Carlo Ballotta intervista il segretario di Sefit, ing. Daniele Fogli.
CB – Come si rapporterà il DDL Vaccari con la già esistente legislazione regionale. Quali saranno le possibili iterazioni con il DPR 10 settembre 1990 n. 285, anche perché lo stesso DDL in esame, fissando i principi cardine, rinvierebbe, poi, a sua volta ad un regolamento attuativo.
DF – il DDL non ha effetti immediati, ma diventa operativo nel medio termine (da un minimo di 2 a un massimo di 5 anni, a seconda delle materie). Quindi un arco di tempo pensato per favorire la transizione verso il nuovo assetto e per dar tempo a tutti di prepararsi. E nel prepararsi c’è anche l’adozione di atti da parte delle Regioni, di adeguamento alle nuove norme statali. L’idea è quella di avere un’unica legislazione statale di principio, con alcuni decreti delegati e un regolamento statale di polizia mortuaria, che mandi in pensione il DPR 285/1990. Poi ogni ambito territoriale ottimale, generalmente corrispondente ad una ASL, si deve dotare di un regolamento di polizia mortuaria, di un piano regolatore dei cimiteri e dei crematori, di un sistema tariffario di ambito. Da 8000 regolamenti, piani cimiteriali e sistemi tariffari, si vorrebbe passare a non più di 400. Per portare a termine questa architettura normativa occorre non meno di un quinquennio. Invece per avere cambiamenti significativi nel sistema funerario italiano occorreranno ancora diversi anni. Penso si arrivi a regime dopo una generazione. Del resto questo è l’arco temporale che è stato necessario per applicare nel settore idrico la legge Galli, che presenta molte analogie con i criteri individuati per il settore cimiteriale.
CB – Non c’è allora il rischio di una nuova ipertrofia legislativa, magari articolata su più livelli?
DF – Assolutamente no. Oggi siamo in presenza di un caos normativo, che sta rendendo ingovernabile il settore. Le norme regionali, ed è vox populi, hanno creato più guai che miglioramenti. Vi sono responsabilità precise per il caos creato, sia dei poteri regionali, sia da chi ha ispirato queste norme. CB – E a chi si riferisce? DF – Non sono abituato a personalizzare le critiche. E’ del tutto legittimo svolgere azioni di tutela degli interessi rappresentati. La SEFIT lo fa, cercando di comprendere le ragioni anche di altre Associazioni, e in un quadro di compatibilità sociale ed economica. Ricordiamoci che i fruitori di servizi e gli acquirenti di beni hanno dei diritti e non sono il dovere di pagare in silenzio. Registro invece, spesso, da associazioni di categoria private, la difesa ad oltranza di interessi particolari, talvolta addirittura personali. Non ci sto a scadere nella volgarità (come è successo in questi tempi addirittura dai massimi vertici di una Associazione che si sono scatenati su facebook) o nell’additare questo o quello al pubblico ludibrio. Non ci sto a trasformare un serio dibattito in rissa. Se qualcun altro lo vuole, si assumerà le sue responsabilità di fronte al settore innanzitutto e al Paese, poi.
CB – Guanti di velluto, ma sotto un pugno d’acciaio …
DF – Negli anni passati, per introdurre spazi di mercato prima preclusi (come le case funerarie), c’è stato chi ha contribuito a mettere a soqquadro l’intera filiera produttiva e di servizio funeraria. Dopo aver lanciato il sasso, c’è ora chi nasconde la mano. Di fronte ad un DDL organico e con una visione di lungo respiro, non si trova di meglio che appellarsi alla lesa maestà, perché non hanno potuto sedersi al tavolo di scrittura delle norme. E’ vero, non sono stati chiamati, ma si dovrebbero chiedere il perché: cioè negli ultimi anni hanno fatto poche proposte concrete, spesso di basso spessore. Bravi a distruggere e molto meno capaci di costruire. E poi, quando bussavano alla porta delle regioni, qualcuno ha mai pensato di coinvolgere preventivamente altre Federazioni? Non mi pare.
CB – Possibile che una proposta del genere sia piovuta dal cielo?
