Estumulare per ri-tumulare: il cimitero… “ad accumulo”

L’inveterata pratica “border line della “ri-tumulazione”, invero molto diffusa nell’esperienza italiana, ed invalsa da tempo immemorabile, è considerata tutt’oggi, sotto il profilo formale, dalla Circ. Min. n.10/1998 e avrebbe comportato, almeno prima dell’emanazione del D.P.R. n.254/2003, profili di dubbia legittimità, e notevoli criticità operative, almeno secondo alcuni giuristi, e gli stessi necrofori in servizio presso i nostri cimiteri; dopo tutto una semplice circolare è solo un atto istruttivo e non una fonte del diritto.
Tutto questo breve studio, a livello nazionale, è, allora, incentrato sulla Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10 esplicativa del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 e sui “riflessi sananti”, a posteriori, che su di essa ha avuto l’Art. 3 comma 5 DPR n.254/2003, trattando la materia di cui stiamo ragionando, sotto l’aspetto autorizzativo.

È, dunque, consentaneo – in via preliminare – un accenno alla natura e al ruolo svolto dalle circolari.
Ad avviso della dottrina prevalente, tale termine non indica una determinata categoria di atti contrassegnata dal loro contenuto, ma individua lo strumento di diffusione e di propagazione di disposizioni:

a) promananti da un organo della pubblica amministrazione ed indirizzate ad una serie di altri organi normalmente della stessa branca e periferici, nell’ambito di un rapporto di supremazia gerarchica;
b) emesse dall’autorità titolare di una potestà di controllo, di indirizzo, di direttiva o di coordinamento nei confronti degli enti e degli uffici che a tale imperio soggiacciono;
c) poste in essere da un determinato organo o soggetto nell’esercizio del diritto di autoregolamentazione al medesimo spettante o riconosciuto.

Pertanto si é negata alle circolari la natura di atto amministrativo sostanziale, facendole, invece, rientrare nel novero delle misure di notificazione.
Le circolari operano con efficacia coercitiva, non erga omnes, ma soltanto nei confronti degli organi sottordinati, senza assurgere al rango di fonti dell’Ordinamento e perciò non sono vincolanti per tutti i consociati e per i giudici, il giudice, infatti, è soggetto solo alla Legge ex Art. 101 comma 2 Cost.
Esse possono essere sia atti con i quali l’autorità centrale, o, comunque, titolare del potere di supremazia gerarchica identifica, in via astratta e predeterminata, la risposta più idonea al soddisfacimento dell’interesse pubblico nell’ambito di facoltà discrezionali il cui esercizio é rimesso ai singoli organi decentrati o comunque inferiori; sia atti con i quali l’autorità medesima fissa il significato e la portata di norme da applicare e da osservare nell’espletamento dell’attività demandata agli organi predetti (cd. circolari interpretative).

Ora non v’è dubbio che le AA.SS.LL. siano tenute ad osservare le istruzioni disposte dalle circolari del Ministero della Sanità e dei competenti Organi regionali, laddove, magari sia intervenuta apposita riforma, su base locale, della polizia mortuaria.
A nulla rileva il silenzio del D.P.R. n. 285/1990 sulla fattispecie in esame: infatti, lo scopo che la Circolare n.10 del 31 luglio 1998 si è prefissata, consiste appunto nell’interpretazione delle disposizioni ambigue e nel completamento di quelle lacunose.
Entriamo, ora, in medias res esaminando questa figura.

I resti mortali, ossia gli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo per effetto di mummificazione, corificazione o adipocera, così come definiti, in via amministrativa, prima dal paragrafo 15 della circolare ministeriale 24 giugno 1993 n, 24, poi dal paragrafo 1 della circolare ministeriale 31 luglio 1998 n. 10 ed infine dall’Art.3 comma 1 lettera b) del DPR 15 luglio 2003 n. 254 una volta disseppelliti, siccome è scaduto il loro periodo di sepoltura legale, possono esser ancora tumulati?
Lo scopo ultimo della sepoltura in cimitero di un cadavere e di tutte le sue trasformazioni di stato intermedie, ai sensi del combinato disposto tra gli Artt. 57 commi 5 e 6, 58 comma 2, 60 comma 2, 67, 68, 75, 82 commi 2 e 3, ed 86 comma 2 del D.P.R. n.285/1990, dovrebbe esser la completa mineralizzazione delle parti molli sino al rinvenimento delle sole ossa da avviare all’ossario comune o racchiudere in cassetta di zinco (Artt. 36 comma 2 ed 85 D.P.R. 285/1990), per la loro deposizione in un sepolcro privato.

La tumulazione in loculo stagno e cofano ermetico (l’unica ammessa dal D.P.R. n.285/1990), poco si presta alla scheletrizzazione, essendo una forma di sepoltura mirata soprattutto alla conservazione dei corpi, il legislatore, infatti, con l’Art. 86 comma 2 del D.P.R. n.285/1990 sembra imporre, dopo l’estumulazione, un periodo aggiuntivo di rotazione in campo di terra proprio per facilitare il riavvio di questi processi di disgregazione della materia organica, che il nastro metallico, invece, rallenta o blocca del tutto, raccomandando ai comuni con l’Art. 58 comma 2, meglio esplicato, poi, dal paragrafo 10 della Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n. 24, di considerare questo ulteriore bisogno di superficie nei campi di terra in sede di determinazione del “fabbisogno cimiteriale”.

