Per il principio di irretroattività della norma giuridica (art. 11 delle cosiddette “Preleggi” al Cod. Civile – R.D. n. 262/1942), cristallizzato anche nel classicissimo brocardo latino “Tempus Regit Actum, una concessione perpetua non può d’imperio essere modificata dal Comune in una “a tempo determinato”, ma tale situazione ormai di diritti perfetti ed acquisiti che ruotano attorno all’oggetto della concessione, può essere variata su richiesta dei concessionari, e accolta dal Comune, in linea generale, attivando la procedura di rinuncia (https://www.funerali.org/cimiteri/la-rinuncia-nelle-concessioni-cimiteriali-modi-forma-e-natura-dellatto-45953.html) di concessione e attribuzione di nuova concessione, magari sempre sullo stesso sepolcro privato.
Se sussistono i presupposti il Comune, d’ufficio, può invece pronunciare la decadenza sanzionatoria (https://www.funerali.org/cimiteri/la-decadenza-delle-concessioni-cimiteriali-915.html) o la revoca (https://www.funerali.org/cimiteri/la-revoca-delle-concessioni-330.html) della concessione per prevalente interesse pubblico (si tratta di un atto ablativo al pari della requisizione…).
Laddove l’atto originario di concessione espressamente o indirettamente contenga questa previsione (ad es. specificando come varranno le norme che i successivi regolamenti di polizia mortuaria stabiliranno), data la natura di diritti affievoliti delle concessioni cimiteriali, e su questo punto dottrina e giurisprudenza sono concordi, talune Amministrazioni comunali ricorrono a procedure che consentono di variare il precedente regime concessorio. Si citano due esempi abbastanza diffusi:
a) concessione perpetua di loculo, vincolato a tumulazione della salma xy, che si trasforma a tempo determinato (ad es. 30 anni) con contestuale estumulazione della salma di xy e tumulazione di nuova salma zw;
b) rinuncia da parte del titolare di concessione perpetua di loculo in cambio di concessione gratuita a tempo determinato di ossarietto (con varietà di scelte circa la onerosità o meno delle operazioni cimiteriali necessarie). Invero la norma vigente richiamabile è solo quella statuita dal comma 3 dell’art. 92 e dagli artt. 93 e 94 comma 2 del DPR n.285/1990. In altri termini ciò che è in discussione è il concetto di “capienza di sepolcro”, il quale, a parere dello scrivente, è da intendersi in senso lato (laddove non diversamente specificato nell’atto di concessione), per le diverse forme in cui si presenta o si trasforma un cadavere (quindi anche resti mortali, ossa e ceneri).
Mutatis mutandis, il Comune non può alterare unilateralmente un rapporto giuridico che esso stesso ha liberamente posto in essere, tra l’altro senza avere né obbligo a contrarre, né imposizione alcuna ad accettare o pattuire determinate condizioni per sè svantaggiose, specie se proiettate nel lunghissimo periodo.
Fermo restando che il Comune, quale ente concedente, seppur in posizione sovraordinata, non può modificare o aggredire un rapporto giuridico che ha concorso a costituire, magari sulla base di una propria regolamentazione locale all?’epoca vigente, va ricordato come potrebbe risultare ammissibile solo un accoglimento della rinuncia unilaterale da parte del concessionario (e sempre che questi sia ancora in vita se concessionario debba intendersi il soggetto che ha stipulato l?atto di concessione o suoi discendenti, se così consentito dal regolamento comunale di polizia mortuaria vigente al momento dell’?atto di concessione). È anche ipotizzabile che il regolamento comunale (che si ricorda avrebbe effetto una volta intervenuta l?’omologazione da parte del Ministero della salute ex art. 345 T.U.LL.SS, anche se la recente Circ. Min. Salute prot. n.23919 del 22/07/2015 parrebbe aver superato questa procedura integrativa dell’efficacia, in qualche maniera dequotandola), possa dettare particolari modalità per la rinuncia alla perpetuità da parte degli aventi diritto, fermo comunque che un’eventuale istanza di questo tipo deve provenire esclusivamente da chi abbia diritto e il comune non possa intaccare in alcun caso, d’ufficio, il rapporto giuridico di concessione, anche se limitatamente alla durata. (a cura di Sereno Scolaro).
