Estumulazione e regime di perpetuità dei sepolcri

Premessa: gli Artt. 86, 87, 88 e 89 del D.P.R. n. 285/1990 disciplinano, in via generale, l’estumulazione, lasciando comunque al Sindaco, quale autorità sanitaria locale che sovrintende, ex Art. 51 D.P.R. n.285/1990, alle funzioni di polizia cimiteriale, la responsabilità di ordinare le operazioni stesse (oppure se si ritiene opportuno, attraverso apposita norma sul regolamento di polizia mortuaria comunale). In pratica, con ordinanza del Sindaco, si forniscono le norme attuative e di dettaglio e si attribuiscono le competenze.

In linea di massima, l’estumulazione si esegue al  cessare della concessione (art. 86, comma 1 D.P.R. n. 285/1990), salvo quanto previsto dal successivo Art. 88.

L’art. 86 comma 1 D.P.R. n. 285/1990, allora, contempla tassativamente l’estumulazione alla scadenza della concessione, ad esclusione dei casi di concessioni perpetue, per le quali, secondo logica, il disseppellimento non sarebbe mai ammissibile e giuridicamente sostenibile (non avendo queste ultime alcun termine temporale, proprio perché sono concepite come una sepoltura eterna, “sine die”).

Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della polizia mortuaria una volta avvenuta la tumulazione, l’estumulazione sarebbe possibile solo allo scadere della concessione, se a tempo determinato, mentre non è ammessa l’estumulazione se si tratta di concessione perpetua, ma la salma tumulata deve permanere nella sepoltura a tempo indeterminato (art. 86, comma 1 D.P.R. n. 285/1990), se, però, non ricorre l’eventualità di cui al successivo Art. 88, cioè quando venga richiesto il trasferimento in altro sepolcro, (o persino per riduzione in resti?). Quest’ultima previsione normativa postula che vi debba esser la richiesta, o quanto meno il consenso, di chi abbia titolo a disporre della salma o, comunque, delle “mortales exuviae”.

Tuttavia, talora, vi sono Regolamenti comunali i quali, espressamente, consentono la possibilità di autorizzare e dar luogo ad estumulazioni prima dell’estinguersi (per causa naturale o “patologica”!) del rapporto concessorio, (soprattutto dopo l’emanazione del D.P.R. n.254/2003 con cui il legislatore fissa il periodo legale di sepoltura in tumulo ad un minimo di 20 anni) ma decorso un certo periodo di tempo, tale da lasciare presumere (salva verifica a posteriori) sia avvenuto il completamento del processo di mineralizzazione (rectius: scheletrizzazione), considerato dall’art. 86 comma 5 D.P.R. n.285/1990.

Andrebbe, però, considerato, almeno secondo un’interpretazione molto formale della norma, come (ed è bene ribadire il concetto!) le estumulazioni si possano legittimamente eseguire solo alla scadenza della concessione (art. 86, 1 D.P.R. n.285/1990) e solo in questo momento si potrebbe (o dovrebbe?) valutare se si sia in presenza o meno di resti mortali (art. 3 comma 1, lett. b) D.P.R. n.254/2003).

Anzi, ogni “tentativo”, magari con costrizione, quando non addirittura violento, di cosiddetta “raccolta ossame”, conosciuta meglio con la formula linguistica di “riduzione dei resti in cassetta ossario”, effettuato prima, esporrebbe alla fattispecie dell’art. 87 D.P.R. n. 285/1990 citato, con conseguente rilevanza penale (art. 410 C.P.).

Ad ogni modo, soprassedendo sulla recente tendenza a regionalizzare il complesso delle attività necroscopiche, funebri e cimiteriali, con norme di rango primario, ma pure secondario, l’Art. 86 del vigente Regolamento Nazionale di polizia mortuaria dispone, esplicitamente, al quinto comma che, qualora i defunti estumulati versino in condizioni di completa mineralizzazione delle parti molli si possa provvedere all’immediata raccolta dei resti mortali in cassette ossario, su parere del personale sanitario il quale presenzia all’apertura della tomba e della bara.

