La DECADENZA delle concessioni cimiteriali

Premessa:

Il profilo giuridicamente più rilevante dei sepolcri interni al cimitero é quello della natura della concessione e del diritto di sepolcro. Mentre vi é 6consenso circa la natura di demanio comunale dei cimiteri (cfr. art. 824 c.c.), si é invece molto dibattuto sulla natura, costitutiva o traslativa, della concessione comunale di porzioni di manufatti o di aree cimiteriali, allo scopo di realizzarvi sepolcri (Ing. Daniele Fogli).

I caratteri generali della concessione cimiteriale sono:

-rapporto Pubblica Amministrazione/concessionario: dove quest’ultimo è assoggettato alla
supremazia (potestas imperii) della prima, la quale è comunque tenuta all’imparzialità;
– vincolo di destinazione alla funzione sepolcrale;
– temporaneità;
– onerosità;
– divieto di destinazione a scopo di lucro o speculazione
– limitazione del diritto d’uso a soggetti predeterminati o predeterminabili.

E’ora, opportuno meditare su questo pronunciamento giurisprudenziale: Consiglio di Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505: “La normativa regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall’art. 4 delle disposizioni preliminari al codice civile. La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è in contrasto con la disposizione di cui all’art. 93 del regolamento governativo approvato con D.P.R. n.803/1975 (il cui contenuto è stato poi ripetuto nell’art. 92 del D.P.R. 10.9.1990 n.285). Detta disposizione statale, dopo aver precisato che le concessioni cimiteriali rilasciate dopo l’entrata in vigore del regolamento, non possono avere una durata superiore ai 99 anni, salvo rinnovo, prevede per quelle anteriori, di durata superiore ai 99 anni, la facoltà di revoca da parte del Comune quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma e si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero. Consente poi al Comune, con l’atto di concessione, di imporre al concessionario determinati obblighi tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato, pena la decadenza della concessione. Con la conseguenza che nella normativa statale, per le concessioni di durata superiore ai 99 anni rilasciate anteriormente al D.P.R. n.803/1975, l’esercizio del potere discrezionale di revoca nell’interesse pubblico viene ancorato a due precisi presupposti (superamento di 50 anni dall’ultima tumulazione e grave insufficienza del cimitero), che debbono concorrere entrambi per la legittimità del provvedimento di revoca, mentre la decadenza viene consentita rispetto all’inosservanza di determinati obblighi a carico del concessionario da precisare con l’atto di concessione (o con la convenzione che sovente l’accompagna). Con l’entrata in vigore del D.P.R. n.803/1975, debbono ritenersi abrogate in parte qua le disposizioni regolamentari comunali che imponevano il rinnovo della concessione cimiteriale ogni trentennio.”

Il comune, quale titolare della demanialità dei cimiteri (art. 824, comma 2, c.c.), ha la facoltà di concedere a privati o ad enti l’uso di aree al fine della costruzione di sepolcri a tumulazione (e, certe condizioni, anche aree per impiantare campi ad inumazione), facoltà il cui esercizio, oltre che rimanere discrezionale, è subordinato alla preventiva espressa previsione della destinazione di tali aree a tale possibilità facoltativa dal piano regolatore cimiteriale (art. 91 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), in coerenza con le disposizioni che determinano il fabbisogno dei cimiteri (art. 58), da cui vanno, sempre, escluse le aree individuate dall’art. 59.
Se non vogliamo che aumenti, con progressione esponenziale, la quantità di sepolture abbandonate, in stato di profonda fatiscenza, diventa giocoforza impiantare un sistema di rilevamento che segua l’evoluzione dei diritti vantati sulle tombe e soprattutto la posizione di stato civile (decesso, rapporti di filiazione o coniugio…) degli intestatari delle stesse.

L’art. 63 del DPR 285/1990 contempla due casi di sepoltura privata abbandonata dagli aventi diritto:

a) per incuria;
b) per morte degli stessi

In genere il regolamento di polizia mortuaria comunale detta specifiche procedure di dettaglio al riguardo.
Come rilevato dalla giurisprudenza: TAR Piemonte, 3 aprile 1987 n. 130: “Per la sussistenza dello stato di abbandono di un’area cimiteriale ai fini dell’adozione del provvedimento di decadenza[1] della relativa concessione, debbono ricorrere precisi requisiti temporali ed oggettivi, nel senso che deve potersi dimostrare che da lungo tempo il titolare o chi per lui non si è recato in loco, ed oggettivi nel senso che l’area stessa deve risultare impraticabile e/o, comunque, il manufatto sulla stessa insistente gravemente deteriorato in seguito al lungo stato di abbandono…”.


Ai sensi dell’Art. 63 DPR 285/90 i concessionari debbono mantenere a loro spese per tutta la durata della concessione in buono stato di conservazione i manufatti di loro proprietà.

Per l’individuazione delle responsabilità L’aspetto da chiarire preliminarmente è sia vi sia stata concessione di area con costruzione dei manufatti da parte del concessionario, dove l’obbligo di manutenzione spetta al concessionario, che può essere diffidato ad eseguire i lavori ecc. e, se non provveda entro il termine assegnato, puo’ essere dichiarato decaduto (e la sistemazione dei feretri, i lavori di ripristino e quanto altro rimangono oneri a carico dei concessionari, esecutibili anche forzosamente), oppure se alla costruzione abbia provveduto, a suo tempo, il comune con l’assegnazione del solo diritto d’uso dei posti a tumulazione.

Nei Regolamenti di polizia mortuaria del 1891, del 1892, del 1942, del 1975, del 1990, oltre – ovviamente – a considerare la normale sepoltura in ingressoinumazione in campo comune, cioè quella che determina l’obbligo per i comuni e il fabbisogno, si parla sempre e solo di ammissibilita’ (se previste dal Piano regolatore cimiteriale, a partire dal DPR 803/1975, oggi art. 91 dPR 285/1990 (prima era previsto che la deliberazione consiliare di concessione dell’area fosse trasmessa al Prefetto, con l’obbligo, per il consiglio comunale, di provare documentalmente il numero dei decessi negli ultimi 10 anni, della superficie occupata e disponibile, ecc.)) di concessione di aree.

Da nessuna parte (più o meno a partire dalla prima legislazione in materia Post-Unitaria) non si parla mai dell’ipotesi che sia il comune, quale titolare dell’area cimiteriale, a provvedere alla costruzione di loculi: l’istituto è del tutto assente (nelle norme sopra citate, ma non nella prassi).
L’incuria a sua volta può originare o meno pericolo di rovina di parte o dell’intero sepolcro in stato di degrado. Un’altra forma di negligenza corrisponde all’omissione delle necessarie manutenzioni ordinarie e straordinarie. Laddove sia così previsto nel contratto, il Comune, quale autorità cui, ai sensi dell’Art. 51 DPR 285/90, spetta la potestà di ordine e sorveglianza sui cimiteri, può pronunciare, nel rispetto delle modalità procedurali indicate dalla Legge 7 agosto 1990 n. 241, la decadenza della concessione per inadempienza ai patti contrattuali.
Il rapporto tra l’amministrazione cittadina ed il concessionario, trattandosi il cimitero di demanio comunale, è regolato dal combinato disposto tra norme contrattuali e da quelle del regolamento comunale.

