovare una formula contrattuale con cui si rinviava al regolamento di polizia mortuaria via via vigente.

Il regolamento di polizia mortuaria comunale, allora, dovrebbe contenere una norma dove viene precisato come le disposizioni in esso contenute si applichino anche alle concessioni ed ai rapporti costituiti anteriormente alla sua entrata in vigore e che comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria precedente cessa di avere applicazione dal giorno di entrata in vigore del presente, altrimenti, secondo la formula del famoso brocardo latino “tempus regit actum” il riferimento è tassativamente al regolamento di polizia mortuaria in vigore alla stipula dell’atto di concessione, se esso, ovviamente nel suo articolato esso non confligge con i principi generali dell’ordinamento.

La manutenzione per sepolcri di proprietà privata viene svolta da chi ne faccia domanda, avendone titolo e per la quantità e la qualità richiesti. La suddivisione in quote delle spese di manutenzione è questione a cui resta estraneo il Comune e viene regolata tra gli aventi diritto (o dovere) a provvedere al mantenimento della tomba. Per eventuali danni imputabili ad un comportamento di un privato concessionario, non sussiste una responsabilità del Comune, neppure di tipo oggettivo del proprietario del manufatto (nell’eventuale ipotesi in cui la costruzione del manufatto sepolcrale sia stata realizzata dal comune), mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere il comportamento scorretto o pericoloso.

Per sepolture abbandonate[4] per incuria[5] e che versino in stato di degrado[6] sarà cura dell’comune[7] stesso segnalare anticipatamente tale circostanza al concessionario (ove irreperibile anche per pubbliche affissioni e pubblicazioni sulla stampa) e procedere successivamente ad addebitare la quota di spettanza. Laddove sia irreperibile il concessionario le spese risultano a carico dell’E.L. Quest’ultimo potrà attivarsi, secondo la procedura dettata dal regolamento di polizia mortuaria comunale, per acquisire, d’imperio, al patrimonio dell’ente le tombe abbandonate. Si rammenta di definire preventivamente con la Soprintendenza ai Monumenti la identificazione di sepolture con particolare vincolo storico – artistico.
In ultima analisi occorre soffermarsi sulla portata dello jus sepulchri e sulla sua distinzione dal diritto di proprietà.

Dunque lo jus sepulchri è composto da un complesso differenziato di situazioni giuridiche: in primo luogo di un diritto primario, consistente nella duplice facoltà di essere sepolti e di seppellire (jus inferendi in sepulcrhum) altri in un dato sepolcro; e di un diritto secondario che ha come contenuto la facoltà di accedere al sepolcro e di opporsi alle trasformazioni che arrechino pregiudizio alla sepoltura: Tribunale di Napoli, 30 giugno 1960 Gli eredi ed i parenti di uno dei fondatori del sepolcro familiare, seppellito nel medesimo, anche se non sono compresi tra i titolari del “ius sepulcri” hanno il diritto di accedere liberamente al sepolcro, ogni qualvolta lo ritengano opportuno e non soltanto nei pochi giorni dell’anno dedicati dalla consuetudine al culto dei morti, per compiervi verso il defunto gli atti di pietà consentiti dalla religione e dagli usi ivi comprese la pulizia e la manutenzione della tomba; essi hanno inoltre il diritto di munirsi a proprie spese, di una chiave del sepolcro.

Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo jus sepulchri.
Bisogna sempre distinguere i famigliari del fondatore e gli eredi, poiché quest’ultimi, benché privi dello Jus sepulcrhi sono comunque titolari sia del diritto secondario che del diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali. Pertanto, ex art. 63 essi, in quanto proprietari, debbono sopportare l’onere della manutenzione ordinaria e straordinaria.

Per sepolcri interessati dalla procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/1990 (e paragrafo 16 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24, con relativo allegato tecnico), laddove essa non sia stata sostituita da un nuovo protocollo operativo (Emilia-Romagna, Art. 2 comma 16 Reg.Reg. 23 maggio 2006 n. 4 e Lombardia, Art. 16 comma 8 Reg.Reg. 9 novembre 2004. 6 così come modificato dal Reg.Reg. 6 febbraio 2007 n.1) le spese per la ristrutturazione sono del comune se avvengono prima della concessione (si pensi ad esempio ad in sepolcro rientrato nella disponibilità dell’ente locale in seguito all’estinzione di un precedente rapporto concessorio), altrimenti competono al concessionario.