I cadaveri (o meglio i resti mortali) provenienti da tumulazione ultraventennale non completamente scheletrizzati dovranno invece essere inumati, dopo aver praticato opportuni squarci nel feretro di metallo al fine di consentire la ripresa del processo di mineralizzazione, per almeno cinque anni, salvo ulteriori abbreviazioni autorizzate dal Ministro della Salute, sentito il Consiglio Superiore della Sanità (paragrafo 7 Circ. Min. n.10/1998) ed ora conferite alle Regioni (e da queste, con sub-delega ex Art. 3 comma 5 D.LGS n.267/2000 sempre più spesso ai comuni interessati) per effetto del DPCM 26 maggio 2000. Si veda a tal proposito la Circ. Min. 21.05.2002 n. 400.VIII/9L/1924.

Detto Art. 86 comma 2 D.P.R. n.285/1990 è stato, però, in parte riformato e novellato, nel suo contenuto sostanziale, dall’ Art. 3 commi 5 e 6 Del D.P.R. n.254/2003, in quanto disposizione posteriore nel tempo e di pari grado gerarchico, il quale consente la diretta cremazione del resto mortale senza che quest’ultimo debba più soggiacere all’obbligo di un turno supplementare in campo di terra, prima di poterne deliberare l’incinerazione.

A tal proposito si è pure espresso il Ministero della Salute con risoluzione del 30/10/2003 di p.n. 400.VIII/9Q/3886. Il Dicastero, infatti, ha valutato la tesi interpretativa della SEFIT Federgasacqua fondata e condivisibile, potendosi così ritenere che oggi, a parziale modifica ed integrazione del citato articolo 86 del tuttora vigente regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990 sia consentito autorizzare, ad istanza degli aventi titolo, anche la cremazione dei resti mortali provenienti da estumulazione alla scadenza del prescritto periodo ventennale[1], senza alcun obbligo di una preventiva, ulteriore fase di inumazione di durata almeno quinquennale.”. La portata della risoluzione è veramente notevole, siccome risolve uno dei problemi maggiormente sentiti dai gestori dei cimiteri italiani. Pertanto la previsione dell’Art. 86 comma 2 D.P.R. n.285/1990, non esplicitamente abrogata, rimane ancora valida come soluzione residuale.

Oggetto di questo breve saggio è una (forse) facile, ma non scontata, domanda: al fine di ricavare  posti salma, senza bisogno di edificare ulteriori tumuli, siano essi ipogei o epigei,  per immettervi, nuovi feretri[2], favorendo un responsabile riuso del patrimonio cimiteriale già esistente, spesso sottoposto al regime di concessione perpetua, e, quindi, non soggetto a provvedimenti ablatori da parte dell’autorità comunale, è lecito, seppur con qualche indubbia forzatura procedurale (almeno per i puristi del diritto funerario!) sottoporre a “rotazione”, attraverso apposita estumulazione, anche le sepolture a tempo indeterminato?

La grande novità in materia di concessioni cimiteriali della normativa regionale lombarda, ma anche di quella emiliano-romagnola, sta proprio nel concetto di sepoltura a “riciclo” e non ad accumulo. In altre parole si cerca di sfruttare al meglio i cimiteri già costruiti. In quest’ottica è da incentivare la riduzione dei resti e nuovo uso del manufatto. Dal punto di vista economico, basta introdurre diritti fissi di estumulazione e tumulazione tali da rendere utile al cittadino l’operazione e al tempo stesso garantire un afflusso di risorse all’ente locale.

Teniamo, poi, presente come, essendo molte concessioni ancora perpetue, e, dunque, “intangibili” (v’è a tal proposito giurisprudenza costante) se non venissero impiegate bisognerebbe edificare nuovi loculi e al tempo stesso versare, da parte del cittadino, un importo molto maggiore di quanto non possa derivare dalla riduzione in resti dei feretri precedentemente tumulati con relativo riuso dello spazio sepolcrale.

