Jus sepulchri e lite tra gli aventi diritto a disporre del de cuius

Gentile redazione,

10mmmmoggi è venuta in agenzia una cliente ponendomi una questione.

nel nostro cimitero vi e’ un loculo di proprietà dei genitori della signora nel quale sono tumulati i resti mortali dei genitori e di una sorella.

In vita sono rimasti tre eredi: la signora in questione (residente a Brescia), sua sorella (residente nel comune del cimitero) e suo fratello (residente in America).
La mia cliente si e’ costruita una cappella a brescia e vorrebbe traslarvi almeno i resti dei suoi genitori, in quanto ritiene che la sorella residente nel mio comune non dimostra la cura necessaria per il loculo (infatti alla mia cliente e’ intestata anche la luce votiva).

A tale richiesta ha trovato parere favorevole nel fratello ma non nella sorella. sarebbero 2 contro come e’ risolvibile la questione? si deve andare per forza in giudizio?attendo urgentemente una vostra risposta.

Lettera firmata

Premessa: Il titolo a disporre della salma, o dei resti, è individuato dalla giurisprudenza secondo ordini di priorità (e tale da escludere chi si trovi in grado successivo) in relazione alla ‘vicinanza’ al defunto, criteri sintetizzabili nei seguenti: 1) coniuge, 2) (se non vi sia il coniuge) i parenti nel grado piu’ prossimo e in caso di pluralità tutti questi. I parenti del grado piu’ prossimo escludono quelli dei gradi successivi.

Per quanto riguarda le attività manutentive sul sepolcro, esse competono al concessionario o, se defunto, a chi ne sia subentrato per discendenza diretta, sulla base del Regolamento comunale.

Attenzione gli atti sul sepolcro non sempre corrispondono ad atti di disposizione sui defunti.

Va distinto tra la titolarità della concessione e la legittimazione a disporre della salma.
La seconda pone su di un piano di parita’ i parenti nel grado più prossimo, che devono, comunque, agire di comune accordo; la prima e’ elemento determinante per l’individuazione delle persone a cui e’ riservata la sepoltura in un dato sepolcro in concessione.

Purtroppo Lei si è già risposto da solo, se sussistono rapporti poco idilliaci tra i parenti del morto il comune rimane estraneo alla controversia e mantiene fermo lo status quo assettando che la lite si risolva, magari in giudizio dinnanzi ad un tribunale.

Mi permetto solo alcune considerazioni:

1) la proprietà del loculo è comunale, al massimo i genitori della cliente erano titolari dello jus sepulchri (primario e secondario) e padroni degli arredi votivi (lapidi, simboli religiosi, decorazioni floreali, oggetti in bronzo….)
2) l’incuria della tomba può originare la pronuncia di decadenza, ma dinnanzi all’autorità comunale, nella persona del dirigente ex Art. 107 comma 3 lettera e) ed Artt. seguenti del Decreto Legislativo n. 267/2000, l’inadempienza alle clausole contenute nell’atto di concessione (in particolare gli obblighi di cui all’Art. 63 DPR 285/1990) deve esser ampiamente dimostrabile, anche alla luce del regolamento comunale di polizia mortuaria; solo a queste condizioni si pone in esser l’atto ricognitivo (e non costitutivo) della decadenza.

Bisogna tener sempre ben separati i diritti patrimoniali (come, ad esempio il diritto di proprietà) da quelli personalissimi, come accade, ad esempio, per lo jus sepulchri, in quanto i primi sono strumentali e subordinati allo stesso jus sepulchri.

Lo jus sepulchri si distingue in diritto a seppellire ed a esser sepolti e diritto secondario ossia potere di accedere liberamente ad un sepolcro per gesti rituali di pietà e venerazione verso i propri defunti.

Nella fattispecie la Tua cliente ha tutto il diritto a render visita alla tomba dei genitori, e tale potere non le può esser inibito dal titolare della concessione subentrato all’originario fondatore del sepolcro.

Il diritto a decidere delle salme (o, dato il tempo trascorso, delle spoglie mortali e delle loro trasformazioni di stato, ossia di ossa, ceneri e resti mortali) va esercitato da tutti coloro che ne abbiano titolo.
Sull’individuazione di quali siano le persone che hanno titolo a disporre (in termini di poziorita’, nel senso che chi precede nell’ordine ha il potere, ma esclude anche chi lo segua nell’ordine) si deve fare riferimento alla giurisprudenza in materia.

Ex Art. 79 DPR 10 settembre 1990 n. 285 occorre il consenso unanime di tutti gli aventi titolo per disporre la traslazione, questo almeno è il parere di una giurisprudenza ultraconsolidata e costante, sebbene detto criterio sia solo desumibile in via analogica e non enunciato in norma positiva.

L’elaborazione giurisprudenziale in materia di diritto di disposizione del cadavere, infatti, risulta ”scheletrizzata” (e’ permessa la battuta?) nell’art. 79, comma 1 DPR 285/1990, norma volta ad altri fini, ma che comunque ‘sintetizza’ le persone che hanno titolo a provvedere.

Proprio per la loro fonte giurisprudenziale tali criteri sono di applicazione generale.

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Carlo Ballotta

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