Rimane ora, solo un caso da esaminare, forse il più scabroso: Il DPR 285/1990, all’Art. 76, richiede infatti che nei tumuli l’impermeabilità ai liquidi ed ai gas debba essere garantita nel tempo, a volte, però, si deve sanare la tomba se questa presenta fenomeni percolativi, con perfusione all’esterno del tumulo di miasmi: Vale, comunque, lo stesso criterio enunciato prima: l’onere del mantenimento nel tempo è del concessionario, quando il manufatto è di sua proprietà, in base all’art. 63/1 del DPR 285/90 (è il caso, ad es., di edicola funeraria costruita da privato su un’area avuta in concessione dal Comune). Se il proprietario è il Comune, che ha concesso l’uso del loculo, l’onere è del Comune.
In assenza di specifica norma del regolamento di polizia mortuaria comunale spetta al Sindaco (ai sensi dell’art. 51 DPR 285/90), su proposta del dirigente del servizio cimiteriale e dell’ASL, emanare apposita ordinanza che preveda, in via generale, il da farsi. Il regolamento (o l’ordinanza sindacale) stabilisce:

  • chi debba disporre l’intervento (di norma il responsabile del servizio cimiteriale);
  • i criteri di esecuzione;
  • le modalità di avviso o notifica al concessionario se proprietario del manufatto;
  • chi dovrà eseguire l’intervento (in genere il gestore del cimitero)
  • l’attribuzione del relativo costo (al proprietario del manufatto).

In mancanza di tale individuazione preventiva, si opera, di volta in volta, attraverso ordinanza del Sindaco, ai sensi dell’art. 51 del DPR 285/90.

In caso di lesione a strutture cimiteriali, se quest’ultimi sono riconducibili ad un comportamento di un privato concessionario, non sussiste una responsabilità del Comune, neppure la responsabilità oggettiva del proprietario del manufatto (nell’eventuale ipotesi in cui la costruzione del manufatto sepolcrale sia stata realizzata dal comune), mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere l’azione da cui è stato determinato il danno. Tale responsabilità trova fondamento nell’art. 2043 C.C.

Il responsabile del comportamento che ha determinato, oggettivamente, il danno deve provvedere al risarcimento direttamente agli altri concessionari, poiché il rapporto di concessione, se rientra nell’ambito dell’art. 823 C.C. nei riguardi al rapporto tra Comune/concessionario, attribuisce una posizione giuridica soggettiva piena nei confronti degli altri concessionari che non solo ha riguardo all’aspetto “attivo” (tutela rispetto da comportamenti indebiti o lesivi di altri concessionari), ma anche “passivo” (responsabilità per fatto illecito, nel caso), dal momento che l’obbligo della manutenzione di cui all’art. 63 DPR 10/9/1990, n. 285 ha per oggetto anche ogni atto e comportamento idoneo a non arrecare danni a terzi.

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[1] Tribunale di Spoleto, 11 febbraio 1955 Non esiste un diritto soggettivo alla manutenzione del recinto ed alla custodia all’interno del cimitero in favore dei proprietari delle cappelle gentilizie esistenti nel sacro luogo, e perciò non può prospettarsi responsabilità della P.A. nel caso che per insufficiente manutenzione o custodia siano state rese possibili asportazioni di materiali dalle cappelle stesse.

[2] Cassazione civile, Sez. I, 20 gennaio 1964 n. 114 I poteri dei comuni sui cimiteri non sono limitati a quelli previsti dal regolamento di polizia mortuaria e che attengono principalmente alla materia dell’igiene della sanità (R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880) ma comprendono anche quelli che sono in funzione della costruzione, manutenzione ed esercizio di essi (art. 91, lett. c), n. 14 T.U. 3 marzo 1934, n. 383), sicché nell’ambito dei poteri che gli competono il comune può concedere ai privati il servizio di accensione elettrica delle lampade votive per quei privati che del servizio stesso vogliano avvalersi.

