Cara Redazione,
Il problema riguarda una sacello gentilizio, al cui interno son presenti n°20 loculi tutti occupati, che con il decesso del fondatore e dei diretti discendenti dello stesso (fratelli, sorelle, nonchè la coniuge) s’è tramutata in cappella “ereditaria”.
Oggi, v’è necessità di liberare almeno un loculo – per far posto ad una nipote da poco deceduta. Tra i vari discendenti (e son tanti), tutti di pari grado, s’è creata una disputa tra quanti sostiengono – compreso il sottoscritto – che nella estumulazione di una salma sia necessaria, innanzitutto, l’unanimità dei consensi degli aventi diritto, ed il criterio da seguire sia quello cronologico; e chi, invece, ritiene, invece, proprio perché trattasi di un sepolcro ereditario, siano applicabili le regole della successione, e, quindi, che i loculi vadano divisi per stirpi. Qual’è la Vostra opinione a tal proposito?
RISPOSTA: I diritti sui sepolcri comportano, come sempre, un forte ‘mix’ tra diritto pubblico e diritto privato, ma si caratterizzano per questa peculiarità: il diritto di sepolcro (= nel senso di essere sepolti) e’ principalmente un diritto personale, collegato all’appartenenza della famiglia (discendenza), e i cui elementi di patrimonialità, pur presenti, sono strumentali al diritto principale, quello di essere sepolti, che e’ di natura personale.
Al fine di discernere lo “Jus Sepulchri” “iure sanguinis” da quello “Jure Successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, la volontà di destinazione del sepolcro è solo “sibi familaeque suae”, quindi la scomparsa di tutti i congiunti del concessionario, se lo Jus Sepulchri non è trasmissibile lungo l’asse ereditario dovrebbe comportare la fattispecie dell’ “abbandono amministrativo” (per maggiori dettagli si veda l’Art. 4 comma 4 del regolamento regionale emiliano romagnolo 23 maggio 2006 n. 4 con relativa circolare eslicativa SEFIT n. 605 del 03.07.2006).
Per esonerare l’amministrazione comunale da ogni valutazione, è sufficiente che uno dei parenti nel grado più prossimo richieda l’operazione cimiteriale, dichiarando di agire in nome e per conto di tutti gli aventi titolo (molti regolamenti comunali di polizia mortuaria applicano questa regola proprio per snellire l’iter burocratico finalizzato a richiedere ed ottenere determinati servizi cimiteriali).
Ad ogni modo, restano salve differenti previsioni, in via cautelativa, del regolamento comunale di polizia mortuaria, ove dovesse intervenire una vertenza tra gli aventi diritto l’amministrazione comunale si limiterà a mantenere “congelato” lo status quo ante sin quando non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato.
Il comune si limiterà a formulare, per iscritto, l’esigenza che la parte richiedente produca tale adesione o consenso, ricordando come, in forza del principio implicito e, quindi fondativo, di tutto il nostro ordinamento nazionale di polizia mortuaria, ex Art. 79 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 unicamente chi abbia relazioni parentali di grado adeguato possa decidere della salma o dei resti, e questa disponibilità, afferendo alla sfera dei diritti personalissimi e dei sentimenti di pietas non è surrogabile da terzi.
Essendo il cimitero un bene demaniale (art. 823 e art. 824 c.c.) gli eventuali diritti sono regolati dalle norme speciali su questi beni ed in particolare, se vi sono, da quelle del regolamento di polizia mortuaria del Comune e dal contratto di concessione.
Di solito la regolazione sull’uso delle tombe (concetto di famiglia, subentro, benemerenze, decadenza…) è demandata al regolamento comunale di polizia mortuaria, esso, però, per il principio di cedevolezza non può enunciare norme in contrasto con la legislazione statale (Testo unico Leggi sanitarie approvato con Regio Decreto n.1265/1937 e DPR 285/1990) o regionale (se è intervenuta una riforma su base regionale dei servizi necroscopici, funebri e cimiteriali).
Nella fattispecie da Lei prospettataci nel corso dei decenni i diretti famigliari del fondatore si sono estinti, il sepolcro, allora da famigliare è divenuto ereditario, così si è pronunciata la Cassazione con sentenze n. 5095 del 29-5-1990 e n. 12957 del 7-3 e 29-9 2000). Ciò significa che a causa del subentro (normato in primo luogo dal regolamento cittadino di polizia mortuaria) le quote di titolarità si sono frammentate e moltiplicate in misura esponenziale.
Solo al momento costitutivo della concessione di cui all’art. 90 DPR 10 settembre 1990, n. 285 non sussistono difficoltà al fatto che essa possa avvenire nei confronti di più persone, anche se non appartenenti ad un’unica famiglia, ma in tal caso occorre avere l’avvertenza di disciplinare i rispettivi rapporti tra i diversi concessionari o di stabilire, meglio se espressamente, la loro titolarità indistinta, lasciando l’utilizzo determinato dal semplice succedersi nel tempo degli eventi luttuosi (con un certo gusto per l’umorismo noir si potrebbe dire: “chi prima muore…meglio alloggia!”)
In tale evenienza, le persone che possono essere accolte nel sepolcro privato così concesso sono pur sempre le persone dei concessionari e dei membri delle loro famiglie, quali definite a tale fine dal Regolamento comunale e/o dall’atto di concessione. La situazione da Lei rappresentata sembra, però, segnalare che la concessione sia già stata rilasciata; si deve, allora, considerare come essa non possa essere modificata.