Sull’intangibilità, a più riprese sancita da svariati pronunciamenti giurisprudenziali (ex plurimis: Consiglio Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505), delle concessioni perpetue, però, si sta formando, soprattutto nei tribunali amministrativi regionali una giurisprudenza, almeno di primo grado, piuttosto innovativa e dirompente per le sue possibili ricadute sul pregresso.
Con la sentenza n. 289/2014, il T.A.R. Puglia, sez. II, si occupa, infatti, della lite insorta tra un erede testamentario e un Comune, poichè l’Ente ha approvato, con una delibera consiliare del 2008, un regolamento di polizia mortuaria che ha disposto la trasformazione delle concessioni “perpetue” in concessioni a tempo determinato, con la possibilità per concessionari di chiederne il rinnovo dietro pagamento di un canone.
Ecco un problema di attualità, e che riguarda la sottile linea di confine situato tra il diritto dei cittadini uti singuli e la potestà di governo dell’Ente locale.
Come comporre una siffatta controversia nel rispetto delle regole codificate dall’ordinamento giuridico?
Il soggetto ricorrente contesta la norma regolamentare siccome, a suo avviso, la concessione originaria rilasciata dall’Ente per la sua tomba di famiglia manterrebbe il carattere perpetuo e – in quanto antecedente all’entrata in vigore del D.P.R. n. 803/1975 – risulterebbe assoggettata al regime giuridico vigente al momento del suo rilascio, che appunto prevedeva la modificabilità del titolo concessorio solo per espressa disposizione di legge, per contratto o per il verificarsi di casi di estinzione funzionale o patologica.
Di qui l’istanza della parte attrice volta a ottenere l’accertamento giudiziale dei diritti violati, con la condanna del Comune al rimborso del canone concessorio versato all’Ente dal 2008 in avanti.
In realtà – argomenta il Giudice – lo jus sepulchri si atteggia come un “diritto affievolito” nei confronti della Pubblica amministrazione concedente, per il fatto che la gestione dei siti cimiteriali è permeata dalla disciplina pubblicistica demaniale.
Il Tribunale, pertanto, non accoglie la pretesa del cittadino, nè accede alla sua tesi, ma riconosce le ragioni dell’Ente locale, adducendo la circostanza che la concessione dei sepolcri privati soggiace ai poteri regolativi e di stampo pubblicistico.
Consegue da questa motivazione che la natura demaniale dei cimiteri è incompatibile con la perpetuità delle concessioni, le quali, proprio a causa della loro durata indeterminata, finirebbero per occultare (e radicare) un diritto di proprietà privata sul demanio, che, per sua natura, è un bene pubblico destinato (res pubblici usui destinata) al vantaggio dell’intera collettività locale.
Conclude pertanto il giudice adito come “l’utilizzo di tale bene in favore di alcuni soggetti predeterminati – ossia ciò che si verifica attraverso una concessione per le persone portatrici dello jus sepulchri – deve necessariamente essere temporalmente limitato (anche stabilendo una durata prolungata nel tempo e rinnovabile alla scadenza), venendo altrimenti contraddetta la sua ontologica finalità pubblica, al quale il bene verrebbe definitivamente sottratto (in termini analoghi, TAR Sicilia Palermo, sez. III, 2 dicembre 2013, n. 2341)”.
Alla luce di tali considerazioni, non vi è nulla di illegittimo da eccepire nel regolamento comunale in questione, là dove esso ha disposto la trasformazione delle concessioni cosiddette “perpetue” in concessioni temporanee di lunga durata, imponendo al concessionario il pagamento di un canone concessorio nel caso di rinnovo.
D’altro canto è pacifico che l’art. 842, 2° comma, del Codice Civile include espressamente i cimiteri nel demanio comunale, specifico e necessario, per cui gli atti dispositivi, in via amministrativa, non possono gravare senza limiti di tempo su beni del demanio pubblico.
In questo caso, come si vede, la giurisprudenza amministrativa soccorre i Comuni, che si trovano spesso alle prese con la perpetuità di concessioni rilasciate in epoca lontana.
Si tratta, in definitiva, di un condivisibile riconoscimento alle Amministrazioni locali, tenute ad assicurare la conduzione degli spazi cimiteriali in modo da soddisfare le delicate esigenze che il servizio funebre richiede, e tenuto conto del fatto che in questo settore gli utenti, soprattutto passivi… non mancano mai!
