Una volta costituito attraverso solenne stipula dell’atto concessorio, il sepolcro familiare dà luogo ad una particolare forma di comunione fra i contitolari (i congiunti individuati dal fondatore ed a lui subentrati unicamente mortis causa), che si acquista con la nascita del soggetto, contraddistinta dalla mancanza della quota come titolo di partecipazione.
Essa è destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto e, per questo, si tratta di una comunione forzosa, indivisibile e disponibile da ciascun contitolare in solido, poiché la volontà dei partecipanti non può contrastare con la volontà del fondatore, da cui scaturiscono diritti e aspettative legittime per i soggetti individuati dalla lex sepulchri (si tratta della disciplina nell’uso dei sepolcro basata solitamente sul criterio di premorienza, salva diversa indicazione espressa).
Tutti gli aventi titolo alla sepoltura sono, infatti, posti su un piano di pari ordinazione e legittimazione a fruire, per il tempo successivo alla loro morte, dello spazio sepolcrale istituito ad hoc dal concessionario primo.
Quest’ultima non è, dunque, modificabile, neppure se sussiste a tal fine l’unanimità dei titolari del diritto in un dato momento, poiché il sepolcro familiare è destinato ad accogliere le spoglie dei membri appartenenti ad una determinata famiglia anche nelle generazioni future (e per i nondum nati?…il problema rimane aperto, anche se lo jus sepulchri di fatto si esercita sino alla naturale saturazione dei posti feretro disponibili, dopo si estingue, spirando ex se).
Il diritto in comunione è, poi, imprescrittibile. In virtù della comunione instaurata in capo ai singoli si ha, di regola, solo il potere di concorrere insieme agli altri titolari del sepolcro, alla formazione di delibere collettive, assunte a maggioranza.
Più in particolare, ai titolari della comunione si riconosce il potere di: formare un regolamento per l’uso e la gestione del sepolcro, compiere atti per l’amministrazione ordinaria, nominare un amministratore attraverso una deliberazione a maggioranza semplice, mentre per le innovazioni e, in genere, gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessaria la maggioranza qualificata dei due terzi dei partecipanti alla comunione (art. 1108 Cod. Civile).
Nella particolare forma di comunione sorta dalla destinazione di un fondo a sepolcro familiare, così, la deliberazione assembleare, avente ad oggetto lavori di ristrutturazione della cappella cimiteriale, che comportano la traslazione delle salme (e, quindi, possibile pregiudizio al rispetto dovuto alle spoglie), non può essere presa senza il consenso dei congiunti più strettamente legati da vincoli di parentela al defunto e titolari del diritto secondario di sepolcro di comunione fra i contitolari (i congiunti individuati dal fondatore).
Le opere manutentive sono a carico dei co-titolari del rapporto concessorio, divenuti a loro volta concessionari, dopo la morte del primitivo concessionario/fondatore del sepolcro, attenzione, però, possono esservi persone semplicemente titolari del diritto primario di sepolcro (jus sepeliri o jus inferendi mortuum in sepulchrum) le quali non ricoprono anche la posizione di co-intestatari della tomba, spesso nel momento genetico del diritto di sepolcro le due fattispecie possono pure divergere.
Altra ed autorevolissima dottrina (Carresi, sepolcro, diritto vigente), supportata da copiosa giurisprudenza, ritiene che il coniuge superstite convolato a nuove nozze perda lo jus sepulchri nella tomba famigliare del primo consorte, nel frattempo deceduto.
Al diritto primario di sepolcro si può, comunque, rinunziare con dichiarazione dello stesso titolare (occorre l’atto notarile se la retrocessione riguarda anche diritti reali di proprietà sul manufatto funerario) oppure, successivamente alla sua morte, dei suoi congiunti o dei suoi eredi, pure per facta concludentia, seppellendo in un luogo diverso il defunto.
Chi non voglia sostenere eventuali oneri manutentivi (esempio: per disinteresse) deve quindi formalizzare all’autorità amministrativa titolare ultima del demanio cimiteriale, la propria volontà di rinuncia (per sé ed i propri discendenti) allo jus sepulchri ed al diritto sul sepolcro in sé (nuda proprietà del corpus compositum, come opere murarie, arredi funebri suppellettili funerarie, di cui la tomba consta nel suo insieme.