Il regolamento di polizia mortuaria comunale dovrebbe prevedere al proprio interno un articolo in cui viene precisato che le disposizioni in esso contenute si applicano anche alle concessioni ed ai rapporti costituiti anteriormente alla sua entrata in vigore e che comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria precedente cessa di avere applicazione dal giorno di entrata in vigore del presente. Ora non è dato sapere se ciò viene previsto nel regolamento comunale dello scrivente Comune. Si veda l’art. 86 dello schema di regolamento di polizia mortuaria comunale tipo, pubblicato su Antigone 3/94. Seguendo le procedure previste in detto regolamento, chiunque ritenga di poter vantare la titolarità di diritti d’uso su sepolture private in base a norme del Regolamento precedente, può presentare al Comune gli atti o i documenti che comprovino tale sua qualità al fine di ottenerne formale riconoscimento
Se tale circostanza non e’ specificata ne’ nel contratto ne’ nel regolamento di polizia mortuaria del Comune, quest’ultimo, in qualità di ente concedente, può intervenire nei casi di pericolo con la rimozione di manufatti, previa diffida ai componenti la famiglia del concessionario (e ai suoi credi) anche, ove occorra, per mezzo di pubbliche affissioni, meglio se in concomitanza con la commemorazione dei defunti quando molto alto è l’afflusso di visitatori in cimitero (Se per l’intervento non c’è la massima urgenza l’azione sollecitatoria, inizialmente può esser costituita da un invito per il quale la forma scritta risulta essenziale.)

Una volta ultimati i lavori necessari, il Comune dovrà notificare ad ogni concessionario, una ordinanza di ingiunzione di pagamento, col relativo importo. Si può derogare dal rivolgere le sollecitazioni a tutti i concessionari solo se siano stati precedentemente individuati, con norma regolamentare o atto di designazione una o più persone quali rappresentanti della concessione nei confronti del comune.
Se il regolamento cittadino di polizia mortuaria non ammette l’istituto del subentro nella posizione del concessionario/fondatore del sepolcro si può determinare abbastanza facilmente il venir meno con la scomparsa fisica del concessionario di ogni figura di soggetto giuridicamente obbligato.
Alcune delle caratteristiche che deve presentare una tomba per essere considerata senza dubbio abbandonata possono essere, per esempio, la non leggibilità delle iscrizioni (obbligatorie la data di nascita, morte, nome e cognome), la mancanza di decoro causata da sporcizia, erbacce l’affaticamento delle strutture murarie o lapidee, il pericolo di caduta di pezzi di tomba con possibili danni ai frequentatori.
In genere le contromisure strategiche per arginare questi fenomeni di deterioramento del patrimonio cimiteriale sono scritte nel regolamento di polizia mortuaria comunale, ma è di fatto obbligatoria la strada delle ricerche anagrafiche per identificare gli eredi o verificare se si sia estinta la famiglia.

In quest’ultimo frangente, nemmeno poi tanto raro, qualora gli ultimi membri della famiglia originaria non abbiano provveduto alla destinazione del sepolcro per il tempo successivo alla loro morte incaricando, ad esempio, una fondazione di provvedere alla manutenzione della tomba, con comunicazione della decisione assunta al comune, si presume vi sia l’abbandono amministrativo e quindi si delibera la decadenza della concessione.
Se invece vi sono aventi titolo, il primo passaggio di tutto l’iter da istruire è rappresentato da una formale diffida e solo se gli interessati non si prendono cura della tomba, garantendone, in tempi ragionevoli il ripristino, si pronuncia la decadenza.
Bisogna, però distinguere dalla conservazione del sepolcro in buono stato le opere manutentive magari indispensabili per poter tumulare salme nella tomba attraverso la procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/1990 implementata dall’allegato tecnico di cui al paragrafo 16 della Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24. Ad esempio potrebbero essere consentite tumulazioni di urne cinerarie, ma non di feretri. Se il Comune non può consentire la tumulazione di nessun feretro senza dette opere la situazione resta ferma per tumulazioni di feretri fintanto che queste non siano state effettuate. A nulla rileva il fatto che vi siano diversi titolari di altre quote della tomba: è l’uso della tomba per tumulazione di feretro che viene impedito. Se invece le opere manutentive non svolte consentono egualmente la tumulazione nella tomba, questa viene effettuata secondo il principio che chi prima muore tra gli aventi diritto alla sepoltura è colui che ha diritto alla tumulazione, fino alla capienza massima della tomba. In assenza di regolamentazione locale la scelta di procedere alla decadenza di quote di sepolcro viene ritenuta impugnabile per carenza dei presupposti.

La decadenza non è una sanzione, o un atto ablativo; essa consta in un fatto giuridico determinato dall’abbandono e dall’inequivoco animus di bellissimanegligere il sepolcro, rispetto ai fini originari, nei confronti del quale va adottato un provvedimento avente natura meramente dichiarativa, e non costitutiva, rientrante nelle funzioni e compiti di cui all’art. 107, commi 3 e seguenti, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, con la precisazione che ogni ritardo nella sua adozione determina la responsabilità di cui all’art. 93 stesso D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. La dottrina, però, ancora dibatte sulla natura di questo atto: il Virga la ritiene appartenente agli atti di ritiro; di avviso contrario sono invece lo Zanobini ed il Sandulli, i quali non considerano la pronuncia di decadenza un procedimento di secondo grado, giacché essa non prevede un riesame dell’atto. La competenza e’ dirigenziale (esclusiva e non derogabile, vedi art. 107, comma 4 D. Lgs. 267/2000) sia per le demolizione quanto altro (lett.- g) sia per la decadenza (lett. f), costituendo quest’ultima il risvolto negativo della concessione.
Sulla ventilata possibilità di procedere con un unico provvedimento c’è parere favorevole della dottrina salvo il caso il Regolamento (comunale) di cui all’art. 48, 3 D. Lgs. 267/2000 non attribuisca le i due poteri a distinti uffici.
Diventa comunque indispensabile una ricostruzione anagrafica per risalire agli aventi causa[2] del fondatore o comunque ai soggetti onerati[3], bisogna, infatti, distinguere tra diritto ad essere sepolto nella tomba ed obblighi manutentivi della stessa. Il diritto di sepolcro, infatti è jure sanguinis, cioè dipendente dal rapporto di consanguineità col fondatore del sepolcro ed svincolato dalla quota[4] ereditata.
La proprietà di un bene che insista su suolo cimiteriale dato in concessione non sempre comporta l’aver acquisito diritti sulla stessa concessione cimiteriale stessa, primo dei quali lo jus sepeliendi.

Il cosiddetto jus sepulchri, cioè il diritto ad essere sepolti nella cappella funebre o in un campetto ad inumazione dato in concessione ex Art. 90 comma 2 DPR 285/90 costituisce un diritto personale e non patrimoniale, così, deceduto il concessionario-fondatore del sepolcro, esso si trasmette[5] unicamente ai suoi discendenti in linea diretta (mai collaterale, salva espressa diversa deroga posta dal fondatore del sepolcro nell’atto di concessione o prevista dal regolamento comunale vigente al momento della fondazione del sepolcro) e non agli eredi che non siano anche discendenti del fondatore del sepolcro, i quali possono subentrare unicamente negli obblighi derivanti dalla concessione, principalmente consistenti nell’obbligo di manutenzione in condizioni di costante utilizzabilità ai fini sepolcrali od altri stabiliti dall’atto di concessione.
Il vero problema cruciale consiste, allora, nel tipo di ricerche che la p.a. deve compiere prima di dichiarare la irreperibilità degli aventi titolo.
In effetti una sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Civ.le, Sez. Unite, 9 marzo 1981) stabilisce come un semplice cartello appeso su una tomba, con il quale la p.a. invitava gli aventi titolo a presentarsi presso l’ispettorato del cimitero, senza altro aggiungere, non consegua il risultato di portare alla conoscenza degli interessati, dell’ingiunzione di eseguire opere di manutenzione e conservazione. Nemmeno con l’esposizione di tale ingiunzione all’albo pretorio, a giudizio della “Suprema Corte”, si sarebbe potuto dir assolto l’obbligo di comunicazione del provvedimento come previsto dall’art. 86 del regolamento comunale di polizia mortuaria del comune di Milano. La Corte di Cassazione confermava quindi il pronunciamento della Corte d’Appello di Milano, che aveva emesso sentenza di nullità verso il provvedimento con il quale il Sindaco aveva dichiarato decaduta la concessione.