[3] T.A.R. Toscana, 26 giugno 1987 n. 505 Condizioni essenziali perché un determinato servizio possa formare oggetto di concessione sono, da un lato, che si tratti di servizio nell’interesse della collettività e, dall’altro, che sussista la possibilità astratta di monopolio da parte dell’Ente pubblico; pertanto, costituisce servizio suscettibile di essere concesso ai privati la manutenzione dei cimiteri, in quanto la stessa può formare oggetto di gestione diretta da parte del Comune in regime di monopolio.

[4] Cassazione civile, Sez. Unite, 9 marzo 1981 n. 1300 L’obbligo del comune di Milano, a norma dell’art. 86 del proprio regolamento di polizia mortuaria, di comunicare agli interessati le deliberazioni impositive di opere di manutenzione delle tombe, anche al fine dell’eventuale decadenza dalla concessione cimiteriale in ipotesi di mancata esecuzione di tali opere, non viene meno per il caso in cui, dopo la morte dell’originario concessionario ed il subingresso nella concessione di più aventi diritto, costoro non abbiano provveduto, come prescritto dall’art. 30 del regolamento stesso, alla designazione di un unico rappresentante nei rapporti con l’ente concedente.

[5] L’incuria a sua volta può originare o meno pericolo di rovina di parte o dell’intero manufatto in stato di degrado. Oppure si ha lo stato di incuria limitato ad un degrado che corrisponde più all’abbandono delle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Laddove sia così previsto nel contratto, il Comune può pronunciare la decadenza della concessione per inadempienza ai patti contrattuali.

[6] T.A.R. Sicilia, 11 novembre 1985 n. 1411 Il Comune non può revocare una concessione in uso perpetuo di fronte a incuria nella manutenzione e custodia del sepolcro, ma in base agli artt. 63 e 93 D.P.R. 20.1O.1975, n. 803, può provvedere soltanto alla conservazione del sepolcro quando sussiste pericolo, diffidando contemporaneamente gli aventi diritto. In base all’art. 93 D.P.R. 25 ottobre 1975, n. 803, l’Amministrazione può disporre la revoca delle concessioni di aree cimiteriali a tempo determinato solo se siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima sepoltura e si verifichi una situazione di grave insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno comunale, alla quale non possa ovviarsi con un ampliamento del cimitero stesso. 803/1975).

[7] Consiglio di Stato, Adunanza generale, 6 luglio 1933 Merita conferma il provvedimento dell’Alto Commissariato di Napoli che negò a privati l’autorizzazione alla costruzione di un cimitero destinato a ricevere le salme di tutte le persone decedute in un rione o frazione. … La costruzione e la manutenzione dei cimiteri ed il servizio di polizia mortuaria sono affidati alle Amministrazioni comunali e sottratti alla speculazione privata.

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Carlo Ballotta

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81 thoughts on “La manutenzione dei sepolcri ex Art. 63 DPR n.285/1990

  1. X Marco,

    I loculi (ove non siano avelli di sepolture private nel cimitero, realizzate direttamente dai concessionari di sola area cimiteriale) non sono di proprietà dei concessionari… che si chiamano proprio concessionari perché ne hanno solo il diritto d’uso.
    Pertanto la manutenzione straordinaria del “fabbricato” che li “contiene” spetta sicuramente al Comune. A questo punto, dopo un formale avviso a provvedere da inoltrare al comune conviene adire il Giudice, in sede civile, per veder riconosciuto e quantificato il danno da Lei patito per l’omessa manutenzione dell’edificio.

  2. Ho la tomba dei nonni al piano terra di colombari perimetrali occupati in quella zona prevalentemente da sepolture prive di manutenzione ordinaria forse per la mancanza di discendenti o familiari; si dà il caso che sia caduto il cornicione li sopra ed il vialino si sia progressivamente interrato da non smaltire più l’acqua piovana per la mancanza o addirittura inversione della pendenza, così trovo le lapidi dei nonni sempre imbrattate di terra oltre ad aver trovate transennate le tombe per pericolo di caduta del cornicione. A nulla sono valse le richieste verbali fatte al Sindaco ed all’ Ufficio Tecnico da oltre due anni per intervenire a sanare la situazione anche dietro una compartecipazione alla spesa, come si fa nei condomini. Che altro si può fare? G

