E… se manca l’atto di concessione? Quali le possibili conseguenze?

Traggo spunto da questo curioso fatto di cronaca: http://www.temporeale.info/71193/argomenti/cronaca/gaeta-cimitero-concessioni-pagate-due-volte-comune-restituisce-soldi.html per qualche riflessione su un tema spinoso, soprattutto per i gestori dei nostri tentacolari cimiteri.

Dunque: il problema pare essere sempre lo stesso: in carenza del titolo di concessione perché, magari, smarrito dal privato cittadino, parte integrante del rapporto concessorio, come comportarsi?

Sono legittimi atti ablativi affinché il manufatto cimiteriale rientri nel pieno possesso del Comune per una nuova assegnazione?

Provocatoriamente muovo da questa prima osservazione: i beni cimiteriali, in quanto afferenti al demanio comunale non sono nemmeno usucapibili!

Di norma, ed in linea di massima, una concessione cimiteriale sussiste solamente quando e se, agli atti del Comune, vi sia esemplare autentico del “regolare atto di concessione”, ex Art. 98 comma 1 DPR n. 285/1990, senza il quale si deve parlare d’inesistenza della concessione stessa, da cui deriverebbe un uso “senza titolo” dell’area o dell’edificio tombale , e quindi il sepolcro, in buona sostanza, sarebbe abusivo (in senso tecnico!)

114129972-bf8e39ea-bf02-4e72-b767-4571ffe5d109Quando manchi un titolo formale, secondo i principi generali dell’ordinamento ed ai sensi dell’Art. 2697 Cod. Civile dovrebbe esser necessario un accertamento giudiziale ex Art. 2907 Cod. Civile sulla fondatezza del diritto (o presunto tale) rivendicato cui provvede la Magistratura Ordinaria in sede civile, tenderei ad escludere (ma felicissimo di esser smentito!) la competenza funzionale del giudice di pace, perchè lo jus sepulchri ha natura di diritto reale (sui generis), patrimoniale e personale e non rientra pertanto (anche le eccede) tra le materie assegnate ex Art. 7 Cod. Proc. Civile al Giudice di Pace.

Data l’epoca piuttosto risalente la stipula dell’atto di concessione vero e proprio dovrebbe essere stata preceduta da una deliberazione del consiglio comunale di assegnazione dell’area, nonché dall’autorizzazione prefettizia per procedere alla concessione con il conseguente perfezionarsi dell’atto di concessione, il quale, oltretutto, una volta formato, sarebbe stato soggetto al visto di esecutività da parte della G.P.A. (organo oppresso con l’istituzione dei T.A.R. avvenuta con la Legge n. 1034/1971), tutto questo in regime di Regio Decreto n.1880/1942, cioè del regolamento statale di polizia mortuaria vigente in quel periodo storico.

Infine, sia il progetto di costruzione del corpo di loculi sull’area data in concessione, sia quello per eventuali successivi interventi di ristrutturazione o ri-adattamento del manufatto dovrebbero essere stati approvati dal comune (oggi art. 94 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) e, le opere, una volta eseguite , avrebbero, comunque, dovuto esser oggetto sia verifica sulla rispondenza di quanto realizzato con il progetto precedentemente varato, sia di collaudo, quanto meno statico, a rilevanza igienico-sanitaria.

Per altro, non mancano, anzi sono abbastanza diffusi, frangenti e realtà territoriali in cui la tenuta degli archivi presenti condizioni di pesante “sofferenza” ed inadeguatezza, stato di fatto che, senza entrare nel merito delle possibili cause, spesso annose e non solo dovute alla momentanea incuria, costituisce un fattore di criticità, perchè la disponibilità dell’atto di concessione e, quindi, la conoscenza del concessionario, costituisce elemento essenziale per acclarare, in occasione di ciascuna singola richiesta di tumulazione, se il defunto di cui sia richiesto l’accoglimento nel sepolcro abbia titolo ad esservi ammesso ex Art. 102 DPR 10 settembre 1990 n. 285 (soluzione procedimentale che, altrettanto, spesso è poco applicata, generando situazioni, talora, di indebito uso del sepolcro).