Si aggiunge, sconfinando nel merito, come le concessioni perpetue costituiscano evidentemente un limite nella gestione cimiteriale, ostacolo che non era stato percepito al momento originario del sorgere della concessione, probabilmente in ragione della (allora) ridotta incidenza quantitativa delle concessioni perpetue, ma anche di una visione miope per cui non si sarebbero potute ponderare con lungimiranza i bisogni futuri, soprattutto di spazio ed ottimale sfruttamento del patrimonio cimiteriale, non certo dilatabile all’infinito.
Buongiorno. nel febbraio 2019 è pervenuta lettera del Comune che, in breve, argomenta circa la concessione di sepolcro, risalente al 1876, a fronte della modifica del regolamento cimiteriale, debba soggiacere alla durata di 50 anni. quindi, essendosi verificata l’ultima tumulazione nel 2000, per intangibilità la concessione verrebbe a scadere nel 2050. Tuttavia si chiede che, per le tumulazioni anche in tale periodo, la concessione deve essere rinnovata con il pagamento di ingenti oneri. E’ legittimo? Visto che una parte degli aventi diritto ha già dato risposta di non voler rinnovare e, comunque, la tumulazione del 2000 riguarda un parente diretto di costoro, si può pretendere di addebitare loro una parte di tali oneri? Grazie
X Simona,
a seguito di scelte di politica cimiteriale piuttosto aggressive sulla perpetuità delle concessioni operate da diversi Comuni, con profonde riforme ai loro regolamenti cimiteriali cui sono seguite altrettante impugnative dei relativi provvedimenti di trasformazione dei rapporti concessori da perpetui a tempo determinato, si sta lentamente formando in sede di giustizia amministrativa un orientamento “rivoluzionario”, per il quale il principio di intangibilità delle concessioni a tempo indeterminato, o comunque eccedenti i canonici 99 anni può esser sovvertito, in modo unilaterale da parte dell’amministrazione cittadina, legittimamente, in quanto il regime di perpetuità sulle utilitates di un bene demaniale e. quindi, pubblico per antonomasia, finirebbe per occultare un velato diritto di proprietà sui sepolcri privati e ciò è escluso tassativamente dalla lettera della Legge, tant’è vero che si ragiona pur sempre di “concessione”.
Ma attenzione: una sentenza, nel Nostro Ordinamento Giuridico fa stato solo tra le parti in causa e non è di default estensibile a casi analoghi, pur costituendo un importante precedente.
In determinate aree geografiche, più o meno, erano, nel passato, presenti fenomeni normativi in cui i Regolamenti comunali di polizia mortuaria, anche molto risalenti, prevedevano, un’ipotesi di rinnovo, definita, a volte, quale conferma, spesso trentennale, delle concessioni anche perpetue (o, meglio, a tempo indeterminato), soluzione che, prescindendo dal nome juris, avrebbe potuto ricondursi ad una sorta di canone ricognitorio, dette disposizioni regolamentari, però, almeno in un caso, sono state dichiarate illegittime dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. 5^, sent. 5505 del 11/10/2002).
Il R.D. 21/12/1942, n. 1880, ad esempio, ammetteva che le concessioni di aree cimiteriali potessero essere tanto perpetue quanto a tempo determinato, con la conseguenza che non può, a priori, affermarsi tassativamente come le concessioni di lontana data siano, solo per la data in cui sono sorte, perpetue, ma e’ necessario verificare il singolo atto di concessione (a volte, anche altra documentazione) per poter conoscere se una data, singola concessione, sia stata fatta in perpetuità, oppure a tempo determinato e, in tal caso, va verificata leffettiva durata.
Nel caso rappresentato, é per altro difficile ogni ulteriore indicazione, non disponendosi di elementi sufficienti, tra cui la specifica previsione ad hoc del Regolamento comunale di polizia mortuaria assunto a riferimento, che, oltretutto (sembrerebbe), non esser stata oggetto di impugnazione nei termini, con la conseguenza che una sua eventuale illegittimita’ potrebbe essere eccepibile in sede giudiziale, eccezione che se accolta dal giudice, potrebbe essere oggetto di disapplicazione, la che avrebbe effetti solamente nel caso concreto oggetto del singolo giudizio, oppure si potrebbe pure avere una pronuncia di nullità valida erga omnes, cioè per tutti gli utenti del servizio cimiteriale di quel particolare Comune.