  3. X Teresa,

    L’istituzione di un canone annuo destinato alla manutenzione non sarebbe possibile (salvo per la Regione Emilia-Romagna) per le tombe precedentemente concesse. Potrebbe, invece, esserlo per le nuove concessioni, per le quali si può prevedere un canone composto di due voci di calcolo (una tantum + canone periodico).
    In effetti, qui, in Regione Emilia-Romagna (io sono di Modena, quindi, conosco benissimo la situazione locale) questa forte innovazione (lodevole nell’intenzione, ma non so quanto legittima per i puristi del diritto, poiché l’Art. 23 Cost. per l’imposizione di prestazioni di natura patrimoniale stabilisce una riserva di Legge e non di semplice fonte secondaria, come, appunto accade per un regolamento) è contenuta nel comma 6 dell’art. 4 del Regolamento Regionale 23 maggio 2006 n. 4 adottato ai sensi dell’Art. 2 comma 2 Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19 con cui, per la prima volta in Italia, si introduce la possibilità da parte del Comune di disciplinare nel regolamento comunale le modalità di partecipazione da parte degli “aventi diritto” agli oneri di manutenzione delle parti comuni od ai costi di gestione del complesso cimiteriale.

    Le sepolture che possono essere oggetto di tale modalità di partecipazione (il quale si estrinseca nel far pagare uno specifico diritto cimiteriale) sono:
    a) le sepolture in concessione perpetua (indipendentemente dal fatto che siano state o meno costruite dal comune o dal concessionario originario) e quindi a titolo esemplificativo sia loculi, tombe a due o più posti a sistema di tumulazione di feretro, ceneri, ossa, fosse concesse per inumazione feretro;
    b) le sepolture private, concesse anche per una durata determinata.
    I destinatari di tale possibile prelievo sono gli aventi diritto, con ciò intendendosi l’originario concessionario o quelli subentrati a seguito di successione legittima o testamentaria.

    Si noti che è avente diritto anche chi ha ricevuto, fino a che la norma lo consentiva, il trasferimento della sepoltura per atto inter vivos a seguito di quanto stabilito dall’art. 71 commi 2 e segg del R.D. 21 dicembre 1942 n. 1880.

    In caso di co-intestazione nella titolarità di una concessione cimiteriale (e se non vi siano, nell’atto di concessione, altre indicazioni) si ha una sorta di comunione indivisa tra i co-intestatari, i quali, a questo punto, sono obbligati in solido ex Art. 1292 Cod. Civile nell’assunzione (spontanea o meno) degli oneri manutentivi straordinari.

    Chi non vuole sostenere tali spese ha un’unica possibilità per esser sollevato da quest’incombente, magari anche molto gravoso: rinuncia, con atto unilaterale, alla propria frazione di jus sepulchri, con conseguente retrocessione dello stesso al Comune, il quale, poi, provvederà d’ufficio all’accrescimento integrativo delle rimanenti quote di Jus Sepulchri per le persone ancora titolari della concessione.

    Attenzione: con la rinuncia, che è atto irrevocabile, si perde ogni diritto d’uso sulla tomba in questione, inteso come duplice diritto di dare o ricever sepoltura.

  4. Il comune intende effettuare dei costosi lavori di manutenzione alle tombe perpetue, costruite alla fine dell’800, site nel cimitero comunale. A tal fine ha chiesto un consistente contributo economico alla famiglia, siccome non tutti i componenti sono intenzionati a pagare, vorrei sapere come potermi tutelare dai diritti di sepoltura di chi non intende pagare?
    Tenga presente che la tomba in questione si trova in Emilia-Romagna
    Grazie

  5. X Uccio,

    Piccola provocazione: il Capo XVIII del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, per quanto riguarda i sepolcri privati, ragiona sempre e solo in termini di concessione di area (= diritto di superficie sui generis) affinché il privato concessionario possa erigervi un manufatto di cui egli è e rimane proprietario ex Art. 63 DRR n. 285/1990, con annessi obblighi manutentivi, almeno sino all’estinguersi della concessione. Orbene questo fine “edilizio” è intermedio è strumentale rispetto all’esercizio dello jus sepulchri vero e proprio che ha natura personalissima, reale e patrimoniale (almeno per la sua componente materiale, cioè per le opere murarie e gli arredi funebri).

