Vagando nel mare magnum del web, sempre alla ricerca di news tematiche per il nostro settore, di un certo rilievo, ci siamo fortunatamente imbattuti nel sito istituzionale della Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia, il cui servizio di consulenza legale risponde alla seguente domanda posta da un Ente Locale.
Un Comune, dunque, rappresenta la situazione di forte criticità gestionale di un contratto inerente alla concessione dell’uso di una celletta nel cimitero comunale per la sepoltura una determinata salma, stipulato nel 1983 per la durata di 50 anni, e riferisce che il feretro è stato estumulato nel 2014 per una definitiva sistemazione in altro cimitero [1].
Il Comune chiede, allora, se la concessione si possa considerare “estinta” poiché è venuta meno “la causa in senso civilistico del contratto” e se, in tale ipotesi, l’Amministrazione dovrebbe rimborsare al concessionario la somma corrispondente al periodo di mancato effettivo godimento dello jus sepulchri [2]. L’ufficio locale di polizia mortuaria evidenzia che il regolamento nulla dispone in merito.
Si precisa che l’attività di questo Servizio consta nel fornire un supporto giuridico sulle questioni poste dai comuni, che possa essere di aiuto all’individuazione, in autonomia, della soluzione da adottarsi per i casi concreti, in relazione alle proprie specificità.
In particolare, questo Servizio non si può ingerire nell’interpretazione degli atti negoziali del Comune, rispetto ai quali si richiama il principio valevole per tutti contratti in cui è parte una p.a., secondo cui si deve stare a ciò che nel contratto è detto (interpretazione testuale), non essendo consentito indagare sulla presumibile volontà delle parti, in contrasto con il senso letterale della convenzione, dovendo avere prevalenza la volontà manifestata rispetto a quella effettiva [3].
Pertanto, in via collaborativa, in assenza di una disciplina regolamentare interna per gli aspetti che interessano – e che si suggerisce all’Ente di adottare per il futuro – si esprimono le considerazioni che seguono, con riferimento al quesito posto e sulla base della documentazione e delle informazioni ulteriormente acquisite.
Dalla lettura del contratto di concessione, emerge che il Comune dà e concede e il privato contraente “accetta, si obbliga e stipula per sé ed eredi l’uso della celletta […] per inumazione della salma” della persona ivi identificata.
In particolare per quanto concerne gli eredi[4], nel contratto si specifica che alla morte del concessionario, “il diritto di uso, relativo alla celletta concesso”, con i relativi diritti ed obblighi, passerà agli eredi nei modi indicati dal codice civile, con l’espressa riserva che il Comune riconoscerà uno solo di essi, da indentificarsi nei modi stabiliti.
Il diritto all’uso concesso non potrà in nessun modo e per nessun titolo essere ceduto ad altri, eccettuato quanto previsto per gli eredi.
Da queste espressioni, sembra che il contratto attribuisca al concessionario e agli eredi (nella persona individuata secondo le regole previste) il diritto a tumulare nella celletta la salma espressamente e nominativamente indicata nella convenzione.
Sembrerebbe deporre in questo senso anche la previsione contrattuale che impone l’obbligo di porre una lapide in marmo con il nome e la data del decesso del defunto “entro tre mesi dalla fatta concessione” (riferimento, questo, che parrebbe confermare la limitazione dell’uso della celletta alla tumulazione della salma ben individuata nella concessione).
A voler assumere che il comune abbia concesso e il concessionario abbia accettato (per sé e i suoi eredi) l’uso della celletta per la tumulazione di una salma specifica, questo porterebbe a ritenere che in conseguenza dell’avvenuta estumulazione di quel feretro si sia determinata l’estinzione della concessione per esaurimento della finalità per cui questa era stata chiesta ed ottenuta [5].
In questo senso la dottrina, la quale, con riferimento all’ipotesi del posto a tumulazione individuale (colombaro, loculo, a seconda delle denominazioni localmente usate, che possono essere variamente diversificate) concesso “esclusivamente” per il feretro di defunto determinato o comunque per il quale l’atto di concessione specifichi che la concessione è stata fatta per accogliervi quel determinato feretro, osserva che, qualora venga richiesta l’estumulazione del feretro di destinazione, magari per il suo trasferimento in altro sepolcro, si ha l’effetto che viene ad esaurirsi il fine originario per cui era sorta la concessione e, conseguentemente, si ha l’estinzione della concessione (per l’avvenuto esaurimento del fine, appunto) [6].
Per quanto concerne la questione dell’eventuale rimborso spettante al concessionario, in assenza di previsione regolamentare in proposito, in via collaborativa si osserva che nel contratto di cui si tratta non si è contemplata l’ipotesi di rimborso, in caso di estinzione della concessione per cause diverse dalla naturale scadenza e prima di questa. Il che – stante il principio dell’interpretazione testuale dei contratti in cui è parte un p.a. sopra richiamato – farebbe propendere per l’ipotesi che all’estinzione non si accompagni la corresponsione di un rimborso al concessionario.
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[1] L’istituto della concessione di posti salma, con sistema a tumulazione, direttamente costruiti dal comune quale ente gestore – osserva la dottrina – è frequente da tempo nella prassi sulla base dell’art. 59, D.P.R. n. 285/1990, ove solo emerge l’ipotesi per la quale sia il comune a provvedere alla costruzione di manufatti destinati alla tumulazione e viene trattata con i medesimi criteri di gestione delle concessioni di aree ai privati per la costruzione di manufatti sepolcrali, espressamente previste dall’art. 90, D.P.R. n. 285/1990 (cfr. Sereno Scolaro, La polizia mortuaria, Maggioli, 2007, pp. 248-249). [2] Dal 2014 fino alla scadenza dei 50 anni, nel 2033. [3] In caso di difformità di interpretazione tra le parti, la decisione sarà rimessa all’Autorità giudiziaria eventualmente adita.Sull’interpretazione dei contratti in cui è parte la p.a., Cfr. Cass. 28 gennaio 1960, n. 101, Cass. sez. un., 18 maggio 1960, n. 1255, Cass. 8 gennaio 1968, n. 35, richiamate da Cesare Ruperto, La giurisprudenza sul codice civile. Coordinata con la dottrina. Libro IV: Delle obbligazioni. Artt. 1362-1424, a cura di Renato Sgroi, con il coordinamento di Saverio Ruperto, Giuffrè Editore, 2011, p. 35.
Di recente, cfr. Cass. civ., sez. I, 13 ottobre 2016, n. 20690, che pone l’interpretazione testuale dei contratti in cui è parte la p.a. in stretta correlazione con il regime vincolistico della necessaria forma scritta, cui detti contratti sono sottoposti a pena di nullità.
[4] Si è appreso per le vie brevi che il concessionario originario è deceduto. [5] Nel caso, invece, in cui, a fronte di una concessione d’uso stipulata per una determinata salma, il loculo venisse utilizzato per altra persona, si avrebbe, osserva la dottrina, fattispecie della decadenza della concessione per inadempimento contrattuale, consistente nel fatto del mancato uso della celletta per la destinazione impressa nell’atto di concessione (Cfr. Sereno Scolaro, La polizia mortuaria cit., p. 280). [6] Sereno Scolaro, Le concessioni cimiteriali, Maggioli, 2008, pagg. 220-222.In giurisprudenza, cfr. TAR Parma 12 giugno 2006, n. 290, che evidenzia come la concessione cimiteriale sia strettamente connessa e subordinata alla permanenza in loco della salma e si estingua quando questa sia estumulata.