La DECADENZA delle concessioni cimiteriali

Premessa:

Il profilo giuridicamente più rilevante dei sepolcri interni al cimitero é quello della natura della concessione e del diritto di sepolcro. Mentre vi é 6consenso circa la natura di demanio comunale dei cimiteri (cfr. art. 824 c.c.), si é invece molto dibattuto sulla natura, costitutiva o traslativa, della concessione comunale di porzioni di manufatti o di aree cimiteriali, allo scopo di realizzarvi sepolcri (Ing. Daniele Fogli).

I caratteri generali della concessione cimiteriale sono:

-rapporto Pubblica Amministrazione/concessionario: dove quest’ultimo è assoggettato alla
supremazia (potestas imperii) della prima, la quale è comunque tenuta all’imparzialità;
– vincolo di destinazione alla funzione sepolcrale;
– temporaneità;
– onerosità;
– divieto di destinazione a scopo di lucro o speculazione
– limitazione del diritto d’uso a soggetti predeterminati o predeterminabili.

E’ora, opportuno meditare su questo pronunciamento giurisprudenziale: Consiglio di Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505: “La normativa regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall’art. 4 delle disposizioni preliminari al codice civile. La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è in contrasto con la disposizione di cui all’art. 93 del regolamento governativo approvato con D.P.R. n.803/1975 (il cui contenuto è stato poi ripetuto nell’art. 92 del D.P.R. 10.9.1990 n.285). Detta disposizione statale, dopo aver precisato che le concessioni cimiteriali rilasciate dopo l’entrata in vigore del regolamento, non possono avere una durata superiore ai 99 anni, salvo rinnovo, prevede per quelle anteriori, di durata superiore ai 99 anni, la facoltà di revoca da parte del Comune quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma e si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero. Consente poi al Comune, con l’atto di concessione, di imporre al concessionario determinati obblighi tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato, pena la decadenza della concessione. Con la conseguenza che nella normativa statale, per le concessioni di durata superiore ai 99 anni rilasciate anteriormente al D.P.R. n.803/1975, l’esercizio del potere discrezionale di revoca nell’interesse pubblico viene ancorato a due precisi presupposti (superamento di 50 anni dall’ultima tumulazione e grave insufficienza del cimitero), che debbono concorrere entrambi per la legittimità del provvedimento di revoca, mentre la decadenza viene consentita rispetto all’inosservanza di determinati obblighi a carico del concessionario da precisare con l’atto di concessione (o con la convenzione che sovente l’accompagna). Con l’entrata in vigore del D.P.R. n.803/1975, debbono ritenersi abrogate in parte qua le disposizioni regolamentari comunali che imponevano il rinnovo della concessione cimiteriale ogni trentennio.”

Il comune, quale titolare della demanialità dei cimiteri (art. 824, comma 2, c.c.), ha la facoltà di concedere a privati o ad enti l’uso di aree al fine della costruzione di sepolcri a tumulazione (e, certe condizioni, anche aree per impiantare campi ad inumazione), facoltà il cui esercizio, oltre che rimanere discrezionale, è subordinato alla preventiva espressa previsione della destinazione di tali aree a tale possibilità facoltativa dal piano regolatore cimiteriale (art. 91 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), in coerenza con le disposizioni che determinano il fabbisogno dei cimiteri (art. 58), da cui vanno, sempre, escluse le aree individuate dall’art. 59.
Se non vogliamo che aumenti, con progressione esponenziale, la quantità di sepolture abbandonate, in stato di profonda fatiscenza, diventa giocoforza impiantare un sistema di rilevamento che segua l’evoluzione dei diritti vantati sulle tombe e soprattutto la posizione di stato civile (decesso, rapporti di filiazione o coniugio…) degli intestatari delle stesse.

L’art. 63 del DPR 285/1990 contempla due casi di sepoltura privata abbandonata dagli aventi diritto:

a) per incuria;
b) per morte degli stessi

In genere il regolamento di polizia mortuaria comunale detta specifiche procedure di dettaglio al riguardo.
Come rilevato dalla giurisprudenza: TAR Piemonte, 3 aprile 1987 n. 130: “Per la sussistenza dello stato di abbandono di un’area cimiteriale ai fini dell’adozione del provvedimento di decadenza[1] della relativa concessione, debbono ricorrere precisi requisiti temporali ed oggettivi, nel senso che deve potersi dimostrare che da lungo tempo il titolare o chi per lui non si è recato in loco, ed oggettivi nel senso che l’area stessa deve risultare impraticabile e/o, comunque, il manufatto sulla stessa insistente gravemente deteriorato in seguito al lungo stato di abbandono…”.


Ai sensi dell’Art. 63 DPR 285/90 i concessionari debbono mantenere a loro spese per tutta la durata della concessione in buono stato di conservazione i manufatti di loro proprietà.

Per l’individuazione delle responsabilità L’aspetto da chiarire preliminarmente è sia vi sia stata concessione di area con costruzione dei manufatti da parte del concessionario, dove l’obbligo di manutenzione spetta al concessionario, che può essere diffidato ad eseguire i lavori ecc. e, se non provveda entro il termine assegnato, puo’ essere dichiarato decaduto (e la sistemazione dei feretri, i lavori di ripristino e quanto altro rimangono oneri a carico dei concessionari, esecutibili anche forzosamente), oppure se alla costruzione abbia provveduto, a suo tempo, il comune con l’assegnazione del solo diritto d’uso dei posti a tumulazione.

Nei Regolamenti di polizia mortuaria del 1891, del 1892, del 1942, del 1975, del 1990, oltre – ovviamente – a considerare la normale sepoltura in ingressoinumazione in campo comune, cioè quella che determina l’obbligo per i comuni e il fabbisogno, si parla sempre e solo di ammissibilita’ (se previste dal Piano regolatore cimiteriale, a partire dal DPR 803/1975, oggi art. 91 dPR 285/1990 (prima era previsto che la deliberazione consiliare di concessione dell’area fosse trasmessa al Prefetto, con l’obbligo, per il consiglio comunale, di provare documentalmente il numero dei decessi negli ultimi 10 anni, della superficie occupata e disponibile, ecc.)) di concessione di aree.