Come accade quasi sempre in questi ambiti così complessi, ed a volte un po’accademici, si scontrano in dottrina e nei pronunciamenti della Magistratura diverse filosofie: vediamo di esaminare quelle principali. Il fine ultimo di un estumulazione (rimozione della lapide e smuratura della necessaria tamponatura sino ad aver diretto accesso al feretro) ha, infatti, due principali fini:

1)Traslazione del feretro (ossia trasferimento dello stesso ad altra sepoltura neutralizzando la cassa di zinco se la bara verrà inumata ex Art. 75 comma 2 D.P.R. n.285/1990 oppure ripristinandone le caratteristiche tecniche di impermeabilità ex Art. 88 D.P.R. 285/1990 e paragrafo 3 Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10 attraverso il cosiddetto “rifascio”).

2) Dischiusura della cassa per l’eventuale estrazione dei resti ossei e loro riduzione in cassetta ossario di cui all’Art. 86 comma 5 DPR 285/1990, con conseguente smaltimento dei rifiuti cimiteriali prodotti ai sensi del DPR n.254/2003. L’estumulazione, allora, è ordinaria[3] quando si effettua alla naturale scadenza della concessione, se non diversamente stabilito dal regolamento comunale o dalla “convenzione” di cui si accompagna spesso lo stesso atto di concessione (oggi dopo l’entrata in vigore del DPR  n. 254/2003 molti regolamenti comunali o anche regionali cominciano a considerare quale ordinaria l’estumulazione dopo 20 anni di sepoltura in loculo, anche intesi come la somma di più momenti trascorsi in diversi sepolcri. Già prima dell’emanazione del DPR n.254/2003 vi erano zone d’Italia nelle quali era consuetudine, regolamentata a livello locale, la cosiddetta tentata “riduzione in resti”, cioè si valuta, nei fatti, se la salma si sia scheletrizzata, per raccogliere le ossa nella cassetta di cui all’Art. 36 DPR n. 285/1990 all’interno della dello stesso loculo o per collocarle in altra sepoltura. In altre realtà del territorio nazionale, invece, era pur sempre consentito il trasferimento in altra sede (come in un ossarietto) per liberare il posto nel loculo, ad esempio in previsione di un decesso che sta per avvenire e per cui si appronta il loculo, o per tumulare un feretro con decesso appena avvenuto, per trasferimento di famiglia in altro Comune, per retrocedere il loculo (con oneri di risistemazione del sepolcro a carico del concessionario o dei suoi aventi causa).

Nella prassi, così, non è detto si debba attendere il termine della concessione (previsto dall’articolo 86 del D.P.R. 285/90), se vi è istanza di un avente diritto per il trasferimento ad altra sede del feretro o per l’esame sull’avvenuto processo di decomposizione del cadavere.

Al momento della estumulazione, dunque, si valuta se sussistano le condizioni minime di cui al comma 5 dell’art. 86 (ossa completamente sciolte e staccate le une dalle altre). Si attende il termine della concessione se invece non c’è alcuna richiesta di estumulazione.

Si noti un ulteriore aspetto: nel caso di specie in analisi trova piena applicazione la circolare Min. Sanità 10/98, essendo già classificabile resto mortale (più di 20 anni di tumulazione) il cadavere estumulato con quanto ne consegue per il trattamento dei resti mortali, i quali possono esser inumati, ri-tumulati o cremati direttamente senza un ulteriore interro, almeno dopo l’avvento del D.P.R. n.254/2003

Se accettiamo un’interpretazione massimamente restrittiva del disposto dell’Art. 86 DPR 285/1990 l’estumulazione straordinaria (quando, per esempio, vi sia la volontà del de cuius di duratura presenza delle sue spoglie in quel dato sepolcro o ancora quando non si formi il necessario consenso[4] dei congiunti Jure Sanguinis o Jure Coniugii del de cuius stesso)  può esser negata ovviamente in forma scritta e motivata, indicando altresì il termine temporale l’autorità cui sia possibile ricorrere ai sensi dell’Art. 3 L. n. 241/1990 e succ. modif. (Sereno Scolaro). L’art. 86, comma1 D.P.R. n. 285/1990, infatti, nel definire la regola di portata generale, presenta anche la nidificazione di un’eccezione, con quell’inciso: “ quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private, a concessione perpetua”, precisazione che altera, e non di poco, il quadro di riferimento antecedentemente delineato, in buona sostanza inibendo la facoltà (e il dovere!) di estumulazione per tali salme sottoposte a questo vincolo, comportando, così la non estumulabilità dei cadaveri tumulati in concessioni aventi il carattere della perpetuità.

