Cara Redazione,
Il problema riguarda una sacello gentilizio, al cui interno son presenti n°20 loculi tutti occupati, che con il decesso del fondatore e dei diretti discendenti dello stesso (fratelli, sorelle, nonchè la coniuge) s’è tramutata in cappella “ereditaria”.
Oggi, v’è necessità di liberare almeno un loculo – per far posto ad una nipote da poco deceduta. Tra i vari discendenti (e son tanti), tutti di pari grado, s’è creata una disputa tra quanti sostiengono – compreso il sottoscritto – che nella estumulazione di una salma sia necessaria, innanzitutto, l’unanimità dei consensi degli aventi diritto, ed il criterio da seguire sia quello cronologico; e chi, invece, ritiene, invece, proprio perché trattasi di un sepolcro ereditario, siano applicabili le regole della successione, e, quindi, che i loculi vadano divisi per stirpi. Qual’è la Vostra opinione a tal proposito?
RISPOSTA: I diritti sui sepolcri comportano, come sempre, un forte ‘mix’ tra diritto pubblico e diritto privato, ma si caratterizzano per questa peculiarità: il diritto di sepolcro (= nel senso di essere sepolti) e’ principalmente un diritto personale, collegato all’appartenenza della famiglia (discendenza), e i cui elementi di patrimonialità, pur presenti, sono strumentali al diritto principale, quello di essere sepolti, che e’ di natura personale.
Al fine di discernere lo “Jus Sepulchri” “iure sanguinis” da quello “Jure Successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, la volontà di destinazione del sepolcro è solo “sibi familaeque suae”, quindi la scomparsa di tutti i congiunti del concessionario, se lo Jus Sepulchri non è trasmissibile lungo l’asse ereditario dovrebbe comportare la fattispecie dell’ “abbandono amministrativo” (per maggiori dettagli si veda l’Art. 4 comma 4 del regolamento regionale emiliano romagnolo 23 maggio 2006 n. 4 con relativa circolare eslicativa SEFIT n. 605 del 03.07.2006).
Per esonerare l’amministrazione comunale da ogni valutazione, è sufficiente che uno dei parenti nel grado più prossimo richieda l’operazione cimiteriale, dichiarando di agire in nome e per conto di tutti gli aventi titolo (molti regolamenti comunali di polizia mortuaria applicano questa regola proprio per snellire l’iter burocratico finalizzato a richiedere ed ottenere determinati servizi cimiteriali).
Ad ogni modo, restano salve differenti previsioni, in via cautelativa, del regolamento comunale di polizia mortuaria, ove dovesse intervenire una vertenza tra gli aventi diritto l’amministrazione comunale si limiterà a mantenere “congelato” lo status quo ante sin quando non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato.
Il comune si limiterà a formulare, per iscritto, l’esigenza che la parte richiedente produca tale adesione o consenso, ricordando come, in forza del principio implicito e, quindi fondativo, di tutto il nostro ordinamento nazionale di polizia mortuaria, ex Art. 79 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 unicamente chi abbia relazioni parentali di grado adeguato possa decidere della salma o dei resti, e questa disponibilità, afferendo alla sfera dei diritti personalissimi e dei sentimenti di pietas non è surrogabile da terzi.
Essendo il cimitero un bene demaniale (art. 823 e art. 824 c.c.) gli eventuali diritti sono regolati dalle norme speciali su questi beni ed in particolare, se vi sono, da quelle del regolamento di polizia mortuaria del Comune e dal contratto di concessione.
Di solito la regolazione sull’uso delle tombe (concetto di famiglia, subentro, benemerenze, decadenza…) è demandata al regolamento comunale di polizia mortuaria, esso, però, per il principio di cedevolezza non può enunciare norme in contrasto con la legislazione statale (Testo unico Leggi sanitarie approvato con Regio Decreto n.1265/1937 e DPR 285/1990) o regionale (se è intervenuta una riforma su base regionale dei servizi necroscopici, funebri e cimiteriali).
Nella fattispecie da Lei prospettataci nel corso dei decenni i diretti famigliari del fondatore si sono estinti, il sepolcro, allora da famigliare è divenuto ereditario, così si è pronunciata la Cassazione con sentenze n. 5095 del 29-5-1990 e n. 12957 del 7-3 e 29-9 2000). Ciò significa che a causa del subentro (normato in primo luogo dal regolamento cittadino di polizia mortuaria) le quote di titolarità si sono frammentate e moltiplicate in misura esponenziale.
Solo al momento costitutivo della concessione di cui all’art. 90 DPR 10 settembre 1990, n. 285 non sussistono difficoltà al fatto che essa possa avvenire nei confronti di più persone, anche se non appartenenti ad un’unica famiglia, ma in tal caso occorre avere l’avvertenza di disciplinare i rispettivi rapporti tra i diversi concessionari o di stabilire, meglio se espressamente, la loro titolarità indistinta, lasciando l’utilizzo determinato dal semplice succedersi nel tempo degli eventi luttuosi (con un certo gusto per l’umorismo noir si potrebbe dire: “chi prima muore…meglio alloggia!”)
In tale evenienza, le persone che possono essere accolte nel sepolcro privato così concesso sono pur sempre le persone dei concessionari e dei membri delle loro famiglie, quali definite a tale fine dal Regolamento comunale e/o dall’atto di concessione. La situazione da Lei rappresentata sembra, però, segnalare che la concessione sia già stata rilasciata; si deve, allora, considerare come essa non possa essere modificata.