“[…] Per conseguire quell’ideale coincidenza tra la conoscenza legale e quella effettiva della diffida, e conseguentemente evitare di porre in essere un atto di decadenza nullo, per violazione dell’obbligo di comunicazione, il procedimento che la p.a. dovrebbe adottare si sostanzia nello svolgimento di accurate e complete ricerche anagrafiche degli aventi titolo; qualora queste non sortissero i risultati sperati, il ricorso alle pubbliche affissioni appare l’ultima reale possibilità che ha la p.a. di adempiere all’obbligo di comunicazione”.

Qualora la p.a. non agisse in tal senso, sulla medesima graverebbe l’onere di provare l’avvenuta conoscenza del provvedimento da parte degli aventi titolo” (citazione tratta da Giurisprudenza: decadenza delle concessioni cimiteriali di Elisa Bertasi, La Nuova Antigone, 1/1997)
TNel caso di morte degli aventi diritto si procede a dar opportuna pubblicità dell’avvio della procedura di decadenza[6]. Si ritiene, inoltre, che il Comune abbia il potere, di inserire nel regolamento di polizia mortuaria comunale, anche ex novo, purché si lasci un congruo periodo di tempo a disposizione, norme che reprimano la colpevole trascuratezza delle sepoltura private, premiando, al contrario, un uso consapevole e responsabile delle tombe, anche al fine di rivalutare la funzione storica e sociale dei nostri cimiteri.
In seguito alla pronuncia di decadenza della concessione, la p.a. dovrebbe poi effettuare a proprie spese, traslazione, dei cadaveri, dei resti o delle ceneri negli appositi ambiti cimiteriali (campo inconsunti, ossario o cinerario comune), per dare luogo al restauro dei manufatti, o alla loro demolizione, in quanto beni ricadenti d’imperio, nella propria completa disponibilità.
Essendo intervenuta la decadenza, va ricordato che l’edificio costruito (cappella funeraria), i monumenti, le lastre tombali e gli accessori votivi divengono di proprietà del comune, per accessione (artt. 934 – 938 codice civile), producendo la contemporanea demanialità del manufatto stesso, per effetto dell’art. 825 codice civile.
Se la fattispecie della decadenza della concessione per estinzione della famiglia non è regolamentata attraverso il regolamento comunale, di cui si ribadisce la centralità, può esser utile ricorrere all'”accrescimento di fatto” delle quote degli intestatari che sono ancora in vita non potendo il Comune pronunciare la decadenza per estinzione della famiglia.
Occorre subito una precisazione: Il diritto di sepoltura nei sepolcri privati nei cimiteri che sorge da un contratto tra amministrazione comunale e concessionario è riservato sibi familiaque suae, secondo la celebre formula latina, ossia al concessionario ed ai componenti della di lui famiglia, la lettera della Legge (Art. 93 comma 1) esclude che possano trovarvi sepoltura le salme di altre persone. Ai sensi dell’Art. 93 comma 2 il concessionario, però, può avvalersi dell’istituto l’istituto della BENEMERENZA, consentendo la tumulazione o l’inumazione nella sepoltura familiare dei cadaveri di persone che abbiano acquisito particolari benemerenze nei suoi confronti. I criteri possono essere i più disparati, purché regolamentati[7] a livello locale.
La definizione dell’ambito della famiglia[8] del concessionario va, od andrebbe, definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, il quale dovrebbe altresì disciplinare il c.d. subentro nella concessione in caso di decesso del concessionario (fondatore del sepolcro).
Il regolamento municipale di polizia mortuaria potrebbe prendere in esame queste due distinte situazioni:
1. si deve far riferimento unicamente al concessionario anche post mortem
2. i suoi discendenti assumono, a loro volta, la posizione di concessionari (ipotesi che modifica, od amplia, la definizione di famiglia del concessionario).
In altre parole, sia la composizione del nucleo famigliare del concessionario sia gli effetti che si abbiano in conseguenza del decesso del concessionario (fondatore del sepolcro) sono rimessi alla fonte regolamentare locale.
Strettamente legato la caso 1 è l’innovativo istituto dell’abbandono amministrativo introdotto dalla Regione Emilia Romagna con l’Art. 4 comma 4 del regolamento regionale 23 maggio 2006 n. 4 studiato proprio per offrire una soluzione al problema della perpetuità (o della lunga durata) di concessioni cimiteriali. Difatti viene definito l'”abbandono amministrativo” di una tomba come quello stato di fatto che è determinato dall’essere trascorso almeno un ventennio dalla data della morte dell’ultimo concessionario avente diritto.

Tale situazione determina la possibilità per il Comune di pronunciare la decadenza della concessione e conseguentemente il recupero ed il riutilizzo del manufatto per nuove sepolture. Il regolamento comunale individuerà procedure per la traslazione di cadaveri, resti mortali, ceneri ed ossa in sepoltura comunale (che può anche essere individuata in campo comune, ossario e cinerario comune).

La problematica è di grande rilevanza per le notevoli implicazioni che ne derivano, tra le quali una chiara normativa regolamentare comunale per individuare il concessionario avente diritto (originario o quelli subentrati per effetto di successione legittima o testamentaria).
A determinate condizioni anche un estraneo rispetto ai rapporti di parentela con il fondatore del sepolcro potrebbe aver diritto di sepoltura in quel particolare sepolcro, sono indispensabili, però:

1) Una norma positiva in tal senso chiaramente enunciata dal regolamento comunale di polizia mortuaria.

2) L'”autorizzazione” dei membri della famiglia, che acconsentono liberamente ad una compressione del loro jus sepulchrii, ancorché inteso come mera legittima aspettativa, poiché lo jus sepulcrhi diviene un diritto soggettivo solo con la morte della persona che ne sia astrattamente titolare sino al raggiungimento della naturale capienza del sepolcro ex Art. 93 comma 1 DPR 285/90, all’esaurirsi della capacità ricettiva del sepolcro lo stesso jus sepulchri non può più esser forzatamente esercitato (lo spazio sepolcrale, però, si dilata se per spoglia del de cuius intendiamo non il solo feretro in cui il cadavere fu racchiuso il giorno del funerale, ma anche tutte le trasformazioni di stato del corpo umano dopo la morte, ossia: resti mortali, ossame e ceneri).

Troverebbero, in ogni caso, applicazione le norme di legge e regolamento in materia di procedimento amministrativo e di documentazione amministrativa (ad esempio, ricorrendo ad un’istanza sottoscritta da tutti gli interessati con l’osservanza dell’art. 38 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445[9]).

Anche il “non uso” può esser un inadempimento causa di decadenza, si pensi, ad esempio ad una “tomba prenotata” rimasta vuota anche dopo la morte dell’avente diritto ad esservi sepolto, il quale, ovviamente è stato sepolto in altro sito.