    La Legge, pertanto, non prevede mai la costruzione diretta del sepolcro da parte del comune titolare ultimo del bene classificato come cimitero, nel caso da Lei rappresentato non si ha più un semplice diritto di superficie, bensì la mera cessione di un diritto d’uso su una cappella o edicola precedentemente realizzata, senza che si possa più parlare di un diritto di proprietà del concessionario sull’immobile sepolcrale.

    Per quanto riguarda le scelte stilistiche ed architettoniche (tombe alte, basse, a sterro, epigee, ipogee, omologate) il riferimento di rigore è al piano regolatore cimiteriale (Art. 91 DPR n. 285/1990) ed ai suoi strumenti attuativi, esso, infatti, costituisce la pre-condizione affinché l’Ente Locale possa avviare la procedura di concessione amministrativa da cui, poi, sorge lo Jus Sepulchri, inteso come diritto alla tumulazione.

  6. Salve a tutti!
    Vorrei risolvere un dubbio: anni fa il comune in cui abito ha affidato ad un consorzio il servizio per la costruzione del cimitero nuovo, quindi delle cappelle annesse. Il consorzio ha ovviamente costruite tali cappelle gentilizie con unico stampo, quindi uniformandole. Vorrei sapere se è lecita tale operazione, alla luce di quanto letto sopra, e se esistano delle vie giudiziarie per risolvere l’eventuale nascente questione.
    Grazie

  7. L’Art. 104 comma 4 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con DPR n.285/1990 assoggetta i cosiddetti cimiteri particolari (ossia cimiteri privati, in quanto non comunali e preesistenti all’entrata in vigore del Regio Decreto n. 1265/1934) in ogni caso alla vigilanza comunale contemplata anche dall’Art. 51 DPR n.285/1990 per tutto il sistema cimiteriale comunale (strumenti sanzionatori compresi di cui agli Artt. 107 DPR n. 285/1990 e Art. 7-bis D.Lgs n. 267/2000) e e di conseguenza alla legislazione speciale in materia di cimiteri, cioè allo stesso DPR n. 285/1990, quale norma quadro di riferimento, ammettendo, tuttavia, implicitamente l’adozione di regolamenti interni di organizzazione, specie per quanto riguarda l’ottimale gestione degli spazi sepolcrali (rotazione degli stessi) e dei diritti di sepolcro.
    Compete, quindi, pur sempre all’Autorità Comunale questo compito di supervisione con la sola esclusione degli elementi di onerosità a carico del bilancio dell’ente locale, quali la manutenzione e conservazione di questi campisanti, obblighi di conduzione che rimangono, in ultima analisi, in capo al soggetto titolare proprietario del sepolcreto stesso.

    Ad esempio nell’eventualità di una situazione patologica di scarsa manutenzione il comune, quale titolare ultimo della funzione cimiteriale (pubblica per sua intima definizione e natura) può procedere a diffidare il soggetto titolare del cimitero privato ( nel nostro caso l’Arciconfraternita) a provvedere anche in assenza di elementi di oggettivo pericolo per l’incolumità dei visitatori o la salute pubblica, sino, come extrema ratio, in condizioni di massimo degrado, ad inibire l’accoglimento di nuove sepolture. E’da ritenere, però, che la norma in questione, da interpretarsi “a maglie larghe”, e con opportuna tolleranza, consenta la conservazione e l’utilizzo di tali luoghi di sepoltura (molto risalenti nel tempo) anche quando manchino taluni requisiti o le condizioni minime per la normativa vigente che, attualmente, sarebbero necessarie per le nuove costruzioni di cappelle private al di fuori del perimetro cimiteriale. Sarebbe, infatti, vietato impiantare ed esercire nuovi cimiteri privati, stante l’Art. 824 comma 2 Cod. Civile e gli Artt. 337, 343 e 394 Regio Decreto n. 1265/1934.

    In ultima analisi bisogna far riferimento all’atto costitutivo dell’Arciconfraternita, al suo statuto ed all’ordinamento interno, anche se non è da escludere, a mio modestissimo avviso, una bella azione civile verso l’Arciconfraternita per inadempienza contrattuale.