Da nessuna parte (più o meno a partire dalla prima legislazione in materia Post-Unitaria) non si parla mai dell’ipotesi che sia il comune, quale titolare dell’area cimiteriale, a provvedere alla costruzione di loculi: l’istituto è del tutto assente (nelle norme sopra citate, ma non nella prassi).
L’incuria a sua volta può originare o meno pericolo di rovina di parte o dell’intero sepolcro in stato di degrado. Un’altra forma di negligenza corrisponde all’omissione delle necessarie manutenzioni ordinarie e straordinarie. Laddove sia così previsto nel contratto, il Comune, quale autorità cui, ai sensi dell’Art. 51 DPR 285/90, spetta la potestà di ordine e sorveglianza sui cimiteri, può pronunciare, nel rispetto delle modalità procedurali indicate dalla Legge 7 agosto 1990 n. 241, la decadenza della concessione per inadempienza ai patti contrattuali.
Il rapporto tra l’amministrazione cittadina ed il concessionario, trattandosi il cimitero di demanio comunale, è regolato dal combinato disposto tra norme contrattuali e da quelle del regolamento comunale.

Il regolamento di polizia mortuaria comunale dovrebbe prevedere al proprio interno un articolo in cui viene precisato che le disposizioni in esso contenute si applicano anche alle concessioni ed ai rapporti costituiti anteriormente alla sua entrata in vigore e che comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria precedente cessa di avere applicazione dal giorno di entrata in vigore del presente. Ora non è dato sapere se ciò viene previsto nel regolamento comunale dello scrivente Comune. Si veda l’art. 86 dello schema di regolamento di polizia mortuaria comunale tipo, pubblicato su Antigone 3/94. Seguendo le procedure previste in detto regolamento, chiunque ritenga di poter vantare la titolarità di diritti d’uso su sepolture private in base a norme del Regolamento precedente, può presentare al Comune gli atti o i documenti che comprovino tale sua qualità al fine di ottenerne formale riconoscimento
Se tale circostanza non e’ specificata ne’ nel contratto ne’ nel regolamento di polizia mortuaria del Comune, quest’ultimo, in qualità di ente concedente, può intervenire nei casi di pericolo con la rimozione di manufatti, previa diffida ai componenti la famiglia del concessionario (e ai suoi credi) anche, ove occorra, per mezzo di pubbliche affissioni, meglio se in concomitanza con la commemorazione dei defunti quando molto alto è l’afflusso di visitatori in cimitero (Se per l’intervento non c’è la massima urgenza l’azione sollecitatoria, inizialmente può esser costituita da un invito per il quale la forma scritta risulta essenziale.)

Una volta ultimati i lavori necessari, il Comune dovrà notificare ad ogni concessionario, una ordinanza di ingiunzione di pagamento, col relativo importo. Si può derogare dal rivolgere le sollecitazioni a tutti i concessionari solo se siano stati precedentemente individuati, con norma regolamentare o atto di designazione una o più persone quali rappresentanti della concessione nei confronti del comune.
Se il regolamento cittadino di polizia mortuaria non ammette l’istituto del subentro nella posizione del concessionario/fondatore del sepolcro si può determinare abbastanza facilmente il venir meno con la scomparsa fisica del concessionario di ogni figura di soggetto giuridicamente obbligato.
Alcune delle caratteristiche che deve presentare una tomba per essere considerata senza dubbio abbandonata possono essere, per esempio, la non leggibilità delle iscrizioni (obbligatorie la data di nascita, morte, nome e cognome), la mancanza di decoro causata da sporcizia, erbacce l’affaticamento delle strutture murarie o lapidee, il pericolo di caduta di pezzi di tomba con possibili danni ai frequentatori.
In genere le contromisure strategiche per arginare questi fenomeni di deterioramento del patrimonio cimiteriale sono scritte nel regolamento di polizia mortuaria comunale, ma è di fatto obbligatoria la strada delle ricerche anagrafiche per identificare gli eredi o verificare se si sia estinta la famiglia.

In quest’ultimo frangente, nemmeno poi tanto raro, qualora gli ultimi membri della famiglia originaria non abbiano provveduto alla destinazione del sepolcro per il tempo successivo alla loro morte incaricando, ad esempio, una fondazione di provvedere alla manutenzione della tomba, con comunicazione della decisione assunta al comune, si presume vi sia l’abbandono amministrativo e quindi si delibera la decadenza della concessione.
Se invece vi sono aventi titolo, il primo passaggio di tutto l’iter da istruire è rappresentato da una formale diffida e solo se gli interessati non si prendono cura della tomba, garantendone, in tempi ragionevoli il ripristino, si pronuncia la decadenza.
Bisogna, però distinguere dalla conservazione del sepolcro in buono stato le opere manutentive magari indispensabili per poter tumulare salme nella tomba attraverso la procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/1990 implementata dall’allegato tecnico di cui al paragrafo 16 della Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24. Ad esempio potrebbero essere consentite tumulazioni di urne cinerarie, ma non di feretri. Se il Comune non può consentire la tumulazione di nessun feretro senza dette opere la situazione resta ferma per tumulazioni di feretri fintanto che queste non siano state effettuate. A nulla rileva il fatto che vi siano diversi titolari di altre quote della tomba: è l’uso della tomba per tumulazione di feretro che viene impedito. Se invece le opere manutentive non svolte consentono egualmente la tumulazione nella tomba, questa viene effettuata secondo il principio che chi prima muore tra gli aventi diritto alla sepoltura è colui che ha diritto alla tumulazione, fino alla capienza massima della tomba. In assenza di regolamentazione locale la scelta di procedere alla decadenza di quote di sepolcro viene ritenuta impugnabile per carenza dei presupposti.