Si notano, però, nella evoluzione storica della normativa, alcune incoerenze.
Nella seconda parte del punto 3 della circ. Min. n.10/1998, si afferma che, dopo l’estumulazione, è altresì consentita la tumulazione nella stessa sepoltura.
La perplessità nasce da questa constatazione: tale previsione, infatti, non risulta completamente in linea con quanto effettivamente statuito dal Regolamento Nazionale.
L’Art. 86 comma. 2, come precedentemente evidenziato, richiede per i feretri estumulabili (ossia quelli non provenienti da tombe date in concessione perpetua) un turno di inumazione supplementare.
Una lettura molto rigida di questo disposto potrebbe significare, addirittura, un’inibizione dello Jus Sepulchri per i resti mortali cui dar nuova sepoltura in tumulo, essendo d’obbligo l’interro in campo indecomposti, ma quest’ipotesi dottrinaria così estrema è altresì sconfessata dall’Art. 3 comma 5 D.P.R n.254/2003, come vedremo meglio in seguito.

Si ravvisa, quindi, una margine di discrezionalità affidato o alla ordinanza sindacale emanata solitamente di concerto con l’ASL per normare le operazioni cimiteriali oppure all’orientamento stesso degli operatori sanitari, laddove sia ancora l’ASL a vigilare su esumazioni ed estumulazioni (per maggiori approfondimenti si potrà proficuamente consultare l’articolo intitolato “Il mondo dei cimiteri visto da un medico” pubblicato sul numero 3 de “I Servizi Funerari”; del 2005 a firma del Dr. Andrea Poggiali).
La ri-tumulazione nella stessa sede, quindi, non è stata originariamente presa in considerazione dal legislatore.
Anche nel frangente di resti mortali esumati il problema pare porsi negli stessi termini, come precisato dalla circolare Ministero Sanità n. 10/1998.
In base a quanto riportato nella citata circolare al paragrafo 2. all’atto della esumazione ordinaria è possibile rinvenire: o un cadavere (parzialmente) incorrotto, oppure semplici ossa.
Per l’ossame il trattamento è quello solitamente legato all’istanza dei familiari: l’unica alternativa procedibile d’ufficio è lo sversamento in ossario comune.

Quanto, poi, ai resti mortali (corpi inconsunti), invece, secondo la circolare si potrà farli rispettivamente:

1) permanere nella stessa fossa preferibilmente o traslarli in altra, di rigore in campo inconsunti (ex art. 58 comma 2 D.P.R. n. 285/1990) il reparto speciale per indecomposti deve esser calcolato nel fabbisogno minimo di area cimiteriale da adibire a quadra d’inumazione. Esso è requisito essenziale;
2) subito cremare, con ulteriore destinazione delle risultanti ceneri.

Ragion per cui il Ministero, non sembra ammettere alla esumazione ordinaria la tumulazione dell’inconsunto.
Il più recente D.P.R. n. 254/2003, invece, è una fonte di pari rango rispetto al regolamento nazionale di polizia mortuaria è può caducarne, integrarne o, ancora, sostituirne le norme, specie se incomplete, come, appunto, accade in questo caso.
La tumulazione in loculo, tomba a sterro, cappella gentilizia, colombario, nicchia si configura sempre come una sepoltura privata che trae origine da un atto di disposizione in termini di pietas e diritti personalissimi legati ai vincoli di consanguineità sintetizzati, per interpretazione estensiva, dall’Art. 79 comma 2 D.P.R. n. 285/1990 o meglio art. 3 L. n. 130/2001, e trova fondamento giuridico nello Jus Sepulchri il quale deriva, pur sempre, dalla presenza di un “regolare atto di concessione” ex Art. 98 comma 1 D.P.R. n. 285/1990.

Il diritto sussiste:

a) se pre-esiste la concessione;
b) se la spoglia mortale ha titolo sulla base del regolamento comunale di polizia mortuaria e del contratto di concessione;
c) previo avvenuto integrale pagamento del canone fissato dal comune ai sensi degli Artt. 95 e (…“retroattivamente”) 103 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.

L’Art 3 comma 5 D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 così recita:

“Per la sepoltura in cimitero o la cremazione di resti mortali, le autorizzazioni al trasporto , inumazione, tumulazione o cremazione sono rilasciate dal competente ufficio del Comune in cui sono esumati o estumulati”.

Dalla formulazione del suddetto Art. 3 comma 5 D.P.R. n. 254/2003 possiamo, quindi, dedurre come la tumulazione (o la ri-tumulazione per resti già precedentemente racchiusi in duplice cassa e murati in vano impermeabile a gas e liquidi) sia estesa anche ai resti mortali prima esumati o estumulati.
In merito alla titolarità del rilascio per le autorizzazioni di cui sopra si propende convintamente per la spettanza comunale nel senso dell’art. 13 D.Lgs n. 267/2000, con logico rinvio attuativo alle attribuzioni tipicamente dirigenziali ex art. 107 comma 3 lett. f) T.U. Ordinamento Enti Locali.

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Carlo Ballotta

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