I concessionari, con scrittura privata, potranno diversamente definire l’assunzione degli oneri manutentivi o la precedenza nell’accesso alla tomba, notificando al comune tale accordo interno, il quale, però, data la sua natura, non è fonte di obblighi per l’Ente Locale, per il quale rilevano unicamente le norme statuite dall’atto di concessione.
L’estumulazione si esegue di solito alla scadenza della concessione, il regolamento comunale potrebbe, tuttavia, dettare un termine diverso (la cosidetta ricognizione sullo ststo di mineralizzazione o anche riduzione dei resti ossei in cassetta) dopo il DPR 254/2003 sono da considerarsi ordinarie le estumulazioni dopo i 20 anni (anche come somma di due o più tempi trascorsi in diverse sepolture).
Il fine ultimo di un’estumulazione può essere:
1) trasferimento, o ancor meglio, traslazione verso altra sepoltura sita in diverso luogo oppure alla volta di una differente destinazione del cadavere (cremazione oppure inumazione invece dell’originaria tumulazione)
2) apertura della nicchia muraria e della bara per una ricognizione sullo stato di mineralizzazione del cadavere volta a ridurre i resti ossei in cassetta ossario, così da liberare spazio per accogliere un nuovo feretro.
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Per procedere in questo senso occorrono tre elementi sostanziali:
- consenso degli aventi titolo, individuati secondo il criterio della consanguineità con il de cuius, a disporre del cadavere del de cuius stesso dopo il primo periodo di sepoltura legale. Il coniuge superstite ha titolo privilegiato, mentre tra più famigliari dello stesso grado occorre l’unanimità.
- assenza di disposizioni contrarie del de cuius o del fondatore del sepolcro a che il feretro in questione possa esser rimosso dalle cella in cui fu murato (è il caso delle cosiddette “tombe chiuse”, ossia di quei sepolcri nel cui atto di concessione siano specificati particolari obblighi a mantenere un determinato cadavere nell’avello in cui fu precedentemente tumulato sino alla scadenza della concessione) Questo principio è stato ribadito anche dalla giurisprudenza. Si veda a tal proposito T.A.R. Emilia Romagna, Sez. Bologna, 31 ottobre 1988 n.. 373 “La riduzione delle salme nel sepolcro familiare può essere vietata ove ciò risponda ad una precisa volontà in tal senso del fondatore o dei suoi aventi causa..[omissis]”.
- Titolo di trasferimento del cadavere o delle sue trasformazioni di stato (semplice ossame, esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo causato dall’insorgere di mummificazione, saponificazione o corificazione verso una nuova destinazione ritumulazione, inumazione in campo inconsunti per almeno 5 anni (bastano 2 anni se il prodotto da mummificazione, saponificazione o corificazione è addizionato con sostanze biodegradanti) oppure cremazione. Per il solo ossame vale quanto detto prima (ossario comune o raccolta delle ossa in cassetta ossario).
A questi tre requisiti bisogna poi aggiungere l’accessibilità del feretro (Art. 76 comma 3 DPR 10 settembre 1990 n. 285), per tombe, infatti, in cui non è possibile raggiungere una bara senza movimentarne un’altra di solito lo stesso contratto prescrive l’inestumulabilità sino alla naturale scadenza della concessione, anzi a giudizio di autorevolissima dottrina una richiesta in questo senso dovrebbe provocare la dichiarazione di decadenza della concessione stessa.
Se seguiamo questa interpretazione piuttosto formale dell’Art. 76 comma 3 DPR 285/1990 L’unico metodo per ovviare all’inestumulabilità è, attualmente, la procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/90 implementata dal paragrafo 16 della Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n.24. Essa può servire per sanare uno stato di fatto oppure per recuperare effettivamente nuovi posti salma in edicole, cappelle gentilizie o avelli non in regola con il dettato dell’Art. 76 comma 3 DPR 285/90.
Qualora la concessione sia a tempo determinato, l’estumulazione è ammissibile alla scadenza della concessione oppure per il trasferimento in altro sepolcro (Art. 88 DPR 285/1990). Bisogna poi, valutare se con l’estumulazione non si esaurisca anche il fine ultimo del rapporto concessorio, nel qual caso il comune, nella persona del Dirigente di settore (Art. 107 comma 3 lettera f Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267) dovrebbe rilevare d’ufficio (con atto meramente ricognitivo e non costitutivo) l’estinzione di quest’ultimo.
Non e’, invece, applicabile la decadenza della concessione del loculo motivata da trasferimento della salma ad altra sepoltura se, al momento della scelta del familiare, la traslazione era perfettamente possibile in quanto ammessa, in modo esplicito, dal regolamento comunale di polizia mortuaria vigente all’epoca e dall’atto di concessione.
Se la concessione è a tempo indeterminato, l’estumulazione non sarebbe possibile salvo essa non sia esplicitamente prevista dal Regolamento comunale di polizia mortuaria (Secondo alcuni commentatori senza questa riserva di jus positum l’ufficio della polizia mortuaria con atto motivato ex Legge 241/1990 dovrebbe opporre rifiuto alla richiesta di estumulazione)
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Nell’ipotesi più favorevole, ovvero quando l’estumulazione sia ammissibile, l’estumulazione può essere richiesta da chi abbia diritto a decidere della salma, cioè, nell’ordine di poziorità (potere e priorità) con esclusione di chi ne segue, da parte del coniuge o, in difetto, dei parenti (non affini, ma solo i parenti) nel grado più prossimo e, in caso di loro pluralità, di tutti (ciò in relazione a ciascun singolo feretro).