La decadenza non è una sanzione, o un atto ablativo; essa consta in un fatto giuridico determinato dall’abbandono e dall’inequivoco animus di bellissimanegligere il sepolcro, rispetto ai fini originari, nei confronti del quale va adottato un provvedimento avente natura meramente dichiarativa, e non costitutiva, rientrante nelle funzioni e compiti di cui all’art. 107, commi 3 e seguenti, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, con la precisazione che ogni ritardo nella sua adozione determina la responsabilità di cui all’art. 93 stesso D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. La dottrina, però, ancora dibatte sulla natura di questo atto: il Virga la ritiene appartenente agli atti di ritiro; di avviso contrario sono invece lo Zanobini ed il Sandulli, i quali non considerano la pronuncia di decadenza un procedimento di secondo grado, giacché essa non prevede un riesame dell’atto. La competenza e’ dirigenziale (esclusiva e non derogabile, vedi art. 107, comma 4 D. Lgs. 267/2000) sia per le demolizione quanto altro (lett.- g) sia per la decadenza (lett. f), costituendo quest’ultima il risvolto negativo della concessione.
Sulla ventilata possibilità di procedere con un unico provvedimento c’è parere favorevole della dottrina salvo il caso il Regolamento (comunale) di cui all’art. 48, 3 D. Lgs. 267/2000 non attribuisca le i due poteri a distinti uffici.
Diventa comunque indispensabile una ricostruzione anagrafica per risalire agli aventi causa[2] del fondatore o comunque ai soggetti onerati[3], bisogna, infatti, distinguere tra diritto ad essere sepolto nella tomba ed obblighi manutentivi della stessa. Il diritto di sepolcro, infatti è jure sanguinis, cioè dipendente dal rapporto di consanguineità col fondatore del sepolcro ed svincolato dalla quota[4] ereditata.
La proprietà di un bene che insista su suolo cimiteriale dato in concessione non sempre comporta l’aver acquisito diritti sulla stessa concessione cimiteriale stessa, primo dei quali lo jus sepeliendi.

Il cosiddetto jus sepulchri, cioè il diritto ad essere sepolti nella cappella funebre o in un campetto ad inumazione dato in concessione ex Art. 90 comma 2 DPR 285/90 costituisce un diritto personale e non patrimoniale, così, deceduto il concessionario-fondatore del sepolcro, esso si trasmette[5] unicamente ai suoi discendenti in linea diretta (mai collaterale, salva espressa diversa deroga posta dal fondatore del sepolcro nell’atto di concessione o prevista dal regolamento comunale vigente al momento della fondazione del sepolcro) e non agli eredi che non siano anche discendenti del fondatore del sepolcro, i quali possono subentrare unicamente negli obblighi derivanti dalla concessione, principalmente consistenti nell’obbligo di manutenzione in condizioni di costante utilizzabilità ai fini sepolcrali od altri stabiliti dall’atto di concessione.
Il vero problema cruciale consiste, allora, nel tipo di ricerche che la p.a. deve compiere prima di dichiarare la irreperibilità degli aventi titolo.
In effetti una sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Civ.le, Sez. Unite, 9 marzo 1981) stabilisce come un semplice cartello appeso su una tomba, con il quale la p.a. invitava gli aventi titolo a presentarsi presso l’ispettorato del cimitero, senza altro aggiungere, non consegua il risultato di portare alla conoscenza degli interessati, dell’ingiunzione di eseguire opere di manutenzione e conservazione. Nemmeno con l’esposizione di tale ingiunzione all’albo pretorio, a giudizio della “Suprema Corte”, si sarebbe potuto dir assolto l’obbligo di comunicazione del provvedimento come previsto dall’art. 86 del regolamento comunale di polizia mortuaria del comune di Milano. La Corte di Cassazione confermava quindi il pronunciamento della Corte d’Appello di Milano, che aveva emesso sentenza di nullità verso il provvedimento con il quale il Sindaco aveva dichiarato decaduta la concessione.

“[…] Per conseguire quell’ideale coincidenza tra la conoscenza legale e quella effettiva della diffida, e conseguentemente evitare di porre in essere un atto di decadenza nullo, per violazione dell’obbligo di comunicazione, il procedimento che la p.a. dovrebbe adottare si sostanzia nello svolgimento di accurate e complete ricerche anagrafiche degli aventi titolo; qualora queste non sortissero i risultati sperati, il ricorso alle pubbliche affissioni appare l’ultima reale possibilità che ha la p.a. di adempiere all’obbligo di comunicazione”.

Qualora la p.a. non agisse in tal senso, sulla medesima graverebbe l’onere di provare l’avvenuta conoscenza del provvedimento da parte degli aventi titolo” (citazione tratta da Giurisprudenza: decadenza delle concessioni cimiteriali di Elisa Bertasi, La Nuova Antigone, 1/1997)
TNel caso di morte degli aventi diritto si procede a dar opportuna pubblicità dell’avvio della procedura di decadenza[6]. Si ritiene, inoltre, che il Comune abbia il potere, di inserire nel regolamento di polizia mortuaria comunale, anche ex novo, purché si lasci un congruo periodo di tempo a disposizione, norme che reprimano la colpevole trascuratezza delle sepoltura private, premiando, al contrario, un uso consapevole e responsabile delle tombe, anche al fine di rivalutare la funzione storica e sociale dei nostri cimiteri.
In seguito alla pronuncia di decadenza della concessione, la p.a. dovrebbe poi effettuare a proprie spese, traslazione, dei cadaveri, dei resti o delle ceneri negli appositi ambiti cimiteriali (campo inconsunti, ossario o cinerario comune), per dare luogo al restauro dei manufatti, o alla loro demolizione, in quanto beni ricadenti d’imperio, nella propria completa disponibilità.
Essendo intervenuta la decadenza, va ricordato che l’edificio costruito (cappella funeraria), i monumenti, le lastre tombali e gli accessori votivi divengono di proprietà del comune, per accessione (artt. 934 – 938 codice civile), producendo la contemporanea demanialità del manufatto stesso, per effetto dell’art. 825 codice civile.
Se la fattispecie della decadenza della concessione per estinzione della famiglia non è regolamentata attraverso il regolamento comunale, di cui si ribadisce la centralità, può esser utile ricorrere all'”accrescimento di fatto” delle quote degli intestatari che sono ancora in vita non potendo il Comune pronunciare la decadenza per estinzione della famiglia.
Occorre subito una precisazione: Il diritto di sepoltura nei sepolcri privati nei cimiteri che sorge da un contratto tra amministrazione comunale e concessionario è riservato sibi familiaque suae, secondo la celebre formula latina, ossia al concessionario ed ai componenti della di lui famiglia, la lettera della Legge (Art. 93 comma 1) esclude che possano trovarvi sepoltura le salme di altre persone. Ai sensi dell’Art. 93 comma 2 il concessionario, però, può avvalersi dell’istituto l’istituto della BENEMERENZA, consentendo la tumulazione o l’inumazione nella sepoltura familiare dei cadaveri di persone che abbiano acquisito particolari benemerenze nei suoi confronti. I criteri possono essere i più disparati, purché regolamentati[7] a livello locale.
La definizione dell’ambito della famiglia[8] del concessionario va, od andrebbe, definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, il quale dovrebbe altresì disciplinare il c.d. subentro nella concessione in caso di decesso del concessionario (fondatore del sepolcro).
Il regolamento municipale di polizia mortuaria potrebbe prendere in esame queste due distinte situazioni:
1. si deve far riferimento unicamente al concessionario anche post mortem
2. i suoi discendenti assumono, a loro volta, la posizione di concessionari (ipotesi che modifica, od amplia, la definizione di famiglia del concessionario).
In altre parole, sia la composizione del nucleo famigliare del concessionario sia gli effetti che si abbiano in conseguenza del decesso del concessionario (fondatore del sepolcro) sono rimessi alla fonte regolamentare locale.
Strettamente legato la caso 1 è l’innovativo istituto dell’abbandono amministrativo introdotto dalla Regione Emilia Romagna con l’Art. 4 comma 4 del regolamento regionale 23 maggio 2006 n. 4 studiato proprio per offrire una soluzione al problema della perpetuità (o della lunga durata) di concessioni cimiteriali. Difatti viene definito l'”abbandono amministrativo” di una tomba come quello stato di fatto che è determinato dall’essere trascorso almeno un ventennio dalla data della morte dell’ultimo concessionario avente diritto.