I concessionari, con scrittura privata, potranno diversamente definire l’assunzione degli oneri manutentivi o la precedenza nell’accesso alla tomba, notificando al comune tale accordo interno, il quale, però, data la sua natura, non è fonte di obblighi per l’Ente Locale, per il quale rilevano unicamente le norme statuite dall’atto di concessione.
L’estumulazione si esegue di solito alla scadenza della concessione, il regolamento comunale potrebbe, tuttavia, dettare un termine diverso (la cosidetta ricognizione sullo ststo di mineralizzazione o anche riduzione dei resti ossei in cassetta) dopo il DPR 254/2003 sono da considerarsi ordinarie le estumulazioni dopo i 20 anni (anche come somma di due o più tempi trascorsi in diverse sepolture).
Il fine ultimo di un’estumulazione può essere:
1) trasferimento, o ancor meglio, traslazione verso altra sepoltura sita in diverso luogo oppure alla volta di una differente destinazione del cadavere (cremazione oppure inumazione invece dell’originaria tumulazione)
2) apertura della nicchia muraria e della bara per una ricognizione sullo stato di mineralizzazione del cadavere volta a ridurre i resti ossei in cassetta ossario, così da liberare spazio per accogliere un nuovo feretro.
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Per procedere in questo senso occorrono tre elementi sostanziali:
- consenso degli aventi titolo, individuati secondo il criterio della consanguineità con il de cuius, a disporre del cadavere del de cuius stesso dopo il primo periodo di sepoltura legale. Il coniuge superstite ha titolo privilegiato, mentre tra più famigliari dello stesso grado occorre l’unanimità.
- assenza di disposizioni contrarie del de cuius o del fondatore del sepolcro a che il feretro in questione possa esser rimosso dalle cella in cui fu murato (è il caso delle cosiddette “tombe chiuse”, ossia di quei sepolcri nel cui atto di concessione siano specificati particolari obblighi a mantenere un determinato cadavere nell’avello in cui fu precedentemente tumulato sino alla scadenza della concessione) Questo principio è stato ribadito anche dalla giurisprudenza. Si veda a tal proposito T.A.R. Emilia Romagna, Sez. Bologna, 31 ottobre 1988 n.. 373 “La riduzione delle salme nel sepolcro familiare può essere vietata ove ciò risponda ad una precisa volontà in tal senso del fondatore o dei suoi aventi causa..[omissis]”.
- Titolo di trasferimento del cadavere o delle sue trasformazioni di stato (semplice ossame, esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo causato dall’insorgere di mummificazione, saponificazione o corificazione verso una nuova destinazione ritumulazione, inumazione in campo inconsunti per almeno 5 anni (bastano 2 anni se il prodotto da mummificazione, saponificazione o corificazione è addizionato con sostanze biodegradanti) oppure cremazione. Per il solo ossame vale quanto detto prima (ossario comune o raccolta delle ossa in cassetta ossario).
A questi tre requisiti bisogna poi aggiungere l’accessibilità del feretro (Art. 76 comma 3 DPR 10 settembre 1990 n. 285), per tombe, infatti, in cui non è possibile raggiungere una bara senza movimentarne un’altra di solito lo stesso contratto prescrive l’inestumulabilità sino alla naturale scadenza della concessione, anzi a giudizio di autorevolissima dottrina una richiesta in questo senso dovrebbe provocare la dichiarazione di decadenza della concessione stessa.
Se seguiamo questa interpretazione piuttosto formale dell’Art. 76 comma 3 DPR 285/1990 L’unico metodo per ovviare all’inestumulabilità è, attualmente, la procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/90 implementata dal paragrafo 16 della Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n.24. Essa può servire per sanare uno stato di fatto oppure per recuperare effettivamente nuovi posti salma in edicole, cappelle gentilizie o avelli non in regola con il dettato dell’Art. 76 comma 3 DPR 285/90.
Qualora la concessione sia a tempo determinato, l’estumulazione è ammissibile alla scadenza della concessione oppure per il trasferimento in altro sepolcro (Art. 88 DPR 285/1990). Bisogna poi, valutare se con l’estumulazione non si esaurisca anche il fine ultimo del rapporto concessorio, nel qual caso il comune, nella persona del Dirigente di settore (Art. 107 comma 3 lettera f Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267) dovrebbe rilevare d’ufficio (con atto meramente ricognitivo e non costitutivo) l’estinzione di quest’ultimo.
Non e’, invece, applicabile la decadenza della concessione del loculo motivata da trasferimento della salma ad altra sepoltura se, al momento della scelta del familiare, la traslazione era perfettamente possibile in quanto ammessa, in modo esplicito, dal regolamento comunale di polizia mortuaria vigente all’epoca e dall’atto di concessione.
Se la concessione è a tempo indeterminato, l’estumulazione non sarebbe possibile salvo essa non sia esplicitamente prevista dal Regolamento comunale di polizia mortuaria (Secondo alcuni commentatori senza questa riserva di jus positum l’ufficio della polizia mortuaria con atto motivato ex Legge 241/1990 dovrebbe opporre rifiuto alla richiesta di estumulazione)
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Nell’ipotesi più favorevole, ovvero quando l’estumulazione sia ammissibile, l’estumulazione può essere richiesta da chi abbia diritto a decidere della salma, cioè, nell’ordine di poziorità (potere e priorità) con esclusione di chi ne segue, da parte del coniuge o, in difetto, dei parenti (non affini, ma solo i parenti) nel grado più prossimo e, in caso di loro pluralità, di tutti (ciò in relazione a ciascun singolo feretro).
