Nella sezione Cultura de La Stampa del 1 novembre 2024 è stato pubblicato l’articolo di Giovanni De Luna, che di seguito viene sintetizzato.
L’articolo di Giovanni De Luna affronta con sensibilità e profondità la funzione dei cimiteri come spazi pubblici, luoghi di memoria e simboli di una cultura collettiva che sta gradualmente scomparendo. Secondo l’autore, i cimiteri non sono solo luoghi di sepoltura, ma rappresentano un’importante connessione tra i vivi e i morti, mantenendo vive le radici della nostra identità comunitaria. Questa dimensione pubblica, legata al rituale e alla tradizione, sembra oggi minacciata da tendenze verso la privatizzazione e la secolarizzazione, che portano a considerare il cimitero come un mero “servizio” o, peggio, un onere economico per lo Stato e i comuni.
De Luna sottolinea come i cambiamenti culturali e sociali abbiano modificato profondamente il rapporto della società con la morte. L’idea tradizionale del cimitero come luogo di raccoglimento collettivo e rituale sta cedendo il passo a una visione individualistica, dove prevale la dispersione delle ceneri e la cremazione, spesso senza una destinazione fisica e tangibile come il cimitero. A questo si aggiunge un progressivo processo di secolarizzazione che ha indebolito il valore simbolico dei cimiteri, riducendo la loro importanza come luoghi di memoria storica e culturale.
Il cimitero, secondo l’autore, è stato in passato uno spazio di “sacralità laica,” in cui tutte le classi sociali e gli orientamenti religiosi potevano trovare un senso di pace e riconoscimento. Questa funzione pubblica ha garantito che il lutto e la memoria dei defunti fossero preservati in un contesto di solidarietà collettiva, indipendentemente da divisioni sociali e politiche. De Luna fa un parallelo con il welfare, spiegando come la cura dei cimiteri sia ormai vista come un peso amministrativo, proprio come succede per altri servizi pubblici che in passato costituivano il cuore dell’intervento statale nel supportare la comunità. Questo processo di privatizzazione e riduzione dei costi minaccia di trasformare i cimiteri in meri “luoghi di consumo,” come accade in altri ambiti della vita sociale.
Nel contesto di questa riflessione, De Luna esprime preoccupazione per il crescente ruolo di operatori privati e logiche aziendali nella gestione dei cimiteri. Il rischio è che lo spazio pubblico del cimitero venga subordinato alle logiche di profitto, perdendo la sua funzione originaria di luogo di raccoglimento e ricordo accessibile a tutti. L’articolo cita anche le difficoltà legislative e amministrative che si frappongono alla gestione e manutenzione dei cimiteri, enfatizzando come il carico economico ricada sui bilanci comunali, ormai spesso in difficoltà a sostenere i costi di gestione ordinaria.
Interessante è anche il richiamo alla poesia di Emily Dickinson, che riflette sulla natura universale del lutto e sulla “parentela vitale” che si crea tra l’anima dei defunti e quella dei vivi. Questo sentimento di connessione tra generazioni è un tema centrale nell’articolo e rappresenta una critica alla modernità, che tende a frammentare e privatizzare ogni aspetto della vita, inclusa la morte.
Infine, De Luna propone una riflessione su come preservare la dimensione pubblica e collettiva dei cimiteri. Suggerisce che lo Stato dovrebbe farsi garante di questi spazi, impedendo che diventino oggetti di speculazione commerciale e invece promuovendo politiche di tutela e valorizzazione. In Parlamento, accenna, sono state avanzate proposte per considerare il cimitero un “verde di servizio pubblico”, consentendo ai comuni di ottenere finanziamenti per la loro manutenzione. Questa proposta mira a riconoscere il valore sociale dei cimiteri e a rafforzare la loro funzione di luoghi sacri e silenziosi, indispensabili alla memoria collettiva.
L’articolo, nel complesso, invita a riflettere sulla necessità di preservare i cimiteri come luoghi di memoria condivisa e silenzio, unici al mondo per la loro capacità di coniugare sacro e profano, individuale e collettivo.