Tale situazione determina la possibilità per il Comune di pronunciare la decadenza della concessione e conseguentemente il recupero ed il riutilizzo del manufatto per nuove sepolture. Il regolamento comunale individuerà procedure per la traslazione di cadaveri, resti mortali, ceneri ed ossa in sepoltura comunale (che può anche essere individuata in campo comune, ossario e cinerario comune).

La problematica è di grande rilevanza per le notevoli implicazioni che ne derivano, tra le quali una chiara normativa regolamentare comunale per individuare il concessionario avente diritto (originario o quelli subentrati per effetto di successione legittima o testamentaria).
A determinate condizioni anche un estraneo rispetto ai rapporti di parentela con il fondatore del sepolcro potrebbe aver diritto di sepoltura in quel particolare sepolcro, sono indispensabili, però:

1) Una norma positiva in tal senso chiaramente enunciata dal regolamento comunale di polizia mortuaria.

2) L'”autorizzazione” dei membri della famiglia, che acconsentono liberamente ad una compressione del loro jus sepulchrii, ancorché inteso come mera legittima aspettativa, poiché lo jus sepulcrhi diviene un diritto soggettivo solo con la morte della persona che ne sia astrattamente titolare sino al raggiungimento della naturale capienza del sepolcro ex Art. 93 comma 1 DPR 285/90, all’esaurirsi della capacità ricettiva del sepolcro lo stesso jus sepulchri non può più esser forzatamente esercitato (lo spazio sepolcrale, però, si dilata se per spoglia del de cuius intendiamo non il solo feretro in cui il cadavere fu racchiuso il giorno del funerale, ma anche tutte le trasformazioni di stato del corpo umano dopo la morte, ossia: resti mortali, ossame e ceneri).

Troverebbero, in ogni caso, applicazione le norme di legge e regolamento in materia di procedimento amministrativo e di documentazione amministrativa (ad esempio, ricorrendo ad un’istanza sottoscritta da tutti gli interessati con l’osservanza dell’art. 38 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445[9]).

Anche il “non uso” può esser un inadempimento causa di decadenza, si pensi, ad esempio ad una “tomba prenotata” rimasta vuota anche dopo la morte dell’avente diritto ad esservi sepolto, il quale, ovviamente è stato sepolto in altro sito.

Capitolo a parte merita la ricostruzione o demolizione del sepolcro, fatta salva forse l’ipotesi del ricorso alla procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/1990, per riattare tombe non a norma con l’Art. 76 comma 3 DPR 285/1990 in quanto essa costituisce un adeguamento a norme e prescrizioni tecniche estranee ai soggetti del rapporto (comune, quale concedente da un lato e concessionario dall’altro): il comportamento illecito di terzi (non tanto la ristrutturazione, che in ogni caso richiede l’autorizzazione comunale ex Art.94 comma 1 DPR 285/1990, ma soprattutto la predisposizione di ulteriori posti salma, violando l’Art. 94 comma 2 DPR 285/1990 comporta una situazione di “inadempimento contrattuale” che determina la decadenza.

Un’eventuale alienazione, essendo vietato ex Art. 92 comma 4 DPR 285/1990 per atto di diritto privato, costituisce una violazione, un’inadempimento degli obblighi derivanti dalla concessione (la concessione è fatto ‘al fine’ della sepoltura delle persone del concessionario, fondatore del sepolcro, e dei membri della sua famiglia (a cui e’ riservata)), alterazione del fine che costituisce fattore di decadenza, la quale va solo dichiarata avendo effetto dal momento in cui risulti alterata la funzione per la quale il sepolcro e’ stato fondato.
la patrimonialità dei sepolcri, già largamente in discussione nel passato, e’ venuta meno dal 28/10/1941, data di entrata in vigore del libro III codice civile, anche se formalmente la norma positiva di divieto è stata introdotta solo con l’avvento del vecchio regolamento nazionale di polizia mortuaria DPR 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976, per situazioni pregresse il comune con atto ricognitivo si limiterà a recepire agli atti lo status quo.

Nota dell’autore: ho volutamente corredato questo testo con immagini dure e provocatorie: non c’è nessuno spirito anticristiano, anzi, nella mia visione del mondo molto spirituale, l’abbandono di un Crocefisso (inteso anche e soprattutto come simbolo universale del dolore, della morte e della sue estrema dignità) trai i rifiuti lapidei ex DPR n.254/2003, è ben più di una semplice inadempienza in forza della quale invocare la decadenza.

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[1] Le deliberazioni possono essere dichiarate immediatamente eseguibili, oggi, a termini dell’art. 134, comma 3 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, essendo stata da questo abrogata la legge 8 giugno 1990, n. 142 (art. 274. comma 1, lettera q)). Tuttavia, va meditato se le concessioni cimiteriali competano alla giunta comunale o non rientrino piuttosto nei compiti e funzioni di cui all’art. 107, commi 3 e seguenti D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e, prima, all’art. 51 dell’abrogata legge 8 giugno 1990, n. 142.