Il problema dei manufatti in concessione perpetua e quelli in stato di abbandono riguarda la valutazione di tali manufatti ed il criterio di valutazione
Distinti Saluti
Giovanni Limone
X Giovanni,
I Tribunali Italiani (ex multis: T.A.R. Piemonte, 3 aprile 1987 n. 130) hanno altresì osservato, in modo uniforme e con orientamento pressoché costante, come lo stato di incuria di un’area cimiteriale ai fini dell’adozione del provvedimento di decadenza della corrispondente concessione debba essere ancorato a precisi requisiti tecnici tra cui annoveriamo:
il criterio temporale: (deve potersi agevolmente dimostrare che da lungo e certo tempo il titolare della sepoltura o chi per lui non si è recato in loco)
l’animus di omettere volontariamente (= disinteresse manifesto) ogni forma di necessaria manutenzione. (è, forse, l’aspetto più critico e problematico da provare in via amministrativa o addirittura in giudizio.)
il parametro oggettivo: (l’area deve risultare davvero impraticabile o, comunque, il manufatto deve essere gravemente deteriorato in seguito al lungo stato di abbandono).
buongiorno,un amico ha una cappella gentilizia di famiglia, edificata con regolare progetto nel 1998 su un suolo cimiteriale ottenuto con concessione perpetua nel 1951, dotata anche di certificato di agilbilità. Ad oggi nella cappella non è stato seppellito mai nessuno, in quanto i parenti ormai vivono in altri comuni e pertanto non c’è più l’interesse a tenerla.Siccome ero interessato ad acquistarla, abbiamo proceduto in questo modo: il mio amico ha inviato al comune istanza di rinuncia della propria concessione, io quasi contestualmente la richiesta di un suolo o cappella e non essendoci altre richieste sono diventato l’unico potenziale aquirente, in base al reg. comunale. Dopo qualche mese il comune ha provveduto a fare la stima dell’immobile che corrispondeva all’importo che entrambi avevamo stabito e fin quì tutto bene, il problema è sorto quando il comune oltre all’importo del fabbricato, mi chiede il costo del suolo, ma se il suolo a suo tempo era stato già pagato dal vecchio concessionario e poi se sul suolo insiste già un fabbricato, si procede solo alla stima dello stesso e non anche del suolo?
X DANILO,
la procedura seguita dal Suo Comune pare del tutto fondata e legittima.
La rinuncia è, infatti, una causa estintiva della concessione, in forza di essa il suolo cimiteriale ed il costruito nel soprasuolo per l’istituto civilistico dell’ accessione, rientrano in pieno possesso e disponibilità dell’Amministrazione, la quale potrà riconcederli, costituendo, però, un rapporto giuridico del tutto nuovo (avente, sì, per oggetto la stessa porzione di terreno ed il medesimo fabbricato), ovviamente dietro la corresponsione di un canone concessorio, poiché tutte le sepolture private sono a titolo oneroso per il richiedente.
Grazie per la risposta, pensavo che essendoci ormai un fabbricato e dovendone pagare giustamente il suo valore, non fossi tenuto a pagare il valore del suolo, proprio perchè insiste già una costruzione sullo stesso.
buongiorno, se può servire, la cappella fu costruita nel 1960 e ristrutturata nel 1998 (rettifico quanto scritto prima, riguardo alla data di costruzione), il comune negli anni 9o’ tento di rientrare in possesso di cappella e suolo, ma il TAR confermò la proprietà e la concessione in perpetuo al propietario.
X Danilo,
con la rinuncia (con atto solenne e notarile perché si incide su diritti reali, quali appunto la proprietà del manufatto funerario) si perde, per propria libera scelta ogni diritto sulla concessione, la quale così si estingue, rientrando in possesso e piena disponibilità del Comune.
Attenzione: la concessione cimiteriale prevede sempre un rapporto giuridico asimmetrico e sbilanciato (per ovvie ragioni di pubblico interesse) nei confronti dell’Amministrazione concedente, non è un contratto gestibile in piena autonomia tra le parti, tra l’altro la Legge vieta e punisce a pena di decadenza sanzionatoria eventuali tentativi di compravendita tra privati di edifici ad uso sepolcrale.
Si richiama ancora l’istituto civilistico dell’accessione, per cui il fabbricato è, a sua volta attratto nella sfera del demanio cimiteriale, divenendo inalienabile e non usucapibile.