    Non possono neppure ignorarsi le responsabilità, in tema di cimiteri privati, che competono all’autorità comunale sia per quanto riguarda l’ottemperanza alle norme sulla fascia di rispetto (Art. 338 Regio Decreto n. 1265/1934 così come riformato dall’Art. 28 Legge n. 166/2002), sia nelle ipotesi di realizzazioni di opere, sia quando si tratti di costruzioni o di interventi di manutenzione e/o restauro di manufatti pertinenti al cimitero particolare pre-esistente o di altre strutture (ad esempio, le strade di accesso), cui si applicano le comuni norme che regolano le singole tipologie di interventi, anche edilizi (A tal proposito il DPR n. 285/1990 in quanto normativa speciale e di settore prevale anche sul Testo Unico di cui al DPR 380/2001)

    Ne consegue che dal potere di vigilanza discende altresì, la titolarità (trattandosi di un potere-dovere) di un’attività di attenta verifica, connessa, quando si renda necessario, alla potestà di impartire disposizioni volte ad assicurare il rispetto delle norme che debbono, comunque, trovare osservanza, tali disposizioni, infatti, obbligatorie ed inderogabili non possono essere disattese (e non solo in relazione all’art. 650 Cod.Penale.), in quanto direttamente attinenti alla funzione cimiteriale.

    L’eventuale denuncia sullo stato di fatiscenza della struttura cimiteriale va quindi presentata all’ufficio della polizia mortuaria del suo comune o ai suoi servizi ispettivi (il comune ex Art. 51 comma 2 DPR n. 285/1990 si avvale dell’AUSL, come interfaccia tecnico-strumentale, per i problemi igienico-sanitari)

  8. Buongiorno, in caso di cimitero “privato” per intendersi di proprietà di una arciconfraternita (Misericordia), la manutenzione non già del singolo sepolcro ma degli edifici ed annessi vari cimiteriali che consentono l’accesso alle tombe con relativi impianti e la loro normale fruizione, a chi compete? può un concessionario rivalersi per “danni” per mancata “fruizione” dei servizi imputabili a mancata manutenzione? può un contratto di concessione essere denunciato e quindi risolto (chiedendo i relativi danni) per mancanza dei relativi impegni minimi di manutenzione?
    Grazie

  9. X Elisa,

    Storicamente il legislatore italiano ha sempre visto con una certa diffidenza la costruzione, all’interno del cimitero, di sepolcri privati a sistema di tumulazione, proprio perché essi, in quanto, appunto, “privati”, ossia “UTI SINGULI”, sottraggono spazio alla precipua funzione cimiteriale che sorge, pur sempre, in capo al comune, ossia il dar sì sepoltura ai morti, ma nei campi comuni di terra, quindi tramite la tecnica dell’inumazione; ecco allora, negli ultimi due secoli, addensarsi le cappelle gentilizie ai bordi delle quadre di terreno adibite all’inumazione dei cadaveri, sino quasi a sovrapporsi al il muro di cinta del cimitero…per poi gradualmente “asssorbirlo”.

    Generalmente i manufatti sepolcrali sono stati eretti su singole frazioni del perimetro cimiteriale, per ciascuna delle quali è stato, a suo tempo, instaurato un rapporto di concessione tra Comune e concessionario.

    In estrema e… paradossale sintesi non ci si dovrebbe mai trovare nella situazione descritta nel quesito, in quanto il muro esterno della cappella avrebbe dovuto essere eretto sull?’area in concessione, che non dovrebbe certo corrispondere al muro del camposanto stesso…ma il condizionale è d’obbligo e si giustifica perché, nei fatti e nella realtà, con altissima frequenza, i fabbricati, specie quelli più risalenti nel tempo, realizzati su suolo dato in concessione, per i motivi di cui sopra, sorgono direttamente addossati al muro di cinta del sepolcreto, finendo con divenire un tutt’uno con quest’ultimo.