Alla morte del concessionario, se il regolamento comunale di polizia mortuaria contempla l’istituto del subentro, dovrebbero succedere nella titolarità della tomba i discendenti del fondatore del sepolcro, determinando, così, una sorta di comunione indivisa e solidale (si suppone come inammissibile o eccezionale, una divisione della concessione in quote, sempre, però, subordinata all’approvazione di una specifica norma in tal senso a tal proposito nel regolamento comunale di polizia mortuaria; almeno tenendo conto di alcune pronunce della Suprema Corte di Cassazione. Si veda, ad esempio: Cassazione civile, Sez. I, 7 febbraio 1961 n. 246, Cassazione civile, Sez. II, 24 gennaio 1979 n. 532, Cassazione civile, Sez. II, 8 gennaio 1982 n. 78, Cassazione civile, Sez. I, 27 gennaio 1986 n. 519, Cassazione civile, Sez. II, 29 maggio 1990 n. 5015, Cassazione civile, Sez. II, 30 maggio 1997 n. 4830, Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 ma anche Tribunale di Perugia, 14 novembre 1995).
Il diritto alla sepoltura (= ad essere sepolti) ha comunque un limite, quello dell’art. 93, 1 comma 2 DPR 285/1990 con cui si sancisce il principio di “naturale capacità ricettiva del sepolcro”, la quale, alla luce delle recenti tendenze funerarie come la cremazione diretta dei resti mortali (Art. 3 DPR 15 luglio 2003 n. 254) è da intendersi in senso estensivo, quindi non solo per i cadaveri, ma anche relativamente ad ossa, ceneri, resti mortali.
Sotto un profilo meramente operativo il criterio cronologico, se attorno a quest’opzione si raccoglie il necessario consenso, può esser una buona scelta perché di solito le bare molto vecchie non garantivano nel tempo la perfetta tenuta stagna ottenuta con vasca e coperchio metallici saldati a fuoco, quindi è più facile che il cadavere si sia almeno in parte consumato (sono, nell’ordine, il nastro metallico e l’impermeabilità a gas e liquidi postmortali le due principali cause della mancata mineralizzazione, oltre alla non completa biodegradabilità di vestiti, velo, imbottiture delle bare…). Non è tuttavia elemento di diritto, l’unico parametro legale cui attenersi è la volontà secondo jure sanguinis.
Qualora non sia precisato nell’atto costitutivo del sepolcro in quale forma (solo cadavere, oppure anche ossa, ceneri, resti mortali) la spoglia mortale del de cuius debba esser racchiusa nella cella muraria in cui fu tumulata il giorno del funerale si provvede ad effettuare l’estumulazione per ridurre i resti ossei in cassetta ossario oppure incinarare il cadavere rinvenuto ancora incorrotto, così da liberare fisicamente lo spazio sufficiente ad accogliere un nuovo feretro, naturalmente ossa e ceneri prodotte dall’estumulazione dovranno esser tumulate nuovamente nella loro originaria sepoltura, qualora sussista una riserva di occupazione a favore di quel particolare defunto statuita nello stesso atto di concessione.
E’lo stesso concetto di capienza del sepolcro (ex Art. 93 comma 1) ad esser completamente riplasmato e dilatato, se per spoglia mortale non intendiamo solo il cadavere, ma anche il prodotto ultimo dei processi degenerativi oppure ossidativi cui è sottoposto il corpo umano nel post mortem (detta constatazione è anche facilmente deducibile dalla formulazione dell’Art. 50 DPR 285/1990 con cui si garantisce titolo di accoglimento in cimitero non solo ai cadaveri, ma appunto, anche a ceneri, ossa, resti mortali… ed anche parti anatomiche riconoscibili, così come definite dall’Art. 3 DPR 15 luglio 2003 n. 254, dopo l’entrata in vigore dello stesso DPR 254/2003.
Il defunto in questione idealmente sarà comunque conservato nella tomba, non più come cadavere, ma come trasformazioni di stato (ossa o ceneri) del cadavere medesimo.
Risulta, comunque, del tutto sproporzionato adire l’autorità giudiziaria per impedire l’apertura del sepolcro, basta, infatti, manifestare la propria contrarietà, anche perché siccome è necessaria l’unanimità i rapporti di forza sono molto favorevoli alla minoranza che avversa l’estumulazione, chi, per sciagurata avventura, dovesse forzare l’estumulazione con una dichiarazione mendace commetterebbe i reati di violazione di sepolcro e falso privato in atto pubblico.
C’è un precedente legale molto importante in tal senso: Tribunale di Milano, 11 ottobre 1979: “La traslazione delle salme dei genitori, pur se regolarmente autorizzata dalla competente autorità comunale, può avvenire soltanto con il consenso di tutti i figli. Pertanto ben può il giudice ordinario, su istanza del figlio che non ha prestato il consenso ed il cui diritto funerario sia stato così violato, pronunciare la condanna degli altri a curare tutto quanto necessario per fare ritrasferire le salme nel luogo di prima sepoltura, ovvero a provvedervi egli stesso a spese degli altri, nell’ipotesi di mancata esecuzione spontanea, osservando le formalità di cui agli art. 612 ss. c.p.c.”
in difetto di un’apposita norma in cui si preveda che chi richiede operazioni ed interventi cimiteriali si muova all’interno di una presunzione di agire con l’accordo di tutti i soggetti a vario titolo interessati, il comune può accogliere un’eventuale richiesta di estumulazione se essa sia corredata, od integrata (anche in momenti differenti), da un assenso di chi abbia titolo a disporre delle singole salme o dei loro resti mortali. La contrarietà deve esser motivata, mentre il disinteresse non è titolo sufficiente per impedire l’estumulazione.
