Nel campo funebre le imprese operanti in Italia sono circa 6 mila (il doppio della Francia), di cui poco meno di 4 mila con prevalenza di attivita’ di settore. Di queste ultime solo 1500 sono organicamente strutturate e specializzate. E’ quindi un comparto fortemente polverizzato, basato principalmente sulla piccola impresa familiare, tranne nelle medie e grandi citta’. Nelle aree metropolitane e nei grandi comuni, l’incidenza della gestione pubblica cresce ad una media del 15-20%, con punte del 60-70%, svolgendo concretamente una azione moralizzatrice e calmieratrice. Per i trasporti funebri l’incidenza della gestione pubblica diretta, per l’intero Paese, e’ stimata nell’8%. In questo contesto i calcoli del sommerso sono abbastanza facili e li ha gia’ fatti il fisco scoprendo che al Nord un funerale su due e’ in nero.
“Mentre al Sud – ha riferito alcuni giorni fa Maurizio Leo, Presidente della Commissione parlamentare per l’Anagrafe tributaria -, la situazione peggiora perche’ a non avvalersi dei servizi funebri sarebbero due morti su tre”. E’ grazie alla frode fiscale che si puo’ foraggiare il sistema delle “mazzette” negli ospedali, nelle case di riposo e di lungodegenza per dirottare i funerali verso le imprese. Nella filiera di un decesso compaiono diversi soggetti, tutti protagonisti di un alto tasso di evasione: le pompe funebri, artigiani marmisti e imprese edili per le opere cimiteriali.
Il fatturato che gira intorno al trapasso nell’aldila’ e’ da mini manovra. In Italia si contano circa 560 mila decessi, numero destinato a salire con il progressivo invecchiamento della popolazione. Un servizio funerario standard (manifesti, composizione e trasporto salma, cassa, cuscino e mazzo di fiori) parte da 2000 euro e puo’ arrivare anche a 10 mila euro, con un prezzo medio di circa 3200 euro. Per la realizzazione e la posa della lapide si devono stanziare da 750 a 5000 euro, per un costo complessivo sottostimato di 4500 euro. Moltiplicando i decessi per il costo medio si arriva ad un giro d’affari non inferiore a 2,5 mld di euro, di cui almeno 1,5 mld non dichiarati al fisco.
Questo perche’ il dolore delle famiglie prevale su fatture e adempimenti fiscali. Ma alla base non c’e’ solo il comportamento dei cittadini, perche’ anche la legislazione tributaria non aiuta a far emergere l’enorme sommerso. Infatti, l’intestatario delle fattura puo’ detrarre dalla denuncia dei redditi importi non superiori a 1550 euro, cosa che porta a nascondere tutto l’eccedente per non pagare l’Iva.
Allora, oltre ai controlli bisognerebbe adeguare la normativa. Le proposte sono state rifatte piu’ volte nelle legislature. Si potrebbe introdurre nel comparto l’Iva agevolata al 10%, ma aumentare fino a 10 mila euro le spese detraibili nella dichiarazione dei redditi. Sulla stessa scia anche i possibili provvedimenti per favorire fiscalmente la manutenzione di tombe nei cimiteri, misura che oltre alla recupero di somme in nero, consentirebbe, nel contempo,di recuperare il patrimonio edilizio esistente sia dal punto di vista monumentale, sia di disponibilita’ di posti. Intanto, in attesa dei provvedimenti, 4 mln di euro al giorno sfuggono ai controlli del fisco.
Fonte: AGI