Fiducia alla Camera sul decreto legge Ronchi. E’ legge la nuova norma sui servizi pubblici locali

La Camera votando ieri (320 si e i no 270) la fiducia sul decreto Ronchi, il decreto salva-infrazioni, che prevede tra l’altro la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, acqua compresa, ha trasformato in legge la nuova riforma dei servizi pubblici locali, contenuta all’articolo 15. Il voto finale sul provvedimento è previsto oggi. Diversi i mal di pancia nelle file della maggioranza, in particolare della Lega che non ci sta a bollare di inefficiente il sistema delle imprese pubbliche che, in Regioni chiave in cui governa da anni (Lombardia e Veneto), sono in mano e gestite da esponenti locali della Lega. Il dibattito politico si è incentrato in particolare sulla privatizzazione dell’acqua, innescato da posizioni contraddittorie del PD (al Senato aveva ottenuto un emendamento chiarificatore ad iniziativa della Sen.ce Finocchiaro) che ha tentato alla Camera di stralciare (sulla pressione della base) l’intero articolo 15 per rimandarlo ad una legge specifica sui servizi pubblici locali e pompato, è il caso di dire, il caso “acqua”. Altrettanto contraddittoria la posizione dell’UDC, che ha votato contro quando della liberalizzazione die servizi pubblici locali ne aveva fatto una bandiera negli ultimi anni. Coerente il no dell’IDV, che da tempo cavalca gli slogan verdi e della sinistra. Ma anche all’interno di Forzia Italia non mancano le critiche per un giudizio poco lusinghiero su settore che vede da anni ai vertici esponenti vicini o espressione di maggioranze di Centro-Destra (si pensi ad A2A, Enia, ecc.).

Un provvedimento di cui pochi aspirano a volerne la paternità, ma che a ben guardarsi non è quel mostro giuridico, sociale ed economico che viene demonizzato. Certo, viene prevista una bella iniziezione di capitali privati, c’è una beneficio alle quotate in mercati regolamentati che hanno maggiori chances rispetto alle non quotate, ma alla fine questo provvedimento determinerà la conta tra chi vorrà “andare in mare aperto” e confrontarsi col mercato e chi ancora avrà timore di farlo. I primi saranno i vincenti e potranno, giovandosi anche di robuste iniezioni di capitali privati, estendere ancor di più il proprio terrotorio d’azione. I secondi faranno una guerra di trincea, probabilomente perdente nel medio lungo termine.

Dalle Aule parlamentari, infatti, esce rafforzato un modello di impresa pubblica relativamente nuovo per l’Italia: l’impresa mista. E ciò determinerà una rivoluzione nei modi di gestire le imprese di pubblico servizio, e i primi effetti saranno sul piano tariffario (nessun privato entra in nessuna società per condividere le perdite) e il secondo effetto la nascita di gruppi di controllo (finanziari e/industriali?) talvolta italici, talvolta esteri. Ma se ben gestito, il modello società mista potrà veramente far fare all’Italia quel passo determinante verso l’Europa. Non è però finita: la Lega pensa già a modifiche in finanziaria della norma appena approvata a colpi di maggioranza: “Non si può far saltare il governo. Non si muore per una legge, si muore se salta il governo”, ha commentato il ministro e leader della Lega, Umberto Bossi. La Lega si è però accontentata alla Camera dell’approvazione di alcuni ordini del giorno che mitigano la portata delle norme e che saranno di indirizzo nella setsura dei regolamenti attuativi. E’ un tema caldo, anzi incandescente e con l’attuale situazione di fibrillazione nella magggioranza di governo difficile da gestire.

Con tutta probabilità passeranno nei prossimi mesi alcune norme per rendere meno difficile continuare le buone gestioni “in house” in essere e una Authority per l’acqua. Difatti, su quest’ultimo argomento si è espresso anche il Presidente dell’Antitrust, che ha detto: “un buon provvedimento perché dà luogo a una liberalizzazione da tanto tempo da noi auspicata. L’acqua rimane un bene pubblico ma il servizio finalmente viene liberalizzato”, grazie al meccanismo delle gare. Per Antonio Catricalà il provvedimento “non significa che necessariamente si avrà una privatizzazione, ma si apre ai privati la possibilità di entrare nell’esercizio di questo servizio pubblico essenziale”. La proprietà pubblica degli impianti, continua il numero uno dell’Antitrust, “rimane tale laddove è pubblica. Rimane da chiarire chi sarà l’autorità che dovrà verificare e stabilire gli standard di qualità minimi essenziali e che vigilerà sulle tariffe”.

Se fossimo al cinema si potrebbe dire che ormai siamo sul finire del secondo tempo e che tra poco si vedrà la conclusione di una vicenda “infinita” di modifiche all’impianto normativo dei servizi pubblici locali, che è in discussione da metà degli anno Ottanta …

Che succederà nel settore funerario italiano? Lo si vedrà meglio dopo l’approvazione dei regolamenti attuativi (previsti emanati entro fine anno), poiché tutto dipenderà dal fatto se il settore cimiteriale esteso (gestione cimiteriale, illuminazione elettrica votiva, gestione dei crematori) verrà ritenuto di rilevanza economica al pari di quelli esplicitamente indicati nell’articolo 15 di questa nuova legge. Se così sarà, la gestione “in house” diventerà sempre più difficile da fare e quindi vi sarà un ricorso a gestioni con società miste con almeno il 40% di capitale privato. Il modello spagnolo, per quel che si può intendere a prima vista. La transizione sarà abbastanza accelerata e vedrà nei primi periodi una permanenza di gestioni totalmente pubbliche, laddove queste si aggiudichino la prima gara per la liberalizzazione del servizio. Le gestioni pubbliche di imprese funebri sono, invece, sempre più a richio di essere vendute sul mercato da Comuni in crisi di liquidità.

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