Tale formulazione, però, pare contraddetta dal seguente comma, quando il legislatore prescrive anche per i feretri provenienti da tumuli di durata indeterminata un turno di rotazione supplementare in campo di terra, proprio per permettere la ripresa dei processi di dissoluzione della materia organica, il fine ultimo della deposizione dei cadaveri in cimitero per il D.P.R. n.285/1990, secondo il combinato disposto tra gli Artt. 57 comma 5, 60 comma 2, 67, 68, 85,86 comma 2, 89 è la completa mineralizzazione dei cadaveri sino alla raccolta delle ossa in cassetta ossario (Art. 36) o alla loro dispersione in ossario comune di cui all’Art.67).

In effetti, anche le sepolture in concessione perpetua possono cessare, con conseguente nuova destinazione delle spoglie in esse racchiuse, ad esempio per:

  • Decadenza (normata, in via esclusiva, dal regolamento comunale di cui agli Att. 344 e 345 Regio Decreto n.1265/1934 e, soprattutto dall’Art. 117 comma 6 III Periodo Cost.).
  • Revoca ex Art. 92 comma 2 D.P.R n.285/1990 (nei rari, e pressoché impossibili, casi in cui sia consentita, almeno nel complesso di norme dettate dal D.P.R. n.285/1990).
  • Soppressione del cimitero ai sensi dell’Art. 92 comma 2 II Periodo e del Capo XIX D.P.R. n.285/1990 (ipotesi, anche questa, rarefatta ma significativa).

Il combinato disposto dal comma 1 dell’art. 88, dal comma 5 dell’art. 86 e dall’Art. 89 (che rinvia all’Art. 83 dedicato alle esumazioni) del D.P.R. n.285/90 è, dunque, alla base della possibilità di estumulazione con relativa raccolta di resti mortali nella circostanza di tomba di concessione di durata superiore a 20 anni. In altri termini è possibile la estumulazione da una tomba, concessa per la durata ad es. di 99 anni, effettuata per una salma tumulatavi dopo 10 anni dall’inizio della concessione e decorsi ad es. 30 anni dalla tumulazione (è, anzi, auspicabile per far posto a nuove sepolture, ove necessario). Non si vedrebbe infatti la differenza fra questa situazione (99 anni, salvo rinnovo ex 92 comma 1 D.P.R. 285/1990) e il regime di perpetuità, esplicitamente consentito comma 2 dell’Art. 86 del D.P.R. 285/1990.

Nell’estumulazione con riduzione dei resti ossei, è potere del Sindaco con ordinanza ex Art. 82 comma 4 D.P.R. 285/1990 (o del regolamento di polizia mortuaria locale) stabilire, di concerto con il responsabile del Servizio ASL, a chi spetti l’ispezione sulla salma (mineralizzata o meno).

Lo stesso Art. 3 comma 1 Lett. b) D.P.R n.254/2003 nel definire, in via amministrativa, la fattispecie di “Resto Mortale” in base ad un doppio parametro:

  • cronologico (debbono esser trascorsi almeno i 20 anni di sepoltura legale)
  •  medico-legale (si deve esser davvero dinnanzi ad esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo per effetto, soprattutto, di corificazione)