C’è anche un espediente, per altro piuttosto macchinoso cui si ricorre per eludere le rigidità nella fruibilità del sepolcro imposte dal fondatore del sepolcro stesso o da eventi perturbativi esogeni all’atto di concessione, come appunto la litigiosità tra i soggetti in causa: gli aventi diritto allo jus sepulcrhi secondo criterio dello jure sanguinis rinunciano alla concessione, quest’ultima automaticamente smette di produrre i suoi effetti nel tempo, così la tomba in questione rientra nella piena disponibilità del comune che poi la riassegna sempre agli stessi concessionari di prima, ma con una formula molto più elastica nell’individuazione di quanti abbiano diritto ad esser ivi tumulati, anche se il primo concessionario aveva opposto rifiuto ad un loro ingresso nella tomba di famiglia per il periodo successivo alla loro morte. Se la tomba, intesa come luogo materiale in cui sono sepolti determinati defunti, ed i concessionari saranno sempre i medesimi non sarà necessario rimuovere i feretri precedentemente tumulati, se non per procedere con la raccolta dell’ossame, o l’avvio di eventuali indecomposti a cremazione o inumazione. In caso contrario, di norma, gli oneri dovrebbero esser a carico dei soggetti rinuncianti, se il regolamento comunale di polizia mortuaria non detta un diverso protocollo cui attenersi scrupolosamente.
In ultima analisi ci sia consentita una nota personale: il meccanismo perverso di veti e ricatti incrociati rischia davvero di condurre alla paralisi, con il bel risultato di una tomba di pregio di fatto non fruibile.
E’meglio cercare una compensazione dei vari interessi (anche morali, affettivi) in giuoco, il defunto estumulato, dopo tutto, anche se in forma di ossa o ceneri permarrà pur sempre nello stesso sepolcro che l’accolse il giorno delle esequie.
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Dall’editto napoleonico di Sain Cloud del 1806 l’inumazione deve avvenire in
fossa singola, sono quindi vietate le fosse comuni; solo madre e neonato, in
caso di commorienza, possono esser interrati nella stessa buca, per ovvi motivi di pietas.
Nello stesso scavo, sono parimenti, inumabili parti
anatomiche riconoscibili (Ex DPR 254/1003) ed i Prodotti abortivi di cui all’Art. 7 DPR 285/1990 non richiesti dai genitori per una sepoltura
dedicata.
Con il comma 1 dell’art 3 del DPR 254/2003 è stata introdotta norma dettante la definizione di resto mortale, ossia dell’esito da fenomeno cadaverico di
tipo trasformativo-conservativo rinvenuto dopo il periodo di sepoltura
legale, per effetto di mummificazione, saponificazione e corificazione.
La circolare ministeriale 31 luglio 1998, n. 10, nell’illustrare le modalità
di trattamento e confezionamento dei resti mortali iìmpone::
– paragrafo 2, lettere b) e c): per resto mortale proveniente da esumazione
da trasferire ad altra fossa, l’uso di contenitori di materiale
biodegradabile; o, se avviato a cremazione, di materiale facilmente
combustibile;
– paragrafo 3, lettera a):per resto mortale proveniente da estumulazione da
inumare, ex Art. 86 comma 2 DPR 285/1990, l’uso di contenitore di materiale
biodegradabile.
la procedura confezionamento dei resti mortali a seguito di estumulazione viene equiparata, per quanto possibile, a quella a seguito di esumazione; b)nel caso non sussistano motivi ostativi di natura igienico-sanitaria, per il trasporto di resto mortale è sufficiente l’uso di contenitore di materiale biodegradabile (inumazione) o facilmente combustibile (cremazione). Il contenitore di resti mortali deve avere caratteristiche di spessore e forma capaci di contenere un resto mortale, di sottrarlo alla vista esterna e di sostenere il peso. Il contenitore di resti mortali, all’esterno deve
riportare nome cognome, data di nascita e di morte; c) nel caso in cui la competente autorità di vigilanza (A.U.S.L. o Comune in funzione delle
specifiche normative regionali o locali) abbia rilevato la presenza di parti molli, è d’obbligo per il trasporto dei resti mortali, l’uso di feretri
aventi le caratteristiche analoghe a quelle per il trasporto di cadavere.
La Legge, con l’ Art. 75 comma 1 DPR 285/1990 vieta l’immissione nel ciclo delle quadre di terra di materiali non biodegradabili, come, appunto
accadrebbe con il metallo, l’unica eccezione forse ammessa, ma solo per i cadaveri e non per i resti mortali, è l’inumazione di feretri confezionati con la doppia cassa (trasporti molto lunghi ex Art. 30 DPR 285/1990 ,
infetti, feretri provenienti da estumulazioni straordinarie..) a patto di
aprire squarci di opportune dimensioni nel nastro metallico del coperchio, così da consentire la percolazione delle acque piovane.
All’atto dell’estumulazione ordinaria (quando siano passati almeno 20 anni o
alla naturale scadenza della concessione) è l’ordinanza del sindaco (Art. 82
comma 4 DPR 285/1990) a stabilire il trattamento “d’ufficio” previsto, in via generale, per gli indecomposti.
Essi, infatti, possono esser:
1) inumati per almeno 5 anni, che si riducono a 2 se il resto mortale è addizionato con enzimi biodegradanti (Circ. Min. n.10/1998
2) nuovamente tumulati (è d’obbligo il ripristino dell’impermeabilità (Ex
Art. 88 DPR 285/1990 e Circ.Min. n. 10/1998) attraverso il rifascio del feretro entro un nuovo cassone di zinco.
3) direttamente cremati senza bisogno di un ulteriore turno di rotazione in campo di terra ex DPR 254/2003.