[2] Di norma il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Fatte salve le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria concernenti la successione delle persone alla morte del concessionario in relazione alla concessione -Ne consegue che gli eredi, se ammesso dal Regolamento, subentrano al concessionario defunto, quando questi non abbia deciso in modo diverso con disposizione di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico.

[3] Secondo una certa corrente della dottrina anche gli onerati potrebbero partecipare dello jus sepulcrhi il cui utilizzo è determinato dalla successione cronologica delle morti degli aventi diritto, altri studiosi, invece, limitano l’estensione dello jus sepulcrhi solamente ai consanguinei del concessionario.

[4] Cassazione civile, Sez. I, 7 febbraio 1961 n. 246 Il diritto primario di sepolcro rispetto ad una tomba gentilizia importa il diritto alla tumulazione in quella tomba e determina una comunione indivisibile fra tutti i titolari del predetto diritto primario, sicché resta escluso il potere di disposizione della tomba stessa da parte di uno o di alcuni solo tra i predetti titolari o aventi causa da essi. Il diritto secondario di sepolcro importa il diritto di accedere alla tomba per compiervi gli atti di culto e di pietà verso le salme dei propri congiunti o dei propri danti causa, ivi legittimamente seppellite nonché il diritto di impedire atti che turbino l’avvenuta tumulazione delle predette salme. Il diritto secondario di sepolcro si risolve in un ius in re aliena che grava sulla tomba e ne segue gli eventuali trasferimenti. Per la validità dell’atto di disposizione di una tomba, non è necessario il consenso anche dei titolari del diritto secondario di sepolcro rispetto a quella tomba. I predetti titolari però hanno il diritto di far dichiarare la nullità di quelle clausole, dell’atto di disposizione, che importino turbativa della sistemazione già data legittimamente alle salme dei propri parenti o danti causa o che ledano, comunque, il contenuto del proprio diritto secondario di sepolcro.

[5] In merito agli atti di disposizione sulle sepolture private bisogna ricordare come l’art. 71 R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880 consentisse la trasmissione dei diritti sulle sepolture private mediante atti inter vivos o mortis causa, previsione spesso presente anche in regolamenti comunali di polizia mortuaria ad esso successivi. Tuttavia, tale norma era comunque inapplicabile ed “abrogata” fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, che aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.

[6] L’estinzione sussiste solo nel caso di concessione a tempo determinato. Una concessione perpetua può solamente essere revocata, può decadere, ma nei precisi casi in cui ciò viene deliberato dal Comune.

 

[7] Occorrono norme piuttosto rigide e selettive per scongiurare compravendite mascherate di posti salma, vietate dalla norma (art. 92 comma 4 del DPR 285/90) e generalmente sanzionate dai regolamenti comunali con la decadenza della concessione stessa.

[8] La famiglia del concessionario è comunque da intendersi composta dagli ascendenti e discendenti, in linea retta e collaterali, ampliata agli affini, fino al sesto grado se ciò viene specificato nel regolamento di polizia mortuaria comunale. Per gli ascendenti e discendenti in linea retta il diritto alla tumulazione è stato implicitamente acquisito dal fondatore il sepolcro, all’atto dell’ottenimento della concessione. Per i rimanenti è il regolamento comunale che può estenderlo. In assenza di norma specifica nel regolamento, laddove si voglia consentire la sepoltura di collaterali ed affini, questa deve essere autorizzata di volta in volta dal titolare della concessione con apposita dichiarazione, facendo riferimento al 2° comma dell’art. 93 del DPR 285/90 (benemerenze).

[9] il diritto di sepolcro rientra tra i diritti personalissimi e che hanno riguardo ai c.d. diritti della personalità (per cui, forse, la c.d. scrittura privata non autenticata potrebbe ravvisarsi come non idonea).

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Carlo Ballotta

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67 thoughts on “La DECADENZA delle concessioni cimiteriali

  1. salve
    vorrei sapere cortesemente che termini ci sono per costruire una cappella gentilizia su un suolo in concessione.
    A me il comune ha dato la concessione di un suolo che dieci anni fa aveva dato in concessione già ad altra persona e ora si sono accorti dell’errore e non vogliono farmi costruire la cappella. Che posso fare? Ho dei diritti da var valere? Grazie

  2. X Arrigo,

    bisogna, preliminarmente, esaminare alcune necessarie premesse.

    Solo dal 10 febbraio 1976, con l’entrata in vigore del DPR 803/1975 vale il principio secondo cui la durata delle concessioni dei sepolcri privati (a sistema di tumulazione ma anche di inumazione) è sempre a tempo determinato e non può mai eccedere i 99 anni, si tratta, in altri termini, pur sempre di beni demaniali.

    Prima con i vecchi regolamenti di polizia mortuaria che risalgono ancora al Regno di Italia, approvati rispettivamente con Regio Decreto n. 42/1891, n. 448/1892 e n. 1880 del 21/12/1942 sarebbe stato possibile sia ottenere la perpetuità concessioni di sepolcri privati sia cedere il titolo di concessione con atti inter vivos (un contratto tra due soggetti privati) oppure attraverso le varie forme testamentarie.

    I sepolcri privati sorti nel passato e regolamentati nella loro durata in modo difforme rispetto agli attuali limiti temporali continuano ad esser assoggettati al loro regime temporale originario, esso può esser oggetto di provvedimenti amministrativi nei soli casi previsti tassativamente ( e quindi non estendibili ad altre fattispecie) dalla Legge (Revoca e Decadenza: istituti, in sè, non codificati in modo univoco dall’attuale normativa nazionale di riferimento DPR 10 settembre 1990 n. 285)

    Dopo questa precisazione cerchiamo di entrare in medias res.

    Le procedure per un razionale sfruttamento degli spazi cimiteriali debbono esser contemplate nel regolamento cittadino di polizia mortuaria.

    Ad esso bisogna attenersi, perché è suo precipuo compito definire diritti e doveri che sorgono dalla costituzione di un sepolcro privato tra i vari soggetti che ruotano attorno al rapporto concessorio.