impone una necessaria esplorazione sulla scheletrizzazione del cadavere con rimozione dei coperchi ed il relativo taglio del nastro di zinco ex Art. 75 comma 2 D.P.R. n.285/1990. Da questa considerazione consegue che potrebbe esser accettata dall’ufficio comunale di polizia mortuaria una richiesta di estumulazione (c.d. straordinaria, pur se questo termine sia improprio per le estumulazioni, intendendosi, comunque, per tali quelle che siano richieste prima della scadenza), al fine del collocamento in inumazione (art. 86, 2 e ss. D.P.R.285/1990); l’interro, in quanto sempre a titolo oneroso ex Art. 1 comma 7bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26, dovrà essere preventivamente oggetto del pagamento della prevista tariffa e solo in sede di questa inumazione si dovrà osservare la prescrizione, a sensi dell’art.75 comma 2 D.P.R. n. 285/1990 di dissigillatura della bara, occasione funzionale a scoprire quale sia l’effettivo stato di conservazione o dissoluzione in cui il cadavere si trovi. L’estumulazione del feretro ai soli fini di controllare l’avanzamento (o l’inibizione?) della decomposizione cadaverica sembrerebbero del tutto inaccoglibili, ma come vedremo in seguito esiste anche la questione della ri-tumulazione.

In effetti, qualora emerga la sussistenza di fenomeni conservativi, può anche esservi la ri-tumulazione (come previsto dalla Circ. Min. n.10/1998 citata), previo riconfezionamento del feretro con il “rifascio” in modo tale da assicurare la perfetta tenuta dello stesso.

Generalmente in Italia tale compito e’ affidato con ordine di servizio all’operatore cimiteriale o, quando si abbia una organizzazione più complessa al capo squadra di tali lavori cimiteriali. L’Autorità Sanitaria, attraverso delega (il testo letterale del D.P.R. n.285/1990 imporrebbe invece la partecipazione fisica di un operatore sanitario) determinerà i criteri cui dovranno attenersi, in via generale, necrofori ed affossatori. II Sindaco può regolare l’accesso dei cittadini alle esumazioni ed estumulazioni. Interessante un’ultima osservazione: se il feretro tumulato in sepoltura perpetua da quest’ultima è trasferito in campo indecomposti potrebbe altresì risultarne un mutamento dei fini del rapporto concessorio (quella concessione, infatti, era sorta proprio per accogliere quel particolare defunto) con conseguente estinzione della stessa per esaurimento della propria funzione; contrariamente, compiuta la scheletrizzazione del defunto le ossa se avevano titolo ad esser deposte nel sepolcro privato di cui sopra dovranno senz’altro esser nuovamente collocate nella tomba originaria, non più come cadavere, ma quali semplici resti ossei, soprattutto se l’inequivocabile volontà del de cuius era la tumulazione delle proprie spoglie mortali in quel dato sepolcro.

Il divieto di estumulazione assoluto di cui parlano molti studiosi della materia funeraria, magari esplicitamente riportato nell’atto di concessione si riferisce, invece, alla cosiddetta tipologia della “tomba chiusa”.

Si tratta di una clausola contrattuale in voga soprattutto in passato ed intrinsecamente connessa con la perpetuità del sepolcro.

La “tomba chiusa” si ha quando il concessionario originario e fondatore della tomba gentilizia inserisce nell’atto di concessione la precisa riserva che proibisce l’estumulazione per i feretri tumulati in quel particolare avello.

L’interdizione addirittura di solo toccare, o, peggio ancora, manomettere, il feretro custodito nella “tomba chiusa” produce subito i suoi effetti, “da qui all’eternità” non appena sia terminata la tamponatura del loculo ed inibisce gli atti di disposizione sulla spoglia mortale di uno o più soggetti che i loro aventi titolo secondo jure sanguinis (diritto di consanguineità) potrebbero manifestare nel tempo successivo alla morte del fondatore del sepolcro stesso.

Se la concessione, invece, è a tempo determinato detta limitazione nella sfera degli atti di disposizione per il post mortem in capo a soggetti terzi, dispetto al de cuius e al fondatore del sepolcro, termina con la concessione stessa ed il sepolcro rientra nella piena disponibilità del comune che si procurerà di rimuovere i feretri, imputando le spese ai concessionari.