Capitolo a parte merita la ricostruzione o demolizione del sepolcro, fatta salva forse l’ipotesi del ricorso alla procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/1990, per riattare tombe non a norma con l’Art. 76 comma 3 DPR 285/1990 in quanto essa costituisce un adeguamento a norme e prescrizioni tecniche estranee ai soggetti del rapporto (comune, quale concedente da un lato e concessionario dall’altro): il comportamento illecito di terzi (non tanto la ristrutturazione, che in ogni caso richiede l’autorizzazione comunale ex Art.94 comma 1 DPR 285/1990, ma soprattutto la predisposizione di ulteriori posti salma, violando l’Art. 94 comma 2 DPR 285/1990 comporta una situazione di “inadempimento contrattuale” che determina la decadenza.

Un’eventuale alienazione, essendo vietato ex Art. 92 comma 4 DPR 285/1990 per atto di diritto privato, costituisce una violazione, un’inadempimento degli obblighi derivanti dalla concessione (la concessione è fatto ‘al fine’ della sepoltura delle persone del concessionario, fondatore del sepolcro, e dei membri della sua famiglia (a cui e’ riservata)), alterazione del fine che costituisce fattore di decadenza, la quale va solo dichiarata avendo effetto dal momento in cui risulti alterata la funzione per la quale il sepolcro e’ stato fondato.
la patrimonialità dei sepolcri, già largamente in discussione nel passato, e’ venuta meno dal 28/10/1941, data di entrata in vigore del libro III codice civile, anche se formalmente la norma positiva di divieto è stata introdotta solo con l’avvento del vecchio regolamento nazionale di polizia mortuaria DPR 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976, per situazioni pregresse il comune con atto ricognitivo si limiterà a recepire agli atti lo status quo.

Nota dell’autore: ho volutamente corredato questo testo con immagini dure e provocatorie: non c’è nessuno spirito anticristiano, anzi, nella mia visione del mondo molto spirituale, l’abbandono di un Crocefisso (inteso anche e soprattutto come simbolo universale del dolore, della morte e della sue estrema dignità) trai i rifiuti lapidei ex DPR n.254/2003, è ben più di una semplice inadempienza in forza della quale invocare la decadenza.

________________________________________

[1] Le deliberazioni possono essere dichiarate immediatamente eseguibili, oggi, a termini dell’art. 134, comma 3 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, essendo stata da questo abrogata la legge 8 giugno 1990, n. 142 (art. 274. comma 1, lettera q)). Tuttavia, va meditato se le concessioni cimiteriali competano alla giunta comunale o non rientrino piuttosto nei compiti e funzioni di cui all’art. 107, commi 3 e seguenti D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e, prima, all’art. 51 dell’abrogata legge 8 giugno 1990, n. 142.

[2] Di norma il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Fatte salve le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria concernenti la successione delle persone alla morte del concessionario in relazione alla concessione -Ne consegue che gli eredi, se ammesso dal Regolamento, subentrano al concessionario defunto, quando questi non abbia deciso in modo diverso con disposizione di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico.

[3] Secondo una certa corrente della dottrina anche gli onerati potrebbero partecipare dello jus sepulcrhi il cui utilizzo è determinato dalla successione cronologica delle morti degli aventi diritto, altri studiosi, invece, limitano l’estensione dello jus sepulcrhi solamente ai consanguinei del concessionario.

[4] Cassazione civile, Sez. I, 7 febbraio 1961 n. 246 Il diritto primario di sepolcro rispetto ad una tomba gentilizia importa il diritto alla tumulazione in quella tomba e determina una comunione indivisibile fra tutti i titolari del predetto diritto primario, sicché resta escluso il potere di disposizione della tomba stessa da parte di uno o di alcuni solo tra i predetti titolari o aventi causa da essi. Il diritto secondario di sepolcro importa il diritto di accedere alla tomba per compiervi gli atti di culto e di pietà verso le salme dei propri congiunti o dei propri danti causa, ivi legittimamente seppellite nonché il diritto di impedire atti che turbino l’avvenuta tumulazione delle predette salme. Il diritto secondario di sepolcro si risolve in un ius in re aliena che grava sulla tomba e ne segue gli eventuali trasferimenti. Per la validità dell’atto di disposizione di una tomba, non è necessario il consenso anche dei titolari del diritto secondario di sepolcro rispetto a quella tomba. I predetti titolari però hanno il diritto di far dichiarare la nullità di quelle clausole, dell’atto di disposizione, che importino turbativa della sistemazione già data legittimamente alle salme dei propri parenti o danti causa o che ledano, comunque, il contenuto del proprio diritto secondario di sepolcro.

[5] In merito agli atti di disposizione sulle sepolture private bisogna ricordare come l’art. 71 R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880 consentisse la trasmissione dei diritti sulle sepolture private mediante atti inter vivos o mortis causa, previsione spesso presente anche in regolamenti comunali di polizia mortuaria ad esso successivi. Tuttavia, tale norma era comunque inapplicabile ed “abrogata” fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, che aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.

[6] L’estinzione sussiste solo nel caso di concessione a tempo determinato. Una concessione perpetua può solamente essere revocata, può decadere, ma nei precisi casi in cui ciò viene deliberato dal Comune.

 

[7] Occorrono norme piuttosto rigide e selettive per scongiurare compravendite mascherate di posti salma, vietate dalla norma (art. 92 comma 4 del DPR 285/90) e generalmente sanzionate dai regolamenti comunali con la decadenza della concessione stessa.

[8] La famiglia del concessionario è comunque da intendersi composta dagli ascendenti e discendenti, in linea retta e collaterali, ampliata agli affini, fino al sesto grado se ciò viene specificato nel regolamento di polizia mortuaria comunale. Per gli ascendenti e discendenti in linea retta il diritto alla tumulazione è stato implicitamente acquisito dal fondatore il sepolcro, all’atto dell’ottenimento della concessione. Per i rimanenti è il regolamento comunale che può estenderlo. In assenza di norma specifica nel regolamento, laddove si voglia consentire la sepoltura di collaterali ed affini, questa deve essere autorizzata di volta in volta dal titolare della concessione con apposita dichiarazione, facendo riferimento al 2° comma dell’art. 93 del DPR 285/90 (benemerenze).

[9] il diritto di sepolcro rientra tra i diritti personalissimi e che hanno riguardo ai c.d. diritti della personalità (per cui, forse, la c.d. scrittura privata non autenticata potrebbe ravvisarsi come non idonea).