All’assenza di atti d’archivio (o di registrazioni tratte dagli atti d’archivio), potrebbe essere sopperirsi, oltre che, ovviamente, con ricerche approfondite nell’archivio del comune interessato (spesso laboriose, specie se l’archivio non sia sempre stato tenuto in modo adeguato), anche con accessi all’Archivio di Stato, in cui potrebbero (es.) essere state riversate, decorsi oltre 40 anni, le copie dell’atto di concessione a suo tempo oggetto di visto da parte della G.P.A. In alcuni casi, potrebbe darsi il suggerimento di avviare le ricerche iniziando dai registri delle deliberazioni del consiglio comunale (che erano tenute in termini tanto più ordinati, quanto più indietro si vada nel tempo), ciò consentirebbe di individuare, oltre al il momento temporale cui restringere le ricerche, anche il concessionario iniziale (c.d. fondatore del sepolcro), operazione da “topi di biblioteca” che favorirebbe le ricerche per le fasi successive, cioè per provare l’eventuale subentro, ossia l’ingresso dei discendenti dell’originario fondatore nella piena titolarità del sepolcro. Ovviamente l’istituto della voltura nelle concessioni cimiteriali opera solo mortis causa, essendo vietato su quest’ultime ogni atto di disposizione per acta inter vivos, stante la sancita demanialità dei beni cimiteriali.

Una volta individuato il fondatore del sepolcro, si definisce “di default”, cioè automaticamente anche l’ambito della famiglia avente diritto alla sepoltura, mentre per il tempo successivo al decesso del concessionario/fondatore del sepolcro dovrebbero esservi stati atti di “subentro”, regolati per altro dal regolamento comunale di polizia mortuaria, considerando come qualora questo istituto non sia stato considerato, né tanto meno esperito dovrebbe concludersi che concessionario sia rimasto quello originario.

Va aggiunto, per quanto riguarda le opere di costruzione del sepolcro e, nel caso, anche per i lavori di ristrutturazione successivi, come non si possa escludere che i relativi atti siano stati oggetto di procedura di scarto dall’archivio comunale, per cui (almeno) dovrebbe essere reperibile il relativo verbale con cui è proceduto allo scarto (DPR n.1409/1963), mentre non possono essere stati oggetto di scarto gli atti di concessione e, sempre che vi siano stati, gli eventuali aggiornamenti dell’intestazione, conseguenti al decesso del concessionario (e, forse, anche dei suoi discendenti), sempre che la procedura di c.d. “subentro” fosse contemplata dal regolamento comunale di polizia mortuaria.

Nel caso in esame, appare evidente come la gestione dell’archivio, localmente, non sia stata del tutto “perfetta” ed inappuntabile (e, come osservato, si tratta di una situazione anche molto diffusa, soprattutto per il pregresso).

In Ultima analisi, se dai registri delle sepolture si evince l’uso (comunque nec vi, nec clam, nec precario, elemento assai arduo da provare) continuata e costante della tomba in questione si potrebbe anche tentare anche la formula dello juris tantum (immemoriale: https://www.funerali.org/cimiteri/ricognizione-sullo-jus-sepulchri-listituto-dellimmemoriale-1172.html) la quale dovrebbe, poi sfociare, dopo adeguata istruttoria, in un atto integrativo/ricognitivo sulla concessione in già essere, avente la forma di determina dirigenziale, adottato, appunto, dal dirigente (Art. 107 comma 3 lett. f D.LGS n.267/2000) di settore dei servizi cimiteriali. Meglio, comunque, percorrere la strada maestra dell’accertamento giudiziale, sostenendo, comunque, l’alea che un giudizio civile pur sempre comporta.