Alla morte del concessionario, se il regolamento comunale di polizia mortuaria contempla l’istituto del subentro, dovrebbero succedere nella titolarità della tomba i discendenti del fondatore del sepolcro, determinando, così, una sorta di comunione indivisa e solidale (si suppone come inammissibile o eccezionale, una divisione della concessione in quote, sempre, però, subordinata all’approvazione di una specifica norma in tal senso a tal proposito nel regolamento comunale di polizia mortuaria; almeno tenendo conto di alcune pronunce della Suprema Corte di Cassazione. Si veda, ad esempio: Cassazione civile, Sez. I, 7 febbraio 1961 n. 246, Cassazione civile, Sez. II, 24 gennaio 1979 n. 532, Cassazione civile, Sez. II, 8 gennaio 1982 n. 78, Cassazione civile, Sez. I, 27 gennaio 1986 n. 519, Cassazione civile, Sez. II, 29 maggio 1990 n. 5015, Cassazione civile, Sez. II, 30 maggio 1997 n. 4830, Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 ma anche Tribunale di Perugia, 14 novembre 1995).
Il diritto alla sepoltura (= ad essere sepolti) ha comunque un limite, quello dell’art. 93, 1 comma 2 DPR 285/1990 con cui si sancisce il principio di “naturale capacità ricettiva del sepolcro”, la quale, alla luce delle recenti tendenze funerarie come la cremazione diretta dei resti mortali (Art. 3 DPR 15 luglio 2003 n. 254) è da intendersi in senso estensivo, quindi non solo per i cadaveri, ma anche relativamente ad ossa, ceneri, resti mortali.
Sotto un profilo meramente operativo il criterio cronologico, se attorno a quest’opzione si raccoglie il necessario consenso, può esser una buona scelta perché di solito le bare molto vecchie non garantivano nel tempo la perfetta tenuta stagna ottenuta con vasca e coperchio metallici saldati a fuoco, quindi è più facile che il cadavere si sia almeno in parte consumato (sono, nell’ordine, il nastro metallico e l’impermeabilità a gas e liquidi postmortali le due principali cause della mancata mineralizzazione, oltre alla non completa biodegradabilità di vestiti, velo, imbottiture delle bare…). Non è tuttavia elemento di diritto, l’unico parametro legale cui attenersi è la volontà secondo jure sanguinis.
Qualora non sia precisato nell’atto costitutivo del sepolcro in quale forma (solo cadavere, oppure anche ossa, ceneri, resti mortali) la spoglia mortale del de cuius debba esser racchiusa nella cella muraria in cui fu tumulata il giorno del funerale si provvede ad effettuare l’estumulazione per ridurre i resti ossei in cassetta ossario oppure incinarare il cadavere rinvenuto ancora incorrotto, così da liberare fisicamente lo spazio sufficiente ad accogliere un nuovo feretro, naturalmente ossa e ceneri prodotte dall’estumulazione dovranno esser tumulate nuovamente nella loro originaria sepoltura, qualora sussista una riserva di occupazione a favore di quel particolare defunto statuita nello stesso atto di concessione.
E’lo stesso concetto di capienza del sepolcro (ex Art. 93 comma 1) ad esser completamente riplasmato e dilatato, se per spoglia mortale non intendiamo solo il cadavere, ma anche il prodotto ultimo dei processi degenerativi oppure ossidativi cui è sottoposto il corpo umano nel post mortem (detta constatazione è anche facilmente deducibile dalla formulazione dell’Art. 50 DPR 285/1990 con cui si garantisce titolo di accoglimento in cimitero non solo ai cadaveri, ma appunto, anche a ceneri, ossa, resti mortali… ed anche parti anatomiche riconoscibili, così come definite dall’Art. 3 DPR 15 luglio 2003 n. 254, dopo l’entrata in vigore dello stesso DPR 254/2003.
Il defunto in questione idealmente sarà comunque conservato nella tomba, non più come cadavere, ma come trasformazioni di stato (ossa o ceneri) del cadavere medesimo.
Risulta, comunque, del tutto sproporzionato adire l’autorità giudiziaria per impedire l’apertura del sepolcro, basta, infatti, manifestare la propria contrarietà, anche perché siccome è necessaria l’unanimità i rapporti di forza sono molto favorevoli alla minoranza che avversa l’estumulazione, chi, per sciagurata avventura, dovesse forzare l’estumulazione con una dichiarazione mendace commetterebbe i reati di violazione di sepolcro e falso privato in atto pubblico.
C’è un precedente legale molto importante in tal senso: Tribunale di Milano, 11 ottobre 1979: “La traslazione delle salme dei genitori, pur se regolarmente autorizzata dalla competente autorità comunale, può avvenire soltanto con il consenso di tutti i figli. Pertanto ben può il giudice ordinario, su istanza del figlio che non ha prestato il consenso ed il cui diritto funerario sia stato così violato, pronunciare la condanna degli altri a curare tutto quanto necessario per fare ritrasferire le salme nel luogo di prima sepoltura, ovvero a provvedervi egli stesso a spese degli altri, nell’ipotesi di mancata esecuzione spontanea, osservando le formalità di cui agli art. 612 ss. c.p.c.”
in difetto di un’apposita norma in cui si preveda che chi richiede operazioni ed interventi cimiteriali si muova all’interno di una presunzione di agire con l’accordo di tutti i soggetti a vario titolo interessati, il comune può accogliere un’eventuale richiesta di estumulazione se essa sia corredata, od integrata (anche in momenti differenti), da un assenso di chi abbia titolo a disporre delle singole salme o dei loro resti mortali. La contrarietà deve esser motivata, mentre il disinteresse non è titolo sufficiente per impedire l’estumulazione.