Domanda: se il contratto originale di concessione perpetua non è nel materiale possesso degli eredi e risale agli ultimi anni dell’800/primi del 900 (è questa la ricerca cui mi accingo per il Verano di Roma, avendo io sola ultima della “schiatta” diritto-dovere di gestione della tomba di famiglia), posso richiedere gli atti all’amministrazione cimiteriale o posso fare ricerche da sola in altro ambito. O forse è meglio affidare il compito all’agenzia che ha tumulato i miei genitori nel 2016? Non sono sicura dello status quo ante né del futuro dopo di me (una sorella e 4 nipoti), ma non vorrei sollevare la polvere del tempo e della burocrazia che potrebbe ritorcersi contro di me. La lapide riporta inoltre le fattezze della mia antenata per cui fu eretta la tomba che in più di 100 anni è arrivata a me, direttamente dai miei avi. Ho solo degli appunti di mio zio su un estratto di morte del padre dove si parla di notaio e della posizione della tomba. La mia famiglia andò in rovina alla fine dell’800 e infatti la dedica originaria riporta “i parenti posero”, ma non ho ancora individuato chi fossero, perché i miei avi risalgono alla Svizzera e a Forlì, ma alcuni furono in Francia e in Toscana. Sto facendo delle difficili ricerche documentarie e storiografiche e vorrei il Vs. aiuto. Ovviamente, di volta in volta sono stati pagati i diritti all’AMA per le varie tumulazioni estumulazioni e le pratiche sono state svolte con gli Uffici preposti che hanno dato l’approvazione all’agenzia. Perciò dovrebbe valere anche il silenzio/assenso, perché neanche mio padre ha mai dovuto pagare per la sepoltura di mio zio alcun canone o rinnovare alcuna concessione, il che mi fa supporre che questo sia avvenuto tacitamente con il pagamento degli esosi diritti di sepoltura all’ente preposto dal Comune, ossia AMA (nettezza urbana).
Grazie anticipate per gli spunti che potrete fornirmi. Cordiali saluti, Antonella
X Antonella,
la situazione da Lei rappresentata, con dovizia di dettagli, va senza dubbio regolarizzata o forse, ancor meglio: SANATA.
in carenza del formale e regolare atto di concessione (formula aulica, ai sensi dell’art. 98 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, ma sempre molto efficace e veritiera) il rapporto concessorio da cui, poi, deriva e discende logicamente il diritto di sepolcro è da ritenersi assolutamente insussistente, cosicché l’uso stesso della tomba gentilizia sarebbe, di conseguenza illegittimo e “tecnicamente” abusivo.
Tuttavia, Lei mi parla di tumulazioni avvenute recentemente (anno 2016) senza che sia stata sollevata, dalle competenti Autorità Comunali, questione alcuna sulla legittimità delle sepolture, magari per facta concludentia, quasi vi fosse un atteggiamento inerziale dell’amministrazione cittadina, la quale, invece, dovrebbe sempre, almeno ai sensi dell’Art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 recante l’approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria attualmente in vigore, ponderare attentamente in merito ai titoli di sepoltura, prima di AUTORIZZARE l’immissione di nuovi feretri nel sacello famigliare (vale a dire: il defunto aveva veramente diritto a quella sistemazione in sepolcro privato?), laddove l’atto di concessione costituisce la fonte primaria dello jus sepulchri.
Ora: copia dell’atto concessorio dovrebbe esser custodita gelosamente negli uffici comunali di polizia mortuaria, spesso, però, questi archivi non sono tenuti come, invece, si dovrebbe, e, così, accusano stati di pesante sofferenza (vuoi per accidentali smarrimenti, traslochi, distruzioni dovute ad eventi bellici…)
Bisogna quindi ricostruire a ritroso l’atto fondativo del sepolcro in cui riposano i componenti della Sua prosapia, dagli avi sino ai genitori, più recentemente.
La via maestra da percorrere, al di là delle sempre proficue, ma molto dispendiose ricerche anagrafiche, resta e rimane l’accertamento giudiziale, in sede civile, del presunto diritto vantato ai sensi dell’art. 2697 Cod. Civile, giusta il disposto dell’art. 2907 Cod. Civile.