DF – Già circa due anni e mezzo fa SEFIT aveva rappresentato ai vertici della Feniof che la situazione si stava deteriorando velocemente, complice la crisi economica, ma anche norme legislative iperliberalizzatrici in un mercato anelastico quale quello funebre. E inoltre con una crisi finanziaria senza eguali che prosciugava le casse dei Comuni, questi erano incapaci di mantenere livelli di investimenti cimiteriali adeguati. Con la cremazione che cambiava rapidissimamente, al Nord e al Centro del Paese, abitudini secolari. Avevamo ripetuto gli appelli nell’ultimo Sefit10 l’anno passato, presenti tutti, ricevendo bordate di critiche. Ma è stato in quell’occasione che sono cominciati gli approcci con altre Associazioni, come ASNAF&AS, presente al meeting, e poi – dopo qualche mese – con la EFI.
CB – E qual è stata la molla che ha fatto mettere attorno ad un tavolo soggetti che facevano fatica solo a salutarsi?
DF – La comune consapevolezza che se non si interveniva rapidissimamente saremmo annegati tutti. Chi ha forti investimenti in mezzi, strutture (come le case funerarie), personale, know how, vede come il fumo negli occhi chi cerca di conquistare il suo mercato con mezzi non sempre leciti. E’ logico. Quando buona parte dell’imprenditoria privata di maggiori dimensioni si è resa conto che il nemico non erano le imprese funebri pubbliche, che hanno in realtà gli stessi problemi di presidio di mercato (costosità del personale in regola, investimenti considerevoli ancora da ammortizzare, concorrenza di gente senza scrupoli che fattura meno della metà di quello che incassa), con una miriade di “parvenu” dell’ultima ora attratti da facili guadagni, quasi fosse una novella corsa all’oro, allora è scattata nella testa dei più rapidi a capirlo la molla del far fronte comune. Poi tutto è stato semplice: ognuno ha messo in campo le proprie abilità per cercare di portare a casa la legge di settore.
CB – Ma non c’era già un tavolo del funerario che aveva già un prodotto normativo in stato di avanzata scrittura?
DF – Ho letto quel lavoro. Lo giudico uno dei peggiori prodotti normativi visti nella mia vita: una accozzaglia di richieste tutte tese a garantire una buona parte di categorie rappresentate a quel tavolo, sacrificando sull’altare gli interessi dei consumatori e quelli dei Comuni.
CB – Ecco che si spiega il perché di una reazione tanto sopra le righe dopo la presentazione dell’As 1611.
DF – Ho ritenuto, fin dall’inizio dell’avventura dell’AS1611, che questa fosse l’ultima occasione per modernizzare il settore funebre e cimiteriale del nostro Paese. Tutti coloro che erano seduti al tavolo tecnico avevano la stessa idea: questa è l’ultima spiaggia. L’ultima spiaggia per tutti quegli operatori funebri, ma anche marmisti, operatori cimiteriali, che vogliono camminare a testa alta e non essere costretti a usare mezzi fraudolenti per mantenere quote di mercate che giorno dopo giorno vengono erose dai “parvenu” dell’ultima ora. Si, è vero, si sono saldati interessi di difesa degli investimenti di una parte della imprenditoria funebre, soprattutto strutturata, con quelli degli operatori pubblici. Ma sono anche gli interessi chi crede nel proprio lavoro e non è disposto a fa
rsi risucchiare nel vortice del malaffare.
CB – La polemica è stata incandescente, specie tra EFI e Federcofit. Perché?
DF – Penso che sia errato da parte di ogni associazione buttarla in rissa (verbale). E ritengo sia errato anteporre ad interessi generali di settore interessi particolari, addirittura di bottega, come quelli di fare qualche tessera in più. A mio parere le vere motivazioni della polemica che si è innescata è l’aver scoperto di essere sempre meno rappresentativi del mondo funebre e di cercare di recuperare consenso negli scontenti per gli effetti del DDL. A dire il vero mi attendevo una scomposizione, con una successiva ricomposizione delle Federazioni storiche in due macro-contenitori, uno rappresentativo più degli interessi delle imprese funebri strutturate e dei centri di servizio, l’altro dei piccoli operatori funebri. Ma non dispero. Probabilmente occorre tempo per comprendere bene gli effetti di una normativa rivoluzionaria.
CB – Ma non è che il DDL sia un po’ troppo sbilanciato verso il pubblico? Ad es. quelle società miste regolate dall’articolo 22 non fanno paura? Lei aveva annunciato proprio a Sefit10 edizione 2013, un cambio di strategia: basta giocare in difesa. Era ora di estendere l‘esperienza pubblica. Un po’ controtendenza con i chiari di luna attuali.