Leggermente diverso, sotto il profilo semantico, è il concetto di divieto di trasferimento ad altra sepoltura perché esso si limita ad interdire la traslazione ad altra sepoltura, non del feretro, ma di tutte le trasformazioni di stato in cui un cadavere degrada ossia:

  1. Esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo (resti mortali).
  2. Ossa.
  3. Ceneri.

In questa seconda evenienza, allora, sarebbe permessa l’estumulazione finalizzata, ai sensi dell’Art. 86 comma 5 D.P.R. n.285/1990, alla raccolta delle ossa da ri-tumulare rigorosamente nello stesso tumulo. L’inestumulabilità è volta ad impedire qualsiasi spostamento o manomissione del feretro (non si possono quindi ridurre in cassettina ossario eventuali resti ossei) Il divieto di traslazione, invece, specifica che la spoglia del de cuius non può esser rimossa dalla cella sepolcrale, ma con il termine “spoglia” s’intendono tutte le involuzioni post mortali che possano interessare un corpo, dunque la permanenza nel sepolcro sarà soddisfatta anche se il corpo del de cuius non è presente come solo cadavere sigillato nella bara, ma, inoltre, come resti mortali, ossa ceneri. Questa precisazione è molto importante laddove occorresse liberare spazio per nuove tumulazioni, garantendo parallelamente la continuità del sepolcro gentilizio.

Ad avvalorare la tesi della decadenza o la estinzione della concessione per l’estinguersi dello scopo insito nel rapporto concessorio (lo Jus Sepulchri) se l’estumulazione avviene per il trasferimento del de cuius o dei suoi resti (ex Art. 88 D.P.R. n.285/1990) ad altra destinazione ed il sepolcro fu, a suo tempo concesso per accogliere le spoglie mortali di solo quella determinata persona indicata dell’atto di concessione ed  ivi sepolta è anche la risposta ad un quesito posto, in data 2/11/2009 sulle pagine de: “I Servizi Funerari” della cui risposta si riporta un estratto:

“ In realtà il problema sta nel fatto che la tumulazione originaria era stata data per la sepoltura del cadavere di XY. Nel momento in cui questo cadavere non si trova più in quel loculo e così è previsto dal regolamento di polizia mortuaria del vostro Comune o dal contratto originario, il Comune rientra in possesso del manufatto. È un errore di scrittura del regolamento comunale di polizia mortuaria da non ripetere in futuro, perché disincentiva le persone dal riuso del loculo”.

Secondo il TAR Lazio (Roma, Sez. II, n. 138/2009), tuttavia “[…omissis…] si estingue la potestà di esercitare il diritto di sepoltura una volta esaurita la capienza del sepolcro». Cosicché – prosegue quel Giudice – «Qualora il titolare della concessione intendesse successivamente procedere a nuove tumulazioni nello stesso sepolcro, si dovrebbe provvedere all’estumulazione di una delle salme presenti nel sepolcro, per le quali dovrebbe essere richiesta una nuova concessione, integrativa della precedente, di durata non superiore a 99 anni».

Nelle tumulazioni perpetue, allora, qualora la ricognizione sullo stato di completa scheletrizzazione del cadavere non sortisse gli effetti sperati, con conseguente raccolta dei resti ossei in cassetta ossario, bisognerebbe predisporre una “ri-tumulazione” nello stesso sepolcro o, eventualmente in altra sepoltura privata, con eventuale rifascio del feretro quando si riscontrasse la persistenza di parti molli, ancorché residue, ai sensi del paragrafo 4 Circ. Min. n.10/1998.

[1] Si veda anche l’Art. 3 lett. g) Legge 30 marzo 2001 n. 130.

[2] Per effetto delle recenti tendenze (cremazione, riduzione in resti ossei di salma tumulata, con mantenimento o meno di cassetta resti ossei dentro la stessa tomba), la capienza originaria delle tombe si dilata, consentendo una autonomia delle stesse e dell’intero cimitero maggiorata.

[3] In realtà il testo del DPR n. 285/1990, a differenza del Regolamento Regionale Lombardo n.6/2004 non opera differenza tra le due tipologie di estumulazione, senza, quindi, considerare il discrimen temporale.