I parenti dei defunti possono sempre opporsi alla cremazione, esercitando il loro Jus Inferendi Mortuum in Sepulchrum o un semplice atto di disposizione in termini di diritti personalissimi ex Art. 79 DPR 285/1990.
I famigliari, infatti, hanno il diritto di impedire alla cremazione di ossa e resti mortali stabilita d’ufficio dal comune (in caso contrario vale il principio del silenzio assenso), quindi per rendere effettivo questo loro potere, che si configura come un diritto della personalità (decidere di sè stessi e dei propri cari anche per il periodo successivo alla morte), debbono esser preventivamente informati, così da render pubblica la decisione dell’amministrazione comunale, infatti, si tratta pur sempre di una pubblicità-notizia, anche se proiettata nel post mortem.
Se, nel frattempo, non è intervenuta specifica norma regionale, profondità e dimensionamento delle fosse per cadaveri e resti mortali sono fissate dal Capo IX del DPR 285/1990.
Desidererei sapere quali siano i criteri ai termini di legge usati per le inumazioni in seguito alle estumulazioni ordinarie; cioè: le sepolture possono essere effettuate in fosse comuni oppure esclusivamente in fosse singole? è ammissibile che le salme siano inumate in contenitori metallici privi di coperchi, senza il cofano in legno, anche contro la volontà dei parenti delle salme? Per quanto riguarda le dimensioni e profondità delle fosse (in questo fosse singole ovviamente), sono parificate a quelle per le inumazioni ordinarie?
Ho veramente apprezzato la dotta giurisprudenza a supporto della nostra situazione. Il Vostro sito è un aiuto validissimo. La prossima settimana andrò di persona ad occuparmi del caso. Penso che seguiranno altre puntate. Intanto, grazie ancora di cuore.
Dinnanzi a tanto scempio…ho perso le parole, così mi avvalgo degli alti pronunciamenti della giurisprudenza:
1) Cassazione civile, Sez. II, 30 luglio 2001 n. 10406 In una situazione di compossesso il godimento del bene da parte dei singoli compossessori assurge ad oggetto di tutela possessoria quando uno di essi abbia alterato e violato senza il consenso e in pregiudizio degli altri partecipanti lo stato di fatto o la destinazione della cosa oggetto del comune possesso, in modo da impedire o restringere il godimento spettante a ciascun compossessore sulla cosa medesima, o che in modo apprezzabile ne modifichi o turbi le modalità di esercizio. (Nella specie, la S.C., in forza del sopraenunciato principio, ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza del giudice d’appello che aveva escluso che l’apposizione, da parte di alcuni dei comproprietari, di una lapide sulla facciata esterna di una cappella funeraria in aggiunta a quella preesistente e convenzionalmente accettata da tutti i compossessori potesse costituire turbativa o molestia del compossesso del bene comune in danno degli altri comproprietari del bene).
2) Cassazione civile, Sez. I, 7 febbraio 1961 n. 246 Il diritto primario di sepolcro rispetto ad una tomba gentilizia importa il diritto alla tumulazione in quella tomba e determina una comunione indivisibile fra tutti i titolari del predetto diritto primario, sicché resta escluso il potere di disposizione della tomba stessa da parte di uno o di alcuni solo tra i predetti titolari o aventi causa da essi. Il diritto secondario di sepolcro importa il diritto di accedere alla tomba per compiervi gli atti di culto e di pietà verso le salme dei propri congiunti o dei propri danti causa, ivi legittimamente seppellite nonché il diritto di impedire atti che turbino l’avvenuta tumulazione delle predette salme. Il diritto secondario di sepolcro si risolve in un ius in re aliena che grava sulla tomba e ne segue gli eventuali trasferimenti. Per la validità dell’atto di disposizione di una tomba, non è necessario il consenso anche dei titolari del diritto secondario di sepolcro rispetto a quella tomba. I predetti titolari però hanno il diritto di far dichiarare la nullità di quelle clausole, dell’atto di disposizione, che importino turbativa della sistemazione già data legittimamente alle salme dei propri parenti o danti causa o che ledano, comunque, il contenuto del proprio diritto secondario di sepolcro.
3) Pretura di Genova, 30 dicembre 1995 Non sussiste turbativa del possesso quando un congiunto del concessionario originario tumula nel sepolcro “familiare” la propria madre (moglie di un figlio del fondatore del sepolcro), pur senza il consenso degli altri contitolari e senza dare a questi ultimi preventivo avviso del seppellimento, avendo anzi mendacemente comunicato all’autorità comunale cimiteriale che i compossessori avevano acconsentito all’inumazione.
L’Art. 79 DPR 10 settembre 1990 n. 285 enuncia il principio di poziorità (potere + priorità) per gli atti di disposizione su salme, cadaveri, ceneri e resti mortali. Qualunque sia la titolarità formale della cappella lo jus sepulchri è un diritto acquisito e non comprimibile (se non per libera scelta). I diritti di sepolcro in quanto personalissimi in termini di pietas ed affetti non sono suscettibili di rappresentanza, nè possono tantomeno decadere. I titolari del diritto di sepolcro detengono lo stesso per sempre
Se i titolari di quote non addivengono ad un acordo interno per la ripartizione di spese e posti feretro vale questa regola forse un po’ “macabrina” ma molto efficace: “Chi prima muore meglio alloggia”.
E’molto grave l’assenza di un regolamento di polizia mortuaria comunale, in alternativa eventuali regole per l’uso della cappella potrebbero esser state stabilite nello stesso atto di concessione (del quale, però, non v’è traccia).