    Una nuova politica cimiteriale passa obbligatoriamente attraverso una riforma del regolamento locale.

    La sua centralità è determinante.

    Per le sepolture più vetuste, poi, si pone l’impasse operativo legato allo smarrimento dei contratti di successione.

    Di solito, in tali frangenti, si ricorre all’istituto giuridico dell’immemoriale.

    Quando manca la documentazione e c’è disinteresse da parte degli aventi titolo il comune presume che la sepoltura sia vuota e, quindi, la assegna ad un nuovo consessionario. (questo procedimento si configura come una sorta di decadenza della concessione stessa, perchè manca il titolo formale di costituzione del sepolcro e nessuno vanta un possibile diritto sulla tomba stessa).

    Se, al contrario non si riesce a reperire il contratto, ma gli aventi diritto sulla tomba ci sono e mostrano interesse ad esercitare i loro diritti sul manufatto cimiteriale si applica ugualmente l’istituto dell’immemoriale, ma con tutt’altro fine.

    II regolamento comunale di polizia mortuaria potrebbe per altro individuare procedimenti di concreta attuazione dell’istituto dell’immemoriale più dettagliati, fermi restandone, tuttavia, gli elementi sostanziali.

    La caratteristica dell’istituto consiste nell’esercizio di un diritto che si presume legittimo in quanto fondato sulla vetustas, senza che ne sussista un titolo formale. In altri termini, si presume che sussista, o sia sussistito, un titolo di possesso del diritto e che la situazione di fatto ne sia a conseguenza. II problema, a questo punto, si sposta sulla prova di legittimità del possesso del diritto.

    L’immemoriale, in ultima analisi, è una sorta di “sanatoria” basata sulla prova storica con cui regolarizzare rapporti esistenti di fatto di cui, purtroppo, si siano smarriti gli incartamenti, per eventi bellici, disgrazie, calamità naturali.

    L’istituto dell’immemoriale, tuttavia, è un retaggio storico del passato, superato, nei rapporti di diritto privato con l’allegato a) della Legge 2248/1865, esso, a determinate condizioni, sempre più rarefatte, per altro, può sopravvivere nel nostro ordinamento giuridico solo come modalità di accertamento nella legittima rivendicazione di un diritto in materia pubblicistica quando quest’ultimo, cioè non abbia natura privatistica o patrimoniale, ad ogni modo questa procedura così anacronistica per acclarare l’esistenza di un titolo andato distrutto dovrebbe pur sempre esser contemplata nell’articolato del regolamento comunale di polizia mortuaria

    Per norma positiva dettata dal combinato disposto tra gli Artt. 2907 e 2697 Cod. Civile nel sistema legale italiano l’effettiva sussistenza di un diritto deve esser provata in via giudiziale, con tutte le formalità del caso, ossia con sentenza del giudice, a maggior ragione se si ragiona di jus sepulchri che è diritto personalissimo, ma anche di natura reale e patrimoniale opponibile erga omnes jure privatorum, come spesso ci ricorda la Suprema Corte di Cassazione, anche se, invero, esso davanti alla potestà ordinativa dell’Autorità Comunale quale titolare ultima della funzione cimiteriale e proprietaria stessa del camposanto ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile, da diritto affievolito degrada a semplice interesse legittimo da tutelare attraverso ricorso al giudice amministrativo.

    Va ricordato come, in precedenza, potessero aversi concessioni cimiteriali tanto a tempo determinato che a tempo indeterminato (c.d. perpetue), per cui sarebbe spettato al comune, con il Regolamento comunale di polizia mortuaria e con l’atto di concessione “optare” sull’aspetto riguardante la durata delle concessioni, è quindi ultroneo e fuorviante ritenere perpetua una concessione solo perché essa è sorta in vigenza di un regolamento statale il quale ammetteva semplicemente il regime di perpetuità, senza, per altro, estenderlo tassativamente a tutti i rapporti concessori ci troveremmo, così, dinanzi ad una condizione necessaria sì, ma non sufficiente per propendere assolutamente per la perpetuità quasi scontata della concessione stessa.

    Le concessioni cimiteriali, per quanto riguarda la durata (e non solo, anche per altri aspetti) sono disciplinate dalle norme vigenti al momento del loro sorgere, regolazioni che non possono, di norma, subire modificazioni nel tempo, se non altro per il fatto che una tale eventualita’ (insostenibile) comporterebbe una lesione del principio dell’affidamento dei terzi e di buona fede. Attenzione, però, sia l’atto di concessione, sia il regolamento comunale di polizia mortuaria potrebbero, in sé, contenere una sorta di clausola sullo jus superveniens, con cui si affida alle norme future anche la soluzione di casi pregressi, con ciò conferendo alle fonti regolamentare che si succederanno nel tempo l’arduo compito di regolare, alla luce, appunto dello jus superveniens, situazioni preesistenti (diritti perfetti ed acquisiti???) fatte salve le condizioni di maggior favore, come accade proprio per la perpetuità delle concessioni.

    Di conseguenza quando il comune, con gli atti a ciò idonei, abbia deciso di fissare la durata delle concessioni cimiteriali a tempo determinato, questo regime può esser operante solo per le concessioni sorte successivamente, indicandone (ovvio) la durata nell’atto di concessione (almeno, di norma).

  3. Abbiamo una cappella gentilizia da oltre 60 anni, ante 1975, ed il comune di Saletto (PD) dove è ubicata ci chiede il rinnovo della scadenza pur insistendo noi -figli del titolare della concessione- sulla perpetuità della concessione, di cui però non abbiamo documentazione. Neppure il Comune di Saletto ha alcuna documentazione causa incendio che ha distrutto l’archivio. Noi eredi/figli insistiamo che le concessioni ante 1975 erano perpetue, mentre il Comune adduce il fatto che con il nuovo regolamento cimiteriale, la durata max e’ di 99 anni e ci chiede il pagamento sia dei mq di superficie sui quali insiste il manufatto, sia il costo di ogni loculo sotterraneo.
    Come dobbiamo comportarci?
    Grazie

  4. X Giovanni,

    L’ammissibilità di concessioni perpetue e’ venuta meno dal 10/2/1976, in cio’ superando eventuali previsioni dei regolamenti comunali antecedenti in questo senso, siccome il regime di la perpetuità contrasta con la natura demaniale dei cimiteri di cui all’art. 824 comma 2 Cod. Civile.

