Aria pulita, verde, silenzio, tranquillita’ e strade larghe. A dirla cosi’ parrebbe la descrizione di un quartiere residenziale di una grande metropoli. Invece e’ la raffigurazione della Citta’ dei Morti, il piu’ antico cimitero musulmano di tutto l’Egitto ancora in funzione, situato nella zona Est del Cairo – ai piedi della montagna del Moqattam – in cui oggi abitano circa un milione di persone. Quali motivi hanno spinto un cosi’ elevato numero di individui a trasferirsi in una necropoli? E soprattutto, che tipo di rapporto si instaura tra il mondo dei vivi e quello dei defunti?
A dare una risposta a questi interrogativi ci ha provato l’antropologa italiana Anna Tozzi Di Marco con ”Il giardino di Allah”, in uscita in questi giorni per l’editrice Ananke (pp. 160). Grazie al sostegno del ministero degli Esteri italiano e del ministero dell’Educazione egiziano, questa studiosa ha potuto realizzare una ricerca sul campo vivendo all’interno della ”Medinat al Amuat” (la Citta’ dei Morti) dal 1998 al 2005. ”Ho passato molto tempo in questa necropoli – ha detto Anna Tozzi Di Marco – osservando, partecipando a ogni momento della vita dei suoi abitanti, dai matrimoni agli scambi di visite, ai rituali funebri”.
Si tratta di un’area vastissima che si estende per 12 chilometri, attraversata da grandi arterie viarie a grande scorrimento e suddivisa, a livello amministrativo, in vari quartieri. ”Alcuni di questi sono completamente urbanizzati, con acqua corrente, luce, scuole, un ambulatorio per le donne e i loro neonati e una farmacia”, spiega l’antropologa. Al contrario di cio’ che molti erroneamente pensano, ad abitare tra le tombe fatimide, mameluche e ottomane – dove hanno trovato sepoltura santi sufi, sultani come Qaytbey e Barquq, e importanti imam – non ci sono soltanto poveri. ”L’occupazione di questi luoghi di sepoltura – prosegue Tozzi Di Marco – ha inizio negli anni ’50, quando dalle campagne molti abitanti si spostarono verso la capitale. L’altissima pressione demografica, il cattivo stato delle case popolari, e piu’ di recente, la crescita esponenziale dei prezzi delle case hanno fatto il resto”. Ad essersi insediati nella necropoli sono guardiani, operai, piccoli professionisti, commercianti, musulmani ma anche cristiani, che hanno trasformato questi sepolcri in vere e proprie abitazioni.
”Le tombe tradizionali – afferma l’antropologa – includono una stanza per il morto, una o due stanze adiacenti e una corte chiusa, cosi’ da permettere ai parenti dei defunti di visitare i propri morti per lunghi periodi”. ”I musulmani – conclude – passano molto tempo al cimitero, soprattutto le donne, che sono la vera memoria della famiglia”. La necropoli del Cairo da’ oggi riparo a circa un milione di persone. Tra i suoi abitanti, c’e’ chi vive li’ anche da tre generazioni, senza soluzione di continuita’. Per le autorita’ egiziane questa zona della capitale e’ una delle tante realta’ scomode che mettono a nudo il fallimento delle politiche abitative adottate dal governo. La cosa triste, pero’, e’ che per molti cairoti questo immenso quartiere – che sulle piantine della citta’ viene raffigurato con uno spazio bianco (come a dire che li’ non c’e’ nulla) – rappresenta qualcosa di cui vergognarsi, di cui non parlare.