C’è anche un espediente, per altro piuttosto macchinoso cui si ricorre per eludere le rigidità nella fruibilità del sepolcro imposte dal fondatore del sepolcro stesso o da eventi perturbativi esogeni all’atto di concessione, come appunto la litigiosità tra i soggetti in causa: gli aventi diritto allo jus sepulcrhi secondo criterio dello jure sanguinis rinunciano alla concessione, quest’ultima automaticamente smette di produrre i suoi effetti nel tempo, così la tomba in questione rientra nella piena disponibilità del comune che poi la riassegna sempre agli stessi concessionari di prima, ma con una formula molto più elastica nell’individuazione di quanti abbiano diritto ad esser ivi tumulati, anche se il primo concessionario aveva opposto rifiuto ad un loro ingresso nella tomba di famiglia per il periodo successivo alla loro morte. Se la tomba, intesa come luogo materiale in cui sono sepolti determinati defunti, ed i concessionari saranno sempre i medesimi non sarà necessario rimuovere i feretri precedentemente tumulati, se non per procedere con la raccolta dell’ossame, o l’avvio di eventuali indecomposti a cremazione o inumazione. In caso contrario, di norma, gli oneri dovrebbero esser a carico dei soggetti rinuncianti, se il regolamento comunale di polizia mortuaria non detta un diverso protocollo cui attenersi scrupolosamente.
In ultima analisi ci sia consentita una nota personale: il meccanismo perverso di veti e ricatti incrociati rischia davvero di condurre alla paralisi, con il bel risultato di una tomba di pregio di fatto non fruibile.
E’meglio cercare una compensazione dei vari interessi (anche morali, affettivi) in giuoco, il defunto estumulato, dopo tutto, anche se in forma di ossa o ceneri permarrà pur sempre nello stesso sepolcro che l’accolse il giorno delle esequie.
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X Giorgio:
questi vorticosi giri di walzer dei feretri, spostati freneticamente tra un loculo e l’altro sempre in caccia di nuovi posti salma, come se lo spazio sepolcrale fosse infinito rappresentano una politica cimiteriale scadente che fa acqua (anzi…”brodo cadaverico”, giusto per rimanere in tema) da tutte le parti. Nel nostro ordinamento, infatti, vige il principio, implicito e, quindi, fondativo della stabilità delle sepolture (si pensi in tema di disseppellimento con le dovute cautele anche all’Art. 116 comma 2 del D.LGS n.271/1989) almeno per tre motivi di tipo morale ed anche tecnico:
1) il giusto rispetto dovuto ai defunti, che hanno tutto il diritto a riposare in pace, ed ai loro congiunti fruitori dei servizi cimiteriali
2) il buon governo del cimitero (sono tra l’altro norme inderogabili di ordine bubblico e buon costume)
3) la sacrosanta tutela dei necrofori che presso il camposanto lavorano, i quali certo non si divertono a movimentale continuamente bare maleodoranti, ossame, e contenitori per resti mortali.
Dopo tutto, le operazioni cimiteriali soggiacciono pur sempre a preventiva autorizzazione comunale, dove con apposita istruttoria, anche se non eccedente i soli titoli formali, si valutano le ragioni di chi le richieda, per stroncare sul nascere eventuali velleità funerarie e capricci dell’utenza.
La regolamentazione della possibilità di trasferimento di cadaveri e loro trasformazioni di stato all’interno del cimitero corrisponde, dunque, alla necessità di organizzare con razionalità e decenza il servizio cimiteriale, molto, quindi, dipende dal regolamento comunale di polizia mortuaria, in quale può anche fissare un termine massimo al numero delle estumulazioni che possano riguardare ogni singolo feretro.
Qui, però, il problema è l’esatto contrario, cioè non sono i cittadini a volere tutte queste estumulazioni, ma è la stessa amministrazione comunale a disporle, perchè manca della necessaria programmazione ex Art. 91 DPR n.285/1990 delle aree sepolcrali, attraverso gli appositi strumenti del piano regolatore cimiteriale.
Non si dimentichi, infatti, come le concessioni cimiteriali, quale ne sia la tipologia (cappelle gentilizie, loculi monoposto…), costituiscano sempre sepolcri privati nei cimiteri, con conseguente “sottrazione” del relativo spazio cimiteriale alla fruizione da parte della comunita’ locale, da cui consegue che non possano derivarne, in alcun caso, oneri a carico del comune, neppure per quanto riguarda il necessario recupero delle spese gestionali cimiteriali.
il vero “fabbisogno” da garantire, in base al numero di sepolture da effettuare, altro non è se non la disponibilità di una superficie destinata alle sepolture ad inumazione in campo comune e dimensionata secondo i criteri di cui all’art. 58 (ed escluse le aree considerate all’art. 59) dPR 10/9/1990, n. 285, non sussistendo, in alcun caso, obblighi in capo al comune di assicurare una disponibilità di posti a sistema di tumulazione), L’impossibilità di provvedere alla realizzazione di un nuovo cimitero o all’ampliamento dell’esistente, sono, dunque, del tutto assenti; ai sensi dell’ Art. 92 comma 2 DPR n.285/1990 l’istituto della revoca è legato ad un presupposto ben preciso: si badi bene:l’insufficienza di accoglimento del cimitero nelle quadre ad inumazione, vale a dire un campo comune di terra.