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Carlo Ballotta

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4 thoughts on “E… se manca l’atto di concessione? Quali le possibili conseguenze?

  1. X Elisabetta,

    Bisogna consentaneamente premettere come, in linea di massima, e sotto il profilo tecnico del diritto civile, ogni qual volta difetti, per qualsiasi motivo, il titolo formale di un rapporto giuridico, ancorché in essere, o, se prevista, manchi la diligente redazione di un pubblico registro predisposto per la prova documentale e la tutela di determinate situazioni giuridicamente rilevanti, la verifica sulla fondatezza dello stesso o la sua dimostrazione non possa non aversi se non con sentenza del giudice, passata in giudicato, che accerti la sussistenza, del rapporto giuridico oppure acclari l’esistenza del diritto vantato (art. 2907 Cod. Civile.), l’istanza di detto accertamento è avanzata da parte di chi vi abbia interesse (art. 100 Cod. Proc. Civile), mentre l’onere della prova fa carico all’interessato richiedente (art. 2697 Cod. Civile), secondo il celebre brocardo latino, infatti: “Onus probandi incumbit actori”.

    1. In occasione di lavori di restauro nella tomba di famiglia risalente ai primi del ‘900, ci siamo accorti che eravamo sprovvisti del titolo di concessione. Facendo una piccola ricerca siamo risaliti al nome del concessionario, deceduto 45 anni fa. Purtroppo anche all’ufficio anagrafe del Comune non risulta la nostra concessione, ma un registro di una vendita intra familiare risalente intorno al 1930. Dopo varie sollecitudini il comune avrebbe optato per una nuova concessione ed un subentro da parte di mia madre (pronipote del concessionario). Sembrerebbe che la concessione che il Comune vorrà farci non sarà perpetua ma a tempo determinato e comunque ad oggi non sanno quantificare la cifra da chiederci. Trovo tutto questo ingiusto. Il comune si sta comportando correttamente? Grazie per la disponibilità e la risposta.

      1. Si tratterebbe di capire se con la normativa speciale di settore (R.D. n.448/1892) vigente all’epoca della vendita del sepolcro, fosse, appunto, legittima la cessione del diritto di sepolcro per atti tra vivi a contenuto privatistico. Atteso che la risposta all’interrogativo sia positiva (non ho ulteriori elementi da parte Sua, per poter meglio scrutinare il caso) bene fa il Comune a sanare la lacuna del titolo concessorio mancante. Ad esser onesti: senza il regolare atto di concessione la cappella sarebbe pure abusiva e il ramo famigliare subentrante dovrebbe coprire economicamente tutto quel lunghissimo arco di tempo in cui vi sia stato uso della tomba sine titulo, per occupazione indebita delle pubbliche utilitates cimiteriali. Sarebbe folle ed irrazionale…però, quindi la concessione sarà stipulata con le attuali regole (durata max 99anni): il costo del canone concessorio sarà quello previsto nella specifica declaratoria emanata dalla Giunta Comunale, per quella particolare tipologia di sepolcro privato a sistema di tumulazione. Più la tomba è di pregio e di lunga durata più si paga…di solito è così!

  2. Buongiorno, non trovo il titolo della concesione!
    Il Comune (regione veneto) mi sta impedendo la tumulazione nella tomba di famiglia della mia mamma. Una ex dipendente comunale, ha effettuato una ricerca ed ha lasciato nella mia posizione, un foglio con un’appunto, che il nonno di mia mamma ha venduto ad un figlio nel 1910. Purtoppo l’originale di questo documento (depositato in comune) con il licenziamento della responsabile dell’ufficio, è introvabile. Cosa posso fare per far valer i miei diritti? Forse il Comune mi vuole far rinegoziare il contratto di concessione?
    La ringrazio anticipatamente per i suggerimenti che potrà darmi. Elisabetta

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