Written by:

Carlo Ballotta

801 Posts

View All Posts
Follow Me :

67 thoughts on “La DECADENZA delle concessioni cimiteriali

  1. BUONASERA, AVREI BISOGNO DI UNA VS. CONSULENZA: IL COMUNE IN CUI ABITO ( REGIONE LOMBARDIA, PROV. DI MILANO) MI CHIEDE DI RINNOVARE OPPURE NO LA CONCESSIONE DELLA TOMBA DI PAPà. AL PREZZO DI € 1.300- SI TRATTAVA DI UNA CONCESSIONE X 30 ANNI A RINNOVO GRATUITO STIPULATA NEL 1973.
    L’AMM. COMUNALE PERò NEL 2000 CON UNA DELIBERA HA MODIFICATO QUESTO TIPO DI CONCESSIONI, METTENDO IL RINNOVO GRATUITO VALIDO SOLO UN A VOLTA X 15 ANNI E NON PIU’ PER TRENTA…SENZA AVVISARE GLI EREDI INTERESSATI DI QUESTO CAMBIAMENTO …MIA SORELLA ED IO ABBIAMO RISPOSO AL COMUNE CHE NON POSSONO CAMBIARE I CONTRATTI UNILATERALMENTE E CHE QUINDI QUESTI EREDI INTENDONO OCCUPARSI SICURAMENTE ANCORA DELLA TOMBA ( NEL 2003, QUINDI DOPO 30 ANNI , COME D’ACCORI AVEVAMO Già COMUNICATO AL COMUNE LE NS. INTENZIONI E NESSUNO CI AVEVA COMUNICATO CHE LE REGOLE ERANO CAMBIATE) MA CHE NON INTENDONO PAGARE X IL RINNOVO DELLE CONCESSIONE.
    IL COMUNE CI HA APPENA RISPOSTO CHE SE ENTRO FEBBRAIO 2018 LA CONCESSIONE NON VIENE RINNOVATA DIETRO CHIARAMENTE IL DOVUTO PAGAMENTO, LA TOMBA RIENTRERà NELLE DISPONIBILITà DEL COMUNE E CHE LA POTRà LIBERARE IN CASO DI NECESSITà.
    Può IL COMUNE FARE QUESTO? CIOè Può NON RISPETTARE UN CONTRATTO A SUA VOLTA SIGLATO?

    UN ALTRO PROBLEMA L’ABBIAMO CON IL LOCULO DEI NONNI. IDEM CI CHIEDONO IL RINNOVO DELLA CONCESSIONE – € 400
    IN QUESTO CASO CI HANNO RISPOSTO CHE TUTTE LE CONCESSIONI SUPERIORI A 99 ANNI ( PERPETUE) SONO STATE REVOCATE….NOI ABBIAMO FATTO LORO PRESENTE CHE LE CONCESSIONI PERPETUE NON SI POSSONO REVOCARE , CHE IN TAL SENSO SI è PRONUNCIATA ANCHE IL CONSIGLIO DI STATO – SEZ, V 8 OTTOBRE 2002 NR. 5316…MA NIENTE, CI HANNO RISPOSTO PICCHE….POSSONO?

    GRAZIE INFINITE DI UNA C.SE RISPOSTA

    1. X Manuela,

      in buona sostanza si vorrebbe sapere se il Comune con delibera (di Giunta? del Consiglio? non mi addentro nelle rispettive competenze…per manifesta incompetenza stabilite e tipizzate dal Testo Unico Ordinamento Enti Locali) possa modificare le condizioni di rinnovo a titolo gratuito di una concessione .
      Ora, se non erro il rinnovo non è una semplice novazione ex art. 1230 Cod. Civile, ma la costituzione di un rapporto giuridico del tutto nuovo, dopo la naturale estinzione di quello precedentemente sorto ed ora spirato, magari pure con diverse clausole contrattuali, fors’anche rielaborate ed aggiornate, avente per oggetto fisico lo stesso sepolcro privato in scadenza

      Dunque: in dottrina (Dr. Sereno Scolaro sul forum http://www.enti.it) si afferma perentoriamente come qualunque concessione fatta ex novo o rinnovata sia sempre a titolo oneroso per il richiedente, lo stesso dicasi per una semplice proroga del rapporto concessorio, in cui non si avrebbe mutamento degli obblighi sinallagmatici contratti in origine ma solo un prolungamento nel tempo degli stessi e dei loro effetti. Si veda, tra l’altro il combinato disposto tra gli artt. 95 e [deduttivamente] 103 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, implementati, poi, estensivamente da paragrafo 14.3 Circ. Min. Sanità 24 giugno 1993 n. 24 Sul calcolo dei canoni concessori consiglio la consultazione dell’art. 4 comma 2 D.M. 1 luglio 2002 emanato ai sensi dell’art. 5 comma 2 Legge n. 130/2001, senza dimenticare i parametri ordinari di contabilità, nella determinazione di costi e tariffe comunali dettati dall’art. 117 D.Lgs n. 267/2000.

      Qui l’antinomia stridente (e i conflitti tra norme e principi primi si superano con procedimenti di estensione o compressione tra gli stessi, secondo la più autorevole teoria del diritto moderno). mi pare consistere tra il generale e logico principio del tempus regit actum e la natura stessa della concessione cimiteriale che a memoria (dall’editto di Saint Cloud del 1804, in avanti, transitando attraverso tutti i regolamenti speciali di polizia mortuaria dell’evo post-unitario, è sempre a pagamento) a maggior ragione oggi, quando anche l’inumazione in campo comune di terra (cioè la forma istituzionale di sepoltura, è a titolo oneroso per il cittadino giusta l’art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26.

      Personalmente vedrei come possibile e verosimile giustificazione legittimante al comportamento adottato dal Suo Comune una sorta di “riforma in regime di autotutela decisoria (Leggi n. 15/2005 e n. 80/2005 di modificazione e revisione della Legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo)” degli atti concessori attuata dal Comune anche per non incorrere nel danno erariale da mancati introiti sulle concessioni ed i loro rinnovi ex art. 93 D.Lgs n. 267/2000: bisognerebbe però ex artt. 7 e ss L.egge n. 241/1990 dar comunicazione dell’avvio del procedimento e l’iter sarebbe, comunque, piuttosto complesso (di solito di ricorre allo strumento giuridico di una determina dirigenziale con cui correggere l’errore nell’atto concessorio.

      Forse si è trattato una irregolarità involontaria da emendare con le modalità previste dall’ordinamento, senza alcun pregiudizio per gli interventi di estumulazione già programmati, fatte salve le comunicazioni e gli accordi con i concessionari interessati ed i loro aventi causa. Non è superfluo rammentare, a proposito della rettifica dell’atto amministrativo, che l’errore materiale nella redazione di un provvedimento amministrativo si concretizza quando il pensiero del decisore sia stato tradito ed alterato al momento della sua traduzione in forma scritta, a causa di un fattore deviante che abbia operato esclusivamente nella fase della sua esternazione. La rettifica, concernendo un errore materiale: • non richiede una motivazione rigorosa (come invece risulta necessario nel caso dell’annullamento d’ufficio, con conseguente sottoposizione alle condizioni prescritte dall’art. 21-nonies, comma 1, della legge generale sul procedimento amministrativo – Legge n.241/1990 e ss.mm.ii.). • non richiede neppure di valutare comparativamente l’interesse pubblico e l’interesse privato coinvolti, essendo finalizzata a rendere il contenuto del provvedimento conforme alla reale volontà di chi lo ha adottato. Per un migliore approfondimento del lettore, si consiglia la lettura della recente massima del Supremo Giudice Amministrativo (CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – SENTENZA 5 marzo 2014, n.103) Nel caso di specie è ragionevole ritenere che non si debba procedere ad annullamento per due importanti ragioni: per il principio di conservazione degli atti amministrativi ed anche per evitare un inutile dispendio di spese di contratto che in questo caso andrebbero a gravare sull’ente locale/concedente. In pratica si dovrà procedere con apposite determinazioni dirigenziali (anche una determina unica, che contenga però l’elencazione di tutti gli atti concessori censiti e soggetti a rettifica). Copia del provvedimento amministrativo dirigenziale andrà notificato a ciascuno degli interessati eredi per il prosieguo delle operazioni materiali ed amministrative concernenti l’estumulazione del loro parente.