DF – Le imprese sociali, così le avevo chiamate, sono in realtà la risposta a due distinti fenomeni:
- un bisogno derivante dal mercato di funerali di prezzo più basso e di qualità media;
- la crisi finanziaria del settore pubblico.
Nel primo caso stiamo vedendo che anche in Francia stanno nascendo realtà imprenditoriali a carattere sociale nel settore funebre. Nel secondo caso, la necessità odierna di far cassa da parte dei comuni, vendendo i gioielli di famiglia, rischia di far chiudere esperienze di imprenditoria funebre pubblica vecchie anche di un secolo, che hanno svolto e continuano a svolgere un’azione importante di presidio locale, sia quanto a prezzi sia quanto a trasparenza di mercato. La soluzione proposta, serve ad evitare che la “grande crisi” porti alla cessione totale di queste società. L’idea forte è la loro trasformazione in partenariati pubblico privato, ad azionariato diffuso, con capitale anche dei lavoratori. Società con bilanci che prevedano limiti nell’utile massimo atteso, ma al tempo stesso obbligo almeno del pareggio. E bacini di operatività di almeno 300 decessi annui. Un modo per sviluppare da un lato imprese strutturate senza il solo scopo del profitto eccessivo, e dall’altro per favorire l’ingresso di quei piccoli operatori funebri che non se la sentono di rischiare per fare una impresa solo privata. Ma imprese sociali aperte ad investimenti di capitali che permettano di creare anche in Italia reti sufficientemente organizzate di imprese funebri strutturate, diffuse sul territorio. Un modello spagnolo, tanto per intenderci, con la fuoriuscita dopo qualche tempo del capitale pubblico, sostituito dall’azionariato diffuso, assieme a imprenditoria lungimirante. Può far paura? Si, ma a coloro che si riempiono la bocca di mercato e poi sono i primi a garantirsi sistemi protezionistici.
CB – Una volta la linea di attrito principale era tra pubblico e privato, ora la faglia sembra aprirsi tra grandi imprese strutturate e piccoli, ma agguerriti concorrenti in rapida ascesa. E su questo tema c’è chi denuncia il pericolo di nascenti o striscianti monopoli. E’ un rischio concreto?
DF – No. L’intenzione di chi era seduto al tavolo tecnico che ha elaborato lo scritto poi, in gran parte fatto proprio dal Sen. Vaccari, era quello di rendere il settore trasparente, meno pericoloso per operarvi, far emergere il sommerso, ridurre il numero di players, avere regole chiare, difendere i propri investimenti, non essere obbligati – per sopravvivere – a servirsi di metodi scorretti di procacciamento dei funerali, puntare alla qualità del servizio. Certo, questo determina forti cambiamenti e ci sarà chi ci perde e chi ci guadagna, come sempre quando si hanno variazioni di regole di mercato. La lentezza del processo di adattamento (molti anni) renderà meno traumatico il processo di razionalizzazione che occorre.
CB – L’introduzione dell’agenzia monomandataria di impresa funebre strutturata è una delle innovazioni maggiori. C’è chi la critica aspramente e chi ne difende la scelta. Lei cosa può dirci in proposito?
DF – Dico che le ricette che fino ad oggi sono state portate avanti come compromesso o come scelta da parte delle grandi Federazioni storiche private di categoria, nelle riforme regionali, sono state un fallimento clamoroso. Questo DDL contiene scelte nuove, non compromissorie. E forse per questo capaci di incidere! Il sistema delle agenzie (rafforzato dalla natura monomandataria) è fortemente diffuso nel settore assicurativo e, ritengo, sia fra le soluzioni pensate quella che dà maggiori garanzie. Certo, nessun modello è perfetto, e si troverà sempre il lato negativo della proposta. Ma l’insieme di impresa strutturata e di sua agenzia monomandataria lo vedo bene. Aggiungo che, ai tavoli delle prime leggi regionali, si consumò la battaglia tra chi era per l’impresa strutturata (Feniof) e chi era per un sistema meno vincolante, ma nei fatti molto più governabile dai centri di servizio (Federcofit). Sefit era decisamente schierata, allora, per la soluzione dell’impresa funebre strutturata e, non ha cambiato idea. Le soluzioni allora trovate dalla politica, che cercava un compromesso tra le due esigenze, hanno prodotto i guasti che vediamo tuti i giorni. Aggiungo che nelle regioni in cui c’è il massimo di libertà di intrapresa, la situazione è ancora peggiore. Pertanto non siamo più disponibili a lasciare che a fare queste scelte siano le sole maggiori Federazioni storiche dell’imprenditoria funebre, visto che poi gli effetti di scelte sbagliate li stanno pagando tutti i soggetti della filiera.