Ribadisco il concetto che facilmente riuscirà sgradito ai fans più sfegatati della tumulazione: il comune, ex Art. 337 “DEVE” obbligatoriamente dotarsi di un cimitero (o anche più cimiteri ed in questo caso ragioneremo di sistema cimiteriale) con reparti ad inumazione mentre semplicemente ” PUO’ “, a propria discrezione, concedere ai privati aree o manufatti a sistema di tumulazione, la quale, poi, origina, come noto, dal rapporto concessorio che si instaura tra l’ente pubblico ed il cittadino.
Il comune non ha mai il vincolo giuridico di concedere aree per l’erezione di sepolcri privati all?interno del cimitero e, men che meno, di provvedere alla costruzione di sepolture private da concedere in uso e, quando vi provvede, lo fa in termini di facoltatività, anche se dalle concessioni che disponga assuma oneri corrispondenti sulla base del regolamento comunale di polizia mortuaria e dell?atto di concessione. Le tumulazioni sono, quindi, sempre sepolcri privati (= uti singuli) nei cimiteri.
Salve, vorrei sapere cortesemente se c’è una legge che regola il limite per gli spostamenti dei feretri tumulati in loculi in prestito, e se oltrepassato questo limite il comune è obbligato a fornire una sistemazione definitiva o almeno deve concede ai famigliari la possibilità di applicare a loro spese un lapide in marmo…. Più’ precisamente da qualche anno ormai in questo cimitero non ci sono più loculi in vendita, il comune non si decide a costruirne di nuovi e continua a tumulare le salme in loculi presi in prestito, quindi quando muore il proprietario legittimo sposta sistematicamente l’altra salma in un altro loculo di nuovo in prestito…..
Innanzi tutto bisognerebbe sapere in quale modo la Società “Militari in
Congedo” sia titolare della “sepoltura sociale” di cui Lei mi parla.
Quest’ultima è, forse, il semplice gestore del sepolcreto, oppure è
proprietaria dei loculi da lei stessa edificati su suolo cimiteriale avuto
in concessione dal comune?
La Società “Militari in Congedo” è forse una confraternita o una congrega?
Si tratta, infatti, di corpi morali, di compagnie (= senza fine di lucro)
molto diffusi nel Meridione d’Italia aventi tra i propri fini statutari la
sepoltura delle persone loro associate e la cura delle relative tombe.
Nel caso di sepolcri in concessione ad enti, cioè a persone giuridiche vi
e’, spesso, un duplice rapporto, quello intercorrente tra il comune e l’ente
(confraternita od altra denominazione) e quello intercorrente tra l’ente e
le persone che appartengono all’ente stesso.
La durata di questo secondo rapporto, e’ regolata dall’ordinamento
dell’ente.
Le ossa estumulate (semprechè sia accertato l’avvenuto completamento dei
processi di sceletrizzazione) possono essere collocate in altre tumulazioni
(es.: cellette ossario, tumulazioni per feretri) che la famiglia abbia gia’,
in precedenza, avute in concessione e per le quali il defunto di riferimento
abbia titolo ad esservi accolto, in quanto appartenente alla famiglia del
concessionario (e l’appartenenza alla famiglia del concessionario e’
definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria).
Si torna sempre al punto di partenza, cioe’ la sussistenza di 2 differenti
rapporti:
a) quello di concessione dell’area, sussistente tra comune ed ente
b) quello tra l’ente e le persone, gli associati che vi appartengano.
Nel caso di concessioni a confraternite (tecnicamente: enti), non deve
essere in alcun caso confuso il rapporto di concessione intercorrente tra
comune ed ente (confraternita) con i rapporti che intercorrano tra la
confraternita e le persone che vi appartengano. Si tratta di un aspetto che
e’ stato più volte segnalato.
Nell’evenienza di concessioni ad enti, non si ha, quindi, un termine
definito per la durata della tumulazione (e quindi per le estumulazioni; vi
sono indicazioni per le concessioni fatte a persone e/o famiglie, dato
dall’art. 86, 1 dPR 10/9/1990, n. 285). Vi e’, invece, un diverso
trattamento, una volta effettuata l’estumulazione, a seconda che essa abbia
avuto una durata superiore o pari/inferiore a 20 anni, bisogna, comunque
ricordare sempre questo principio: l’estumulazione si effettua alla scadenza
della concessione (art. 86, 1 dPR 10/9/1990, n. 285), qundi sono escluse, a
rigor di logica le tumulazioni in loculi perpetui, i quali essendo a tempo
indeterminato non hanno naturale scadenza, oppure perchè il feretro possa
essere trasportato in altra sepoltura (succ. art. 88).
Non dimentichiamo, poi, come i feretri sepolti in loculo a concessione
perpetua, per i quali, è bene ribadire il concetto, non dovrebbe mai esservi
estumulazione possano, invece, esser estumulati, per cause di forza
maggiore, in queste tre circostanze:
a) soppressione del cimitero
b) decadenza della concessione per violazione unilaterale da parte del
concessionario nel rapporto concessorio.
c) revoca della stessa per prevalente interesse pubblico (come, in effetti,
può accadere quando siano indifferibili opere di manutenzione edilizia volte
ad impedire il crollo dell’edificio sepolcrale).