    Va ricordato come, in precedenza, potessero aversi concessioni cimiteriali tanto a tempo determinato che a tempo indeterminato (c.d. perpetue), per cui sarebbe spettato al comune, con il Regolamento comunale di polizia mortuaria e con l’atto di concessione “optare” sull’aspetto riguardante la durata delle concessioni.

    Le concessioni cimiteriali, per quanto riguarda la durata (e non solo, anche per altri aspetti) sono disciplinate dalle norme vigenti al momento del loro sorgere, regolazioni che non possono, di norma, subire modificazioni nel tempo, se non altro per il fatto che una tale eventualita’ (insostenibile) comporterebbe una lesione del principio dell’affidamento dei terzi e di buona fede.

    Di conseguenza quando il comune, con gli atti a ciò idonei, abbia deciso di fissare la durata delle concessioni cimiteriali a tempo determinato, questo regime può esser operante solo per le concessioni sorte successivamente, indicandone (ovvio) la durata nell’atto di concessione (almeno, di norma).

    Deve subito essere precisato che non può parlarsi di proprietà, acquisto o simili, essendosi in presenza di una concessione amministrativa, aventa ad oggetto un mero diritto d’uso, limitato alla durata della concessione (e si parla di durata anche nell’eventualita’ che la concessione sia sorta prima del 10/2/1976 ed assegnata a tempo indeterminato). La durata (a tempo determinato od indeterminato) risulta dal regolare atto di concessione ex Art. 98 DPR n. 285/1990.

    Dopo tale premessa (che non e’ solo terminologica o nominalistica), va ricordato che i feretri possono essere estumulati unicamente alla scadenza della concessione (se vi sia, dato che nelle concessioni a tempo indeterminato, dette anche perpetue, tali operazioni non sono ammissibili, proprio per l’assenza di una scadenza). Le durate delle concessioni sono variabili in quanto stabilite dai Regolamenti comunali di polizia mortuaria dei singoli comuni.

    Ad ogni modo il concessionario, o suoi aventi causa, e’ tenuto all’obbligo di manutenzione, cui non può sottrarsi, tanto che, in caso di eventuale inadempienza, si determina una situazione di decadenza..

    I sepolcri, comunque, non sono, mai, suscettibili di usucapione, neppure nel diritto d’uso, diritto che, oltretutto, e’ condizionato alla disponibilita’, in termini di capienza fisica.

    Tutte le tumulazioni, quali allocazione dei feretri in luogo diverso dal campo di terra ad inumazione, si configurano sempre come SEPOLCRI PRIVATI nei cimiteri ed i loro titolo costitutivo sorge in base al perfezionamento ed conseguente al rilascio di una concessione amministrativa.

    Il profilo giuridicamente più rilevante dei sepolcri interni al cimitero é quello della natura della concessione e del diritto di sepolcro. Mentre vi é consenso circa la natura di demanio comunale dei cimiteri (cfr. art. 824 comma 2 c.c.), si é invece molto dibattuto sulla natura, costitutiva o traslativa, della concessione comunale di porzioni di manufatti o di aree cimiteriali, allo scopo di realizzarvi sepolcri. L’opinione prevalente é nel senso che la concessione di sepolcro sia traslativa.

    Ribadisco il concetto: i loculi non si acquistano, ne’ possono essere oggetto di proprietà, in quanto sono semplicemente concessi in uso andrebbe osservato come l’uso di un sepolcro a sistema di tumulazione non sia rimesso ad un’astratta disponibilita’ delle opersone, ma si colleghi alla sussistenza di un rapporto giuridico (appartenenza alla famiglia) ben preciso.

    L’estumulazione “d’ufficio” si esegue solo all’esaurirsi del rapporto concessorio, poi si appllica l’Art. 86 dPR 10/9/1990, n. 285 che, oltretutto, sarebbe la “destinazione” ordinaria dei feretri alla scadenza della concessione, ossia la loro INUMAZIONE in campo di terra.

  5. In determinate aree geografiche, più o meno, erano, nel passato, presenti fenomeni in cui i Regolamenti comunali di polizia mortuaria, anche molto risalenti ed “antiqui”, contemplavano, un’ipotesi di rinnovo, definita, a volte, quale conferma, spesso trentennale, delle concessioni anche perpetue (o, meglio, a tempo indeterminato), soluzione che, prescindendo dal nome juris, si sarebbe potuta ricondurre ad una sorta di canone ricognitorio, queste previsioni regolamentari, in un caso, sono state dichiarate illegittime dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. 5^, sent. 5505 del 11/10/2002).
    Il R.D. 21/12/1942, n. 1880 stabiliva che le concessioni di aree cimiteriali potessero essere tanto perpetue quanto a tempo determinato, con questa conseguenza: non puo’, a priori, affermarsi che le concessioni di lontano periodo siano, solo per la data in cui sono sorte, perpetue, ma e’ necessario verificare il singolo atto di concessione (a volte, anche altra documentazione) per poter conoscere se una determinata, singola concessione, sia stata concessa in perpetuità, oppure a tempo determinato e, in tal caso, bisogna, pur sempre individuarne la durata certa.

  6. Gentilissimi!
    Ho acquistato un Tumulo Biposto per me e mia Moglie, nel cimitero di Talsano Taranto Dalla ditta erregiesse s.r.l. per avere una sepoltura perpetua.Contratto fatto a nome di mia moglie Preite Palma.
    Oggi abbiamo scoperto che detta zona e sottoposta a sequestro preventivo dai Carabinieri. Inoltre siamo venuti a conoscenza da altri che il comune a dato una concessione di 40 anni.
    Che cosa Significa? che al trascorrere di questi anni ci ritroviamo senza posto? e se uno muore tra 39 anni che succede l’anno dopo?
    come mai un tumulo che dev’essere perpetuo si trova in concessione? che fine faranno i nostri feretri?
    vi sono grato se mi date qualche delucidazione in merito!
    cordiali saluti. Giovanni Cannella.

  7. X Alessandro,
    si rileva subito un paradosso, o meglio un’incongruenza normativa: perchè, mai infatti, bisognerebbe rinnovare una concessione perpetua di cappella cimiteriale gentilizia?

