Traggo spunto dalle brillanti riflessioni di D. Buson, sulle pagine de: “I Servizi Demografici” n. 5/2009” per alcuni, necessari approfondimenti, in tema di atti caducativi sulle concessioni cimiteriali.
È notorio e pacifico come, già con l’avvento della L. n. 142/1990, che abrogò i vecchi TT.UU. delle leggi provinciali e comunali, i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo attengano agli organi (a rilevanza politica, ovvero elettivi) di governo del Comune, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti o, in loro mancanza, ai responsabili dei servizi e degli uffici (oggi artt. 107 e 109 D.Lgs n. 267/2000).
Ne consegue che la conduzione “ordinaria” dei servizi cimiteriali non possa non spettare se non ai dirigenti (o funzionari) e non più al Sindaco, e ciò vale massimamente a prescindere da questa considerazione di diritto: nella specie in esame la decadenza è automatica (secondo certa dottrina non sempre, però!) e, normalmente opera di default, avendo essenza eminentemente dichiarativa [1].
Eventuali norme regolamentari, invero – oggi – un po’ anacronistiche, dove si dovesse assegnare ancora al Sindaco la competenza ad assumere gli atti di decadenza delle concessioni di aree o manufatti cimiteriali, quindi, dovrebbero necessariamente essere interpretate alla luce delle evoluzioni che la disciplina ha avuto in tema di ri-organizzazione, nei rispettivi compiti degli organi degli enti locali.
E, neppure lo Statuto comunale, potrebbe modificare questa ripartizione rigida di titolarità [2].
Sul punto giova rammentare che “Il nuovo assetto dei poteri nelle amministrazioni pubbliche è improntato e si conforma ad una tetragona ed effettiva separazione dei relativi ruoli: da una parte gli atti di indirizzo e decisioni di governo, rientranti nella sfera del potere politico, e dall’altra le mansioni più squisitamente di gerenza, che divengono ambiti propri della burocrazia, intesa, non in senso dispregiativo, tutt’altro, ma come il complesso degli apparati e plessi amministrativi chiamati a tradurre in pratica, nel rispetto delle norme regolamentari poste dagli enti medesimi, la direzione impressa alla vita pubblica del Comune dagli organismi politici.
Pertanto, la ripartizione delle funzioni, delineata e tracciata dalle disposizioni vigenti, riduce gli spazi di autonomia statutaria degli Enti alla sola possibilità di normare le modalità di attuazione effettuale delle competenze, mentre non può incidere sulla loro titolarità stabilita dalla legge con chiarezza e puntualità” (sentenza 22 aprile 1998, n. 323; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 12 aprile 2001, n. 408).
Statuti e regolamenti, per la gerarchia tra le fonti del diritto, non sono abilitati né idonei ad incidere sul “catalogo”, sul novero delle attribuzioni dirigenziali, potendoli semmai ampliare, ma giammai restringere per sottrazione di competenze in favore dell’organo politico (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 19 luglio 2004, n. 1641; T.A.R. Liguria, sez. II, 9 giugno 2003, n. 736)” [3].
Eccezione calcolata a questa regola generale è costituita dai provvedimenti che rimettono in termini i precedenti assegnatari di aree o edifici (o porzione degli stessi) già decaduti, nella ricorrenza di “situazioni meritevoli di considerazione”, nonché di riassegnazione o assegnazione ex novo dei beni cimiteriali ormai divenuti disponibili, perché rientrati nel pieno possesso del Comune, che secondo i giudici amministrativi [4] possono essere invece approvati dalla giunta comunale.
Trattasi, appunto, di un atto “di governo”, non riservato al consiglio comunale in quanto non di natura “fondamentale” (di programmazione, di pianificazione, normativo/regolamentare, finanziario, ed altri tassativamente elencati nell’art. 42 del t.u. D.Lgs n. 267/2000) e che nemmeno concerne il semplice dirigente poiché non di mera gestione ordinaria.
Si tratta, in buona sostanza, di scelte del tutto peculiari e particolari per situazioni quasi extra ordinem, non contemplate ab ovo, le quali ben possono riguardare tassativamente la giunta, se si argomenta a contrario dall’art. 42, comma 2, lettera l), del t.u. prefato.
Se ragioniamo a contrariis, infatti, le competenze del consiglio, in ogni caso, non interferiscono mai con quelle conferite ai dirigenti, posto che questi ultimi pongono in essere (art. 107, comma 3, lettera f) D.Lgs n. 267/2000) provvedimenti di concessione cimiteriali “nel rispetto di criteri predeterminati…da atti generali di indirizzo”.
Tra detti atti generali di alta amministrazione si collocano anche le delibere straordinarie della giunta che decidono, diversamente da quanto previsto nel regolamento di polizia mortuaria e nelle concessioni già rilasciate e decadute, di rimettere in termini gli ex concessionari e di sanare la loro posizione di avvenuta decadenza.
Si può quindi parlare, ai sensi dell’art. 48 del t.u., di atti da codificare e classificare come l’esercizio di una funzione generale di governo, tenuto conto poi che la giunta ha una competenza residuale in quanto compie tutti gli atti non riservati dalla legge al consiglio o non ricadenti nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, in capo al sindaco o ad altri organi specifici (Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2007, n. 383; sez. V, 13 dicembre 2005, n. 7058) [5].
[1] La competenza dirigenziale ad assumere gli atti di decadenza va ricercata nell’art. 107, comma 3, lett. f), del d.lgs. n. 267/2000, costituendo quest’ultima il risvolto negativo e caducativo della concessione stessa.
[2] Va ricordato che “Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”, art. 107, comma 4, del d.lgs. n. 267/2000.
[3] T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 690 del 27 giugno 2005, in Manuale dei Servizi Demografici, Maggioli, 3/2008.
[4] T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, n. 120 del 18.1.2008, in giustizia-amministrativa.it.
[5] Consiglio di Stato, sez. IV, 11 dicembre 2007, n. 6358, in Manuale dei Servizi Demografici, Maggioli, n.3/2008.