[4] Ovviamente ex Art. 79 comma 2 DPR n. 285/1990 si segue, in tutti gli atti di disposizione per il post mortem, il principio di poziorità ossia potere di scelta + preminenza nel decidere, per cui prevale la volontà del coniuge, quando non in contrasto con quella del de cuius o con la Legge ed a seguire il volere di tutti i congiunti di pari grado, in caso di pluralità è necessario il consenso unanime di quanti siano titolati a pronunciarsi.

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Carlo Ballotta

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4 thoughts on “Estumulazione e regime di perpetuità dei sepolcri

  1. mi permetto di precisare che con deliberazione della Giunta Regionale del Lazio n. 737 del 28 settembre 2007 la stessa sospendeva le relative autorizzazioni certificazioni ed idoneità sanitarie nello specifico al punto 4 “delle attività di assistenza del coordinatore sanitario delle Aziende UU.SS.LLL alle operazioni di esumazione ed estumulazioni di cui agli art. 83, 84, 86, 88 del DPR 285/90”.
    Di conseguenza non vi più la necessità della presenza del delegato ASL mentre quanto attiene all’ordinanza sindacale ho delle perplessità in quanto con il Decreto 267/2000 le competenze sono state trasferite ai dirigenti e/o ai Responsabili delle figure apicali quindi ripropongo la mia domanda Chi deve supervisionare le operazioni di estumulazione e riduzioni in resti? Il responsabile che firma l’autorizzazione o il suo delegato? La figura del Custode è Obbligatoria? deve essere Nominato? grazie

    1. X Duilio,

      la D.G.R. in questione disapplica l’obbligatorietà della presenza di personale sanitario, sul luogo delle operazioni cimiteriali, ma ogni plesso o sistema cimiteriale (per i Comuni che dispongano di due o più cimiteri) deve esser dotato di apposito servizio di custodia, con funzione di registrazione e verbalizzazione su esumazioni ed estumulazioni. L’ordinanza con cui si disciplinano nel dettaglio esumazioni ed estumulazioni, meglio se scritta di concerto con l’A.USL (almeno per le parti di sua stretta competenza) potrebbe, sentito il parere appunto dell’autorità sanitaria, spettare principalmente al Sindaco, ma nulla vieta che sia materialmente compilata dal dirigente-responsabile del servizio, individuato dal regolamento di giunta comunale di cui agli artt. 48 comma 3 e 89 D.Lgs n. 267/2000. Orbene, in questa sede si definirà un rigido protocollo operativo cui i necrofori, addetti a questo nuovo compito, si atterranno nella verifica sullo stato di scheletrizzazione o meno delle spoglie umane dissepolte. Di norma, specie nelle strutture gestionali più articolate e complesse, con ordine di servizio, si attribuisce questa mansione al caposquadra necroforo. Egli dovrà vigilare e riferire al responsabile degli uffici cimiteriali di cui all’art. 17 D.P.R. n. 254/2003, sugli eventuali rinvenimenti di resti mortali ed il trattamento su di loro posto in essere ex Circ. Min. Sanità 31 luglio 1998 n. 10.
      Si rammenta la supervisione (di natura penale) sugli illeciti contemplati dall’art. 87 D.P.R. n. 285/1990, se il fatto – ovviamente – non configura reato, altrimenti incomberebbe l’obbligo della denuncia. Il “custode” è pubblico ufficiale anche perchè redige e tiene diligentemente aggiornati i libri cimiteriali, i quali (art. 10 D.Lgs n. 267/2000) sono per antonomasia atti pubblici e consultabili dalla cittadinanza.

  2. X Duilio,

    I trattamenti consentiti sul feretro all’atto dell’estumulazione, qualora non si rinvenga semplice ossame a causa di fenomeni cadaverici di tipo trasformativo conservativo, sono specificati dalla Circolare Ministeriale n. 10 del 31 luglio 1998

    La Legge (Art. 87 DPR 285/90) vieta tassativamente il ricorso a metodi violenti (frattura degli arti o di altre ossa) per costringere i cadaveri estumulati in casse dalle dimensioni minori di quella utilizzata per comporre la spoglia mortale il giorno della sepoltura.