CB – Si spieghi, non capisco queste ultime parole.
DF – Se vi sono norme che in un mercato anelastico come quello funebre (cioè con un numero di funerali che è stazionario nel tempo o cresce di poco) non contrastano la nascita di un numero eccessivo di operatori rispetto a quello che il mercato può sopportare, tutto il sistema si impoverisce. Perché, per sopravvivere, si cerca di farlo con ogni mezzo: ed ecco il ricorso a imbottiture di bassissima qualità, acquisto di bare cinesi (a quando le vietnamite?) spesso irregolari, invasione nei mercati paralleli dei marmi e dei fiori per recuperare un po’ di marginalità aggiuntiva. E anche il contrasto vivace dell’imprenditoria funebre privata dei tentativi dei gestori cimiteriali di allineare le tariffe ai costi di esercizio, necessarie per stare in piedi, non è accettabile. E’ uno scontro che è sempre più accentuato dalla numerosità eccessiva di operatori funebri. Troppi. Tanto che per restare in piedi, talvolta, sempre più spesso, essi sono portati a giustificare il sistema della corruzione, il procacciamento dei funerali e la sistematica evasione fiscale. Occorre rompere questo cerchio, e a mio avviso, le misure contenute nel DDL vanno in questa direzione. Da questa operazione verità ci guadagneranno in molti, in primis i consumatori, ma anche i seri produttori, le serie imprese funebri, i seri gestori di crematori e di cimiteri.
CB – Questo disegno di legge vieta alle strutture sanitarie che operano in regime di ricovero di convenzionarsi con le case funerarie per l’assolvimento della funzione: “deposito d’osservazione”. Come mai?
DF – Perché lo ha detto e scritto l’Antitrust. Il DDL fa svolgere tutte le funzioni necroscopiche al livello sanitario, che si deve dotare di Servizi mortuari che conglobino anche gli obitori e i depositi di osservazioni prima comunali. L’Antitrust obbliga alla separazione proprietaria le onoranze funebri e le attività commerciali funebri dal servizio necroscopico e questo per garantire i dolenti da possibili cartelli monopolistici. E’ quello che avviene ed è tanto criticato nella gestione delle camere mortuarie ospedaliere affidate in privativa ad una impresa funebre. Ma è vietato!
CB – Abbiamo parlato poco di cimiteri e crematori, visto che il grosso delle critiche sta arrivando per la parte funebre, ma anche nel settore cimiteriale c’è una rivoluzione. Saranno pronti i Comuni?
DF – Oggi, la maggior parte dei comuni di piccole e medie dimensioni non sa come fare per garantire il servizio cimiteriale. La identificazione di un servizio di livello sovracomunale, con garanzia di risultato, come quello degli ambiti territoriali omogenei (che sono ormai una realtà anche negli altri settori come l’acqua e i rifiuti) è la risposta alle sollecitazioni che la normativa statale ha fatto con norme tese a raggiungere dimensioni di esercizio sempre maggiori. Anche in questo caso si tratta di un processo lungo, ma occorreva partire.
CB – Ma non saranno avvantaggiate le
società che già operano nei comuni di maggiori dimensioni?
DF – Certo, saranno avvantaggiate quelle realtà pubbliche, private o miste che si metteranno in gioco con l’intenzione di estendere la loro operatività al bacino ottimale. Si punta a ridurre i gestori cimiteriali da più di 6000 a non più di 400. Poi tra questi inizierà la stagione delle gare per una sana competizione per i mercati di ATOC. E vincerà il migliore. Ma sulla base di sistemi tariffari adeguati, piani di investimento precisi e pluriennali, carte dei servizi che garantiscano qualità all’utenza.
CB – C’è chi dice che oggi le imprese funebri operano praticamente senza controlli. E che i Comuni i quali dovrebbero farli, non li fanno. E inoltre che la soluzione trovata (controllo alle ASL) non è capace di risolvere i problemi.
