L’attuale onerosità ordinaria dell’inumazione non ha, però, determinato la mutazione di questa tipologia di sepoltura, considerata “fisiologica” dal sistema cimiteriale italiano, in una concessione, cioè in una qualche forma di sepolcro privato, quale definito al capo XVIII D.P.R. n.285/1990. La relativa onerosità si traduce unicamente nel versamento una mera tariffa per i servizi di cui gode l’utente.
Non si pone, quindi, alcuna questione di formalizzare con un atto para-contrattuale, di natura pubblica, quella che è, e rimane, la sepoltura convenzionale nel nostro ordinamento di polizia mortuaria.
Ciò vale anche per le spoglie mortali indecomposte interessate all’inumazione ex art. 86 comma 2 e segg. D.P.R. 285/90, salve le (evidenti) maggiori difficoltà ad incassare l’importo, problemi i quali, di fronte ad una probabile ritrosia del cittadino a collaborare, non possono che determinare, secondo taluni, l’iscrizione “a ruolo” (D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, come modificato con D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 e si veda, anche. il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, come modificato dal già citato D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326) di quest’ultimo in termini di riscossione coattiva di proventi derivati dal godimento “uti singuli” di beni demaniali. Situazione che non è, però, pacifica, essendo plurimi i Comuni che invece, in caso di disinteresse, non provvedano a ricercare gli utenti cui far pagare sia la esumazione, sia la successiva inumazione o cremazione. Anche qui sconfineremmo nella patologia se pensassimo di poter applicare, in maniera integralistica questa teoria, per il semplice fatto della efficacia ed economicità delle azioni da intraprendere, le quali avrebbero sì alti costi di risorse energia e tempo, ma poche probabilità di effettivo successo.
Altro elemento da segnalare è quello relativo agli oneri che conseguono alla scadenza della concessione dei sepolcri privati.
Se si pondera l’art. 86 comma 2 e segg. D.P.R. 285/90 (però modificato dall’art. 3 del DPR 254/2003), all’estinguersi della concessione (cioè quando non vi sia più propensione a sostenere oneri per un rinnovo) si coglie come sia prescritta una successiva inumazione, la quale oggi, dovrebbe essere a completo carico dei familiari (aspetto di cui occorre tenere conto in sede di decisione [1] delle tariffe relative a concessioni di sepolcri privati “nuovi”, (sembra, invece, che su tali conseguenze vi sia ancora poco approfondimento).
Anche in questo caso vi sono differenti correnti di pensiero, la più robusta della quali (che vedremo è sostenuta da ANCI) prevede come l’onere tariffario gravi sul cittadino quando operi una scelta di conservazione delle spoglie mortali o decida per soluzioni difformi da quelle scelte in via generale da Comune (e così se il Comune avesse scelto in via generale, per via regolamentare o con ordinanza sindacale, la cremazione dei resti mortali rinvenuti, mentre un cittadino che optasse per la sepoltura a sistema di inumazione se ne farebbe integralmente carico, esercitando un suo diritto di disposizione).
Alla deriva nel cyberspazio, mentre come un’anima prava (e, come sempre, molto necrofila!) vagavo sul web, in una notte buia e tempestosa, alla disperata ricerca di qualche idea forte, da cui muovere, per la stesura di questo pezzo da proporre, poi, sulla pagine di www.funerali.org, mi sono casualmente imbattuto, sul sito ufficiale della Regione Friuli Venezia Giulia, in questa massima, redatta dal funzionario istruttore Isabella Citossi che vorrei, qui, riproporre integralmente proprio per il suo alto valore didattico ed esplicativo.
Orbene, in risposta ad un preciso quesito di questo tenore: “L’amministrazione del comune di XYZ, in relazione alla scadenza delle concessioni trentennali dei loculi cimiteriali, chiede un parere in merito all’individuazione del soggetto cui fanno carico le connesse spese di estumulazione e consequenziali inumazione o cremazione, precisando che il regolamento comunale di polizia mortuaria nulla statuisce in merito, mentre, nei contratti stipulati con i cittadini, è specificato soltanto come ‘[…omissis] Alla scadenza del trentesimo anno, il Comune rientrerà in pieno possesso del loculo e dell’ossario senza che i parenti possano vantare ulteriori diritti sul manufatto”, il Servizio per gli Affari Istituzionali ed il Sistema delle Autonomie Locali della Regione Friuli Venezia Giulia così puntualizza, argomenta e palesa la propria linea ermeneutica:
“Coloro i quali guardano alla ratio pubblicistica sottesa alla normativa cimiteriale – assicurare l’igiene e la salute della collettività nonché, in sede di manutenzione dei cimiteri, un’ordinata gestione e rotazione delle sepolture – pongono le spese di estumulazione a carico dell’ente locale.
Sarebbe, tuttavia, possibile osservare che anche la sepoltura ad inumazione e la conseguente esumazione ordinaria corrispondono all’interesse pubblico di una sistematica e strutturata conduzione delle aree cimiteriali, nonché all’interesse di ordine pubblico e di controllo, anche sotto il profilo igienico, della collocazione delle spoglie mortali delle persone decedute: pertanto, sarebbe illogico che, nonostante l’evidenziata identica ratio, l’esumazione ordinaria fosse posta, per regola generale, a carico del cittadino, mentre l’estumulazione ordinaria restasse a carico del bilancio comunale.