Proprio 100 anni orsono in Italia vigeva, come regolamento speciale di polizia mortuaria il R.D. n.448/1892, il quale prevedeva una procedura molto complessa ed articolata perchè si facesse concessione a privati di aree su cui impiantare e realizzare sepolcri a sistema di tumulazione, questo iter, sostanzialmente si sarebbe composto di tre passaggi fondamentali:
1) delibera del consiglio comunale
2) trasmissione della stessa al Prefetto per suo nulla osta
3) visto di esecutività da parte della G.P.A., organismo vetusto della pubblica amministrazione soppresso con l’istituzione del Tribunali Amministrativi Regionali avvenuta con Legge n.1034/1971
Dunque, stanti questi pochi elementi di diritto funerario, si prospettano codeste soluzioni realmente praticabili (diffiderei altamente dei rimedi miracolosi proposti da certe imprese funebri!)
1) Potrebbe ricercarsi la deliberazione consiliare con cui è stata concessa l’area, operazione fattibile ricorrendo alla consultazione della raccolta delle deliberazioni del consiglio comunale risalenti a quegli anni A volte, infatti, nel passato, non si provvedeva (per quanto sarebbe stato, invece, necessario) alla stipula vera e propria dell’atto contrattuale di concessione dell’area.
2) Se persone non appartenenti alla famiglia del concessionario (quale definita, a questi fini, dal Regolamento comunale di polizia mortuaria vigente in quel preciso momento storico) ritengano di vantare diritti, possono, presentando la documentazione di prova, richiedere l’acclaramento dell’esistenza dei diritti vantati al giudice, in sede civile.
3) All’epoca (ma anche per un non breve lasso di tempo successivo), le concessioni di aree cimiteriali erano soggette ad autorizzazione prefettizia, (come visto precedentemente) la deliberazione consiliare non avrebbe potuto produrre edetti senza di questa. E’ presumibile che gli atti relativi a tale autorizzazione prefettizia siano reperibili all’Archivio di Starto, in quanto riversati in quest’ultimo dopo i canonici 40 anni di permanenza nei rispettivi schedari cartacei. Trattandosi di beni, comunque, demaniali, l’Agenzia delle Entrate (ex Agenzia del territorio, ulteriormente ex Catasto terreni), non dovrebbe fornire elementi (registrazioni) in proposito.
4) L’istituto ricorso all’istituto dell’immemoriale (una sorta di dimostrazione della fondatezza di un diritto basata sulla vetustas di eswercizio di quest’ultimo) richiede pur sempre un procedimento giudiziale (come per tutti i diritti soggettivi) a meno che l’attuale regolamento comunale ammetta un iter amministrativo di dimostrazione di un diritto assimilabile all’immemoriale.
5) Eventuali diritti afferenti al sepolcro, in particolare quello avente ad oggetto il titolo di accoglimento, sono esclusi da ogni possibilità di trasferimento per atti “inter vivos” o “causa mortis“, atti che (se formati dal 10/2/1976 in poi) sono in se’ stessi nulli, dall’origine, ma attenzione in regime di R.D. n. 1880/1942, art. 71 commi 2 e segg. abrogato, appunto, dal 10 febbraio 1976 sarebbero stati ancora possibili trasferimenti dei diritti di sepolcro per atto testamentario di ultima volontà: in questo caso bisognerà compulsare le diverse dichiarazioni di successione per capire come la tomba de qua sia stata trasferita a Lei, in ultima analisi.
6) Per la natura stessa delle concessioni di aree cimiteriali, rimane inammissibile (in quanto le aree demaniali sono inusucapibili ex art. 823 Cod. Civile) ogni ipotesi di ricorso all’usucapione.
Grazie, per le spiegazioni dettagliate e le fonti su cui si fondano. Anche se ad oggi ero in po’ piu’ tranquilla rispetto a luglio, in quanto il mio notaio mi aveva detto che per LA mia sepoltura non avevo niente da temere, non cosi’ mia sorella che essendo sposata avrebbe dovuto organizzarsi diversamente per se’ e famiglia. Un vero rompicapo! Bell’Italia, culla del diritto!
Grazie di tutto per professionalità, disponibilità e chiarezza.
Gentile Antonella, non so se le può interessare che ho trovato casualmente la tomba di un suo probabile parente, Nicola, e della consorte, al Verano
risposta esauriente e veloce grazie
X Adriano,
ambedue le ipotesi da Lei prospettate sono verosimili e praticabili, tutto dipende dalla scelta politica di gestione cimiteriale operata dal Comune attraverso l’adozione del regolamento municipale di polizia mortuaria, unica fonte davvero sovrana in questo ambito così delicato.
Le conseguenza di queste due possibili impostazioni strategiche nel buon governo del cimitero possono essere dissimili o addirittura divergere, con effetti a volte pure contrari, magari per eterogenesi dei fini.