      ***********************

      Quanto poi alla seconda domanda: si sta formando, specie nei giudizi di primo grado della giustizia amministrativa, un orientamento piuttosto aggressivo e tutto sommato consolidato sulla presunta intangibilità delle concessioni perpetue: esse possono d’imperio esser revocate o ricondotte al regime del tempo determinato (e quindi sottoposte a rinnovo) il motivo è semplice: la perpetuità nasconderebbe un’occulta forma di proprietà (pleno jure) sui beni cimiteriali, i quali, invece, sono ascrivibili al demanio specifico e necessario del Comune ex art. 824 comma 2 Cod. Civile.

  2. Buona sera, sono in possesso di una concessione per 2 loculi della durata di 99 anni dal momento della tumulazione.
    Adesso passati 30 dalla tumulazione il Comune mi chiede oneri pari a 1700 euro a loculo per rinnovo della concessione in quanto è variato il regolamento cimiteriale comunale.
    L’alternativa è quella dell’esumazione.
    Mi chiedo se la variazione fatta negli anni 90 possa avere effetto retroattivo.
    E poi moralmente se chi aveva deciso di comprare dei loculi con la certezza di occuparli per 99 anni non so se avrebbe speso la stessa cifra per 1/3 de tempo.
    E ancora, chi mi garantisce in caso di pagamento per il rinnovo di 30 anni, che prossimente tale data venga ulteriormente ridotta?
    Grazie

    1. X Paola,

      si sta formando, specie nel primo grado della giustizia amministrativa, una giurisprudenza piuttosto aggressiva sulla trasformazione delle concessioni cimiteriali perpetue in rapporti giuridici a tempo determinato, in base alla riforma del regolamento comunale di polizia mortuaria, poiché la durata illimitata – è questa la tesi cui il Giudice accede sempre più frequentemente – occulterebbe, in modo velato e surrettizio, un pieno diritto di proprietà su beni, come i sepolcri, che invece sono demaniali e, dunque, pubblici ex art. 824 comma 2 Cod. Civile.

      Qui il problema è diverso, siccome stiamo ragionando di una concessione 99ennale, ossia a tempo determinato, per la quale dovrebbe, pur sempre valere il principio del TEMPUS REGIT ACTUM, ovvero dell’irretroattività dello jus superveniens sulle situazioni pregresse, a meno che l’atto di concessione contenga una sorta di clausola in divenire, relativizzando il contratto posto in essere rispetto alla novelle del regolamento municipale le quali, eventualmente potrebbero succedersi nel rivolgere delle epoche storiche, il diritto è comunque, al pari di ogni fenomeno sociale, una costruzione in divenire.

      Sarebbe interessante sapere da quale Regione Lei scriva, in quanto in certe aree geografiche del Nord Italia, più o meno, erano, nel passato, presenti impostazioni strategiche per il buon governo del cimitero, in cui i Regolamenti comunali di polizia mortuaria, anche molto risalenti, prevedevano, un’ipotesi di rinnovo, definita, a volte, quale conferma, spesso trentennale, delle concessioni anche perpetue (o, meglio, a tempo indeterminato), ipotesi che, prescindendo dal nome juris, si sarebbe potuta ricondurre ad una sorta di canone ricognitorio, dette norme regolamentari in un caso, sono state dichiarate illegittime dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. 5^, sent. 5505 del 11/10/2002).

      Nel caso rappresentato, é per altro difficile ogni ulteriore indicazione, non disponendosi di elementi sufficienti, tra cui la specifica previsione del Regolamento comunale di polizia mortuaria assunto a riferimento, che, oltretutto (sembrerebbe), non é stata oggetto di impugnazione nei termini, con la conseguenza che una sua eventuale illegittimità potrebbe essere eccepibile in sede giudiziale, eccezione che se accolta dal giudice, potrebbe essere oggetto di:

      a) disapplicazione, che avrebbe effetti solamente nel caso concreto oggetto del singolo giudizio.

      b) dichiarazione di nullità probabilmente per violazione di legge o eccesso di potere erga omnes.

  3. X Nicola

    La modalità operativa corretta da seguire sarebbe stata quella di provvedere all’estumulazione d’ufficio, alla naturale e fisiologica scadenza delle concessioni, magari dopo un congruo periodo di ulteriore attesa (…i ritardatari cronici sono sempre in agguato!), per tutti quei manufatti cimiteriali (edifici o porzioni degli stessi) verso i quali, per manifesto disinteresse, i concessionari non abbiano voluto procedere al rinnovo del rapporto concessorio, ponendo tra l’altro tutti gli oneri del disseppellimento in capo ai medesimi soggetti obbligati, anche se questi ultimi non siano molto propensi a sostenerli, specie per concessioni di lunga durata.

    Prescinderei anche dall’art. 1 comma 7-bis D.-L. 392/2000 (convertito nella Legge n. 26/2001), siccome un tale principio sussisteva anche prima di tale norma.
    Infatti, trattandosi le tumulazioni tutte di sepolcri privati, ogni onere non può non essere a carico dei familiari/concessionari, non potendosi avere che tale forma di sepoltura comporti oneri a carico del bilancio comunale. In nessun caso.

    Quindi sono, ed erano a titolo oneroso le estumulazioni, le spese di pulizia e sanificazione del loculo, la sostituzione della lapide (in modo che, dal giorno successivo alla scadenza possa esservi assegnazione a terzi), l’onere dell’inumazione post-estumulazione, l’eventuale cremazione, incluse le operazioni di collocamento nell’ossario comunale, quando possano legittimamente eseguirsi (memento Art. 87 DPR n. 285/1990)
    L’onere grava sul concessionario per le prime, mentre per le seconde sul coniuge o, se manchi, sui parenti nel grado più prossimo e, in caso di pluralità, tutti solidalmente sono tenuti a corrispondere le spese.

    Non si dimentichi come le concessioni cimiteriali, quale ne sia la tipologia o l’estensione nel tempo, costituiscano sempre sepolcri privati nei cimiteri, con conseguente “sottrazione” uti singuli del relativo spazio cimiteriale alla fruizione da parte della comunità locale, da ciò consegue che non possano derivarne, in alcun caso, oneri a carico del comune, neppure per quanto riguarda il necessario recupero delle generali spese di gestione cimiteriale.

    Le concessioni per sussistere necessitano di un REGOLARE ATTO CONCESSORIO (Art. 98 DPR n. 285/1990), per di più a titolo sempre oneroso ai sensi del combinato disposto tra gli Artt. 95 e [retroattivamente!] 103 DPR n. 285/1990.

    Se non concorrono questi due elementi ad sustantiam la concessione cimiteriale è tamquam non esset, inesistente e, al più, si potrebbe pure esser concretizzato, nel tempo, un uso della tomba sine titulo, ovvero senza legittimazione alcuna, ossia un’occupazione di fatto o, meglio, abusiva.

    Essa andrebbe risolta con la rimozione, a totale onere dell’occupante, delle spoglie mortali prive di Jus Sepulchri e, dunque, deposte senza titolo in quel determinato sepolcro oggetto di indagine, con la corresponsione degli oneri (almeno per i periodi non perenti, in quanto già caduti in prescrizione ex art. 2946 Cod. Civile?), e loro interessi nella misura del saggio legale (ex artt. 1277 e 1284 Cod. Civile), secondo i vigenti canoni concessori stabiliti dal Comune in base agli odierni parametri contabili generali dettati dall’art. 4 comma 2 lett. a) e b) D.M. 1 luglio 2002 emanato ex art. 5 comma 2 L. n. 130/2001, o in loro mancanza di somme non inferiore ad un pro-rata annuo delle tariffe di concessione presenti nel tempo, derivanti dall’indebito utilizzo di beni di proprietà comunale, aventi, tra l’altro, essenza demaniale.
    C’è, poi, questa ulteriore puntualizzazione: eventuali, protratte ed ingiustificate inerzie nel varare i dovuti provvedimenti produrrebbero danno erariale ai termini dell’art. 93 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e succ. modif, per omessa tutela della posizione dell’amministrazione locale titolare del manufatto demaniale, con segnalazione di rito alla Corte dei Conti, Sez. Regionale, l’azione, comunque, si prescrive in cinque anni.

