Gestione archivi cimiteriali: tempi legali di conservazione atti e relativa procedura di scarto

Piccola nota storica: al Congresso generale d’igiene svoltosi a Bruxelles nel settembre 1852 (appunto…l’altro ieri!), sulla Questione III, art. 2, si deliberava, tra l’altro, quanto segue:

“§ 12. L’Autorità amministrativa dovrà tenere esatto registro del luogo, e della data di ogni sepoltura fatta, dietro un modello che verrà dato.”

La normativa nazionale, a partire dal R.D. 8/6/1865, n. 2322, ha costantemente richiesto quelle registrazioni oggi considerate dall’art. 52 DPR 10/9/1990, n. 285, con la conseguenza che dovrebbe sempre risultare quali siano i feretri inumati in campo comune o tumulati in un dato sepolcro, a maggior ragione se ragioniamo su questo elemento di diritto.
Per ogni tumulazione, trattandosi di sepolcro privato, deve essere stato preventivamente documentato, ed autorizzato, lo Jus Sepulchri, ossia il titolo di accoglimento nel sepolcro stesso; tuttavia, non sempre ciò accade se pensiamo a quante tumulazioni sine titulo avvengano nei nostri campisanti.

Volgiamo, ora, lo sguardo su alcuni casi concreti in cui si trovi a muoversi il responsabile del servizio di custodia nella sua veste propria di pubblico ufficiale.
L’inizio delle operazioni cimiteriali, quando il corteo funebre abbia varcato i cancelli del camposanto, è fissato con l’accettazione del feretro nel cimitero da parte del Responsabile del servizio di custodia, il quale verifica la documentazione che accompagna la bara e la stessa tipologia di feretro in funzione della destinazione (inumazione, tumulazione, cremazione).
Questo passaggio fondamentale è stabilito dall’Art. 23 del D.P.R. n. 285/1990. A volte è prassi stilare un verbale di ricevimento nel cimitero del feretro, non si vede, tuttavia nello jus positum, la sussistenza di tale obbligo giuridico.
L’addetto al servizio di custodia del cimitero controlla la regolarità delle autorizzazioni (decreto di trasporto e titoli di sepoltura anche ai sensi dell’Art. 50 DPR n. 285/1990) consegnate unitamente al feretro, poi si assicura che i sigilli sul cofano non siano stati manomessi3 e corrispondano a quello riportato nell’attestato di garanzia al trasporto, ex paragrafo 9.7 Circ. Min. n. 24/1993.

Di norma, raramente, vi è una verbalizzazione delle singole operazioni cimiteriali (pratica che sarebbe oltremodo opportuna, ma non è – formalmente – prescritta o sancita dal DPR n. 285/1990, né da altra legislazione regionale, fatte salve, a volte, disposizioni particolari dal regolamento comunale di polizia mortuaria, mentre sono necessarie le registrazioni delle stesse negli schedari cimiteriali (art. 52 DPR n. 285/90).
Certo la regolazione nel dettaglio delle esumazioni/estumulazioni spetterebbe, tutto sommato, al dirigente (art. 107 comma 3 D. LGS n. 267/2000 o, in ultima istanza concernerebbe per sempre la persona del sindaco ai termini del combinato disposto tra gli Artt. 82 comma 4 e 86 comma 1 DPR n. 285/1990)?
Per la stesura dell’eventuale rapporto di chiusura delle operazioni cimiteriali non c’è (fortunatamente) un modello ufficiale od ufficioso, per cui, qualora si ritenesse utile adottarlo, vi sarebbe, in ogni modo, la massima libertà di forme, ma in nome del principio di economicità ex Legge n. 241/1990, secondo cui è (…o sarebbe?!!) proibita la ridondanza, o, peggio ancora, l’inutile aggravamento del procedimento amministrativo, occorre davvero un resoconto (…“sul campo”) di quanto deve, comunque, essere oggetto di trascrizione nei “libri cimiteriali” ex art. 52 DPR 285/1990, essendo quest’ultimi, comunque, dei pubblici registri?

L’individuazione delle precise tempistiche legali di conservazione dei documenti cimiteriali, presenta particolari difficoltà stante l’assenza di un riferimento normativo ad hoc vista l’atipicità della materia,, e di un intervento regolamentare volto ad individuare politiche e strategie di “data retention” specifiche, alla luce del regolamento europeo e della conseguente normativa italiana sulla protezione dei dati. Vediamo quali.
Preliminarmente occorre rimarcare come i cosiddetti incartamenti cimiteriali siano documenti amministrativi a tutti gli effetti, che il D.P.R. n 445/2000 qualifica quale ogni rappresentazione del contenuto di atti delle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa.
Rientrano in questa casistica, ad esempio, verbali di ricevimento salma, avvenuta cremazione, consegna ceneri, la stessa autorizzazione alla cremazione rilasciato ormai dallo Stato civile, ex L. n. 130/2001.
L’art. 52, comma 2 D.P.R. n. 285/90, prescrive per il responsabile del servizio, ad ogni feretro accolto, l’obbligo di ritirare e conserva presso di sé l’autorizzazione per la sepoltura nel cimitero e che la trascriva sui registri cimiteriali, assieme ad altri adempimenti minori, come l’aggiornamento quotidiano dei libri e del catasto cimiteriali.