    Le concessioni cimiteriali rilasciate anteriormente al 10/02/1976, data di entrata in vigore del DPR 26/10/1975 n. 803 (pubblicato sul S.O. alla G.U. n. 22 del 26/1/1976), se non specificato diversamente dal regolamento comunale di polizia mortuaria e dai relativi atti di concessione, erano e continuano ad essere perpetue. In proposito il TAR Emilia Romagna, sez. di Parma, si è espresso con sentenza n. 298 del 23/10/1991, anche se la circostanza riguardava l’entrata in vigore del DPR 803/75 rispetto al precedente RD 1880/1942. “Il regolamento di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 21 ottobre 1975 n. 803 è idoneo a disciplinare i rapporti futuri e a predeterminare la consistenza delle situazioni destinate a scaturire dalle nuove concessioni, ma non ad incidere su posizioni soggettive già acquisite, perché inerenti a rapporti perfezionati sotto l’impero di una diversa disciplina e che continuano a trovare la propria fonte nei rispettivi atti concessori, la validità dei quali non è venuta meno.”

    Si mediti, poi, su quest’altro pronunciamento giurisprudenziale: T.A.R. Emilia Romagna, Sez. II, Bologna, 25 novembre 1993 n. 616 Il principio dell’irretroattività della norma giuridica costituisce regola generalissima dell’ordinamento che può subire deroghe da parte dell’amministrazione solo nel caso in cui la suddetta norma sia diretta a migliorare la posizione giuridica dei suoi destinatari; pertanto, è illegittimo il provvedimento con il quale il comune sottopone una concessione di terreno pubblico nel cimitero comunale per l’uso perpetuo di privato sepolcro, rilasciata del 1933, alle più restrittive prescrizioni in materia di tumulazione dei feretri introdotte da un regolamento di polizia mortuaria entrato in vigore nel 1990.

    Se la concessione è a tempo indeterminato (= perpetua) non c’è bisogno di stipulare un nuovo atto di concessione, prosegue quella precedente, magari da volturare per il cambio d’intestazione in caso di morte del titolare della concessione stessa:

    Consiglio Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505: “La normativa regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall’art. 4 disp. prel. c.c. La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è venuta a trovarsi in contrasto con la disposizione di cui all’art. 93 del regolamento governativo approvato con D.P.R. n. 803 del 1975 (il cui contenuto è stato poi ripetuto nell’art. 92 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285). [omissis.]”

    Ad ogni modo, i parametri di calcolo per stabilire il canone di concessione sono dettati dall’Art. 4 comma 2 Lettere a) e b) del D.M. Interno 1 luglio 2002 adottato congiuntamente dal Ministero dell’Interno e dal Dicastero della Salute ex Art. 5 Legge 30 marzo 2001 n. 130.

  8. L’articolo è ben documentato. a mio avviso mancano le indicazioni su quanto si deve pagare per il rinnovo della concessione delle tombe gentilizie perpetue . purtroppo alcuni comuni, per fare cassa richiedono cifre esorbitanti come è il caso di Monforte d’alba ( Cn) 800 euro al metro quadro. desidero conoscere la legislazione al proposito . Grazie infinite .Alessandro gaetini

  9. Va premesso che la titolarità della concessione dovrebbe risultare da regolare atto di concessione ex Art. 98 DPR n.285/1990. Trattandosi il cimitero di bene demaniale, (art. 823 e art. 824 c.c.) gli eventuali diritti sui sepolcri privati sono regolati dalle norme speciali su questi beni ed in particolare, se vi sono, da quelle del regolamento di polizia mortuaria del Comune e dal contratto di concessione. In effetti La presenza di un titolo di concessione è espressamente prevista dall?art. 98 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 quale condizione per la sussistenza di una concessione d’uso di sepolcri privati, quale ne sia la tipologia di sepolcro privato.

    L’estumulazione, di regola, si esegue alla naturale scadenza della concessione ai sensi dell’Art. 86 comma 1 DPR n.285/1990 e gli oneri per: nuova sistemazione dei feretri tumulati in quel dato sacello, ripristino e sanificazione dei loculi, smaltimento dei rifiuti provenienti dall’operazione cimiteriale di estumulazione sono a carico del concessionario.

    Infatti, trattandosi di sepolcri privati nei cimiteri, e’ inammissibile che il comune assuma a proprio carico oneri di sorta

    Se la concessione si è estinta in quanto scaduta, ed i feretri, nonostante tutto, permangono ugualmente nelle loro celle murarie si in presenza di un uso indebito del loculo, cioè di una tumulazione illegittima in quanto “sine titulo” questa situazione comporta l’esigenza che il comune provveda a richiedere la corresponsione delle somme per l’ utilizzo di fatto avvenuto, anche ricorrendo forzosamente all’iscrizione a ruolo, se necessario, verso il concessionario inadempiente base di tariffe vigenti o, in mancanza, di somme non inferiore ad un pro-rata annuo delle tariffe di concessione presenti nel tempo, incrementati degli interessi almeno nella misura del saggio legale (artt. 1277 e 1284 C.C.) senza dimenticare per il calcolo del canone di concessione i criteri dettati dall’ Art. 4 DM 1 luglio 2002.

    In difetto, sorgerebbe la responsabilità patrimoniale (art. 93 D.Lgs. 18 agosto 1990, n. 267 e succ. modif.). Restano salve le norme sulla prescrizione (art. 2946 C.C.). La regolarizzazione può comunque avvenire previo versamento delle somme previste dalla tariffa attualmente in vigore e con decorrenza dalla data della stipula dell’atto di concessione.

    Salvi i periodi andati in prescrizione, forse la soluzione piu’ logica è quella di applicare, pro rata annuale (vedi il criterio, di portata generale, dell’art. 4 DM 1/7/2002), le tariffe videnti nei singoli anni di “occupazione” indebita del manufatto, oltre agli interessi al saggio legale.

  10. possedendo una tomba di famiglia con contratto scaduto nel 1990, e non essendo mai stata avvisata di tale scadenza, mi è arrivato in questi giorni l’ avviso dal comune che devo recarmi a pagare il rinnovo che però parte dal 1990. essendosi comportato con negligenza anche il comune che fino ad ora non mi ha mai cercata, come mi devo comportare?? esiste la prescrizione sulla concessione??

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