Se il regolamento comunale prevede una successibilità nella titolarità di una concessione attraverso l’istituto del subentro (con relative registrazioni amministrative) lo jus sepulchri, attivo e passivo, alla morte del concessionario primo, traslerà in capo ai suoi discendenti più diretti(jure coniugii ed in subordine jure sanguinis). Non parlerei mai di eredi, perchè la successione jure haereditatis ha sempre valore patrimoniale, regola cioè il trapasso delle sostanze dal de cuius ai suoi aventi causa, mentre il subentro cimiteriale attiene soprattutto ad un diritto (quello di sepolcro) personalissimo e vincolato alla famigliarità della fattispecie del sepolcro privato (laddove non differentemente statuito dall’atto concessorio). E’ questa l’ipotesi del cosiddetto concessionario mobile o scorrevole in cui i congiunti del de cuius assumono a loro volta la qualificazione di concessionari pleno jure con annessi diritti di gestione sulla tomba.
Nel tempo, siccome lo jus sepulchri si trasmette per rapporto di consanguineità o vincolo coniugale avremo una aumento esponenziale delle persone portatrici dello stesso, con il concreto rischio di conflitti endo-famigliari per contendersi gli ambìti loculi, soprattutto laddove lo spazio sepolcrale dovesse raggiungere la sua naturale saturazione (esso, notoriamente, non è dilatabile all’infinito ed i loculi hanno pur sempre una capienza limitata dalle inderogabili Leggi della fisica). I vantaggi di questa soluzione sono rappresentati da un rapporto Comune/privato cittadino che si rinnova puntualmente ad ogni decesso del concessionario sino alla naturale scadenza della concessione (se questa, invece, è perpetua, il problema non si pone…almeno in questi termini).
C’è poi un tipo di subentro intermedio, limitato all’imputazione dei soli oneri manutentivi, i soggetti subentranti, cioè non vedono ampliata la loro sfera giuridica inerente allo jus sepulchri, ma dalla Pubblica amministrazione sono considerati onerati, cioè gravati solamente dalle obbligazioni di conservazione del sepolcro in solido e decoroso stato.
Vi sono poi regolamenti comunali che ammettono solo la figura del concessionario fisso: unico riferimento e “stella polare” per l’attribuzione dello jus sepulchri e dei derivanti oneri manutentivi è e rimane il concessionario primitivo/fondatore del sepolcro. In questo caso all’estinzione del concessionario e della sua cerchia famigliare (il diritto non si trasferisce più in capo a terzi) è più facile addivenire alla dichiarazione di abbandono amministrativo del sepolcro con sua riacquisizione nella piena disponibilità del Comune
Di norma il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Fatte salve le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria in proposito – cioè concernenti la successione delle persone alla morte del concessionario in relazione alla concessione – dato che la concessionaria risulta non avere discendenti che jure sanguinis siano succeduti nei diritti concernenti la concessione, il sepolcro deve considerarsi trasformato in ereditario. Ne consegue che gli eredi, se previsto dal Regolamento, subentrano al concessionario defunto, quando questi non abbia disposto con atto di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico in modo diverso. Il subentro, però, va valutato sempre alla luce del Regolamento comunale di cui ogni ente locale deve dotarsi sin dal Regio Decreto 8 giugno 1865 n. 2322, senza dimenticare gli Artt. 344 e 345 del REgio Decreto n.1265/1934, e soprattutto l’Art. 117, comma 6 III Periodo Cost., cosi some riformulato dalla Legge Costituzionale n.3/2001. IL subentro, però, nelle singole quote di Jus Sepulchri, spettanti agli eredi riguarda la titolarità della concessione, anche per gli aspetti manutentivi ex Art. 63 DPR n.285/1990, ed il diritto patrimoniale sulla “res” ossia sul manufatto sepolcrale.
una concessione perpetua in cui si afferma che la proprietà della tomba o loculo e del comune e l’intestatario acquista il diritto per se e per i suoi alla sepoltura in quella tomba o loculo e inserendo nell’atto anche un grafico degli aventi diritti sino al terzo grado di parentela dell’intestatario.
domanda: questo diritto venendo a mancare l’intestatario passa agli diretti eredi del defunto intestatario allungandosi cosi gli aventi diritti .oppure termina con l’ultimo avente diritto dell’intestatario?
grazie