Il Regolamento nazionale di polizia mortuaria, infatti, per ogni sepoltura in sepolcro privato in concessione (gentilizio, ereditario…) sia esso a sistema di inumazione o tumulazione, richiede la preventiva verifica del titolo di ammissione, del diritto di sepolcro. Da questa istruttoria minima, ma necessaria scaturisce una particolare autorizzazione comunale, di competenza della polizia mortuaria.
Analogamente, l’art. 81 D.P.R. 285/90, dispone che il verbale di consegna dell’urna cineraria debba essere redatto in tre copie da consegnarsi al responsabile del servizio cimiteriale, a chi prende in consegna l’urna e all’ufficio di stato civile.
Inoltre, il medesimo art. precisa come il verbale in possesso dall’incaricato del servizio di custodia, nonché le autorizzazioni (o, comunque, documenti), debbano sempre essere conservati dallo stesso. Ma per quanto tempo?
L’obbligo di conservazione dei c.d. documenti amministrativi è sancito dall’art. 30 D.Lgs. 42/2004, il quale così statuisce:

“Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico hanno l’obbligo […] di conservare i propri archivi nella loro organicità e di ordinarli”.

La medesima disposizione legislativa, all’art. 41, individua una precisa politica di data retention enunciando che:

“Gli organi giudiziari e amministrativi dello Stato versano all’archivio centrale dello Stato e agli archivi di Stato i documenti relativi agli affari esauriti da oltre trent’anni, unitamente agli strumenti che ne garantiscono la consultazione. Le liste di leva e di estrazione sono versate settant’anni dopo l’anno di nascita della classe cui si riferiscono. Gli archivi notarili versano gli atti notarili ricevuti dai notai che cessarono l’esercizio professionale anteriormente all’ultimo centennio”.

Inoltre, detta disposizione precisa che:

“nessun versamento può essere ricevuto dall’archivio centrale se non sono state effettuate le operazioni di scarto”.

Quindi, ai documenti amministrativi di interesse per la polizia mortuaria, non si applica l’obbligo di conservazione delle scritture contabili e amministrative per il generico termine di “soli” 10 anni ex art. 2220 c.c.
Si ricorda che la c.d. procedura di “scarto” è l’operazione mediante la quale si provvede all’eliminazione dei documenti che hanno esaurito la loro validità giuridico-amministrativa e che, nello stesso tempo, si ritengono privi di interesse quali fonti per la ricostruzione storica.
Pertanto, alla luce di una lettura anche solo testuale dell’art. 41 D. Lgs. 42/2004, si evince ictu oculi che il termine trentennale è quello generale, essendo, gli altri due casi enunciati, fattispecie speciali.

In conclusione, quindi, i verbali di ricevimento salma, corretto confezionamento del feretro, quelli di avvenuta cremazione, di consegna ceneri, nonché i documenti di autorizzazione alla cremazione ed altri titoli di ammissione in cimitero devono essere conservati per 30 anni (il tempo limite di 40 anni è stato ridotto dall’art. 12, comma 4, lettera b), legge n. 106 del 2014).
In ogni caso, si ricorda, che è responsabilità dell’Ente valutare, nel caso concreto, il venir meno dell’utilità amministrativa. Per completezza si evidenzia che alla luce dell’Autonomia degli enti Locali (art. 5 Cost.) i c.d. “organi deliberanti” di ogni Regione (art. 50, comma 4 e 61 e ss. D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) potrebbero emanare degli atti d’indirizzo diretti ad individuare diverse tempistiche di conservazione.

Vi è infine un ultimo aspetto importante da considerare che potrebbe consentire un periodo di mantenimento agli atti dei documenti più breve, vale a dire l’autonomia degli enti locali, riconosciuta dall’art. 5 Costituzione.
L’ente locale, infatti, sulla base di tale fondamentale principio, ben potrebbe, riscontrare diverse politiche di data retention stante le caratteristiche specifiche dei vari documenti.
Infatti, alla luce degli art. 50, comma 4 e 61 e ss. D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, i c.d. “organi deliberanti” potrebbero emanare atti d’indirizzo da seguire per la loro conservazione o per lo scarto, anche per un efficace contenimento dei volumi di dati (spesso cartacei) contenuti negli schedari dell’ufficio cimiteriale.
Una rapida transizione dal formato tradizionale della classica carta a quello smaterializzato e digitale, con tutte le autorizzazioni così formate e rilasciate direttamente, senza più bisogno di supporto fisico, rappresenterebbe la soluzione ideale. E dove conservare, poi, i data records? Il problema è ancora aperto…

Written by:

Carlo Ballotta

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