    Si potrebbe, forzando un po’ la mano, superare questo aspetto, con un atto deliberativo (di giunta comunale) con il quale, dandosi atto della situazione per come evolutasi, si giunga nella considerazione di una “sanatoria”.

    Per altro, sembrerebbe di cogliere come l’amministrazione possa avere l’orientamento per un intervento che le consenta di modificare le condizioni inizialmente previste ipotesi a cui si potrebbe, a certe condizioni, anche giungere, ma considerando le concessioni come inesistenti, attivandole ex-novo, corrispondendo oggi le tariffe attuali (e quindi con la durata attuale), ma facendo altresì pagare l’occupazione “sine titulo” pregressa, magari sulla base delle tariffe di anno in anno vigenti nei diversi periodi di “occupazione” di fatto dei posti di sepoltura a tumulazione.

    Se è questa la tendenza dell’amministrazione, la quale, oltretutto, potrebbe anche essere individuata come il rimedio preferibile dal punto di vista strettamente giuridico, dovrebbe anche essere messa in conto una probabile “resistenza” da parte delle famiglie interessate, che spesso hanno la percezione di essere, visto il tempo trascorso e l’uso (non precedentemente contrastato dall’amministrazione) protrattosi, titolari di un diritto consolidato, perfetto ed acquisito, anche se così proprio non è, anzi è vero l’esatto contrario!

  4. Buongiorno, mi chiamo N.R. – sono dipendente del Comune di T. (AL) e
    responsabile Area Amministrativa del Comune di T. e Responsabile della stipula dei contratti.
    Chiedo cortesemente di poter avere informazioni in merito ad una concessione loculo cimiteriale decorrenza 1967- Durata stabilita dal Reg. C.le anni 30, per cui scadenza 1997. In tutto questo periodo non è stato richiesto alcun rinnovo da parte degli aventi diritto. Nel 2015 il Comune avvisa pubblicamente con manifesti tutti coloro che hanno concessioni in scadenza per eventuali rinnovi. La data di rinnovo della nuova concessione dovrebbe decorrere dalla scadenza della precedente e gli eredi dovrebbero versare l’importo stabilito per i 30 anni dal 1997 al 2027. E’ possibile ai sensi del Dispositivo dell’art. 2948 Codice Civile – ( IV – Del termine della prescrizione) si prescrivono in cinque anni:
    3) le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni [1587 n. 2,1607, 1639] (4);(per analogia) applicare a questi casi.
    Potrebbe essere possibile anche (vista la molteplicità dei casi come sopra) un’eventuale sanatoria comportante la stipula oggi degli atti di concessione e, ovvio, il pagamento delle relative spese.

  5. X Francesco,

    certo, la Lombardia si è dotata di apposito regolamento regionale che in parte, con andamento carsico, copia o si sovrappone al caro e vecchio DPR 10 settembre 1990 n. 285, implicitamente riformandolo, ma qui, per una volta almeno, anche se le novelle su base regionale ormai prevalgono pacificamente sul regolamento statale, nel caso specifico, invero, un po’vetusto richiamerei i principi del diritto amministrativo secondo cui la pronuncia di decadenza della concessione cimiteriale è conseguente ad una criticità, un’ incrinatura nel rapporto concessorio di natura patologica. La decadenza sanzionatoria, infatti, viene dichiarata, per grave inadempienza unilaterale del concessionario alle obbligazioni contratte al momento della stipula dell’atto concessorio, ad esempio per omessa manutenzione del sepolcro oppure uso del sepolcro in modo difforme rispetto alle clausole dell’atto concessorio.

    Nella questione posta, invece, vedrei una causa estintiva della concessione dovuta al possibile esaurirsi degli originari fini per cui, all’epoca sorse il rapporto concessorio: la fattispecie in esame rievoca una figura molto in voga allorquando sarebbero state possibili le concessioni perpetue, in regime del vecchi regolamenti statali di polizia mortuaria: cioè la tomba a tempo indeterminato sì, ma spesso monoposto e con un particolare vincolo di destinazione, vale a dire racchiudere sub specie aeternitatis SOLO ed UNICAMENTE le spoglie mortali di quella e solo quella persona espressamente indicata nell’atto di concessione.

    I titolari dello Jus Sepulchri, facenti parte della cosiddetta riserva ex Art. 93 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285, sono di solito, nelle tombe pluriposto nominativamente indicati nell’atto di concessione e questo per evitare liti tra più parimenti aventi diritto, almeno potenzialmente, nel silenzio dell’atto di concessione si presume che, salva diversa destinazione jure haereditatis del sepolcro, il sacello sia di tipo famigliare, così il titolo per godere della sepoltura sarà costituito dall’appartenenza alla famiglia del fondatore, famiglia la quale, a questi effetti, è definita dal regolamento comunale di polzia mortuaria.

    Il rapporto concessorio, per un uso privato di beni demaniali, quali sono i sepolcri tutti a sistema di tumulazione, infatti, trae legittimazione giuridica dal regolamento comunale di polizia mortuaria, strumento indispensabile perchè si faccia concessione, e dallo stesso regolare atto di concessione, queste due fonti si completano ontologicamente a vicenda, a monte vi è la norma, generale ed astratta da cui a valle discendono gli effetti, riferibili alla singola concessione posta in essere delle clausole contrattuali sottoscritte da ambo le parti.

    Con questa formula, di solito scritta nella convenzione la quale s’accompagna all’atto concessorio, in sè provvedimento unilaterale ottriato ed adottato dalla pubblica amministrazione, il fondatore del sepolcro in qualche modo si garantiva per il futuro, “blindando” lo status quo della tomba per gli anni a venire, contro il rischio di eventuali traslazioni indesiderate, bisogna riconoscere, in effetti, come altissimi, nella materia cimiteriale, siano, soprattutto nella mentalità ottocentesca, gli slanci romantici ed ideali….insomma requiescant in pace!

    Se l’estumulazione si esegue, a rigor di logica, alla scadenza delle concessione dalle tombe perpetue di durata illimitata possiamo dedurre facilmente come l’estumulazione stessa (quella ordinaria) sia del tutto inibita, se non per causa disfunzionale (ipotesi altamente rarefatta!). Qui però trova applicazione l’Art. 88 del REgolamento Nazionale di Polizia Mortuaria (trasferimento di feretro in altra sede) valido ancor oggi in Regione Lombardia ed integrato per le procedure di dettaglio dalla normazione comunale.

    Per questi motivi consiglio vivamente di:

    1) verificare attentamente l’atto di concessione ed il suo contenuto, infatti, nel suo articolato potrebbero rinvenirsi disposizioni chiarificatrici sulle conseguenze di un’eventuale estumulazione, comunque se il loculo oggetto di estumulazione a suo tempo fu dedicato esclusivamente al defunto ivi sepolto e per il quale si richiede la traslazione, potrebbero ricorrere gli estremi per un atto ricognitivo da parte dell’autorità comunale in cui si attesti lo spirare dello jus sepulchri, limitatamente a quel loculo.