La situazione segnalata per vari aspetti ed elementi si configura come un sopruso, ribadisco la potestà regolamentativa e di vigilanza del comune ex Art. 51 DPR n.285/1990 in tema di polizia cimiteriale, in buona sostanza è il comune ad autorizzare tutte le operazioni.
IL diritto di sepolcro comporta situazioni giuridiche plurime, esso può esser scisso in:
a) diritto ad esser sepolti in un determinato sacello
b) diritto a dar sepoltura
c) diritto d’accesso alla tomba per atti rituali e di onoranze ai propri defunti e soprattutto POTERE DI OPPORSI AD EVENTUALI TRASFORMAZIONI CHE ARRECHINO PREGIUDIZIO ALLA TOMBA STESSA
La cappella gentilizia nasce come istituto famigliare, infatti il fondatore del secolcro (detto atrimenti il concessionario originario) erige il sepolcro sibi familiaeque suae, ovvero per sè e per la propria famiglia.
IL concetto di famiglia (allargata, mononucleare, patriarcale…) è definito dal regolamento comunale e dall’atto di concessione, altrimenti si seguono i principi fondamentali dell’Ordinamento Italiano desumibili dal combinanto disposto tra l’Art. 93 DPR 285/1990 e gli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile.
Il parente troppo spregiudicato tenta di porre in essere azioni che non gli competono, un conto è la titolarità dello jus sepulchri, altro, incece, è il potere di disposizione su salme, cadaveri e loro trasformazioni di stato.
Nell’ipotesi più pessimistica con l’esaurimento della cerchia familiare si estingue per tutti lo jus sepulchri, rimanendo solo il diritto di proprietà, trasmissibile naturalmente, sui materiali sepolcrali (cfr. Corte di cassazione, sez. II, sent. 18 febbraio 1977, n. 727 e Corte di Cassazione, sez. II, sent. 30 maggio cit.).
Tutti i titolari dello jus sepulchri (il quale si configura come mera aspettativa in quanto subordinato alla reale capacità stessa della cappella) chiedere il risarcimento dei danni contro chi abbia pregiudicato il loro diritto.
In ultima istanza per ottenere giustizia bisogna pur sempre adire l’Autorità Giudiziaria.
Parafrasando il Leopardi: Altro dirTi non vo’ (o non posso!), ma la tua festa ch’anco tardi a venir non ti sia grave.
Grazie davvero dell’alta professionalità delle risposte e della partecipazione accorata al nostro problema. La nostra cappella “in crisi” è dentro il perimetro cimiteriale ed è stata fondata dal bisnonno e capostiite comune nel 1896, anno della sua morte. Poi sono stati inumati i suoi sei figli e le rispettive mogli, tra loro i miei nonni, nell’ordine degli eventi luttuosi; in seguito si è passati alla terza generazione, quella dei nostri genitori, che sono stati tutti sepolti lì, compreso nostro padre. Dal 1973, poiché era il minore di quei sei figli del fondatore, anche il padre del figlio ‘legittimato’ si trova nella nostra cappella (ma non la madre, perché non era coniugata). Dunque, rispetto a questo parente, il fondatore della cappella è il nonno, mentre per noi tutti è il bisnonno. Prima d’ora tra noi cugini dei cinque rami c’era sempre stato accordo e, in effetti, avevamo pensato già alla riduzione dei resti. C’era stato detto dal direttore del cimitero, che ognuno di noi poteva estumulare solo i propri ascendenti diretti; nel mio caso i nonni, poiché mio padre è scomparso recentemente (1999). In definitiva, ogni ramo che discende dal fondatore avrebbe in futuro dai 2 ai 4 loculi a disposizione. Ma poi si è fatto “vivo” questo parente che non avevamo mai visto prima e che si accanisce sui defunti. Avendo diritto ad un solo loculo, quello di suo padre, se lasciamo vuoti i nostri, egli finisce per accaparrarli e mettervi lapidi con i nomi dei suoi famigliari (purtroppo, c’è già stato un precedente in famiglia nel 1986 da parte di uno zio, ma abbiamo chiuso un occhio perché c’erano ancora tanti loculi liberi). Nel 2002 questo parente ha cominciato improvvisamente a fare piccoli lavori di ritinteggiatura non richiesti (che abbiamo tollerato senza dire nulla, perché pensavamo ad un suo gesto d’affetto); poi ha cambiato la serratura e mi ha detto che dovevo avvisarlo ogni volta che mandavo i fiori (naturalmente è rimasta “lettera morta” … è proprio il caso di dire!); nel 2007 ha addirittura appaltato l’impresa abusiva per quelle pesanti ristrutturazioni senza autorizzazione comunale, di cui ho già scritto prima, e senza assolutamente avvisare nessuno di noi, ma chiedendoci infine i soldi (che nessuno gli ha dato) sulla base di una fatturazione a nome di un’anziana zia 92enne costretta a casa, dalla quale lui, essendo sul posto, è riuscito purtroppo ad ottenere la procura generale da pochi mesi. Allora io ho scritto al maggiore della polizia municipale, chiedendo di leggere il regolamento di polizia mortuaria che, però, non è stato ancora approntato. Ora, nel 2008, il nostro parente ha cercato di mettere in atto la soluzione radicale. Il punto cruciale, a mio parere è il seguente: se la famiglia, per l’art. 29 della Costituzione italiana, è fondata sul matrimonio, allora lo Jus Sepulchri che discende pro indiviso a noi famigliari dal nostro bisnonno per via dei matrimoni è estensibile anche ad un discendente nato da chi non ha sposato la madre e perciò ha volontariamente evitato di stringere un legame parentale con il resto della famiglia? In realtà, dal punto di vista legale, costui è nostro consanguineo, ma non cugino. Sembra crudele, ma, di fatto, siamo noi della famiglia, ora, a dover fronteggiare una prepotenza inaudita, che sentiamo come una ferita profonda a ciò che abbiamo di più caro, senza aver fatto nulla per meritare tutto questo. Grazie ancora per la comprensione.
