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Il giudizio instauratosi dinanzi agli organi della giurisdizione amministrativa concerne una concessione di sepoltura privata rilasciata dal Comune agli eredi (o discendenti?) di persona defunta e contrastata da altri eredi di altra persona defunta e legata da rapporto parentela in linea collaterale con il primo (defunto).
Con un primo ricorso, questi ultimi hanno contestato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Liguria – chiedendo l’annullamento – la determinazione dirigenziale n. 171 del 23/12/2013, con cui, su istanza di parte dei primi e diretta all’applicazione dell’istituto dell’immemoriale previsto dall’art. 88 del Regolamento di polizia mortuaria del Comune, questo aveva riconosciuto il dante causa dei richiedenti (1899-1986) quale titolare primo del rapporto di concessione di sepoltura privata, intestato alla famiglia, e aveva altresì fissato con la statuizione della c.d. lex sepulchri, che il diritto di sepoltura fosse riservato ai soli discendenti in linea retta, con esclusione dei parenti in linea collaterale. Tale determinazione è stata successivamente annullata in via di autotutela con determinazione del 19/3/2014, n. 17.
Con un secondo ricorso, gli eredi (discendenti?) pretermessi hanno chiesto l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 22 del giorno 11/4/2014, con cui erano stati stabiliti i criteri per il riconoscimento del diritto di uso con applicazione dell’immemoriale in via amministrativa, nella parte in cui si era ammesso tale ricognizione sullo jus sepulchri in favore esclusivamente dei discendenti in linea retta del concessionario di origine.
Agendo su più fronti, con un terzo ricorso, poi gli stessi eredi (discendenti?) hanno avversato il provvedimento del 6 agosto 2014, n. 56, con cui è stato individuato nel sopraindicato de cuius (1899-1986) il concessionario primitivo del sepolcro privato n. 375, sito nel cimitero capoluogo del comune, con la verifica sul diritto d’uso, che è esclusivamente riservato ai suoi discendenti, originari ricorrenti.
L’alto Consesso ha ritenuto che il petitum sostanziale del ricorso originario, così come dei motivi aggiunti, non avesse ad oggetto la legittimità degli atti comunali relativi alla concessione cimiteriale – domanda che certamente sarebbe ricaduta nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b) cod. proc. amm. – ma unicamente l’individuazione dell’originaria intestazione dello jus sepulchri, ovvero la titolarità di un diritto di matrice e natura prettamente civilistica.
Per la cassazione della sentenza gli eredi pretermessi hanno proposto ricorso ai sensi dell’art. 111, ult. Comma Cost.
Le ragioni addotte nel ricorso per cassazione
Con l’unico articolato argomento i ricorrenti impugnano la sentenza per violazione degli artt. 103 Cost., 7 e 9 del d.lgs. n. 104/2010, nonché dell’art. 133, comma primo, lettera B) del d.lgs. citato, in relazione all’art. 824 del cod. civ. e denunciano la violazione di legge e il travisamento della fattispecie: in particolare, censurano la decisione del Consiglio di Stato nella parte in cui ha declinato la sua giurisdizione in favore del giudice ordinario nell’erroneo convincimento che la controversia avesse ad oggetto l’interpretazione e l’applicazione delle norme civilistiche in tema di famiglia e successioni, e perciò rientrasse in ambito squisitamente privatistico; al contrario – sostengono i ricorrenti – l’oggetto della controversia era costituito dalla legittimità del provvedimento con cui il Comune aveva costituito (o ricostituito) la concessione attraverso la identificazione del titolare originario, sicché la loro posizione subiettiva sarebbe stata qualificata come interesse legittimo e non già diritto soggettivo.
La Suprema Corte ritiene il ricorso fondato.
Per gli Ermellini, la questione controversa e dibattuta attiene all’accertamento della titolarità di un sepolcro familiare, situato all’interno del cimitero capoluogo di un Comune ed in uso da tempo immemorabile -appunto – ad una famiglia.
Non è stato rinvenuto negli atti del Comune l’atto di concessione cimiteriale necessario ai sensi degli artt. 51 e seguenti del Regolamento comunale di polizia mortuaria sicché, su istanza degli eredi controricorrenti, il Comune ha attivato la procedura speciale prevista dall’art. 88 del citato Regolamento, proprio in rapporto all’istituto dell’ immemoriale.
Come risultato di tale procedimento, avviato ai sensi della L. n. 241/1990 ed in cui è stata compiuta tutta attività istruttoria, con la determinazione n. 56 del 6 agosto 2014 (e prima ancora con la deliberazione 2 aprile 2014) il Comune ha identificato come concessionario d’origine del diritto di sepoltura il de cuius (1899-1986), dante causa dei richiamati controricorrenti.
Nello stesso provvedimento si è precisato che tale determinazione teneva luogo dell’atto di concessione.
La definizione di titolare primo in capo al de cujus de quo è stata contestata dinanzi al Tar Liguria dagli eredi (discendenti?) pretermessi, i quali assumono che, alla stregua di circostanze di fatto non valutate o non correttamente ponderate dall’ente concedente, il concessionario di origine fosse l’ascendente comune (bisnonno) ai due rami, deceduto nel 1927;
l’opposizione dei controricorrenti ha altresì riguardato la determinazione del Comune di circoscrivere ai soli parenti in linea retta del concessionario di origine il diritto di uso del sepolcro, con esclusione dei parenti in linea collaterale, in violazione dell’art. 74 cod. civ., dei principi che regolano il sepolcro gentilizio, nonché dell’art. 56, comma 2, del Regolamento comunale di polizia mortuaria, il quale prevede che la famiglia del concessionario avente diritto alla sepoltura comprenda anche i collaterali fino al quarto grado.