Il cimitero dei morti viventi

Articolo dello stesso titolo, pubblicato il 26 aprile 2011, a firma di Enzo Ciaccio, su lettera43.it:

Il cimitero dei morti viventi
Napoli: un garante del defunto contro la mafia dei loculi.
di Enzo Ciaccio

Lapidi in un cimitero di Napoli.

Accendere un lumino, da vivi, sulla propria tomba? Sussurrare una preghiera in ginocchio davanti alla lapide con su scritto il proprio nome e cognome? Da oggi è possibile. E, scongiuri a parte, sembra che porti perfino bene.
Nel cimitero di Marano, paesone da 60 mila abitanti a Nord di Napoli, a decine hanno ottenuto in concessione i nuovi loculi comunali. Ma gli spazi iniziano a mancare. E per chi muore trovar posto è un problema. È accaduto perciò che, per paura che i nuovi loculi siano occupati abusivamente, i titolari, sebbene ancora in ottima salute, abbiano deciso di murare anzitempo la propria nicchia, e abbiano perfino fatto incidere sulla lapide il proprio nome a lettere dorate e a caratteri gotici. Cinque euro a lettera (o punto) che si incide. Senza le date, però. Né quella di nascita né, ovviamente, quella di morte. Ora è come passeggiare in un cimitero di vivi. Un’esperienza da film horror. Un rito quasi magico.
DALLE TOMBE IN VERTICALE AI PORTAFIORI CHE SPARISCONO. Ma a Napoli accade di peggio: «Il morto in piedi? È quando i familiari non pagano abbastanza e noi per dispetto diciamo che il loculo non è disponibile. Il defunto viene allora parcheggiato in deposito, finchè non si decidono a pagare. Ma siccome il deposito è affollato, appoggiamo le bare alla parete. In verticale, come le mummie. Perciò, quel morto è in piedi».
E ancora: i portafiori di rame. Che scompaiono a migliaia e di continuo. Però, se uno li rivuole, basta chiedere all’omino giusto e pagare per il disturbo. E che dire della regola, da tutti rispettata, per cui i fiori artificiali sulle tombe vanno rimossi a fine settembre? Non esiste alcuna regola per i fiori artificiali, ovviamente. Eppure, nessuno fa storie. E paga.
E le lampade votive? La gestione è affidata all’Ente autonomo Volturno, che ha subappaltato, pur non potendo, a una società privata che si chiama Votiva Fiamma. Serve a poco citare Giuseppe Ungaretti: «Cessate di uccidere i morti!», scrisse in un suo verso atroce. Incuria, abbandono, sporcizia. Diecimila morti all’anno. Un giro di affari (e di imbrogli) infinito. E impunito.
Il subappalto dei seppellitori

A Napoli i loculi sono assegnati dalla camorra.

Non è per scaramanzia che i candidati a sindaco non ne parlino mai. ‘Naso di gomma’ fa il seppellitore a Poggioreale, ma non è un dipendente comunale, è uno delle centinaia di soci nelle cooperative che sostituiscono i seppellitori comunali «troppo anziani per lavorare di vanga». Meglio non protestare. Fra le tombe e nei dintorni comandano loro. E quelli peggio di loro.
Le ditte sanno chi sta per morire quando ancora i pazienti sono nelle sale di rianimazione degli ospedali napoletani. Inoltre vengono pre-informate sul calendario delle esumazioni, ha raccontato ‘Naso di Gomma’. «Se il posto non c’è, si ricorre al loculo promiscuo. È una specie di riffa, dove ha la precedenza e vince chi occupa meno spazio. Dove ci stanno in due, ce ne mettiamo tre. E pure quattro. Insomma, ci si stringe un po’».
NESSUNO CONTROLLA LA DOCUMENTAZIONE. Di ditte funebri a Napoli se ne contano 43. Più 11 che non hanno mai presentato la documentazione. Nessuno, tantomeno il servizio cimiteri, ha mai controllato i 21 certificati che per legge bisogna presentare per essere in regola. E nessuno ha mai chiesto i documenti alle ditte della provincia che operano in città senza licenza.
«Ad alcuni noti pregiudicati è bastato ricorrere alla firma della propria moglie per vedersi accettate le richieste».
Oboe, grancassa, piatti e tromboni: sei cavalli neri, bardati a lutto, che scalpitano lenti trainando un solenne carro funebre. Il cocchiere, la tuba in testa, la livrea tutta nera. Il cosiddetto “tiro a sei” visto in strada di recente per l’ultimo viaggio di Amalia Stolder, vedova del boss Carmine Giuliano di Forcella, è l’omaggio riservato alle «femmine che contano». Altro che il “tiro a otto”, esagerato e pacchiano, tanto in uso fra i clan dell’entroterra.
Un pentito di camorra, Mario Toller, ha raccontato ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli: «Al cimitero di Fuorigrotta l’ultima parola sui loculi spetta al boss Davide Leone. È lui che concede i nulla osta». Sì, là comandano loro.
La proposta del Comune per tutelare i defunti

Il comune ha proposto la figura del garante del defunto.

Al cimitero di Soccavo il custode ha più volte denunciato di essere oggetto di minacce a mano armata. E la Curia ha commissariato gran parte delle congreghe. Più di un anno fa in Consiglio comunale è stata presentata una dettagliata relazione-denuncia sulla gestione dei cimiteri napoletani, primo fra tutti quello di Poggioreale, che è fra i più estesi d’Europa. Ha raccontato Andrea Santoro, che è stato il relatore. «È stata chiesta l’istituzione di un garante dei defunti, una figura giuridicamente riconoscibile che tuteli i diritti e si opponga alle prepotenze. Dopo un anno, nessuna risposta. Né la relazione è stata mai discussa in aula».
Eppure, un’inchiesta della procura di Napoli ha di recente evidenziato la ragnatela di orrori che specula sul dolore della gente. Dalle indagini è emerso il groviglio di legami che tiene insieme le agenzie funebri, i loro emissari negli obitori, i clan di camorra nei cimiteri. La relazione ha denunciato: «In pochi mesi, sono cambiati tre assessori competenti. Uno di loro, Giorgio Nugnes, si è impiccato tempo fa per ragioni mai chiarite. Le richieste di cremazione a Napoli sono triplicate, mentre l’impianto crematorio è in costruzione da più di 10 anni. Sono stati già stati spesi un milione e 200 mila euro. E sono stati stanziati altri 3 milioni».
NEI CAMPOSANTI DOMINA IL CAOS. Ha detto Paride Caputi, architetto e studioso di aree cimiteriali: «Da assessore ho presentato un piano regolatore che rimetteva ordine e ampliava il cimitero di Poggioreale e gli altri 12 camposanti cittadini. Non se ne è fatto niente. Si preferisce il caos, o si è costretti a subirlo. Eppure, a Poggioreale è conservato il meglio dell’arte statuaria dell’800».
Crescenzio Sepe, arcivescovo e cardinale, ha gridato di «camorra e malaffare» che imperversa nei cimiteri. La risposta? Il Comune ha inventato un’ulteriore tassa sui morti: un contributo spese (obbligatorio) che ogni napoletano dovrebbe pagare per ciascun loculo, per «il giardinaggio, la pulizia e il decoro». Come se ciò non fosse già dovuto. La Curia, proprietaria dei 270 mila loculi sotto tiro, si è rifiutata di fornire l’elenco dei titolari: «È assurdo: si abolisce la tassa sulla prima casa e si impone quella sull’ultima casa», ha polemizzato per motivare il suo «no».

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