Anche se non ci guadagno 1 centesimo la faccenda mi appassiona e mi ergo a difensore dei deboli (specie se defunti)
Andiamo con ordine:
Non ho capito se trattasi di sacello gentilizio entro il perimetro cimiteriale o di tomba privata fuori dal cimitero ex Art. 101 DPR 10 settembre 1990 n. 285. Le tombe costruite all’esterno del muro di cinta cimiteriale hanno una procedura d’autorizzazione logicamente più aggravata e quindi si potrebbe trovar traccia di questa concessione negli archivi comunali non necessariamente di sola polizia mortuaria.
1) Se manca il titolo formale (ossia l’atto di concessione il quale, mi par di capire, è andato disperso) occorrerebbe una sentenza accertativa ex Art. 2697 C.C per dimostrare i diritti (patrimoniali e personali) eventualmente vantabili sul sepolcro. In subordine si potrebbe ricorrere all’istituto dell’immemoriale (mi riservo di approfondirlo in seguito). In realtà è possibile che la Cappella sia pervenuta alla famiglia o a suoi ascendenti (occorre ricostruire la discendenza) non solo attraverso concessione del Comune diretta, ma anche per atto inter vivos (compravendita) o mortis causa (successione). Difatti, una vecchia legislazione dell’epoca consentiva la compravendita fra privati di manufatti cimiteriali (art. 71 del R.D. 21.12.1942, n. 1880). Ora ciò non è più consentito. Ciò premesso, si è del parere che debba essere il privato cittadino a dover esibire il titolo che comprova la concessione comunale nell’epoca in cui avvenne. Purtroppo talvolta i contratti originali sono andati perduti, vuoi a causa della guerra, di incendi, furti o semplice disattenzione. Per cui la famiglia dovrebbe effettuare una ricerca approfondita di come le sia realmente pervenuta la cappella, attraverso anche degli incontri con suoi familiari. Si consiglia di richiedere una ricerca approfondita al Comune, il quale deve mantenere traccia nei propri archivi delle concessioni effettuate. In caso di assenza di contratto originario di concessione (attenzione un Comune può essere anche frutto di separazione da un Comune preesistente e quindi la documentazione originaria potrebbe essere all’archivio del Comune padre).
Senza questi elementi il comune con atto ricognitivo deve pronunciare la decadenza e la tomba rientra d’imperio nella disponibilità del comune.
2) L’atto di concessione non è surrogabile, tuttavia si possono produrre i titoli di pagamento per l’erezione del sepolcro gentilizio, per dimostrare, almeno, la buona fede.
3) I lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria sono a carico del concessionario (o dei concessionari) per le quote di loro spettanza. Chi li ha disposti deve dimostrare di averne titolo. Sui sepolcri non è esercitabile il diritto di usucapione, in altre parole la mera occupazione di un sepolcro non origina alcun diritto, configurandosi semplicemente come un ab-uso.
4) Dovrebbe esser proprio il regolamento comunale di polizia mortuaria a regolare i rapporti di subentro e ripartizione in quote dello jus sepulchri
5) La ristrutturazione di un sepolcro deve sempre esser autorizzata dal comune ex Art. 94 DPR 10 settembre 1990 n. 285, poichè è il comune a sovrintendere e vigilare sull’attività cimiteriale.
6) L’estumulazione di ogni singolo feretro (per riduzione dei resti ossei in cassetta ossario o cremazione o semplice interro in campo indecomposti) deve esser preceduta da un accurata istruttoria per verificare se chi chiede l’operazione ne abbia davvero titolo secondo jure sanguinis, ossia diritto di consanguineità, altrimenti si configura la fattispecie di reato chiamata VIOLAZIONE DI SEPOLCRO. L’idea di far piazza pulita dei morti è una “sparata” colossale, perchè confligge con lo jus sepulchri dei superstiti. Ogni atto di disposizione richiede l’unanimità degli aventi diritto (e qualcuno pronto ad opporsi si trova sempre). Ossame o ceneri, se così è stato stabilito dal fondatore del sepolcro debbono permanere nell’originario tumulo (non possono quindi esser dispersi in cinerario comune o ossario comune.
7) Mi permetta un consiglio: chieda al Comune di verificare che vi sia stato un uso continuativo della Cappella da parte della sua famiglia nel tempo (è provabile facendo la ricerca nei registri delle sepolture cimiteriali che sono in archivio comunale, producendo anche l’elenco con fotografia, delle iscrizioni tombali). Se si ottiene la prova della sepoltura continuativa nella Cappella.
8) L’eventuale proprietà del costruito, ossia delle masse murarie e delle opere edilizie è scissa dal diritto a disporre di cadaveri, ossa, ceneri e resti mortali. Pradossalmente un soggetto privo dello jus sepulcrhi, quale onerato, potrebbe esser tenuto solo al pagamento delle spese di manutenzione della tomba, senza mai poter almeno sperare di ricever sepoltura in quel sepolcro.