Pertanto, all’interno dello stesso cimitero, una concessione perpetua rimane tale, salvo che non vi sia la possibilità di pronunciare la decadenza o la revoca.
Se, nel caso in esame, è stata pronunciata la revoca, consiglio vivamente di
consultare questo link: https://www.funerali.org/?p=330 per ulteriori
approfondimenti.
Nell’istituto della revoca a nulla rileva l’opposizione del concessionario,
che vanta un diritto affievolito nei confronti del Comune (TAR Campania Sez.
III, 15/01/87 n.14, C.S. Sez. V 01/06/1949 n.458, C.S. Sez. V 16/12/50 n.
1289), su quest’aspetto c’è giurisprudenza costante.
Le concessioni a tempo indeterminato, o perpetue, non sono suscettibili di interventi ablativi da parte del comune concedente, se non per revoca o decadenza, il quale ha assunto il preciso obbligo di assicurare la perpetuità della concessione. In altre parole, il comune non può alterare unilateralmente un rapporto giuridico che esso stesso ha liberamente posto in essere, tra l?altro senza avere né obbligo a contrarre in senso assoluto, né tantomeno a contrarre a determinate condizioni.
Fermo restando che il comune, quale ente concedente, non può modificare od alterare un rapporto giuridico che ha concorso a costituire, magari sulla base di una propria regolamentazione locale all?epoca vigente, va ricordato che potrebbe risultare ammissibile solo un accoglimento della rinuncia unilaterale da parte del concessionario (e sempre che questi sia ancora in vita se concessionario debba intendersi il soggetto che ha stipulato l?atto di concessione o suoi discendenti, se così previsto dal regolamento comunale di polizia mortuaria vigente al momento dell?atto di concessione). È anche ipotizzabile che il regolamento comunale (che si ricorda ha effetto una volta intervenuta l’omologazione da parte del Ministero della salute), possa prevedere particolari modalità per la rinuncia alla perpetuità da parte degli aventi diritto, fermo comunque che un?eventuale istanza di questo tipo deve provenire esclusivamente da chi abbia diritto e il comune non possa intaccare in alcun caso, d?ufficio, il rapporto giuridico di concessione, anche se limitatamente alla durata.
Salve, potete aiutarmi? Cimitero “angeli” di Caltanissetta, mia nonna morta nel 1934, è stata estumulata dalla la Società “Militari in Congedo”, che ha iniziato i lavori per eliminare i “notevoli inconvenienti tecnico-sanitari” riscontrati nella sepoltura sociale. Sono inconvenienti che si trascinano da più anni e che avrebbero dovuto essere eliminati sin dal Infatti dal 10 novembre 2006 quando il Comune emise a carico della società “Militari in congedo” apposita ordinanza d provvedere con urgenza «considerato che tale stato di fatto rappresenta grave pericolo per l’incolumità dell’utente e del personale comunale che ivi opera». Invece sono stati mantenuti per cinque anni ancora malgrado il grave pericolo che hanno rappresentato e continuano a rappresentare. La nonna morta nel 1934 dovrebbe essere titolare di una concessione perpetua. Ma nonostante questo le salme sono state estumulate, trasferite in nuove cassettine o casse di zinco con targhetta identificativa, e sistemate nei loculi al di sopra della quinta fila, nei cosiddetti “colombai”. Abbiamo parlato con il Presidente della Società che ci ha detto che possiamo ricomperare il loculo e pagare 1900 euro oppure pagare il trasporto per sistemarla negli ossari (piccoli loculi sempre di proprietà della Società) che si aggira sui 500 euro. Volevo sapere se la nonna ha una concessione perpetua possiamo riavere lo stesso loculo senza pagare nulla o eventulmente pagare una quota lecita e legale per la ristrutturazione? Potete aiutarmi? Avevano il diritto di estumularla? Grazie.
Anche il loculo monoposto si configura pur sempre come una sepoltura privata e dedicata (sono “PRIVATE”, quindi, “uti singuli” tutte le forme di allocazione dei cadaveri e delle loro trasformazioni di stato diverse dalla sepoltura in campo comune di terra per i cadaveri ed i resti mortali, o dalla dispersione in ossario e cinerario comuni rispettivamente per ossa e ceneri) ed il suo uso, pertanto è regolato dal Capo XVIII DPR 10 settembre 1990 n. 285 che, poi, altro non è se non il Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.
Quando si è morti il diritto d’ingresso in un sepolcro (= titolo di accoglimento in una determinata tomba, al fine di…RIPOSARVI in PACE!), purtroppo per Lei, non si basa sulla semplicistica dicotomia simpatico/antipatico, (altrimenti l’arbitrio e la litigiosità tra aventi diritto e presunti talidiverrebbero una piaga endemica nella conduzione del cimitero) lo Jus Sepulchri, infatti, nella sua doppia accezione di Jus Sepeliendi e Jus Inferendi Mortuum in Sepulchrum, ossia di diritto a ricevere e dare sepoltura origina dallo Jus Sanguinis e dallo Jus Coniugii, cioè da quei rapporti morali, affettivi e soprattutto giuridici che sorgono tra due o più persone persone in forza del vincolo coniugale e di parentela.