    Ragion per cui non resta che avvalersi dei principi dettati dal D.P.R. n. 285/1990 assieme al buon senso laddove lo stato dei luoghi e la prassi, comunque tollerata, abbiano determinato la situazione di COMUNIONE del muro, per la quale, così, trovano pur sempre applicazione le stesse disposizioni del Cod. Civile che regolano questa fattispecie così complessa.

    La normativa speciale (tale, infatti è il regolamento nazionale di polizia mortuaria) di settore stabilisce inequivocabilmente che:

    a) ogni cimitero sia recintato (art. 61 D.P.R. 285/90) con un muro o altra idonea recinzione alta non meno di 2,5 metri dal piano esterno di campagna;
    b) ogni cappella sia costruita sul suolo in concessione (art. 90, comma 1 D.P.R. 285/90);
    c) ogni sepoltura non possa avere comunicazione diretta con l?esterno del cimitero (art. 94, comma 3 D.P.R. 285/90);
    d) di ogni cappella debba essere approvato preventivamente il progetto (art. 94, comma 1 D.P.R. 285/90);
    e) il concessionario debba mantenere a sue spese, per tutto il tempo della concessione, in buono stato di conservazione manufatti di sua proprietà (art. 63, comma 1 del D.P.R. 285/90);

    Giova, poi, ricordare come il cimitero sia bene demaniale: per tale caratteristica è inalienabile, non usucapibile e non può formare oggetto di diritti di terzi se non nei modi che la legge consente, cioè tramite concessione amministrativa (artt. 823 e 824 C.C.).

    Se, sulla base dell’allora vigente normativa, quando cioè fu stipulato il (contr)-atto di concessione, il Comune ha consentito al privato concessionario di sostituire o, comunque, integrare il muro perimetrale del cimitero con il muro di sostentamento del coperto di una cappella e se il privato concessionario ha così determinato una alterazione di stato che viola il D.P.R. 285/90, il Comune deve perfezionare una diffida affinché siano ripristinate le condizioni minimali stabilite dalla legge (altezza minima del muro, divieto di aperture che consentano l?’accesso al cimitero, rispondenza al progetto approvato).

    L’onere manutentivo è imputabile al concessionario, perché la parete della cappella è di proprietà del concessionario fino allo scadere della concessione, ma allo stesso tempo, essendo essa anche recinzione perimetrale del cimitero (e, dunque, dotazione indispensabile propria di qualunque cimitero) la sua funzionalità ed operatività deve esser, in primis, assicurata dal comune quale titolare ultimo dell’attività di polizia cimiteriale.

    Poi, summa lex, summa iniuria, Il buon senso si segue quando il Comune, non ritrovando il concessionario (ad es. perché deceduto) deva, in ogni caso, garantire che il muro della cappella mantenga comunque le caratteristiche atte ad impedire l?’accesso furtivo al cimitero: conseguentemente è il Comune che procede ai lavori strettamente necessari dopo aver diffidato concessionari e loro aventi causa a provvedere in prima persona, per le parti di propria spettanza.

    Interessante un’ultima osservazione: dall’esposizione dei fatti sembra che il problema della comunione del muro interessi più edicole funerarie: è abbastanza, o del tutto, improbabile ritenere vi sia stato un solo rapporto di concessione per l?’intera area cimiteriale stipulato nei confronti di tutti i concessionari come se questi fossero un?universalità.

    Essendo in presenza di più rapporti giuridici di concessione, va rammentato come occorra sempre fare riferimento ai singoli concessionari o loro aventi causa, in forza del subentro, invitandoli a prestare le necessarie opere di manutenzione del muro perimetrale, che si presume costituente parte del manufatto sepolcrale di cui constano le tombe di famiglia, siccome queste, con ogni probabilità, hanno inglobato pure il muro del cimitero, nel senso che almeno una porzione di questo altro non è se non uno dei muri dei sepolcri privati realizzati sulla superficie avuta in concessione.

  10. La mia famiglia usa da tempo una cappella cimiteriale (una delle tante che esistono e che vanno a costituire la cinta del cimitero stesso). A chi compete la manutenzione ordinaria e straordinaria?
    Grazie.

    1. x Elisa
      Non è chiara la domanda. Può precisare?
      Intende a manutenzione ordinaria e straordinaria della cappella nel suo complesso o della sola parte di cappella che ha sostituito il muro cimiteriale?

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