9) Lei è comunque titolare di un diritto secondario di sepolcro, ossia non possono inibirle l’accesso alla tomba per gli atti rituali di pietas e devozione verso i morti (apposizione di fiori, ceri votivi, immagini sacre…)
10) Una concessione perpetua è una ricchezza (il tempo indeterminato è decaduto il 10 febbraio 1976 con l’entrata in vigore del DPR 803/1975, perchè allora non sfruttare questa potenzialità in modo intelligente, provvedendo, laddove possibile, alla riduzione dei resti, così da liberar spazio per future sepolture, senza, ovviamente, perder la memoria dei propri cari. Potrebbe esser questa l’occasione per una ripartizione in quote dei posti feretro disponibili, attraverso una scrittura privata da notificare al comune, rimanendo, comunque, il comune estraneo ad ogni contesa tra gli aventi diritto.
11) Anche una concessione perpetua può esser retrocessa (in toto) o per le quote di propria spettanza, lo Jus Sepulchri è imprescrivibile, ma non irrinunciabile, in questo caso si procede ad un accrescimento delle quote. Chi non fosse interessato allo Jus Sepulchri vi può sempre rinunciare, perdendo così il diritto alla sepoltura.
La prego di tenermi informato sugli sviluppi della vicenda.
Saluti
Carlo (giornalista-necroforo)
Grazie davvero per i consigli. L’argomento è molto interessante e tocca affetti familiari profondi. Preciso che non abbiamo una ripartizione in “quote” e che la concessione è a tempo indeterminato. Le tavole di fondazione della cappella sono andate perdute, a detta del direttore del cimitero, durante la II guerra mondiale. Inoltre non si è mai provveduto al subentro. Infine ho chiesto al maggiore della polizia municipale della località nella quale si trova la nostra cappella di poter leggere il Regolamento cimiteriale del comune, ma mi è stato risposto che il regolamento comunale di polizia mortuaria non è stato ancora approntato e che perciò ci si deve avvalere del decreto generale. La mia richiesta alla polizia municipale era stata inoltrata a giugno quando, appena arrivata per l’estate nella località dove si trova la nostra cappella (abito a 500 km di distanza), l’ho trovata fasciata dalle impalcature, senza che nessuno di noi fosse stato avvertito, per lavori di manutezione in corso non richiesti ma diretti esclusivamente dal nostro parente, senza appalto comunale, senza alcun preavviso e con la fattura intestata alla nostra zia 92enne! Poi, sabato scorso, poiché purtroppo è mancato un cugino che è stato tumulato nell’ultimo posto libero, il suddetto parente in compagnia di un addetto al cimitero ha detto al fratello dell’estinto che si poteva approfittare dell’occasione per liberare posti “senza tante scartoffie”. Lascio immaginare l’allarme suscitato. Grazie ancora dell’attenzione. Anna Lucini
A parziale integrazione del mio precedente post debbo precisare quanto segue:
Se la concessione sia a tempo determinato, l’estumulazione e’ ammissibile alla scadenza della concessione oppure per il trasferimento in altro sepolcro.
Nell’atto di concessione potrebbero esser state stabilite restrizioni volte ad impedire l’estumulazione.
Se la concessione è a tempo indeterminato, l’estumulazione non sarebbe possibile/ammissibile, salvo non sia espressamente prevista dal Regolamento comunale di polizia mortuaria. La richiesta allora potrebbe esser rigettata dall’Autorità Comunale.
Se l’estumulazione è legittima, ma la tomba sorge per accogliere quel determinato feretro oggetto di estumulazione l’operazione cimiteriale deve esser deliberata, ma contemporaneamente con atto ricognitivo il comune rileva l’estinzione della concessione perchè con l’estumulazione viene a mancare il fine ultimo del rapporto concessorio.
Indipendentemente da cio’ e se l’estumulazione sia ammissibile, l’estumulazione puo’ essere richiesta da chi abbia titolo a disporre della salma, cioe’, nell’ordine e secondo l’ordine con esclusione di chi ne segue, da parte del coniuge o, in difetto, dei parenti (non affini, ma solo i parenti) nel grado piu’ prossimo e, in caso di loro pluralita’, di tutti (cio’ in relazione a ciascuna singola salma).
Innanzi tutto per la titolarità della cappella gentilizia o meglio ancora dello Jus Sepulchri (non sempre la patrimonialità corrisponde ad diritto personalissimo ad esser accolti in un sepolcro) bisognerebbe valutare se via sia stata una ripartizione in “quote” per effetto del subentro, istituto disciplinato in primis dal regolamento comunale di polizia mortuaria e poi dallo stesso atto di concessione.
Il limite (Art. 93 comma 1 DPR n.285/1990) è comunque da individuarsi nella capienza fisica del sepolcro.
Il criterio di poziorità è escludente, perchè inibisce gli atti di disposizione ai parenti più lontani, affidandoli, di fatto, a chi in linea di consanguineità fosse più prossimo al de cuius.
Non si riesce a capire sin dove il “figlio legittimato” voglia esercitare il proprio potere. Su tutti i defunti tumulati nel sacello?
Problematica molto interessante. Anche noi stiamo affrontando una situazione simile nella nostra cappella gentilizia fondata dal bisnonno e nostro capostipite comune nel 1896. Ora i posti sono esauriti, ma un figlio ‘legittimato’ che l’ultimo fratello dei nostri rispettivi nonni ha avuto in tarda età (dunque nostro consanguineo ma non parente, perché il padre non ha mai voluto sposare sua madre) pretende di avere la titolarità dell’intera cappella dove sono sepolti i genitori e i nonni dei nostri quattro rami discesi dal bisnonno fondatore. E dice che gli spetta di diritto estumulare, sulla base del fatto che lui è di una generazione prima di tutti noi cugini i cui nonni erano i fratelli di suo padre.