Bisogna poi ricordare come, nel caso di concessione cimiteriale accordata a persona fisica (= il privato cittadino) non sia il concessionario a stabilire / individuare a proprio piacere chi possa essere sepolto nel sepolcro dato in concessione, quanto il fatto dell’appartenenza come riservataria del diritto ad essere accolta nel sepolcro (fino al limite della capienza fisica ex Art. 93 comma 1, II periodo DPR n.285/1990) in sede di stipula dell’atto di concessione (e solo in questo momento) ed ai sensi dell’Art. 93 il comune può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze, secondo criteri stabiliti dai regolamenti locali, rispetto alla famiglia (e la definizione di famiglia a tal fine e’ data dal regolamento comunale di polizia mortuaria). Il concessionario potrebbe ampliare / restringere la definizione di famiglia pre-stabilita.
Parte della dottrina ritiene che solo il concessionario originario, cioè il fondatore del sepolcro sibi familiaeque suae (per sé e per la propria famiglia) possa “derogare” alla familiarità del sepolcro permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti terzi rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare la rigidità della norma, tuttavia configurandosi il diritto di sepolcro come mera aspettativa per cui l’ordine di sepoltura in posti all’interno di una tomba di cui si è contitolari di concessione, è, salvo patti contrari notificati all’Amministrazione comunale, in relazione all’ordine cronologico di morte occorre il consenso unanime di tutti i titolari di quote della tomba stessa perché si addivenga ad una compressione del loro jus sepulcrhi.
Dirò di più: se lo jus sepulchri è un diritto della personalità (secondo alcuni anche personalissimo) e non a contenuto patrimoniale alcuni giuristi si spingono sino all’estrema ipotesi di non considerare l’istituto della cosidetta indegnità morale, previsto, invece, in tema di successione mortis causa. Esempio: se io, in un raptus di lucida follia omicida uccido mio padre al fine di ereditare tutto il suo patrimonio per potermi finalmente comperare la Ferrari (mio agognato sogno!) la Legge, per ovvi motivi di…igiene mentale mi sbatte in galera e mi estromette dal suo asse ereditario, se invece io, parimenti, provoco la morte di mio padre per un motivo ancorchè futile e balordo, non decadrò dal diritto di ottener sepoltura nel sepolcro privato fondato dal mio stesso genitore che io ho barbaramente trucidato…alla faccia dell’innocua antipatia. Io, personalmente, da povero becchino a digiuno di tali astrazioni dottrinarie non condivido questa tesi così velleitaria garantista, ma gente ben più brava e titolata di me la sostiene e, dunque, è giusto menzionarla, giusto per corroborare il nostro ragionamento sull’inesorabilità (proprio come sorella morte) dello jus sepulcri, quale diritto imprescrittibile, incomprimibile e solamente rinunciabile su impulso di parte.
Ad ogni modo ogni autorizzazione alla tumulazione deve esser preceduta da un accurata istruttoria (desumibile, in via analogica dall’Art. 102 DPR n.285/1990), seppure non particolarmente strutturata ed invasiva, da parte del competente ufficio comunale per verificare la sussistenza del diritto di sepolcro, per evitare estenunati liti sulla precedenza nell’utilizzo del sepolcro, se tutti i soggetti legittimati all’esercizio dello loro jus sepulchri (ovvero tutti i potenziale fruitori della tomba) non trovano un accordo, con scrittura privata da notificare al comune) vale questo principio: chi prima muore…meglio alloggia e può occupare il loculo per tutto il tempo di durata della concessione.
Attenzione: soprattutto nel caso di loculi monoposto alla stipula dell’atto di concessione spesso si predetermina il titolare dello jus sepulchri con una simile formula: si concede il loculo X in oggetto per la tumulazione della salma di Y, dicosì solo e solamente il Sig. Y avrà diritto di ottenere sepoltura in loco, da ciò discendono almeno due conseguenze:
1) l’uso difforme del loculo (sepoltura nello stesso di un altra persona non indicata dall’atto di concessione) rispetto al contratto, che avendo finalità e preminenza pubbliche non è mai gestibile in piena autonomia dal concessionario, implica la pronuncia di decadenza per violazione dei patti sottoscritti
2) Il loculo rimarrà vuoto (con grave nocumento per l’ottimale sfruttamento degli spazi sepolcrali) sino alla morte del Sig. Y
salve,
vorrei chiedere, se muore un mio zio antipatico devo obbligatoriamente seppelirlo in un loculo vuoto dato in concessione a me??
Grazie
La destinazione naturale per gli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo, così come definiti dal DPR 254/2003, è l’inumazione (o in alternativa la cremazione) proprio perchè possano riprendere i processi della decomposizione fortemente rallentati o addirittura inibiti durante il periodo di sepoltura legale.
Invero, però, la Circolare 31 luglio 1998 n. 10 ammette come ipotesi residuale anche la RI-TUMULAZIONE, con l’avvertenza di provvedere al “rifascio” ex Art. 88 DPR 285/1990 quando si rilevi la presenza di parti molli con conseguente percolazione di liquami.
Nel silenzio del regolamento comunale di polizia mortuaria è l’ordinanza del sindaco a definire in via generale il trattamento d’ufficio per i resti mortali, anche imponendo l’obbligo di un turno di rotazione in campo di terra e questa interpretazione così letterale dell’Art. 86 comma 2 DPR 285/1990 sembrerebbe proprio esludere la possibilità della RI-TUMULAZIONE alla scadenza della concessione.
Il comune ha solo la facoltà e non il dovere di concedere in uso aree o manufatti sepolcrali, così come discrezionale è la scelta di rinnovare o meno le concessioni, ovviamente a tempo determinato, giunte al loro termine.