DF – Ma che bravi! La colpa se si sfreccia a 180 all’ora in autostrada non è di chi va forte, ma della polizia che non mette abbastanza controlli! La scelta del DDL, per il settore funebre, è quella di tornare all’antico e cioè ai controlli del vigile sanitario. Quindi ASL, anche organizzate su scala regionale. Per il settore cimiteriale, invece, si è optato per un ispettorato di ambito, anch’esso con ampi poteri di controllo e retribuito. Non so, non stanno bene le ASL? Facciamo fare tutti i controlli, anche quelli funebri, agli ispettorati degli ATOC. E valutiamo se sia la soluzione migliore. Chi controlla ci deve essere.
CB – Concludo con una domanda che riguarda i produttori di cofani ed altri accessori. Con l’introduzione di norme UNI di respiro europeo che andranno ad abrogare quelle vetuste, ma pur sempre collaudate, del DPR n. 285/1990, non dovranno, forse, riconvertire tutte le loro linee produttive? Chi pagherà questi costi? Mi era parso di capire che le prime reazioni fossero state non proprio entusiastiche.
DF – Sono 7-8 anni che in Italia è in atto una guerra di prezzi senza esclusioni di colpi per far fuori la maggior parte dei concorrenti, impoverendo il mercato e ottenendo che alla fine l’Italia sia invasa da 250.000 bare e più, ogni anno, di importazione. L’ applicazione di standards costruttivi UNI per le bare, decorsi due anni dalla entrata in vigore del DDL (per smaltire le scorte di magazzeno) rende più complicata la vendita di bare cinesi in Italia. E se la garanzia di applicazione di uno standard per le bare, tra l’altro, costruito anche col concorso dei costruttori, determina investimenti per ammodernare una parte della linea di produzione, se ne facciano anche loro una ragione. Non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca.
CB – L’ultima domanda. Ma, ammesso che si trovi la composizione degli interessi, quando arriverà l’approvazione di questa legge?
DF – La composizione degli interessi non è solo tra Federazioni storiche del settore, tra cui inserisco anche la Sefit, che per inciso operando sull’intera filiera, ha la rappresentanza di maggior peso, ma reputo che dovranno dire la loro anche le Associazioni dei consumatori, e diverse altre che qui non richiamo per paura di scordarne qualcuna. In sostanza in Parlamento gli interessi devono essere valutati per l’insieme delle parti della società italiana e non solo per le lobbies di settore funebre o cimiteriale. SEFIT ne è consapevole. E’ per questo motivo che ritengo che l’obiettivo si può dire raggiunto se il DDL diventerà legge entro il termine naturale di questa legislatura. Se ci si riuscisse prima sarebbe un successo enorme. Se non si riuscisse ad approvare entro quei termini la legge, i guai diventerebbero veramente seri e non vedo un futuro roseo per l’imprenditoria funebre e cimiteriale italiana.
Non vorrei che con la scusa delle bare cinesi, e dei rivestimenti interni non adeguati a salvaguardare gli effettivi bisogni igienici, la Legge possa ricreare e rifavorire i “BARONI DEL FUNERALE”. Già oggi il cittadino è tartassato nel momento di lutto da operatori funebri senza scrupoli e da gestori di camere mortuarie, detenute illecitamente da agenzie funebri. La legge, oltre alle norme sanitarie dovrebbe contenere regole precise di comportamento pena la chiusura dell’attività, proprio perché si tratta di un servizio pubblico demandato all’impresa privata. Per le bare basta accludere il certificato di provenienza con le caratteristiche costruttive e la corrispondenza alle norme UNI, ma tutto ciò più o meno è già disciplinato dalla normativa attuale. Occorre, invece un regolamento unico a livello nazionale che tratti nello specifico tutta la materia, dal momento della morte, alla preparazione della salma, alla sigillatura del feretro, al trasporto, alla sepoltura nei cimiteri, alla cremazione. Oggi ogni Regione Italiana si gestisce nel modo che trova più conveniente per i BARONI del Settore Funerario vicino a loro politicamente. Per questo auspico che la nuova legge allo studio tenga conto delle considerazioni sopra esposte a vantaggio dei cittadini.
Dopo un’attenta lettura devo fare solo i complimenti per l’esaustiva spiegazione del testo e della volontà magnificamente espressa dei partecipanti al tavolo di lavoro.Ci auguriamo che i soliti disfattisti capiscano fino in fondo l’importanza che questa proposta di legge venga approvata adeguandosi anche loro alla modernità del testo anzichè arroccarsi sulle solite prese di posizione che potranno solo danneggiare chi ancora intende sviluppare e,
crede nel proprio lavoro