A fronte della lacuna legislativa esistente e delle connesse difficoltà interpretative, si suggerisce di disciplinare, nel proprio regolamento di polizia mortuaria, la questione dell’onerosità o meno delle operazioni conseguenti alle estumulazioni ordinarie”.
In effetti la questione, nel silenzio del legislatore, si pone, tuttavia, replica plausibile alla predetta domanda può essere elaborata ai sensi dell’ormai mitico e “famigerato” Art. 1, comma 7-bis L. n.26/2001.
Si anticipa, però, altresì la difficoltà di fornire una risposta univoca al quesito, stante l’assenza di significative pronunce giurisprudenziali e la diversità di posizioni assunte, al riguardo, in dottrina.
Si ritiene, comunque, di formulare, in merito, le seguenti osservazioni, precisando, in primis, la portata applicativa ed estensiva della richiamata disposizione.
Il citato comma 7-bis stabilisce che il servizio di cremazione e quello di inumazione in campo comune siano gratuiti limitatamente alle operazioni di cremazione, inumazione ed esumazione ordinaria, nel caso di salma di persona indigente o appartenente a famiglia bisognosa o per la quale vi sia disinteresse da parte dei familiari.
La norma non menziona, invece, le due fattispecie della tumulazione ed estumulazione.
Il comma 7-bis è, inoltre, norma di interpretazione autentica della disposizione di cui al comma 4 dell’art. 12, D.L. legge n. 359/1987: con esso, lo Stato, intervenendo con una serie di disposizioni urgenti per gli enti locali e, quindi, anche al fine di risanare i bilanci di questi ultimi, ha precisato la nozione ed i limiti di gratuità del servizio di cremazione dei cadaveri, nonché del servizio di inumazione ed esumazione in campo comune.
Avendo come obiettivo tale finalità, il comma 7-bis prefato distingue, infatti, due diverse situazioni:
a) quella della gratuità ove, pertanto, detti servizi gravano sul bilancio dell’ente locale.
b) e quella dell’onerosità del servizio pubblico la cui spesa deve, pertanto, essere sostenuta dal cittadino.
Rientrano nella prima categoria i casi in cui il servizio di cremazione e quello di inumazione in campo comune ed esumazione ordinaria siano espletati nell’evenienza tassativa di salma di persona indigente ovvero appartenente a famiglia bisognosa o per la quale vi sia disinteresse da parte dei familiari.
Al di fuori di tali fattispecie, normativamente circoscritte e definite, il legislatore, expressis verbis, ha statuito il titolo oneroso del servizio.
È, quindi, possibile affermare che viga, in materia, un principio generale di onerosità, per il cittadino, dei servizi cimiteriali di cremazione, inumazione ed esumazione ordinaria.
L’eccezione a tale postulato, ammessa dal comma 7-bis, è limitata sotto un duplice profilo:
1) oggettivo, perché la gratuità è ristretta alle sole operazioni di cremazione, inumazione ed esumazione ordinaria;
2) soggettivo, siccome di tale gratuità beneficiano solo tre categorie di soggetti.
Per cogliere l’origine ed il senso profondo del comma 7-bis si apprezzi, ulteriormente, quanto evidenziato dalla manualistica specializzata. [2]
L’inumazione è stata, per molto tempo, un sistema di sepoltura assicurato gratuitamente, a carico della collettività, così come il trasporto funebre in privativa (Art. 1 comma 1 punto 8 R. D. n.2578 del 15 ottobre 1925 ora abrogato con l’Art. 35, 12, lett. g) L. 28/12/2001, n. 448) e la stessa provvista dei feretri, oltre all’ovvia realizzazione e manutenzione dei cimiteri (Art. 824 comma 2 Cod. Civile, Art. 51 comma 1 D.P.R 285/90, Art. 91 lett. f) punti 11 e 14 T.U.L.P.C. approvato con R. D. n. 383 del 3 marzo 1934 [3], Capitolo IV R. D. n.2322/1865 e, soprattutto Allegato c L. n. 2248/1865) corrispondente ad una concezione reputata normale, per la quale la sepoltura dei cadaveri deve costituire un incombente della comunità locale; così che anche lo stesso impianto ed esercizio dei cimiteri è stato elevato a compito istituzionale, indispensabile per i Comuni, in tutta la legislazione italiana post unitaria, sino ai giorni nostri.
[1] La determinazione delle tariffe segue un certo percorso (criteri generali ->consiglio comunale), determinazione -> giunta comunale; con successiva allegazione alla delibera di approvazione del bilancio); per altro, non mancano casi in cui, impropriamente, le tariffe siano stabilite (con una soluzione “suicida”) in sede regolamentare, e ciò comporta, quando ricorra, il procedimento di modifica regolamentare (la cui efficacia dovrebbe pur sempre regolata ex art. 345 TULLSS). In via più generale, la determinazione delle tariffe dovrebbe avere caratteri generali e non “particolari” o “contingenti”. Su ipotesi di riduzioni, specie quando temporanee, forse non guasterebbe tenere presente l’art. 93 D.Lgs n.267/2000.
[2] Si legga Sereno Scolaro, ‘La polizia mortuaria’, terza edizione – Maggioli editore, pagg. 162-166.
[3] Abrogato in parte già dalla Legge n.142/1990 e integralmente dall’Art. 274 D.Lgs n.267/2000.