Ai sensi dell’Art. 50 DPR 285/1990 i resti mortali, se sussiste il titolo di accoglimento, ossia lo Jus Sepulchri, possono senza dubbio esser collocati in un sepolcro privato sino al raggiungimento della sua capienza massima (Art. 93 DPR 285/1990).
Lo Jus Sepulchri, infatti, sussiste: a) se pre-esiste la concessione, b) se la persona ha titolo sulla base del regolamento comunale di polizia mortuaria e dell’atto di concessione.
Il presunto diritto al loculo è un non senso giuridico, siccome per la Legge Italiana (Art. 337 Regio Decreto n. 1265/1934) i cadaveri (e loro trasformazioni di stato) vanno smaltiti tramite inumazione, sino al conferimento degli avanzi ossei in ossario comune.
In buona sostanza molto dipende:
a) dal Regolamento comunale di polizia mortuaria
b) dal piano regolatore cimiteriale (si veda l’Art. 91 DPR 285/1990).
Un’attenta politica cimiteriale deve saper ben dosare tutti questi elementi.
il comune, quale ente concedente, non ha, però, titolo per intervenire sulla concessione già costituita con atti ablativi.
La norma, all’art. 50 del DPR 285 stabilisce che devono essere accolti nel cimitero i cadaveri delle persone, i nati morti, i prodotti del concepimento ed anche i resti mortali distinguendo fra essi. L’art. 72 detta le caratteristiche delle fosse dei cadaveri di persone oltre i dieci anni di età. L’art. 73 per i cadaveri delle persone con meno di 10 anni di età (bambini). Non è quindi stabilito dal DPR la dimensione delle fosse per i nati morti, resti mortali e per i prodotti del concepimento.
Sarà, quindi, il regolamento locale o, in assenza, l’ordinanza del sindaco che disciplina inumazioni ed esumazioni a stabilire dette misure. Ciò premesso si è del parere che la fossa distinta dalla altre debba obbligatoriamente essere presente nel caso di presenza di autorizzazione di sepoltura, cioè nel caso di cui all’Art. 3 comma 5 DPR 15 luglio 2003 n. 254, anche se il provvedimento può esser cumulativo in quanto non origina da un’istanza di parte, ma da un impulso del comune stesso, cui compete, pur sempre, il governo del sistema cimiteriale.
Addirittura c’è chi sostiene l’inutilità procedurale (Ex Art. 1 comma 2 Legge n.241/1990) dell’autorizzazione ad inumare i resti mortali, perché questo trattamento ultimo sarebbe già codificato come naturale dalla lettera della Legge (Art.86 comma 2 DPR 285/1990).
Il regolamento di Polizia Mortuaria (D.P.R. 285 del 10.09.90) all’art. 74 recita: “Ogni cadavere destinato alla inumazione deve essere chiuso in cassa di legno…” e all’art. 75: “Per le inumazioni non è consentito l’uso di casse di metallo o di altro materiale non biodegradabile”. La normativa quindi, quando tratta della inumazione fa riferimento solo al cadavere e non ai resti mortali, precisando inoltre che non é consentito l’uso di casse di metallo o di altro materiale non biodegradabile. Si ricorda che va trattato come “cadavere” il corpo umano privo di vita fino al completamento dei processi trasformativi post mortali mentre, sono da ritenersi, in via amministrativa, “resti mortali” quei cadaveri indecomposti che comunque rappresentano gli esiti dei fenomeni cadaverici trasformativo-conservativi (ossame, salme saponificate, mummificate). rinvenuti tali dopo il periodo legale di sepoltura. Pertanto, per quanto riguarda la ri-sepoltura di resti mortali per i quali nessun parente ha preventivamente fatto richiesta di raccoglierli, appare possibile procedere diversamente da quanto previsto dal citato art. 74 e, in teoria, qualunque soluzione appare percorribile. Ciò nonostante, a nostro parere, risulta necessario comunque adottare delle procedure di ordine pratico al fine di: ? rendere possibile, in futuro, l’identificazione e la raccolta dei resti mortali; garantire che il trasporto del resti mortali da una sepoltura all’altra avvenga nel pieno rispetto delle norme igienico-sanitarie. A tal riguardo, quindi, potrebbero essere utilizzati – abbinati con reti contenitive di materiale resistente, per facilitare la raccolta delle ossa dopo il prescritto periodo di reinumazione – dei sacchi in materiale biodegradabile o, anche, semplici casse di legno con finalità esclusivamente contenitiva e pertanto non legate alle indicazioni costruttive del Regolamento di Polizia Mortuaria.
Qual è la procedura corretta per l’inumazione dei fenomeni cadaverici trasformativi conservativi in seguito all’estumulazioni? In che misura sono queste sepolture equiparate a quelle dei cadaveri? anche per essi è prevista la sepoltura in fosse singole ed in contenitori chiusi?
Cordiali saluti. Valter
A seguito delle estumulazioni ordinarie, qualora ci si trovi in presenza di cadaveri non completamente mineralizzati e per i quali il sindaco disponga l’inumazione o la cremazione ma escluda la ritumulazione come terza alternativa, hanno i parenti ll diritto di esigere che il loro defunto sia ritumulato, prendendosi a carico tutti i costi che tale operazione comporta e riscattando al contempo per gli anni necessari la concessione del loculo all’Amministrazione? Nel cimitero non vi è carenza di loculi per cui ci sia uno stato d’emergenza ed inoltre il Regolamento di Polizia Mortuaria Comunale non tratta questi argomenti.
Cordiali saludi. Valter