Prima delle variopinte LL.RR, con le loro norme contorte: abrogative o semplicemente sospensive sulle funzioni di polizia mortuaria in capo all’A.USL, la stessa, spesso dimentica del suo dovere d’ufficio, a cavallo tra la fine del XX secolo ed il nuovo millennio, aveva largamente trascurato questa attività… secondaria (?).
Bisogna, però, dire che nessuno si era mai lamentato della assenza di personale sanitario, perché nessuno ama essere controllato troppo da vicino.
Le doglianze della gente comune riguardavano piuttosto i tempi di attesa e le tariffe applicate. Tuttavia sovente fiorivano spontanee vere e proprie leggende su malversazioni ed illeciti di varia natura, soprattutto nei piccoli sepolcreti, magari sperduti nella remota campagna.
Correvano, difatti, voci incontrollate e pazzesche, spesso alimentate dalla scarsa conoscenza da parte dell’opinione pubblica del fenomeno funerario, nella sua essenza.
Storicamente, il reale pericolo per la salute pubblica derivante dell’attività cimiteriale è stato sempre sopravvalutato, anche dagli stessi medici, o dalle loro correnti di pensiero di impronta più marcatamente igienista.
Adesso, in nome di una certa, necessaria, semplificazione il legislatore (quello Regionale, almeno) ha scelto di sposare la linea della deregulation, de-medicalizzando – di fatto – almeno la polizia cimiteriale.
Sepolture, traslazioni e disseppellimenti possono avvenire quasi dappertutto, anche senza la presenza di personale sanitario che sovrintenda a queste operazioni; specie nei casi più dubbi e problematici è, però, prevista una supervisione (invero molto light e diafana) da parte dell’A.USL (o comunque denominata su scala Regionale).
L’ispezione, di cui Vi narro, fu una delle prime mie esperienze, con il nuovo servizio unificato di polizia mortuaria.
Avevamo un dubbio da sciogliere, Si temeva, infatti, che nei cimiteri di frazione comunale una certa, disinvolta libertà d’azione di qualche intraprendente caposquadra fossore favorisse rapporti troppo confidenziali con le ditte locali di pompe funebri.
Per questo ritengo che il servizio centralizzato sia ancor oggi la soluzione migliore (qualcuno ricorda, per avventura i famosi ambiti territoriali ottimali per i cimiteri, da anni ventilati e mai divenuti legge dello Stato?): non sarebbe solo un espediente per risparmiare e far cassa; al contrario costituirebbe un progresso in termini di trasparenza nei confronti degli utenti, per la loro cronica debolezza psicologica al momento di un’operazione cimiteriale.
Quanto sono emotivamente vulnerabili queste persone, dovremmo averne più cura!
Quando, però, l’organico è ridotto (la gente sembra aborrire da questo lavoro, e poi in tempi di tagli al bilancio…), invece, l’eventuale presenza di personale inefficiente e/o troppo vicino alle ditte di pompe funebri viene a fatica ri-equilibrata dall’impegno e dalla serietà degli altri componenti.
In cimitero, o si fa squadra, o diventa impossibile raggiungere certi ormai necessari livelli di ottimizzazione delle prestazioni assicurate, almeno di quelle minime, contemplate dalla Legge.
In tali condizioni, una attenta vigilanza è preferibile ed altamente raccomandabile..
Per quanto riguarda il cimitero più grande, gli operai comunali mi fecero subito una buona impressione. Erano veloci, bene organizzati, e possedevano una tecnica impeccabile.
Ragionando però in termini puramente economici, il mantenimento di quelle squadre ben addestrate era un lusso: inevitabile pertanto il passaggio alle cooperative convenzionate.
Senza nulla voler togliere alla professionalità dei nuovi operai, ho notato una leggera flessione nella qualità del servizio offerto.
Veniamo ai custodi. Nell’ambito geografico ed organizzativo della mia città, c’era ancora un servizio di custodia fisico, che avrebbe controllato il cimitero centrale ed assicurato i necessari interventi nelle sedi periferiche, non esiste, però, più il personale adibito esclusivamente dipendente dall’A.USL ma nell’opinione generale considerato ancora legato al Comune, pur sempre titolare ultimo del demanio cimiteriale con relativa funzione.
La Circolare del Ministero della sanità 24 giugno 1993 n. 24, recante “Regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285: Circolare esplicativa” (in G.U. n. 192 del 19/8/1998).
Il punto 12 (indicazioni relative al servizio di custodia) recita: “Non è più fatto obbligo di prevedere in ciascun cimitero il custode con relativo alloggio, bensì il servizio di custodia, inteso come il complesso di operazioni amministrative (…)”.
Si lavorava in condizioni di relativo isolamento, non c’era modo di fare tutto. Io fui un privilegiato. Il mio trasferimento presso il braccio operativo della polizia mortuaria coincise con un cambiamento organizzativo all’interno del Servizio: i rapporti fra centro e periferia divennero più stretti, alcune funzioni furono prima accorpate, poi, in fine, accentrate.
Solo questo mi consentì di approfondire davvero e sul campo le attività di polizia mortuaria, altrimenti avrei dovuto miseramente arrangiarmi, come sarà di sicuro accaduto a tanti colleghi, miei predecessori.
È scontato dire che gli abitanti delle frazioni comunali rimpiangano ancor oggi i bei vecchi tempi, sostenendo che gli addetti di una volta erano costantemente presenti, gentili, disponibili. In proposito, io avrei qualche riserva, maturata nel tempo, non fosse altro per ormai vetustas di servizio.