    In altre parole è proibito spezzare i corpi ancora intatti, per ridurli in cassetta ossario, solo le ossa che naturalmente si siano distaccate le une dalle altre e, quindi, dalle articolazioni per effetto dei processi di scheletrizzazione possono esser racchiuse in cassetta ossario o se non richieste dagli aventi titolo a disporne debbono esser avviate in forma promiscua all’ossario comune.

    L’esecuzione delle estumulazioni è consentita esclusivamente al gestore del servizio cimiteriale.

    Sulla base di queste quattro condizioni:

    1) volontà degli aventi titolo, individuati secondo il criterio della consanguineità con il de cuius, a disporre del cadavere del de cuius dopo il primo periodo di sepoltura legale.
    2) naturale scadenza della concessione cimiteriale
    3) assenza di disposizioni contrarie del de cuius o del fondatore del sepolcro a che il feretro in questione possa esser rimosso dalle cella in cui fu murato (è il caso delle cosidette “tombe chiuse”, ossia di quei sepolcri nel cui atto di concessione siano specificati particolari obblighi a mentenere un determinato cadavere nell’avello in cui fu precedentemente tumulato sino alla scadenza della concessione)
    4) Titolo di trasferimento del cadavere o delle sue trasformazioni di stato (semplice ossame, esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo causato dall’insorgere di mummificazione, saponificazione o corificazione verso una nuova destinazione ritumulazione, inumazione in campo inconsunti per almeno 5 anni (bastano 2 anni se il prodotto da mummificazione, saponificazione o corificazione è addizionato con sostanze biodegradanti) oppure cremazione. Per il solo ossame vale quanto detto prima (ossario comune o raccolta delle ossa in cassetta ossario.
    Una volta accertato il sussistere delle condizioni ci cui sopra il comune autorizza l’estumulazione stabilendo giorno ed ora.

    All’operazione debbono assistere necessariamente due figure istituzionali:

    l’addetto al servizio di custodia che verifica preliminarmente se la tomba e la bara oggetto dell’operazione sia quelle giuste e procede alla rimozioner di lapide e tamponatura del loculo per estrarre il feretro ed aprirlo.
    Un operatore della locale AUSL che, invece, deve valutare se il feretro presenti le condizioni di legge (tenuta stagna della vasca zincata ed adeguata resistenza del cofano ligneo allo stress meccanico causato dal peso del cadavere) per il trasporto in altro luogo oppure se la spoglia mortale rinvenuta quando si scoperchia la bara sia ancora intatta oppure già riducibile in cassetta ossario, poichè completamente mineralizzata.
    In rapporto alla fattispecie effettuale rilevata (ossa, cadavere inconsunto, feretro da traslare…) debbono esser utilizzati sistemi di contenimento e trasferimento adeguati (ad esempio per neutralizzare la residua percolazione di liquidi post mortali) se si decide di effettuare il trasporto.

    Di solito è consuetudine emanare un’ordinanza del sindaco, di concerto con l’AUSL competente per territorio per regolare esumazioni ed estumulazioni in cui siano specificati i criteri da seguire nelle diverse situazioni che si potrebbero presentare.

    Questo provvedimento del sindaco assume maggior importanza e contralità se la funzione specifica svolta dall’autorità sanitaria viene delegata, con atto scritto, al personale necroforo in servizio presso il cimitero (in genere tale compito viene assunto dal responsabile del servizio di custodia).

    La responsabilità rivestita dall’addetto al servizio di custodia è quella di incaricato di pubblico servizio, si veda, a tal proposito anche l’Art. 17 del DPR 15 luglio 2003 n. 254.

  3. buongiorno il mio dubbio è il seguente durante le operazioni di estumulazioni con apertura del feretro per verificarne la possibilità di raccogliere i resti se completamente mineralizzati, a chi spetta l’onere di controllo delle operazioni.? faccio presente che la Regione Lazio con propria circolare ha esentato le ASL ha presenziare dette operazioni. Di conseguenza a chi spetta l’onere di vigilare e accertare se le operazioni sono congrue e regolari?

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