    2) controllare sulla base di quale titolo di accettazione (ex Artt. 93 e 102 DPR 10 settembre 1990 n. 285) un presunto estraneo alla famiglia del concessionario (è comunque un parente stretto?) sia stato accolto nel sepolcro di cui sopra. Dico questo, perché in molte realtà locali è invalsa da tempo immemorabile l’inveterata abitudine (con la compiacenza degli uffici di polizia mortuaria) di prestare i posti salma a soggetti non appartenenti alla famiglia del fondatore, ovvero non legati a lui da vincoli di sangue, in una sorta di deroga illegittima alla lex sepulchri istituita nell’atto concessorio, quando invece, la riserva dello Jus Sepulchri sorge sempre jure sanguinis Questo (ab)- uso contra legem potrebbe sì esser cagione di decadenza sanzionatoria, per grave violazione dei patti contrattuali.

    3) Cercare nel regolamento comunale come siano normati ipotetici effetti estintivi della concessione dovuti ad estumulazione, a questo punto straordinaria.

  6. Scrivo da un Comune della Regione Lombardia.

    La mia domanda è questa: una concessione posta in essere per una tomba con due posti sovrapposti intestata ad un soggetto ancora in vita diverso dal defunto sepolto decade se il feretro ivi deposto viene estumulato e sottoposto a cremazione poi traslato nel medesimo cimitero, ma in una diversa sistemazione sepolcrale?

    Grazie per l’attenzione.

  7. X Carlo (che evidentemente è un mio omonimo, e si occupa di concessioni cimiteriali, dopo tutto in nomen omen, come dicevano gli antichi Romani, ossia nel nome è scritto un destino!)

    Art. 92 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, il quale vale come norma quadro e generale: il Comune ha sempre facoltà (e mai OBBLIGO, cioè “può” ma non necessariamente “deve”!) di concedere sepolture private e di rinnovarle, quando esse giungano alla naturale scadenza per causa fisiologica.

    Le procedure di dettaglio (…e di merito, ovvero se rinnovare o meno) sono stabilite dal Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria, di cui ogni Comune è tenuto, per Legge, a dotarsi, come strumento principe di buon governo del fenomeno funerario a livello locale.

    E’ interessante un’ultima riflessione: spesso si sovrappongono (indebitamente?) i vocaboli di “rinnovo” e “proroga” del rapporto concessorio. Mentre quest’ultima è un semplice prolungamento temporale della concessione, “ceteris paribus”, ossia a parità delle condizioni contrattuali fissate nell’originario atto concessorio, una novazione ex Art. 1230 Cod. Civile del rapporto concessorio, potrebbe anche alludere al costituirsi di un rapporto concessorio del tutto nuovo (con clausole differenti da cui scaturiscono diverse obbligazioni sinallagmatiche) avente però per oggetto fisico la stessa tomba. Ciò è importante quando, magari, si debba estendere lo Jus Sepulchri, ex Art. 93 DPR n. 285/1990, a persone originariamente estranee alla cosiddetta riserva, dilatando, così, la rosa dei soggetti titolari del diritto d’accoglimento in quel determinato sepolcro privato.

  8. Buongiorno, è possibile conoscere se esiste una legge, a livello nazionale, in merito concessioni proroghe loculi cimiteriali.
    GRAZIE.

  9. X Novella (che è una fan “sfegatata” di questo blog!)

    Ai sensi dell’art. 824 comma 2 Cod. Civile. i cimiteri sono soggetti al regime di demanio pubblico e, pertanto, le aree cimiteriali sono beni del demanio
    comunale speciale: esse sono destinate a soddisfare un interesse pubblico primario. I manufatti cimiteriali sono beni del patrimonio comunale concedibili a terzi, a tempo determinato in regime di concessione, sulla base di specifiche norme regolamentari. La realizzazione di cappelle gentilizie è di solita autorizzata o con concessione ai privati del diritto di superficie (o del solo diritto d’uso?) oppure le cappelle sono realizzate direttamente dal Comune ed assegnate in concessione pluriennale, massimo per 99 anni, salvo rinnovo ex Art. 92 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285.

    Esauritasi la concessione, quindi, il sepolcro, inteso come corpus compositum tra opera edilizia, arredi votivi e materiali lapidei viene acquisito per accessione (art.934 -937 cod.civile ) al patrimonio cimiteriale del comune e assoggettato al regime dei beni demaniali. Il Comune potrà certamente riconcedere i loculi così liberatisi, anche singolarmente ma con un contratto ad obbligazioni sinallagmatiche del tutto nuovo (condizioni, oneri, canone concessorio, durata…) e secondo le modalità previste dal regolamento comunale.

    Più che di proprietà, forse di dovrebbe parlare di titolarità condivisa, una sorta di comunione civilistica.

    Si potrebbe, dunque, in ultima analisi, distinguere tra il rapporto di concessione, riguardante l’area, e la mera proprietà del manufatto sepolcrale eretto su di essa, con la conseguenza che i co-titolari sono tenuti, solidarmente, agli obblighi dell’art. 63 dPR 10/9/1990, n. 285, fin tanto che duri la concessione, solo dopo il manufatto sarà acquistato, per accessione, al demanio comunale.

    Agli effetti concreti, il manufatto diventa di proprietà e disponibilità del comune (essendo l’area demaniale) che ne entra così in possesso, e se l’ex (ormai, dopo la scadenza) concessionario non richiede, prima della scadenza stessa, di rimuovere quanto costruito, retrocedendo l’area solo quando essa sia stata ripristinata nelle condizioni presenti al momento della concessione, o ciò non sia possibile senza pregiudizio (e mi pare proprio questo il caso; anche per il fatto che sarebbe, comunque, decorso il termine dell’art. 935 Cod. Civile sulla notizia dell’incorporazione, se non altro per il fatto che la concessione aveva come finalità immediata proprio la l’erezione del sepolcro),v a corrisposto il valore dei materiali (non dell’edificio in sè, ma delle opere, cioè del corpus compositum di cui il sepolcro è costituito), al prezzo in cui sono stati acquistati, senza alcun aggiornamento o attualizzazione (art. 1277 Cod.Civile), sulla base di titoli idonei a provarne il relativo costo, come fatture, contratti registrati, ecc.

    In difetto di prove sulla consistenza economica dei materiali impiegati, il manufatto diventa semplicemente di proprietà del comune (salvo che i concessionari non vogliano richiedere un accertamento giudiziale del valore di quest’ultimi, operazione, la quale parrebbe forse anche sproporzionata). Le procedure di dettaglio sono dettate dal Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria.

  10. Buongiorno, chiedo un altro piccolo aiutino nel chiarirmi le idee su un caso
    La concessione di un’area cimiteriale è scaduta. (Era stata concessa per 30 anni).
    Nessuno è interessato a rinnovare la concessione dell’area, invece i parenti dei defunti tumulati nei loculi realizzati nell’area (due loculi singoli) sarebbero interessati a rinnovare la concessione dei soli loculi (il che si spiega col fatto che la durata del rinnovo è diversa per i vari casi). Chiedevo: alla scadenza della concessione dell’area, se nessuno la rinnova, i manufatti realizzati sull’area entrano nella disponilità del comune?? O cosa accade? Se rientrano nella disponibilità del comune pernso che esso possa concederli ai parenti dei defunti secondo le modalità del rinnovo delle concessioni dei singoli loculi.. o sbaglio?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.