Nel capoluogo dell’Alto Adige c’e’ la fortissima tradizione di sepoltura ad inumazione in campetti famigliari dati in concessione. Si tratta, a tutti gli effetti, di sepolture private regolate dall’Art. 90 commi 2 e 3 del DPR 285/90.
Sono le cosiddette tombe terranee, ovvero sepolcri di piccole dimensioni (al massimo con 3 o 4 fosse) con durata limitata nel tempo, ma rinnovabile in cui si riesce ad ottenere un’intensa rotazione dei posti feretro grazie alla cremazione.
La cittadinanza avverte e vive queste semplici tombe terranee come veri e propri sepolcri gentilizi dove riunire i morti di un determinato nucleo famigliare, creando, cosi’, almeno idealmente quelle catene d’amorosi sensi tanto care alla poetica foscoliana tra le varie generazioni.
La naturale capienza del sepolcro di cui al’Art. 93 comma 1 DPR 285/90 si dilata notevolmente perche’ questi campetti d’inumazione sono predisposti, attraverso apposite cellette ipogee o pozzetti, per accogliere non solo i cadaveri intesi come feretri ma anche tutte le trasformazioni di stato ultime (ossa e ceneri) in cui un corpo privo di vita degrada, compiendo cosi’ i processi di mineralizzazione. C’e’, quindi, una tendenza unificatrice.
La cremazione specialmente dopo il periodo legale di sepoltura diviene una scelta obbligata per smaltire l’elevato numero di esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie.
Il resto mortale, cioe’ lo stadio intermedio della decomposizione della materia organica chiamata corpo umano si configura come una sorta di interruzione di processo, poiche’ il fine precipuo della permanenza di un cadavere in cimitero e’ la sua scheletrizzazione o incinerazione, sino al completo dissolvimento dei tessuti o attraverso l’ossidazione (il fuoco) o tramite l’azione di microrganismi, larve e batteri (sono i famigerati animali necrofori).
Se, dunque, tutti i cadaveri prima o poi debbono subire la regressione bio chimica capace di distruggerli, rendendoli ossa o ceneri, nella programmazione degli spazi cimiteriali, soprattutto in prospettiva futura, diventa assolutamente necessario prevedere un congruo numero di cellette ossario in cui tumulare l’ossame o gli esiti da completa cremazione prodotti dalla mineralizzazione dei cadaveri subito dopo la morte (per chi opta per l’ignizione) o dopo il periodo legale di sepoltura.
Bolzano rappresenta un modello emblematico di cimitero non ad accumulo, ma a rotazione dovuto, all’intrinseca carenza di spazio. La densita’ abitativa e’ elevatissima, senza piu’ grandi possibilita’ di espansione, mentre il cimitero urbano e’ stretto tra le pendici di un monte, la strada statale in direzione di Trento, una centrale elettrica ed un centro sportivo, le fasce di rispetto nel corso degli decenni sono state progressivamente erose, ecco, allora, la scelta obbligata della cremazione, pratica molto efficiente e teutonica. Ironie a parte e’ indubbia l’influenza della cultura tedesca e mitteleuropea tanto cara alle popolazioni dell’Alto Adige anche nella conduzione della macchina cimiteriale.
Se la cremazione cresce, e questo e’ il dato tendenziale inconfutabile anche nel medio/lungo periodo, non e’ solo per un desiderio di ritualita’ sobria, minimal chic con attenzione alle problematiche ambientali ed igieniche.
La cremazione presto o tardi e’ destinata ad imporsi come una necessita’. In alcuni comuni del Nord Est si sta addirittura vagliando la possibilita’ di edificare cimiteri consorziale, perche’ le singole amministrazioni non vogliono sobbarcarsi al peso politico di erigere nuovi sepolcreti.
Un nuovo cimitero significa inequivocabilmente scontentare qualcuno, I Comuni che in questi anni hanno tentato di costruire cimiteri ex novo per lo piu’ hanno registrato cocenti insuccessi, soprattutto per la salda congiuntura fra interessi economici dei proprietari dei terreni interessati che rischiavano di vedere abbattuto il prezzo di aree in futuro potenzialmente fabbricabili, con la naturale, riottosa ritrosia della cittadinanza a vivere nei pressi di un cimitero.
Chi con manovre speculative in anni passati aveva ottenuto di rendere fabbricabili aree nelle immediate vicinanze di un cimitero esistente, con un notevole lucro, consapevole della contiguita’ al cimitero, col passare del tempo ha esercitato notevoli pressioni politiche, per osteggiare aspramente la normale attivita’ cimiteriale, quasi da rendere il cimitero una sorta di intruso nei confronti delle abitazioni che man mano crescevano piu’ o meno legittimamente nel suo intorno, osteggiando ogni possibilita’ di espansione (ed in taluni casi di insediamento di crematori).
La necessita’ di modificare radicalmente il DPR 285/90 (in quanto a eta’ relativamente giovane, vecchio come concezione) e’ derivata anche dalla constatazione della carenza di disponibilita’ di posti salma nei cimiteri italiani, specie nelle citta’ di medio-grandi dimensioni, sempre piu’ in difficolta’ a garantire sepolture.
Nell’esame dei regolamenti di polizia mortuaria emanati dall’inizio secolo si puo’ constatare che la forma di sepoltura allora minimale, la tumulazione (circa il 2-3% nel 1900), per lo piu’ effettuata in cappelle gentilizie, con il compito di perpetuare la memoria del defunto, conservandone le spoglie, oggi e’ divenuta fenomeno di massa involgendo circa il 65% del totale delle sepolture.
Il sistema di tumulazione era infatti agganciato alla perpetuita’ del sepolcro (istituto abolito solo con l’emanazione del DPR 803/75, la cui efficacia sul punto e’ decorsa solo dal 10.02.1976) e a forme di confezionamento del feretro e del posto salma favorenti la conservazione, piu’ che la scheletrizzazione (loculo stagno, cassa metallica stagna).
L’equilibrio gestionale dei cimiteri di inizio secolo, concepito su turni di rotazione decennale dei campi comuni a sistema di inumazione, e’ andato in crisi soprattutto nella seconda parte del XX secolo, con la diffusione di massa delle tumulazioni individuali (in loculo a colombario) e familiari (in tomba privata a due o piu’ posti salma).
Il sistema normativo concepito dunque per una quantita’ di tumulazioni minimali e’ andato necessariamente in crisi per effetto della tumulazione di massa.
Gli effetti piu’ evidenti del fenomeno sono l’inefficienza delle aree cimiteriali; l’offerta carente in relazione alla domanda di posti salma edificati (loculi o colombari): l’alta incidenza delle salme inconsunta.
L’attuale sistema cimiteriale italiano, in estrema sintesi, si puo’ dunque definire di tipo “ad accumulo”, fortemente incentrato sulla sepoltura conservativa in tumulo.
Vi e’ poi da notare come l’Italia sia interessata da una fortissima e capillare urbanizzazione (tranne che in regioni come la Sardegna, dove la densita’ e’ concentrata solo sulle citta’) e proprie tradizioni che non consentono l’importazione di modelli cimiteriali stranieri (cimitero parco, cremazione diffusa) se non con i dovuti adattamenti e con la gradualita’ necessaria.