Certo, molte di queste persone (il pregiudizio scaramantico sugli operatori del post mortem pare non esser ancora minimamente scalfibile), davvero svolgevano ammirevolmente le mansioni assegnate.
Però, chi lavora da solo, e teoricamente è soggetto solo a controllo da parte dei suoi dirigenti (principio di gerarchia interna) ma nella prassi quotidiana risponde unicamente a sé stesso, può anche perdere il senso della misura e lasciarsi travolgere da un certo senso di onnipotenza funeraria.
È il solito dilemma; ce lo trasciniamo invano da anni: chi controlla il controllore?
Ebbi occasione di constatare ciò, sia pure in un caso isolato.
Un capo-necroforo deputato alla sorveglianza sui lavori cimiteriali si era messo in testa di fare lavorare nel “suo” cimitero solo i “suoi” muratori.
I familiari, che avrebbero voluto scegliere diversamente, subivano angherie: cose semplici diventavano complesse, a causa di inutili ridondanze formali, ad ogni piè sospinto sorgevano intoppi, fino a quando non diventava preferibile adeguarsi.
Vidi applicare questi metodi durante una traslazione di feretro. Sul posto, oltre al custode infedele ed al sottoscritto, erano presenti anche un muratore evidentemente sgradito, la signora che aveva richiesto la traslazione e gli operai.
Tutti fermi perché l’anomalo custode, sostenendo di avere riscontrato irregolarità (quali, poi?) nella documentazione, passeggiava nervosamente davanti alla tomba, compulsando le sue carte ed interrogando aggressivamente la signora su dettagli chiaramente marginali.
La sceneggiata era inframmezzata da ripetute consultazioni telefoniche con referenti vari, per le quali il poco simpatico personaggio ci piantava in asso, dovendo telefonare anche dal suo ufficio, da cui dirigeva il piccolo cimitero, pure per il disbrigo degli altri affari, già calendarizzati per quel giorno.
In uno di questi intervalli forzati, la signora/dolente mi confidò che già si sarebbe aspettata un trattamento del genere: le era stato fatto capire che sulla scelta del muratore conveniva accettare suggerimenti, ma lei aveva rifiutato l’appassionato consiglio interessatissimo, per altro.
Per sbrogliare la situazione, fu sufficiente dopo qualche minuto lasciare cadere un accenno all’autorità giudiziaria, recepito al volo.
Meglio così, perché avrei avuto difficoltà a concretizzare l’ avvertimento minaccioso.
La signora, che mi aveva svelato i retroscena della situazione, si sarebbe infatti rifiutata di verbalizzare le sue dichiarazioni: voleva solo chiudere la dolorosa faccenda e lasciarsela alle spalle.
Atteggiamento comprensibile, che fa però intuire quanto siano indifesi gli utenti del settore funerario, da certe forzature o sottili e velate prevaricazioni.
Qualcuno potrà chiedersi come mai, fino a quel momento, nessuno avesse provveduto a ridimensionare, pure intervenendo sul piano disciplinare, un soggetto di levatura tutto sommato modesta.
Il fatto è che nessun medico, o altro personale A.USL, o anche solo anonimo funzionario del Comune era mai entrato in quel cimitero sperduto.
Tanto tempo fa, ormai, sotto l’imperio di una disciplina oggi superata da più evolute normative locali il problema tutto interno alla macchina della polizia mortuaria, fui individuare la figura competente al controllo ordinario sull’attività cimiteriale.
Le possibilità, in buona sostanza, sarebbero state solo tre: affidare quest’azione di verifica ai vigili sanitari; demandarla ai medici stessi, invero un po’riluttanti; stipulare una convenzione con i Comuni, delegando questa funzione al loro personale.
In certi “distretti” i vigili sanitari, spesso, rifiutavano decisamente di assumere la sgradita incombenza, minacciando a volte pure azioni sindacali: alla base della loro ferma opposizione c’era il ribrezzo di lavorare al contatto (quasi) diretto con i morti, anche se le motivazioni formali sarebbero state, invero, più articolate come l’inutile dispendio di energie e risorse, per una mansione ripetitiva, e di scarso valore tecnico.
Col senno di poi, soprattutto in amari tempi di spending review, questa decisione fu profetica e lungimirante, quando anche oggi si chiede alla stessa P.A. di razionalizzare tutte le procedure, non ulteriormente semplificabili, in quanto gravate da speciali vincoli di natura prettamente sanitaria e di pubblica salubrità.
La impropria “convenzione” con il personale comunale era una soluzione già adottata da altre A.USL, (Ponzio Pilato docet…), ma non ovunque aveva opportuno a tutte le PP.AA. coinvolte nel settore funerario, seguire questa linea che avrebbe ufficializzato e reso “legale” la figura del cortocircuito…”controllato/controllore”: un conflitto di interessi in piena regola.
Per esclusione, il compito gramo, allora, toccava spesso ai medici, con i quali ero solito a lungo dissertare sullo scibile mortuario.
Chi Vi scrive, adesso, all’epoca dei fatti narrati in questo post, era alle primi primi contatti con la polizia mortuaria ed il suo strano mondo, altri erano avvantaggiati e più smaliziati: avevano, infatti, l’esperienza già di almeno cinque anni di assistenza alle operazioni cimiteriali.
Adesso la vigilanza sanitaria è stata pressoché soppressa, più per l’onerosità della stessa e la sua intrinseca macchinosità, non tanto per l’efficacia dell’azione svolta, tesa almeno a reprimere gli abusi più eclatanti e macroscopici.
io dormo nei cimiteri (NdR: immaginiamo nel parcheggio avanti il cimitero) dei paesi dove viaggio.
sono posti tranquilli dove nessuno vi romperà le scatole.