La qualità dei servizi prestati nei cimiteri sta da qualche anno scemando pericolosamente. Il calo dei trasferimenti statali ai Comuni ha determinato la riduzione di attività che contribuivano al decoro delle infrastrutture cimiteriali (custodia, pulizia, manutenzione) o consentivano di provvedere alla realizzazione di nuove sepolture (e non è che i morti aspettano!).
I Comuni per far fronte a questa vera e propria emergenza che mette in crisi il rapporto tra amministrazione e cittadini hanno cercato di far fronte alle situazione sostanzialmente imboccando due strade: l’incremento delle tariffe per ricavare più entrare e l’adesione alla finanza di progetto con l’ingresso di capitali privati nella costruzione e gestione di ampliamenti cimiteriali e crematori.
Si è trattato di scelte necessitate, ma di corto respiro. L’aumento delle tariffe dei servizi operativi e delle concessioni ha determinato, oltre alle prevedibili proteste dei cittadini, lo spostamento della domanda cimiteriale verso soluzioni più economiche (vedi la cremazione (vedi figura per il trend italiano della cremazione distinto per zone), che ha sottratto ‘mercato’ ai loculi) con complessiva riduzione dei ricavi. L’espansione dei project financing ha consentito fin qui ai che hanno fatto questa scelta di costruire manufatti, stipulando però una sorta ‘ derivato’, che presenterà conseguenze tragiche negli anni futuri quando alla loro scadenza si tratterà di onorare impegni manutentivi per migliaia di sepolture senza alcuna previsione risorse finanziarie.
Le gestioni cimiteriali esternalizzate dai comuni in imprese pubbliche che, negli ultimi decenni, erano parse una efficace risposta ai problemi del servizio cimiteriale sono state sottoposte a vincoli normativi e procedurali che sostanzialmente le hanno paralizzate con paradossale incremento dei costi di gestione.
Se il sistema pubblico precipita verso condizioni di collasso funzionale e finanziario anche il settore privato risente gli effetti della crisi.
Le associazioni delle imprese funebri evidenziano la tendenza delle famiglie a funerali più sobri (meno fiori, feretri di minor pregio, minore pubblicazione di necrologi, ecc.). Le diffuse carenze di liquidità stanno creando vere e proprie sofferenze nei bilanci delle imprese, che lamentano oltre al calo del fatturato medio per funerale, dell’ordine del 15%, anche crescenti difficoltà ad incassare i soldi delle fatture emesse.
Lo stesso accade per le imprese ‘dell’indotto’ cimiteriale, fiorai, marmisti o piccole imprese edili, le cui commesse (arredi funebri, manutenzione della tomba, ecc.) stanno calando per la ridotta capacità di spesa delle famiglie, in presenza di una normativa che privilegia la ristrutturazione dell’abitazione piuttosto che quello del proprio domicilio postumo, il sepolcro familiare. Si veda nella figura la crescita numerica dei crematori per zona d’Italia.
La situazione di crisi si traduce anche in un aumento delle male pratiche di acquisizione dei funerali (e delle commesse per arredi tombali e marmorei) da parte degli operatori funebri che, aumentati nel frattempo di numero per gli effetti ‘sciagurati’ della liberalizzazione del mercato, trovano sempre più nelle mance e nelle tangenti le uniche leve per sopravvivere alla concorrenza. Non a caso aumentano i casi di malaffare, che coinvolgono imprese di pompe funebri e operatori sanitari dentro gli ospedali, in un contesto nel quale le imprese funebri sane non riescono più a competere.
Cremazioni di cadaveri in Italia – Anni 2010-2012
Anno Cremazioni Decessi Percentuale
2010 77.379 587.488 13,2%
2011 87.871 593.404 14,8%
2012 101.842 612.883 16,6%
In una sorta di atteggiamento psicologicamente scisso, arrivano spesso alimentate da stampa scandalistica, severe rampogne sui costi del servizio pubblico e segnalazioni sulle carenze dei cimiteri. Non si riesce a comprendere che i comuni tagliano dove possono (e i costi dei cimiteri finiscono per essere i più sacrificabili). Spesso i Comuni sacrificano i servizi di mantenimento cimiteriale, in gran parte gratuiti (pulizia, personale manutenzione), che venivano erogati a beneficio di tutto la cittadinanza.
Forse è giunto il tempo di un esame di coscienza collettivo che porti a ridefinire il corretto livello di welfare e al tempo stesso incidere sui veri sprechi di denaro pubblico e non su tagli indiscriminati alle risorse pubbliche.
Occorre che il problema trovi udienza presso le aule parlamentari, dove giacciono, non discusse da quasi due decenni, progetti di riforma del settore funebre e cimiteriale. Le ricette di Federutility SEFIT sono le seguenti:
- – creare ambiti sovra-comunali sui servizi funebri, cimiteriali e di cremazione. In questo modo i costi fissi di sistema possono essere abbattuti e possono altresì essere costituiti forme e modalità gestionali più adeguate all’estrema delicatezza del momento.
Un ambito meno frammentato consente poi l’attuazione ed il controllo dei comportamenti dei soggetti pubblici e privati a salvaguardia delle famiglie in lutto, parte debole nel rapporto di servizio. - – introdurre norme che permettano un aumento delle detrazioni fiscali per le spese del funerale e di manutenzione del sepolcro (come per le civili abitazioni).
L’obiettivo in questo caso è duplice: combattere la pratica della sottofatturazione, con possibilità di forte emersione del nero per il conflitto di interessi che si porrebbe in campo tra famiglie ed operatori economici; fornire un incentivo alle famiglie al mantenimento delle tombe private nei cimiteri e delle aree pubbliche cimiteriali (veri e propri musei all’aperto) oggi, spesso, abbandonati.
A beneficiare di queste misure sarebbe le imprese sane, finalmente poste su un piano di vera concorrenza di prezzi e di qualità dei servizi. - – il riconoscimento che parte dei servizi che sono forniti in un cimitero non sono servizi pubblici alla persona, ma hanno la caratteristica di servizi indivisibili, come i parchi, i giardini, la illuminazione pubblica, ecc. fruibili da tutti indipendentemente dal fatto che paghino o meno un manufatto dentro al cimitero.
Questo, concretamente, si traduce nel concorrere in ogni Comune a parte del riparto della TASI, la recente tassa introdotta nell’ambito della TRISE. E la gente capirebbe che a fronte di quel che si paga ottiene anche dei servizi, che oggi sembrano essere quasi evanescenti.